La disposizione normativa di cui all’art. 1140 c.c., comma primo, stabilisce che “ Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale “.
In tema di IMU1, il presupposto oggettivo che connota la fattispecie impositiva è rappresentato, com’è noto, dal possesso, inteso quale situazione giuridicamente rilevante in virtù della quale si esercita, su un determinato bene, un potere corrispondente all’esercizio del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento.
Autorevole dottrina, definisce il possesso come “ uno stato di fatto cui sono connesse conseguenze giuridiche importanti e numerose “2.
E’ stato altresì osservato che “ Il possesso, ancor prima che situazione giuridicamente rilevante, è propriamente un atto giuridico in senso stretto, produttivo di effetti giuridici. Esso consiste essenzialmente in un comportamento diretto al godimento e all’uso, attuali e futuri, di un bene “3.
Orbene, rileva ora stabilire allorquando, ovvero in presenza di quali circostanze, il proprietario può considerarsi titolare di una situazione possessoria seriamente limitata e compressa, al punto da escludere qualunque signoria di fatto che costituisca espressione del diritto di godere e di usare il bene.
In particolare, occorre verificare se l’adozione di un provvedimento amministrativo di carattere ablatorio, col quale si ingiunge al proprietario di un bene immobile il divieto di utilizzare il bene de quo, stante il pericolo di crollo dovuto, a titolo d’esempio, al cedimento differenziale del terreno, costituisca motivo di per sé sufficiente per escludere il possesso, e, quindi, l’obbligazione tributaria4.
La tesi che si vuole sostenere, corretta o meno che sia, è quella secondo cui un simile atto amministrativo, in quanto incidente nella sfera giuridico-patrimoniale del proprietario, limitando sensibilmente il diritto di godimento, al punto da sopprimerlo, non può non rilevare ai fini della soggettività passiva in materia di IMU.
A tal fine, dall’analisi del combinato disposto di cui agli artt. 1140 e 1141 c.c., è possibile ricavare gli elementi strutturali del possesso, ovvero l’elemento materiale, il corpus possessionis, e quello psicologico, l’animus possidendi5.
Mentre il primo elemento (il corpus possessionis), si caratterizza per l’esercizio di fatto di un potere sulla res, il secondo (l’animus possidendi), invece, consiste nell’intenzione di esercitare sulla cosa i poteri e le facoltà corrispondenti al diritto di proprietà o ad altro diritto reale limitato6.
Ad avviso di chi scrive, un’interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni dettate in materia di IMU, alla luce dei principi di uguaglianza formale e sostanziale, di legalità e di giustizia fiscale, conduce a ritenere non dovuta alcuna prestazione tributaria, ogniqualvolta il proprietario ( o il titolare di un diritto reale di godimento) risulti destinatario di un provvedimento amministrativo che, vietando l’utilizzo del bene, rimuova uno dei due citati elementi costitutivi del possesso, ovvero il corpus possessionis.
Detta tesi si rivela ancor più praticabile, se si considera che l’utilizzo del bene da parte del proprietario, a seguito dell’adozione di un provvedimento che ne vieti, ad esempio, l’utilizzo per ragioni di igiene o di sicurezza pubblica, costituisce fatto penalmente rilevante, sussumibile nella fattispecie incriminatrice astratta di cui all’art. 650 c.p., rubricato “ Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità “.
Ne consegue, ad avviso di chi scrive, che la nozione di possesso che il Legislatore tributario ha posto ai fini della debenza dell’IMU, postula necessariamente ed inderogabilmente la concreta disponibilità materiale del bene, ossia la possibilità che il proprietario, o altro titolare di un diritto reale limitato, possa in qualsiasi momento usare la cosa e trarne, rispettando le prescritte regole giuridiche, tutte le possibili utilità.
Detta circostanza rileva sia quando il godimento è diretto, per via dell’utilizzo fatto dal solo possessore, sia quando il godimento è indiretto, per via dell’utilizzo ad opera di altri soggetti che ne hanno, in tal caso, la detenzione.
Si pensi, dunque, a un provvedimento amministrativo adottato per ragioni contingibili ed urgenti che sopprima la facoltà di godimento, in quanto munito di chiara portata limitativa: esso incide sulla situazione possessoria del destinatario, che, peraltro, risulterà titolare di un diritto soggettivo privo della sua ordinaria capacità espansiva.
Quanto sin qui illustrato, invero, trova conforto in un ricco filone giurisprudenziale di legittimità secondo cui la conservazione del possesso attraverso il solo “ animus “ (senza il corpus ) si verifica solo quando il possessore, pur mantenendo la disponibilità materiale del bene, abbia deciso di non utilizzarlo per motivi non dipendenti dal sopravvenuto cambiamento dello stato dei luoghi.
In particolare, secondo la Suprema Corte, “ E’ possibile conservare il possesso mediante il solo animus possidendi e, quindi, prescindendo dal concreto esercizio del corpus, quando il possessore, che abbia cominciato a possedere animo et corpore, pur conservando la disponibilità materiale e, quindi, la possibilità di godere di fatto della res, in concreto se ne astenga per ragioni che non dipendono dal mutato stato dei luoghi o dall’eventuale acquisto del possesso da parte di terzi, sicchè egli abbia in ogni tempo la possibilità di ripristinare il corpus, senza far ricorso ad azioni violente o clandestine “7.
Ci si domanda, a tal punto, se sia sostenibile la tesi secondo cui il cedimento differenziale del terreno, nonché il pericolo di crollo, costituiscono ipotesi legittimanti la riduzione (al 50%) del tributo IMU per inagibilità, ma non la totale inapplicabilità.
Occorre puntualizzare, al riguardo, che sussiste una evidente differenza tra l’ipotesi in cui l’inagibilità e/o l’inabitabilità è accertata dall’Ente impositore ai soli fini fiscali e il caso, invece, in cui gli accertamenti tecnici effettuati sullo stato dell’immobile prescindono da ragioni impositive ma si riferiscono alla sola esigenza di preservare l’incolumità e la salute pubblica.
Quindi, mentre nella prima ipotesi ben potrebbe mancare un provvedimento che ingiunga il divieto di utilizzo del bene, nella seconda circostanza, invece, l’adozione del provvedimento ablatorio costituisce atto a rilevanza esterna e ad esternazione scritta che, prescindendo da fatti e situazioni di rilievo tributario, comprime sensibilmente la situazione possessoria e, così, l’assieme delle facoltà connesse al possesso medesimo.
Infatti, mentre normalmente chi domanda ( procedimento ad istanza della parte interessata) la riduzione del tributo IMU per inagibilità e/o inabitabilità non subisce provvedimenti amministrativi che gli impediscono l’utilizzo del bene e l’accesso al medesimo, nelle ipotesi, invece, in cui l’Amministrazione accerta determinate fonti di pericolo, a seguito di procedimenti amministrativi instaurati d’ufficio o su denuncia, adotta provvedimenti di carattere extratributario in virtù dei quali preclude al possessore sia l’accesso all’immobile che qualsiasi altra forma di utilizzo diretto e indiretto del medesimo.
Laddove, dunque, le suesposte circostanze fossero trattate allo stesso modo, riduzione al 50% del tributo per entrambe, si verificherebbe, ad avviso di chi scrive, un trattamento impositivo illegittimo ed irragionevole, nonché discriminatorio, poiché non si terrebbe conto del fatto che pur in presenza di fattispecie oggettivamente identiche (l’inagibilità, ad esempio, per evidente pericolo di crollo), le situazioni possessorie differiscono tra loro.
Dott. Gennaro Di Gennaro
Dottorando di ricerca in “ Pubblica Amministrazione dell’economia e delle finanze”, Facoltà di Giurisprudenza, nell’Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”.
1 Per un utile approfondimento sul tributo in parola, si rinvia a S. BARUZZI, La disciplina dell’Imu, ( prima parte ), in il fisco n. 6/2012, fascicolo n. 1, p. 817 ss.; ( parte seconda, dello stesso Autore) in il fisco n. 7/2012, fascicolo n. 1, p. 954 ss..
Sulle modalità di pagamento, si rinvia a S. UNGARO, Definite le modalità di pagamento dell’Imu, in il fisco n. 22/2012, fascicolo n. 1, p. 3407 ss.; S. PELLEGRINO – G. VALCARENGHI, Acconto, prima rata a misura di F24, in Il Sole 24 Ore dell’11/06/2012, p. 5.
2 A. TRABUCCHI, Istituzioni di diritto civile, Padova, 1990, p. 407.
3 P. PERLINGIERI – B. TROISI, in AA. VV., Istituzioni di Diritto Civile, Terza Edizione, Napoli, 2005, p. 127.
4 Il provvedimento amministrativo di carattere ablatorio ha, nell’ipotesi descritta, natura personale poiché impone lo specifico divieto ( di non fare ) di utilizzare il bene.
La dottrina, in tema di provvedimenti ablatori personali, individua gli ordini amministrativi “ che producono l’effetto privativo di facoltà o poteri dei privati “, osservando che “ Dal punto di vista del contenuto si distinguono i comandi, che contengono obblighi di fare, ed i divieti, che contengono obblighi di non fare “, v. al riguardo F. CARINGELLA, Compendio di Diritto Amministrativo, seconda edizione, Roma, 2010, p. 404.
In tema di provvedimenti ablatori personali, si rinvia a R. VILLATA, in AA. VV., Diritto Amministrativo, L. MAZZAROLI, G. PERICU, A. ROMANO, F.A. ROVERSI MONACO, F.G. SCOCA ( a cura di ), Parte Generale I, Bologna, 2005, p. 859-861.
5 Su “ Gli elementi costitutivi del possesso “, si rinvia, per un utile approfondimento, a G. ALPA – V. MARICONDA ( a cura di ), in AA.VV., Codice Civile commentato, II Edizione, IPSOA, 2009, p. 2871 ss.
6 Sull’istituto del possesso secondo la concezione romanistica, si rinvia a M. MARRONE, Lineamenti di Diritto Privato Romano, Torino, 2001, p. 208 ss., secondo cui ( p. 210) “ …. I giuristi romani individuarono nel possesso un corpus possessionis e un animus possidendi. Al riguardo deve essere sottolineato, da un canto, che il corpus possessionis si riconobbe sì a quanti avessero un contatto materiale con la cosa ma si riconobbe pure, e soprattutto, a quanti ne avessero la effettiva disponibilità, e comunque il controllo “.
7 Cassazione n. 1253/00, in G. CIAN – A. TRABUCCHI, AA. VV., “ Commentario breve al Codice Civile “, Padova, 2011, p. 1049.
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