L’autore di un’opera vanta sia diritti morali che patrimoniali sulla stessa.
Ciò premesso è utile chiarire brevemente la differenza tra i diritti morali ed i diritti patrimoniali. I diritti morali sono diritti inalienabili, imprescrittibili ed irrinunciabili; trattasi di diritti riconosciuti unicamente all’autore dell’opera in quanto legati alla personalità dello stesso il quale può decidere se e quando pubblicare l’opera, se rivendicarne la paternità, se opporsi a modifiche e ad ogni atto a danno della stessa.
I diritti patrimoniali, diversamente, sono i diritti esclusivi dell’autore di utilizzare economicamente la sua opera e di percepire un compenso per ogni tipo di utilizzazione della stessa. Detti diritti possono essere esercitati sia disgiuntamente che congiuntamente e possono avere ad oggetto l’opera interamente o in ciascuna delle sue parti. Trattasi di diritti rinunciabili e cedibili a terzi.
Ebbene, i diritti morali sono esercitabili indipendentemente dai diritti patrimoniali quindi anche se questi ultimi sono stati ceduti a terzi soggetti, ed è proprio per questo motivo che l’autore di un’opera può ritirarla dal commercio anche se i diritti di riprodurre, diffondere, eseguire o rappresentare la stessa sono stati ceduti a terzi soggetti. Ecco dunque il cuore di questo scritto: il “diritto di pentimento”, vale a dire il diritto dell’autore dell’opera di ritirarla dal commercio; trattasi di un diritto morale. Detto diritto può essere esercitato tuttavia solo se sopravvengono gravi ragioni morali e ad alcune condizioni ed è disciplinato dagli articoli 142 e 143 della Legge sul diritto d’autore.
Presupposto è quindi la sussistenza di gravi ragioni morali, vale a dire motivi di ordine etico, religioso, politico, intellettuale, in poche parole, motivi riguardanti la personalità dell’autore. La mancanza di gravi ragioni morali determina quindi l’impossibiltà di esercitare tale diritto (Tribunale di Torino 23.03.2006). E’ invero l’autorità giudiziaria che valuta se le gravi ragioni morali sussistano e siano tali da consentire l’esercizio di questo diritto.
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A quali condizioni può essere esercitato il “diritto di pentimento”?
- Il titolare, in primis, deve indennizzare coloro che hanno acquistato i diritti sull’opera. La somma di indennizzo ed il termine di pagamento vengono fissati dall’autorità giudiziaria. Quest’ultima può anche pronunciare provvisoriamente il divieto con decreto su ricorso ma solo se sussistono ragioni di urgenza, prima della scadenza del termine di un anno, nonché previo pagamento di una idonea cauzione. L’efficacia della sentenza cessa se l’indennità non viene pagata nel termine fissato dall’autorità giudiziaria.
Dottrina e giurisprudenza si sono interrogate sulla natura di tale indennizzo. In particolare ci si è chiesto se possa parlarsi di indennizzo o di risarcimento danni. Il problema deriva dal fatto che negli articoli 142 e 143 della Legge sul diritto d’autore, non viene usata una dizione uniforme. Secondo un primo e maggioritario orientamento si tratterebbe di un vero e proprio risarcimento del danno comprensivo sia del danno emergente (le spese sostenute per mettere l’opera in commercio) che del lucro cessante (mancato guadagno conseguente all’impossibilità di esercitare il diritto acquistato);
- il titolare deve inoltre notificare l’intenzione di ritirare l’opera sia a coloro a cui ha ceduto i diritti sia al Ministro della Cultura popolare che renderà l’opera pubblica nelle forme stabilite dallo specifico regolamento.
Si chiarisce inoltre che entro un anno dall’ultima data delle notifiche e delle pubblicazioni, ricorrendo all’autorità giudiziaria, i titolari del diritto di sfruttamento economico sull’opera che ne abbiano interesse, possono opporsi all’esercizio del “diritto di pentimento”, non solo, possono inoltre ottenere la liquidazione ed il risarcimento dei danni.
E’ noto che chi continua a riprodurre, a diffondere, ad eseguire, a rappresentare o spacciare l’opera dopo che sia trascorso il suddetto termine di un anno è soggetto a sanzioni sia civili che penali.
Infine si specifica che, in ogni caso, l’autore dopo aver ritirato l’opera dal commercio può autorizzarne nuovamente l’immissione se le gravi ragioni morali che hanno causato il ritiro, non sussistono più.
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