Il limite massimo di conservazione delle immagini acquisite con un sistema di videosorveglianza è di 24 ore, salva la possibilità in casi di particolare esigenza di conservarle fino a 7 giorni

Avv. Pier Paolo Muià – Dott.ssa Maria Muià

Garante per la protezione dei dati personali: provvedimento n. 39 del 2 febbraio 2019

Fatto

A seguito di un accertamento operato dall’Autorità inquirente all’interno di un esercizio commerciale, il Garante per la protezione dei dati personali si è pronunciato in merito alla legittimità del trattamento dei dati personali effettuato dall’impresa controllata mediante l’utilizzo di un sistema di videosorveglianza.

In particolare, nel maggio 2018 l’Autorità inquirente aveva effettuato un controllo amministrativo nei confronti di un esercizio commerciale. Da tale controllo era emerso che la titolare dell’impresa individuale effettuava un trattamento dei dati personali mediante un sistema di videosorveglianza, composto da quattro telecamere, di cui tre posizionate all’interno del locale aziendale e una all’esterno. Dal sopralluogo effettuato l’Autorità indagante aveva appurato che le immagini registrate dall’impianto di videosorveglianza risalivano a dodici giorni prima, e dunque ad un periodo di tempo superiore a quello massimo di sette giorni previsto dal Garante con il provvedimento sulla videosorveglianza datato 8 aprile 2010.

Al termine degli accertamenti eseguiti, l’Autorità inquirente aveva contestato alla proprietaria dell’impresa individuale, in qualità di titolare del trattamento dei dati personali, la violazione amministrativa per aver conservato le immagini raccolte e registrate attraverso il sistema di videosorveglianza per un tempo superiore a quello stabilito dal Garante, ovverosia sette giorni.

A tale contestazione il titolare del trattamento dei dati personali rispondeva tramite delle note difensive, rigettando le accuse mosse a suo carico. In primo luogo, la titolare dell’impresa individuale evidenziava che, subito dopo aver rilevato l’attività commerciale con contratto di affitto d’azienda, aveva provveduto a chiedere, ed ottenere, l’autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro per l’istallazione delle telecamere, installate dal precedente gestore. In secondo luogo aveva rigettato l’illecito contestatogli, sostenendo che la disposizione contenuta nel provvedimento generale sulla videosorveglianza in realtà non conteneva alcun riferimento a un periodo temporale entro cui conservare le immagini registrate. In ultimo, la titolare dell’impresa aveva eccepito l’assenza nel verbale di contestazione dell’indicazione del ritrovamento nel corso delle verifiche da parte dell’Autorità inquirente di filmati archiviati per più di dodici giorni. Sostenendo che sul verbale si faceva genericamente riferimento alla presenza di un sistema di archiviazione di immagini. Secondo la tesi difensiva questo generico riferimento non poteva essere sufficiente a dimostrare l’illegittimità del trattamento.

 La decisione del Garante

Preso atto delle contestazioni mosse dall’Autorità inquirente e valutate le dichiarazioni rese dal titolare del trattamento dei dati personali, il Garante per la protezione dei dati personali ha ritenuto esistenti gli addebiti riscontrati, riconoscendo così imputabile alla titolare dell’impresa individuale la violazione prevista dall’art. 162, comma 2-ter, del Codice per la protezione dei dati personali, per aver conservato immagini registrate dal sistema di videosorveglianza per un tempo superiore a quello prescritto dal Garante nel Provvedimento generale in materia di videosorveglianza.

In particolare, il Garante si è espresso in ordine alle eccezioni presentate dal titolare del trattamento dei dati personali, rilevando che quelle argomentazioni addotte non permettevano di escludere la responsabilità del titolare in relazione alla contestazione mossa.

Il Garante si è pronunciato sul primo punto delle difese presentate dalla titolare dell’impresa, ovverosia l’aver affittato l’azienda da altro proprietario che ancor prima dell’operazione di affitto aveva installato il sistema di videosorveglianza.

Il Garante nel caso di specie ha riconosciuto la titolarità del trattamento dei dati personali in capo alla titolare dell’impresa individuale, che in concreto utilizza e dispone dell’impianto in piena autonomia, anche se il sistema di videosorveglianza sia stato installato dal precedente proprietario.

Il Garante è passato poi ad analizzare l’eccezione relativa all’inesistenza all’interno del provvedimento generale sulla videosorveglianza di un riferimento al periodo temporale entro cui conservare le immagini registrate. Il Garante ha evidenziato come il provvedimento sulla videosorveglianza – adottato ai sensi dell’art. 154, comma 1, lett. c), del Codice, al punto 3.4 – faccia riferimento al principio di proporzionalità nel potere di conservare le immagini. In particolare, il provvedimento appena citato, rifacendosi al principio di proporzionalità, limita la conservazione delle immagini registrate a poche ore o, al massimo, alle ventiquattro ore successive alla loro rilevazione, ammettendo un periodo più ampio, non superiore a 7 giorni, laddove ci dovessero essere particolari esigenze. Dunque, il Garante smentisce categoricamente la tesi difensiva del titolare del trattamento, ribadendo l’esistenza di un limite chiaro e preciso di conservazione delle immagini, ovverosia ventiquattro ore, riconoscendo la possibilità in casi di particolare esigenza di aumentare questo limite fino ad un massimo di sette giorni.

Infine, il Garante riferendosi all’affermazione contenuta nella tesi difensiva secondo cui sul verbale di accertamento non si dava atto del rinvenimento di filmati archiviati per un tempo maggiore di dodici giorni, ha osservato che, contrariamente a quanto sostenuto, il verbale di contestazione conteneva un chiaro riferimento a tale ritrovamento. Il Garante ha, infatti, sostenuto che sul verbale di accertamento era stato dato atto dall’Autorità inquirente che, nel corso delle operazioni di accertamento svoltesi presso il locale aziendale nel maggio 2018, era stato possibile consultare delle immagini, registrate per mezzo delle videocamere, che risalivano a 12 giorni prima. Secondo il Garante questa circostanza, era supportata da idonei elementi probatori, ed era idonea a confermare la sussistenza dell’illecito amministrativo ce la stessa Autorità inquirente aveva imputato alla titolare dell’impresa.

Il Garante per la protezione dei dati personali ha dunque accertato a carico della titolare dell’impresa la violazione delle disposizioni in materia di trattamento dei dati personali operato attraverso sistemi di videosorveglianza, condannando la stessa al versamento di una sanzione pecuniaria, ed escludendo alla stessa la possibilità di accedere alla definizione agevolata per le violazioni in materia di protezione dei dati personali. Secondo quanto previsto dalle “Disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2016/679”, solo i procedimenti sanzionatori avviati con verbale di accertamento antecedente al 25 maggio 2018 possono essere oggetto di definizione agevolata, e nel caso di specie, come osservato dal Garante, la violazione è stata accertata con verbale di contestazione redatto dopo la data del 25 maggio 2018, dunque successivamente a quella di applicazione del Regolamento UE 2016/679, avvenuta in data 25 maggio 2018. Sulla base di tale assunto il Garante ha concluso nel senso di escludere la possibilità di applicare al caso di specie la definizione agevolata.

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