Il mancato riconoscimento di ufficio della continuazione da parte del giudice della cognizione non impedisce che questa venga riconosciuta in sede esecutiva

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(Annullamento con rinvio)

Il fatto

Il Tribunale di Genova, quale giudice dell’esecuzione, respingeva la richiesta presentata dal condannato avente ad oggetto il riconoscimento della continuazione fra i reati giudicati di alcune sentenze pronunciate dal Tribunale di Genova.

L’ordinanza aveva a tal proposito rilevato come le due sentenze di condanna avessero riguardato la consumazione di due furti e il tentativo di un furto, commessi fra il 10 e il 20 maggio 2015, a bordo di tre imbarcazioni.

In occasione del tentato furto commesso il 20 maggio 2015, l’odierno istante era stato tratto in arresto nella flagranza del reato e in quel giudizio erano già emersi indizi di colpevolezza in relazione ai due furti commessi nei giorni precedenti a bordo di barche ormeggiate nel medesimo molo.

Ciò posto, il giudizio relativo ai due furti consumati era stato pronunciato dopo la irrevocabilità della condanna per il tentato furto, e in quel giudizio, dove l’imputato era stato difeso dallo stesso difensore che poi l’avrebbe assistito nella fase esecutiva, era stata ritenuta la continuazione interna ma non era stata richiesta nè era stata ritenuta dal giudice anche in relazione al tentato furto, già giudicato.

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Proponeva ricorso per cassazione di difensore dell’istante chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata denunciando violazione dell’art. 671 c.p.p. e difetto motivazionale della decisione assunta rilevando come nella cognizione non vi fosse stato alcun giudizio negativo in ordine alla continuazione oggetto della richiesta in executivis e che i dati fattuali di ciascun reato fossero stati significativi di un comune momento deliberativo.

La richiesta formulata dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione

 

Il Procuratore generale aveva chiesto la dichiarazione di inammissibilità del ricorso osservando che il mancato riconoscimento, da parte del giudice della cognizione, della continuazione così detta esterna costituisce, ove sia questione che rientra nel patrimonio conoscitivo del giudice, giudicato implicito ostativo al riconoscimento della continuazione in executivis.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso veniva stimato fondato e veniva perciò pronunciato annullamento, con rinvio, dell’ordinanza impugnata.

Si osservava a tal proposito prima di tutto come l’ordinanza impugnata avesse fondato la decisione negativa sul rilievo che la continuazione, oggetto della richiesta formulata dalla parte, era stata già, implicitamente, negata nel giudizio di cognizione e che la parte, a sostegno della richiesta formulata, non aveva addotto elementi diversi da quelli già conosciuti dal giudice della cognizione.

Orbene, ad avviso del Supremo Consesso, la decisione in questione non aveva fatto applicazione dei principi che presiedono la interpretazione della norma di cui all’art. 671 c.p.p. per le seguenti ragioni.

Dopo essere stato evidenziato che, a norma dell’art. 671 c.p.p., la continuazione può essere riconosciuta dal giudice dell’esecuzione “sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione”, gli Ermellini osservava come sul punto fosse stato precisato che, se è pur vero che il “giudice della cognizione può riconoscere d’ufficio la continuazione tra il reato rimesso alla sua cognizione e altro per cui l’imputato ha riportato in precedenza condanna divenuta definitiva” (Sez. 1, 24/01/2017), è altrettanto vero che il giudicato si forma in relazione alle questioni decise dal giudice, e non anche in ordine a quelle che non sono state devolute alla cognizione del giudice e che questi, pur potendole decidere d’ufficio, non ha esaminato (Sez. 1, 24/09/2015).

Oltre a ciò, veniva altresì rilevato come, d’altra parte, con specifico riferimento alla domanda, posta nella cognizione, di riconoscimento della continuazione così detta esterna, sia stato precisato che, da una parte, la difesa ha l’onere di indicare e depositare le sentenze di condanna già divenute irrevocabili e, dall’altra, in caso di inosservanza di tale onere, il mancato esame nel merito della sussistenza del reato continuato non comporta giudicato negativo sul punto e non preclude perciò l’esame della questione ai sensi dell’art. 671 c.p.p., comma 1, (Sez. 6, 14/01/1999,; Sez. 1, 4/11/2009).

Infine, con riguardo ai rapporti tra i giudizi di cognizione e quello instaurato ai sensi dell’art. 671 c.p.p., veniva fatto presente come sia consolidato l’orientamento secondo il quale la mancata prospettazione dell’unitarietà del disegno criminoso in relazione ai medesimi reati in sede di cognizione non costituisce indice negativo della sua esistenza che può essere riconosciuta anche in fase esecutiva (Sez. 1, 13/07/2018; Sez. 1, 11/07/2019; Sez. 1, 03/06/2020; contra, Sez. 1, 4/04/2014).

La Suprema Corte, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, pronunciava, come accennato in precedenza, annullamento dell’ordinanza con rinvio al Tribunale di Genova perché provvedesse, in diversa composizione, a nuovo giudizio.

In particolare, si affermava come il giudice del rinvio non avesse vincoli in ordine al merito ma fosse tenuto, nel sottoporre a nuovo giudizio la domanda della parte, ad applicare i seguenti principi di diritto:

Il mancato riconoscimento di ufficio, da parte del giudice della cognizione, della continuazione così detta esterna non costituisce giudicato negativo implicito sul punto, che quindi può formare oggetto di richiesta ai sensi dell’art. 671 c.p.p..

Nel giudizio promosso ai sensi dell’art. 671 c.p.p., la mancata proposizione, nel giudizio di cognizione, di analoga richiesta di continuazione non ne costituisce indicatore negativo“.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante nella parte in cui, citandosi giurisprudenza conforme, vengono ribaditi i principi di diritto secondo cui, da un lato, il mancato riconoscimento di ufficio, da parte del giudice della cognizione, della continuazione così detta esterna non costituisce giudicato negativo implicito sul punto, che quindi può formare oggetto di richiesta ai sensi dell’art. 671 c.p.p., dall’altro, nel giudizio promosso ai sensi dell’art. 671 c.p.p., la mancata proposizione, nel giudizio di cognizione, di analoga richiesta di continuazione non ne costituisce indicatore negativo.

Tal che ove uno di questi criteri ermeneutici non fosse osservato nel procedimento di esecuzione ove venga avanzata una richiesta di questa continuazione, ben si potrà ricorrere per Cassazione richiamandosi tale pronuncia.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su cotale tematica procedurale, dunque, non può che essere positivo.

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