Il giornalista che svolge un’intervista può celare all’intervistato la propria professione e la finalità della raccolta dei dati solo quando altrimenti sarebbe impossibile svolgere la funzione informativa.

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Garante per la protezione dei dati personali: Ordinanza ingiunzione n. 241 del 26 novembre 2020

Il fatto

Un medico presentava un reclamo al garante per la protezione dei dati personali con cui lamentava che era stato realizzato un servizio giornalistico, trasmesso durante la trasmissione televisiva “Le Iene”, che aveva determinato la diffusione illecita dei suoi dati personali.

In particolare, il medico evidenziava di essere stato avvicinato da alcuni soggetti, entrati all’interno del suo studio medico attraverso artifici e inganni, fingendo di avere un malore per il quale volevano richiedere la prestazione professionale del medico, e successivamente, all’interno dello studio, senza essersi mai identificati come giornalisti e inviati della trasmissione “Le iene”, avevano formulato diverse domande al medico e avevano effettuato delle riprese audiovisive delle risposte rese dal medico, attraverso delle telecamere nascoste, riprendendo in primo piano il medico e il suo luogo di lavoro. Nello specifico, attraverso le domande formulate, i giornalisti “camuffati” avevano acquisito dichiarazioni del medico relativamente alla correlazione della incidenza di malattie sul proprio territorio e l’attività produttiva di una società locale di ceramiche.

Il medico lamentava che le suddette video riprese erano state poi montate in un servizio giornalistico e diffuse durante una puntata della trasmissione televisiva de “Le Iene”, nella quale egli era perfettamente riconoscibile dai capelli e dagli abiti nonché dal suo luogo di lavoro e dalla voce che non era stata in alcun modo camuffata.

Il medico rilevava che, a causa della diffusione delle dichiarazioni che lo stesso aveva reso nella intervista carpita con modalità fraudolente, egli aveva subito un danno psicologico e alla sua immagine, anche perché le dichiarazioni, per come montate nel servizio, non corrispondevano alla realtà di quello che egli aveva riferito e che, proprio a causa del suddetto servizio, aveva ricevuto una lettera dal legale dell’azienda di ceramica nella quale si avvisava che la stessa avrebbe agito giudizialmente per tutelarsi dalle dichiarazioni del medico ritenute diffamatorie.

Infine, il medico rilevava di aver richiesto alla titolare del trattamento una copia integrale di tutte le video riprese effettuate dagli inviati della società e che quest’ultima aveva, invece, consegnato una copia del servizio realizzato per la messa in onda e quindi differente dalla versione originale.

Il garante per la protezione dei dati personali formulava, quindi, alla società titolare del trattamento la richiesta di chiarimenti in merito al reclamo presentato dal medico.

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Il 19 settembre 2018 è entrato in vigore il decreto legislativo n.101 che ha modificato profondamente il Codice privacy in modo da renderlo conforme alla disciplina prevista dal GDPR. Conseguentemente, da tale data, il Garante privacy, l’Autorità Giudiziaria e ogni pubblica amministrazione, ente o società, impresa o professionista sono tenuti a dare piena e integrale applicazione alla disciplina. Agile e completa, quest’opera fornisce a tutti gli operatori, pubblici e privati, gli strumenti per comprendere in modo chiaro e semplice le novitàintrodotte dal decreto attuativo, attraverso una lettura integrata con i relativi riferimenti alle disposizioni del GDPR, per consentire al Professionista di adempiere ai vari obblighi relativi alla protezione dei dati personali.Con un linguaggio semplice e chiaro, l’autore analizza i singoli articoli del decreto attuativo corredati da un primo commento esplicativo in combinato con l’esame delle disposizioni del codice privacy ancora in vigore, attraverso i necessari richiami alle disposizioni del GDPR che la nuova disciplina va ad attuare.PIER PAOLO MUIÀ Dopo aver conseguito la maturità classica, si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Firenze. Esercita la professione di avvocato tra Firenze, Prato e Pistoia, occupandosi in particolare di diritto di internet, pri- vacy e IP, nonché responsabilità medica. È autore di diverse monografie sulle materie di sua competenza nonché di numerose pubblicazioni sulle principali riviste giuridiche nazionali ed è referente di dette materie per il portale telematico giuridico Diritto.it. È stato relatore in diversi convegni.

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La società forniva i chiarimenti richiesti, evidenziando che:

  • in primo luogo, la stessa aveva oscurato il volto del medico, durante la realizzazione e la diffusione del servizio televisivo, proprio al fine di non renderlo identificabile;
  • in secondo luogo, le dichiarazioni rilasciate dal medico avevano un ruolo determinante rispetto al contenuto del servizio giornalistico, in quanto davano sostegno alla tesi argomentata dal giornalista (secondo cui ci poteva essere una correlazione fra le emissioni della società produttrice di ceramica e l’insorgenza dei problemi alla salute della popolazione locale) ed inoltre completavano dal punto di vista tecnico la notizia, essendo delle dichiarazioni aventi valenza tecnica in considerazione della qualifica di medico dell’intervistato;
  • in terzo luogo, vi era un’assoluta corrispondenza fra le dichiarazioni rese dal medico e quanto era stato pubblicato nel servizio televisivo, posto che il montaggio era stato effettuato senza modificare il pensiero espresso dal professionista e riportando le parole da questo pronunciate;
  • infine, il servizio era stato modificato, eliminando la parte in cui vi era l’intervista e le dichiarazioni del medico ed era stato altresì rimosso integralmente dal sito Internet della società.

Il garante per la protezione dei dati personali, non soddisfatto dei chiarimenti resi dalla società titolare del trattamento, comunicava a quest’ultima l’avvio del procedimento per l’eventuale adozione dei provvedimenti sanzionatori, invitandola a presentare eventuali memorie difensive.

La società depositava, quindi, le proprie memorie di sentire difensive, ribadendo quanto già esposto in sede di chiarimenti e aggiungendo che aveva integralmente soddisfatto la richiesta del medico di acquisire l’originale delle riprese audio-video effettuate presso il suo studio, avendo consegnato allo stesso tutto il materiale che l’autrice del servizio aveva dato alla società.

In secondo luogo, la società titolare del trattamento precisava che lo stesso garante privacy, nonché la giurisprudenza civile e penale, ammettevano l’uso di telecamere nascoste per effettuare giornalismo di inchiesta e pertanto ciò legittimava la condotta posta in essere dalla stessa.

 

La decisione del Garante

Il garante per la protezione dei dati personali ha ritenuto di accogliere il reclamo promosso dal medico e di sanzionare la società titolare del trattamento, in quanto ha considerato illecito il trattamento dei dati personali del medico effettuato dalla società nelle modalità di cui sopra.

Preliminarmente, il garante ha rilevato come al caso di specie si applichi la normativa e le norme deontologiche in materia di attività giornalistica, le quali disciplinano le modalità con cui debbano essere trattati i dati personali nello svolgimento dell’attività giornalistica.

A tal proposito, detta disciplina stabilisce che il soggetto che tratta dei dati personali per le finalità giornalistiche non è esonerato dall’obbligo di rispettare alcune garanzie di correttezza e trasparenza nel trattamento dei dati e, a tal fine, il giornalista, nel momento in cui raccoglie le notizie, deve rendere nota la propria identità al soggetto intervistato nonché la propria professione e la finalità per cui vuole raccogliere le informazioni; inoltre il giornalista deve evitare artifici e pressioni indebite per acquisire la suddetta informazione dall’intervistato. Tuttavia, la richiamata disciplina prevede altresì un esonero da tale obbligo a carico del giornalista, per l’ipotesi in cui il rispetto di tali garanzie renda impossibile l’esercizio della funzione informativa. In altri termini, il giornalista può non palesarsi come tale e quindi acquisire le informazioni dall’intervistato, senza rendere quest’ultimo consapevole dell’intervista, qualora palesare la propria professione e la finalità della conversazione possa pregiudicare l’acquisizione della notizia e lo scopo informativo dell’intervista stessa.

Inoltre, ricorda il garante, che la sussistenza di tale deroga deve essere valutata caso per caso, anche verificando se le modalità con cui vengono raccolte le informazioni e la loro diffusione sono proporzionate e giustificate rispetto allo scopo dell’informazione che, senza nascondere l’esistenza dell’intervista, non potrebbe essere raggiunto.

Applicando tali regole generali al caso di specie, il garante ha ritenuto che le informazioni che sono state acquisite dai giornalisti inviati dal titolare del trattamento (cioè l’incremento delle problematiche di salute a causa di un peggioramento della qualità dell’aria) avrebbero potuto essere acquisite attraverso delle modalità diverse rispetto a quelle utilizzate. In particolare, il garante rileva come il titolare del trattamento avrebbe potuto utilizzare altre fonti per acquisire la notizia oppure avrebbe potuto interpellare altri medici o ancora avrebbe potuto effettuare un’intervista palese al medico reclamante garantendogli l’anonimato. Nel caso di specie, invece, il titolare del trattamento non ha neanche tentato, prima di utilizzare le modalità ingannevoli, di acquisire le informazioni attraverso una delle modalità di cui sopra. Ad ogni modo, prosegue il Garante, il titolare del trattamento non ha provato che non avrebbe potuto acquisire l’informazione senza utilizzare gli artifici nei confronti del medico.

Infine, il Garante ha rilevato che, nel caso di specie, la società titolare del trattamento, nella realizzazione del servizio, non ha adottato delle misure idonee a garantire l’anonimato dal medico: infatti, la società avrebbe potuto oscurare completamente il volto del medico, alterarne la voce e utilizzare inquadrature non focalizzate sulla sua persona e sul suo ambiente di lavoro.

In considerazione di quanto sopra, il garante ha ritenuto che le modalità con cui è stato effettuato il trattamento dei dati abbia determinato un sacrificio dei diritti dell’interessato non proporzionato rispetto alle finalità informative del servizio giornalistico e conseguentemente ha ritenuto che il trattamento medesimo viola i principi generali di integrità e correttezza previsti dal regolamento europeo, ingiungendo alla società il divieto di trattare i dati personali del reclamante all’interno del servizio giornalistico nonché irrogandole una sanzione pecuniaria di euro 10.000.

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