Il favoreggiamento personale

Redazione 24/06/04
di Cristiano Brunelli

Il delitto di favoreggiamento personale è previsto all’art. 378 c.p.[1].

La norma indica che “chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce [la pena di morte] l’ergastolo o la reclusione, e fuori dai casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno ad eludere le investigazioni dell’autorità, o a sottrarsi alle ricerche di questa, è punito con la reclusione fino a quattro anni.

Quando il delitto commesso è quello previsto dall’art. 416-bis, si applica, in ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a due anni.

Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di contravvenzioni, la pena è della multa fino a lire un milione.

Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non è imputabile o risulta che non ha commesso il delitto”[2].

Il favoreggiamento personale è un reato di pericolo[3] e, nella maggioranza delle ipotesi, istantaneo; all’interno del codice penale è collocato nel titolo terzo, capo I, dedicato ai delitti contro l’amministrazione della giustizia, del libro secondo.

La condotta tipica è rappresentata da ogni comportamento, anche negativo, sufficiente a depistare o escludere le indagini di polizia non richiedendo la norma di fattispecie l’effettività materiale dell’azione[4].

Oggetto dell’attività penalmente rilevante è il comportamento, cosciente e volontario, posto in essere dal reo destinato all’intralcio dell’attività investigativa e finalizzato all’aiuto dell’autore materiale di un altro reato[5].

Integra la fattispecie di reato in oggetto anche colui il quale presti il suo aiuto al colpevole, al fine di sottrarlo alle indagini, quando queste non siano ancora iniziate[6].

La definizione codicistica di “aiuto” comprende non solo le condotte finalizzate alla creazione di barriere ostative alle indagini ma anche quelle di natura puramente omissiva; dunque comportamenti quali il silenzio, la reticenza e la mendacità sull’identità del colpevole sono idonei ad integrare il reato in oggetto.

Il reato si consuma nel momento in cui il soggetto attivo pone in essere la condotta di cui all’art. 378 c.p. rallentando o eludendo in qualche modo l’attività di investigazione[7].

Autorevole dottrina esclude la configurabilità del favoreggiamento nel caso in cui il soggetto reo del precedente reato non risulti imputabile in virtù di una causa di giustificazione diversa dalla mancanza di imputabilità[8].

Qualora l’intenzionalità della condotta non pervenga a conoscenza dell’autorità investigativa sarebbe lecito parlare unicamente di delitto tentato.

Infatti il tentativo si configura ogni volta che l’attività del reo risulti idonea allo scopo perseguito ma quest’ultimo non si realizzi per cause indipendenti dalla volontà dello stesso[9].

La reiterazione della medesima attività favoreggiatrice nei confronti della stessa persona non comporta la commissione di una molteplicità di reati ma unicamente la conformità dell’azione criminale a quella indicata dalla norma sul reato permanente[10].

In relazione alle cause di giustificazione importante è sottolineare come unicamente le cause oggettive che comportano la non punibilità del reato presupposto possono escludere la non definizione del reato di favoreggiamento.

Una speciale causa di non punibilità è costituita dall’art. 1 della legge 29 maggio 1982, n. 304; essa esclude la responsabilità penale in caso di commissione di uno dei reati previsti e disciplinati dagli artt. 307, 378 e 379 c.p. nei confronti di soggetto imputato per uno dei reati di cui agli artt. 270, 270 bis, 304, 305 e 306 c.p. ed è applicabile unicamente quando venga fornita una completa informazione riguardo al favoreggiamento commesso e qualora il soggetto favorito abbia commesso uno dei delitti indicati normativamente.

Relativamente all’elemento soggettivo il reato de qua presuppone il dolo generico, cioè la volontà di prestare aiuto ad una persona ben sapendo di intralciare o ritardare le fasi investigative e di ricerca; al riguardo la Corte di Cassazione ha ritenuto vi debba essere “la precisa volontà di fornire quell’aiuto che comporta un probabile intralcio alle attività di giustizia, poiché tale aiuto integra la lesione del bene giuridico protetto, risolvendosi nell’evento e perciò nell’elemento costitutivo del reato”[11].

Non si richiede una finalità ulteriore a quella prevista dalla norma.

Può incorrere nella commissione del reato di favoreggiamento personale in alcuni casi anche l’avvocato impegnato nella difesa tecnica dell’imputato.

Ai fini dell’integrazione del reato suddetto il difensore non deve limitarsi a rivelare il segreto istruttorio a cui è tenuto professionalmente ma deve necessariamente integrare la sua condotta con azioni dirette ed univoche finalizzate all’elusione dell’attività investigativa[12].

Numerosi ambiti di applicazione si riscontrano tra il delitto di favoreggiamento personale in rapporto con altre figure di reato.

Considerata la diversità del bene giuridico aggredito sussiste senza alcun dubbio, in rapporto ai casi di corruzione propria, il concorso di reati con la fattispecie di cui all’art. 378 c.p.; invero le norme regolatrici dei suddetti delitti tutelano l’una il corretto svolgimento dell’amministrazione giudiziaria e l’altra il rispetto di quanto previsto agli artt. 97 e 54 della Costituzione[13].

Integra invece il reato di falsa testimonianza, previsto all’art. 372 c.p.[14], e non quello in oggetto, colui il quale renda dichiarazioni reticenti o del tutto false in fase processuale e non dinanzi alla polizia giudiziaria nel corso dell’espletamento di un interrogatorio[15].

Dott. Cristiano Brunelli

Note:
[1] Sul favoreggiamento personale, GIANNELLI, Il favoreggiamento personale, Salerno, 1994; PISA, Favoreggiamento personale e reale, in Digesto pen., vol. V, 1991, 160; DINACCI, Favoreggiamento personale e tipologia delle attività investigative tra vecchio e nuovo, Padova, 1989; PADOVANI, Favoreggiamento, in Encicl. Giur. Treccani, vol. XIV, 1989; PULITANO’, Il favoreggiamento personale tra diritto e processo penale, Milano, 1984; ZANOTTI, Studi in tema di favoreggiamento personale, Padova, 1984; MARINI, Favoreggiamento personale e reale, in Novissimo Digesto Ital., Appendice, vol. III, 1982, 670; PAGLIARO, voce Favoreggiamento ,in Encicl. dir., vol. XVI, 1967, 36; PANNAIN R., Favoreggiamento personale e reale, in Novissimo Digesto Ital., vol. VI, 1961, 145.

[2] Questioni di legittimità costituzionale, “ non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 376 c.p. nella parte in cui prevede l’esimente della ritrattazione solo per il reato di cui all’art. 372 c.p. e non anche per quello di cui all’art. 378 c.p., sollevata in riferimento all’art. 3 Cost.” (C. Cost. 13 dicembre 1982, n. 228, in Cass. Pen., 1983, 558).

“ E’ inammissibile la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 384 co. 1, 378 e 307 co. 4 c.p., in riferimento all’art. 3 co. 1 Costituzione e non fondata la questione di legittimità del combinato disposto degli stessi articoli, in riferimento all’art. 29 Costituzione (Corte Cost. 96/8), da Commentario breve al codice penale, Crespi – Stella – Zuccalà, Cedam, 1996.

[3] In tema, GALLO, I reati di pericolo, in Foro Pen., 1969, 1 ss; GALLO, Riflessioni sui reati di pericolo, Padova, 1970; DEAN, L’incolumità pubblica nel diritto penale, Milano, 1971; FIANDACA, Note sui reati di pericolo, ne Il Tommaso Natale, 1977, 175 ss.; GRASSO, L’anticipazione della tutela penale: i reati di pericolo e i reati di attentato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, 689; CANESTRARI, voce Reato di pericolo, in Enc. Giur. Treccani, XXVI, Roma, 1991; PARODI GIUSINO, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1990.

[4] Integra il reato de qua la reticenza del soggetto, esaminato dalla polizia, in riferimento a fatti a lui noti, così come “il delitto non è escluso dall’eventuale concomitanza di informazioni già in possesso dell’autorità inquirente, dal momento che la ricerca della verità esige una pluralità di elementi, il cui apporto non può essere rimesso al giudizio del singolo, Cass., 3 novembre 1997, Leanza, in Cass. pen., 1998, 3256 e in Codice penale annotato con la giurisprudenza, Lattanzi, Giuffrè, 2001.

[5] In tema, Cass., 10 giugno 1982, Valpreda e altro, in Cass. pen., 1983, 885.

[6] Cfr., Cass. 21 giugno 1990, Tarlindano, in Cass. pen., 1992, 947.

[7] Cass., 6 novembre 1981, Ponzetta, in Cass. pen., 1983, 886; in senso conforme, Cass., 27 febbraio 1980, La Rosa, ivi, 1981, 1795; Giust. Pen.,1981, II, 97; Cass., 3 luglio 1980, Mastini, in Cass.pen., 1982, 473; Cass., 12 gennaio 1981, Di Vaio, ivi, 1982, 477; Cass., 7 dicembre 1983, Lo Cicero, C.E.D Cass., n. 164265; Cass., 20 febbraio 1985, Di Bari, in Giust. Pen., 1986, II, 217; Cass., 25 gennaio 1986, Iovine, in Cass. pen., 1987, 1515; Giust. Pen., 1987, II, 414.

[8] In dottrina, DINACCI, Favoreggiamento personale, con riferimento al cod. di proc. pen. Vassalli; dello stesso orientamento, Cass., 20 gennaio 1994, in Riv. Pen., 1995, 70.

[9] Nel caso di specie, Cass., 17 aprile 1990, Morcone, in Cass. pen., 1991, I, 1564; Riv. Pen., 1991, 280; Giust. Pen., 1991, II, 102.

[10] In tema di reato permanente, COPPI, voce Reato permanente, in Dig. Disc. Pen., XI, Torino, 1996; RAMPIONI, Contributo alla teoria del reato permanente, Padova, 1988; VALIANTE, Il reato permanente. Aspetti sostanziali e problemi processuali, in Riv. It. dir. proc. pen., 1999, 210 ss.; DE FRANCESCO G.A., Profili strutturali e processuali del reato permanente, ivi, 1977, 558 ss.; GIULIANI, La struttura del reato permanente, Padova, 1967.

[11] Cass., 1 aprile 1976, Gaffurini, in Cass. pen. mass. ann.,1977, 837; Cass., 10 luglio 1976, Milone, ivi, 1978, 23; Cass., 23 febbraio 1979, De Simone, ivi, 1980, 1289; Giust. Pen., 1979, II, 692; Cass. 20 gennaio 1982, Maffei, C.E.D. Cass., n. 152896;

[12] Da ANTOLISEI, Manuale di diritto penale – parte speciale II, MANZINI, Trattato, vol. V, n. 1691, p.909. Conf. Cass. 11 novembre 1990, in Riv. It. 1981, 1954, “nel caso di un difensore che, assistendo a ricognizione personale del suo difeso, aveva taciuto la di lui manovra ingannatoria, attuata facendosi sostituire, per il compimento dell’atto, da altra persona che si era falsamente attribuite le generalità del vero imputato. Nel senso che non integra il reato la mera rivelazione del segreto istruttorio, Cass. 24 febbraio 1992, in Cass. pen. 1994, 933; Id. 27 gennaio 1986, in Giust. Pen. 1987, II, 394. Su questi problemi cfr. ROSSI VANNINI, Favoreggiamento e difesa”.

[13] Così la Costituzione all’art. 54: ”tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge”.

Così l’art. 97 Cost.: “I pubblici ufficiali sono organizzati secondo disposizione di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuizioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”.

[14] Così l’art. 372 c.p., “Chiunque, deponendo come testimone innanzi all’Autorità giudiziaria, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sia intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni”.

[15] Cfr. Cass., sez. II, 86/173381; inoltre, CRESPI – STELLA – ZUCCALA’, Commentario breve al codice penale, Cedam, 1996.

 

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