Il Jobs Act e le nuove sanzioni in materia di lavoro (parte seconda)*

L’art. 22 del decreto legislativo recante “diposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità” in attuazione della legge n. 184/2014, prevede ulteriori novità in materia di sanzioni amministrative applicabili in materia di lavoro e legislazione sociale. In particolare, il comma 4 dell’art. 22 introduce una serie di modifiche sostanziali al c.d. provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale di cui all’art. 14 D.Lgs. 81/2008 e successive modifiche. Come noto, il personale ispettivo del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali adotta il “provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale quando riscontra l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro nonché in caso di gravi e reiterate violazioni in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro individuate con decreto del Ministro del Lavoro”. In questo caso, come nell’ipotesi di applicazione della c.d maxisanzione per lavoro nero, si è voluto “ammorbidire” l’impianto sanzionatorio a carico del datore di lavoro che ottemperi al provvedimento adottato dagli ispettori. Attualmente l’ordinamento prevede, al fine dell’ottenimento della revoca della sospensione, il pagamento da parte del datore, entro le ore 12 del giorno successivo l’accesso ispettivo, di una sanzione aggiuntiva pari rispettivamente ad € 1.950,00 nel caso di accertato utilizzo di lavoratori in nero nella percentuale già indicata ovvero della somma pari ad € 3.250,00 nel caso di violazioni in  materia  di   salute  e  della sicurezza sul lavoro, oltre alla definizione delle situazioni irregolari riscontrate. A seguito della riforma, le predette sanzioni sono state “arrotondate” rispettivamente ad € 2.000,00 e ad € 3.200,00 e, al fine di favorire una “immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, valorizzando gli istituti di natura premiale” così come richiesto dalla legge delega, si è previsto che, su istanza di parte, e fermo il rispetto delle altre condizioni di legge, “la revoca della sospensione è concessa con il pagamento del 25% della somma aggiuntiva dovuta”. L’importo residuo, maggiorato del 5%, deve essere versato entro i sei mesi successivi alla presentazione dell’istanza di revoca. Nel caso in cui tale importo residuo non venga, in tutto o in parte, versato, “il provvedimento di accoglimento dell’istanza di revoca costituisce titolo esecutivo per l’importo non versato”.

Pertanto si può osservare come l’impianto sanzionatorio non venga sostanzialmente toccato, quello che invece viene modificato è il quantum che il datore deve versare ai fini della revoca della sospensione, entro le 12 del giorno successivo all’adozione del provvedimento,  importo che, a seguito dell’entrata in vigore del testo in commento, sarà pari ad un quarto della sanzione di legge. Dall’altra parte, nel caso di mancato versamento del residuo, al fine di un rapido soddisfacimento del credito da parte della pubblica amministrazione si prevede espressamente che il provvedimento di accoglimento dell’istanza costituisca titolo esecutivo per il residuo. A tal riguardo si ricorda che, secondo l’attuale formulazione della norma, la mancata ottemperanza al provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale determina la sola configurazione, a carico del datore, del reato di cui al comma 10 dell’art. 14 D.Lgs. 81/2008 che prevede l’applicazione al datore della pena dell’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.740,00 a 7.014,40 euro senza che, fino ad oggi, la predetta sanzione potesse in alcun modo essere recuperata dalla amministrazione.

 

* Le seguenti considerazioni sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza

Annaconcetta Battista

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