Il minore con un lieve deficit cognitivo è adottabile in assenza di un nucleo familiare adatto a prendersene cura

Redazione 15/07/13
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Lucia Nacciarone

A deciderlo è la sentenza n. 17096 del 10 luglio della Cassazione, con cui i giudici di legittimità hanno respinto il ricorso di una coppia contro la decisione della Corte d’appello che dichiarava lo stato di adottabilità del loro figlio.

Il minore, secondo quanto emergeva dall’istruttoria, necessitava di cure urgenti per sopperire ad un lieve deficit cognitivo causatogli da continui distacchi emotivi, e nessuno dei parenti era in grado di offrirgli stabilità e protezione.

La Corte di legittimità, conformemente ai giudici di merito, ha rilevato l’incapacità genitoriale dei ricorrenti, nonché la mancanza di nuclei parentali idonei a sostenere la coppia genitoriale o a vicariarla: infatti, erano stati ritenuti inadeguati sia i nonni che gli zii.

E alla luce delle indagini mediche e psicologiche e osservando i miglioramenti del bambino all’esito di un periodo condotto in una comunità, nonostante il deficit cognitivo rilevato, i giudici hanno ritenuto per l’appunto che la soluzione migliore fosse quella di dichiarare (e di seguito confermare) lo stato di adottabilità.

Precisa, infatti, la Corte suprema: «lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione, se adeguatamente motivata. Dunque, lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità non ricorre qualora sussista una causa di forza maggiore, cioè un ostacolo esterno posto dalla natura, dall’ambiente, da un terzo che s’impone alla volontà del genitore e che il legislatore del 1983, innovando rispetto alla disciplina del 1967, ha qualificato come ‘transitorio’, alla luce del preminente interesse del minore, sicché tale transitorietà deve essere necessariamente correlata al tempo di sviluppo compiuto ed armonico del minore stesso, evenienza nella specie non evincibile».

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