Il diniego del diritto al lavoro nei tempi moderni

Mara Di Fabio 04/09/24
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Il diniego del diritto al lavoro nei tempi moderni: il diritto al lavoro quale diritto costituzionalmente garantito, in rapporto alla normativa antinfortunistica sul lavoro.

Per approfondimenti si consiglia il seguente volume: Il nuovo processo del lavoro dopo la Riforma Cartabia

Indice

1. Gli artt. 4 e 35, co. 1 e 2, Cost., il diniego del diritto al lavoro

Di fronte al sempre più crescente fenomeno allarmante delle morti sul lavoro, così dette “morti bianche”, la presente trattazione giuridica vuole offrire un contributo alle numerose vittime del lavoro, lavoratori che, purtroppo, trovano la morte per andare a svolgere ciò che di più naturale esiste al mondo: lavorare! Il lavoro è uno strumento per vivere e, in quanto tale, non può assolutamente trasformarsi in uno strumento di morte. Si lavora per vivere, ma non si può morire a causa del lavoro!
Il nostro ordinamento giuridico è l’espressione emblematica dello Stato di Diritto e il diritto al lavoro, presidiato e garantito a livello costituzionale, ai sensi dell’Art. 4 Cost. e Art. 35 Cost., è il prodotto stesso di ogni Stato di Diritto, in cui vige, al di sopra di tutto, il rispetto della Legalità, principio che riceve così la sua sacralità nel nostro ordinamento giuridico.
“La Repubblica riconosce il diritto al lavoro a tutti i cittadini e promuove le condizioni che rendano effettivo tale diritto.” (Art. 4 Cost.) “La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori”, ai sensi dell’Art. 35 Cost. primo e secondo comma. Viene a corredo della protezione del lavoratore anche l’Art. 32 Cost.: il diritto e la tutela della salute della persona.
Nella seguente dicitura: “la Repubblica cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori”, risiede l’obbligo di formazione e informazione allo svolgimento delle mansioni proprie per i lavoratori a carico del datore di lavoro, di cui si rinvia la trattazione alle conclusioni, premettendo un dato importante, cioè che la violazione di  questo obbligo di formazione e informazione, se non correttamente adempiuto, darà luogo ad una responsabilità penale per il datore di lavoro medesimo, su cui grava per legge, il così detto, obbligo di garanzia.
Altresì, il Diritto al Lavoro riceve Tutela e adeguato baluardo anche nel nostro codice civile, tutela cristallizzata e codificata, ai sensi dell’Art. 2087 c.c., secondo cui “il datore di lavoro è tenuto ad adottare quelle misure che sono idonee a tutelare e a preservare l’integrità fisica e morale del lavoratore. “
Ogni Stato di Diritto che si rispetti deve garantire la pienezza di tutti i diritti e, per quanto riguarda la presente trattazione, deve tutelare pienamente il diritto al lavoro e i lavoratori che ne sono i legittimi titolari. E’ evidente come il tema necessita di considerare il Diritto come strettamente correlato alla coscienza del benessere sociale, al principio di uguaglianza, ex Art. 3 Cost., valevole per tutti i cittadini e all’Etica, elemento dal quale il Diritto non può assolutamente prescindere.
Solo quando si sveglieranno effettivamente le coscienze e si applicherà l’Etica, allora il Diritto può espandersi nella sua massima efficacia. Basta morti sul lavoro!

2. L’omissione di cautele sul lavoro, i reati omissivi propri e impropri

La tematica degli infortuni e morti sul lavoro è da contestualizzarsi nell’ambito dei Reati Omissivi, in cui costituisce reato la violazione di un obbligo ad agire imposto dalla norma. Se nel reato commissivo si incrimina la condotta attiva, nel reato omissivo, la responsabilità penale cade sulla condotta omissiva, l’omettere una azione, su cui vige l’obbligo giuridico di adempiere, dunque l’obbligo giuridico di attivarsi.
Detto obbligo giuridico di attivarsi attiene a particolari soggetti che rivestono “posizioni qualificate” e che sono titolari degli obblighi di garanzia e di sorveglianza, che si sostanziano nel dare presidio e tutela, ai lavoratori nelle fattispecie della normativa antinfortunistica sul lavoro, ai fini di garantire la sicurezza.
Il datore di lavoro rappresenta un garante alla incolumità fisica del lavoratore e su di esso grava la verifica della legalità, da attuare anche nell’espletare i controlli opportuni nell’ambiente di lavoro e trova fondamento giuridico anche nel nostro codice civile, ai sensi dell’Art. 2087 c.c., secondo cui “il datore di lavoro è tenuto ad adottare quelle misure che sono idonee a tutelare e a preservare l’integrità fisica e morale del lavoratore. “
L’elaborazione dogmatica della Dottrina ha, da sempre, differenziato il reato omissivo, nelle fattispecie del reato omissivo proprio e nel reato omissivo improprio.
Il Reato Omissivo Proprio si identifica una incriminazione in una omissione specifica, espressamente tipizzata, prevista quindi dal legislatore, come lo è la fattispecie incriminatrice dell’Omissione di Cautele sul Lavoro, ai sensi dell’Art. 437 c.p., con cui si punisce chiunque omette di predisporre tutte quelle misure, (esempio: dispositivi di sicurezza), idonee a scongiurare e ad evitare il verificarsi del pericolo o di un evento catastrofico o mortale per il lavorare.
Il Reato Omissivo Improprio, altrimenti definito dalla Dottrina come “reato commissivo mediante omissione”, poggia le sue basi giuridiche sulla clausola di equivalenza, ai sensi dell’art. 40 c.p. secondo comma, grazie al quale “il non impedire l’evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.”
Quindi, il reato omissivo proprio è il risultato finale del coordinamento fra tale clausola di equivalenza con le specifiche norme di parte speciale.
Pertanto, si può affermare che l’obbligo giuridico di attivarsi costituisce una causa determinante il verificarsi dell’evento, fatto costituente reato.
Tali reati sono espressione dei reati di pericolo, di creazione dottrinaria, e, in quanto tali, suscettibili di ricevere un anticipo della tutela alla fase antecedente al verificarsi dell’evento concreto, realizzandosi così una deroga al principio di offensività, espresso nel brocardo latino, Nullum crimen sine iniuria, per il quale non può esistere un reato senza una offesa effettiva e attuata nel mondo fenomenico.

3. Obbligo di garanzia e sorveglianza, con particolare riferimento all’accertamento del nesso di causalità nella normativa antinfortunistica

In virtù gli art. 36, 71, 73 del Dlgs n.81/2008, normativa concernente il Testo Unico della Sicurezza, e la legge n. 626 del 1994, si è provveduto a predisporre una serie di disposizioni legislative di protezione e a tutela sui luoghi di lavoro, creando per il datore di lavoro la posizione di garanzia, come specificato innanzi alla presente trattazione.
L’orientamento nomofilattico della giurisprudenza ha interpretato in modo rigoroso tali obblighi di vigilanza e controllo, ai fini di attuare in maniera adeguata i principi costituzionali posti a garanzia del lavoratore.
Nella materia antinfortunistica viene in rilievo il nesso di causalità, rapporto causa- effetto, ai sensi dell’art. 41 c.p. secondo comma, in funzione del quale il nesso medesimo può essere reciso a causa di una condotta imprevista o imprudente del lavoratore, il quale ad esempio, non ha attuato le linee guida del datore di lavoro, che lo ha istruito correttamente dei rischi derivanti dalle mansioni lavorative. In tal modo si escluderà la responsabilità penale per il datore di lavoro.
Il datore di lavoro costituisce il presidio per la salute dei lavoratori e all’uopo deve adempiere al principale compito di informare e formare il lavoratore sui rischi connessi alla sua attività e dovrà adottare le misure di sicurezza previste dalla normativa ed effettua, in modo costante, un controllo sull’osservanza concrete delle misure cautelative stesse, allo scopo di neutralizzare il verificarsi di eventi di pericolo o, nella peggiore delle ipotesi, di pregiudizi gravi e irreparabili, quale il decesso.
Con riferimento a quanto esposto fin qui, si rileva che gli Ermellini della Corte di Cassazione hanno statuito un importante principio di diritto. E cioè che, non ogni comportamento imprudente o negligente del lavoratore, comportamento anomalo o maldestro costituisce una “causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento”, ma solo tutto ciò che risulta essere estraneo al lavoro e che trova la sua sintesi in un comportamento imprevedibile o esorbitante, comporta l’esclusione della responsabilità penale del datore di lavoro, al quale, in caso contrario, sarà sempre addebitabile il reato per omessa vigilanza di sicurezza sul luogo di lavoro.
Vi sarà responsabilità penale anche per una condotta imprudente del prestatore di lavoro, a condizione che tale condotta sia originata dell’attività lavorativa svolta.

4. Conclusioni: dovere di informazione e formazione del lavoratore a carico del datore di lavoro

In considerazione di quanto esposto, la giurisprudenza stabilisce che alla imprudenza del prestatore di lavoro non può essere attribuita alcuna efficacia interruttiva, tale da lacerare il nesso causale e, per ciò solo, l’imprudenza del lavoratore non assume la valenza di essere considerato un fattore imprevedibile, ove un rischio si realizza e che è qualificato dalla giurisprudenza come eccentrico, vale a dire esorbitante, non contestualizzato,  dall’attività lavorativa stessa.

Mara Di Fabio

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