Il new public management e “i nuovi bisogni digitali”

Il contributo analizza l’evoluzione del new public management, gli elementi che lo caratterizzano e gli effetti su organizzazione e azione della PA.

Il presente contributo analizza l’evoluzione del new public management in relazione agli elementi che lo caratterizzano e agli effetti determinati negli assetti organizzativi e d’azione della Pubblica Amministrazione postulando, in conclusione, la necessità di un continuo aggiornamento tecnico e metodologico in linea con l’evoluzione delle tecnologie moderni e con i relativi nuovi bisogni dei cittadini.

Indice

1. Le origini del new public management: il taylorismo


Con l’espressione taylorismo si intende un approccio metodologico basato sul principio del razionalismo che prende corpo nel settore economico nei primi del ‘900.  Taylor[1] ideò un modello teorico/pratico per ridurre i costi in eccesso attraverso l’organizzazione scientifica del lavoro. Il razionalismo, applicato alla macchina produttiva dell’impresa, trae il suo fondamento dalla corrente filosofica e scientifica del positivismo[2] il quale, è incentrato sul metodo scientifico e con esso si intende il metodo di analisi e di applicazione pratica delle scienze naturali, a sua volta basato sulla verifica empirica, caratterizzato dai caratteri della verificabilità e della determinatezza. Organizzare il lavoro in modo scientifico, quindi, rappresenta per Taylor la soluzione vincente per superare le problematiche prodotte dal liberismo economico e che in sostanza si traducono in diseconomie di scala e sprechi eccessivi derivati dalla mancanza di efficienza ed efficacia del metodo imprenditoriale in relazione al tempo impiegato nella e per la produzione. Infatti, Taylor, intendeva annullare tutti gli sprechi legati al tempo di produzione, i così detti tempi morti, e tutti gli sprechi di energia, intesa come energia umana. Per attuare tale teoria, egli realizzò la famosa catena di montaggio che si sostanzia in un sistema produttivo diviso in tante piccole unità produttive semplici e ripetibili. La semplicità e la ripetibilità consentono, infatti, di risparmiare sia il tempo della produzione, che l’energia impiegata per la stessa. Gli operai, svolgendo solo determinati movimenti in ripetizione per tutta la giornata lavorativa, si concentrano meglio sugli stessi e la ripetizione fornisce la specializzazione ottenendo come risultato finale la velocità senza rinunciare alla qualità del prodotto. Per motivare gli operai in tal senso, Taylor impiegò all’interno della fabbrica il sistema degli incentivi: più i primi sono in grado di acquisire la tecnica di produzione che li riguarda, più sono in grado di velocizzare la produzione e più ricevono premi per il risultato ottimale raggiunto.
L’applicazione pratica di tale metodo avvenne nella prima metà del ‘900 nella fabbrica Ford, dove venne impiegato per la produzione della famosissima T-nera (auto prodotta in serie).
I principi che contrassegnano il modello taylorista continuano ad influenzare la produzione odierna, nonostante tale metodo non sia esente da critiche o da bias di produzione (lo sfruttamento del lavoratore visto come semplice fattore produttivo ed alienato dalla sua persona e dalle relazioni umane in generale ne rappresenta un risvolto negativo, così come lo sviluppo di altre metodologie che se pure generate sulla scia del taylorismo si sono sviluppate verso orizzonti nuovi come il toyotismo e lo sviluppo delle reti di imprese).
Per quello che ci interessa, nonostante il grande impatto apportato dal taylorismo nel mondo economico, lo stesso è importante per il suo approccio razionale che esula dal proprio ambito per essere applicato in settori diversi e per raggiungere scopi differenti da quello strettamente produttivo/imprenditoriale.

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2. Il new project management


La gestione progettuale applicata in ambito aziendalistico ed organizzativo trae origine dai principi fondativi del taylorismo[3]il quale, come si è detto, poc’anzi, alla fine del XIX sec. apportò una visione progressista e per certi versi rivoluzionare, nel metodo lavorativo. Infatti, con il taylorismo si delinea l’applicazione del razionalismo all’interno del processo produttivo e con esso, il lavoro viene organizzato scientificamente.
Quando ci si riferisce ad uno stile progettuale, si fa riferimento ad un processo di costruzione e pianificazione che riguarda sia gli attori che formano l’organizzazione dal punto di vista soggettivo, che le azioni afferenti alle mansioni ed in più generale alle prestazioni svolte dagli stessi. Attori e prestazioni devono seguire un iter organizzato per poter raggiungere l’obiettivo finale e dunque la meta progettuale (si può parlare in tal senso del profitto se ci si riferisce al mondo imprenditoriale, si può parlare del consenso se ci si riferisce al mondo partitico, si può parlare della riduzione dell’inquinamento se ci si riferisce ad una rete di attori che hanno partecipato alla formazione ed all’attuazione di una politica ambientale).
Il legame tra l’approccio razionale e divisionale proprio del taylorismo, dunque, si pone come un canale diretto per l’evoluzione dell’approccio progettuale e si configura come una base di partenza per lo sviluppo del new project management[4].
Proprio come l’approccio taylorista, il new project management applica l’organizzazione scientifica ed il metodo razionale nel processo di produzione.
Con il termine project management si intende l’insieme dei processi, delle attività, delle risorse impiegate nella gestione di un progetto, al fine del raggiungimento degli obiettivi finali posti all’apice del progetto stesso, pianificando in maniera specifica ogni micro-processo che va a comporre il piano progettuale posto in essere.
Lo si è già ribadito in precedenza, per organizzare un processo produttivo che sia basato su una gestione progettuale, è indispensabile ricorrere alla metodologia scientifica e questo vuol dire ripartire il processo produttivo in fasi diverse, micro-processi, per poterne definire meglio i confini, i limiti, le possibilità ed applicare in tal modo i correttivi idonei agli stessi.
In genere un progetto viene suddiviso in cinque macro-fasi che, a loro volta, si suddividono in altre micro-fasi. Nella prima fase, si pone l’attenzione su un’idea, la si raffronta con altre idee simili e con le risorse disponibili o facilmente ottenibili, per poi passare alla fissazione degli obiettivi che si vogliono raggiungere e che possono essere di breve, di medio o di lungo periodo. Definiti gli obiettivi, si giunge alla seconda fase che vede il passaggio dall’idea fissata così come nella fase uno, alla determinazione di un piano strategico rivolto all’organizzazione del processo che dovrà poi essere messo in atto per raggiungere gli stessi. In tale fase, gli elementi qualitativi posti al centro della prima fase vengono quantificati in termini di fattori produttivi, di costi e di possibili ricavi. Una volta conclusa la fase della pianificazione, si passa alla terza fase che vede il passaggio dal piano progettuale puro, all’azione (esecuzione). La terza fase, infatti, è quella dell’esecuzione di quanto pianificato e vede l’impiego sul campo dei fattori produttivi (compreso il personale) per la creazione materiale e sostanziale degli outputs. Quella del controllo, viene indicata come quarta fase, come se seguisse temporalmente la terza fase, ma in realtà in tale fase il controllo può dirsi intensificato e concentrato sulla corretta esecuzione di ciò che era stato pianificato a monte. L’attività di controllo, infatti, è l’unica che abbraccia ogni fase che compone lo schema progettuale, in quanto si delinea come controllo ex ante e preliminare, concomitante e concentrato sull’esecuzione ed infine come susseguente e rivolto a verificare se vi sia stata o meno la produzione degli effetti che ci si attendeva dalla trasformazione degli inputs in outputs e cioè se il piano progettuale abbia o meno raggiunto gli obiettivi posti come meta dello stesso. L’ultima fase, lo si è un po’ anticipato, si concentra sulla verifica dei risultati. Si tratta della fase di chiusura meglio nota come valutazione, dove si traccia un bilancio su quanto prodotto, sul come si è arrivati al prodotto e sugli obiettivi raggiunti dal prodotto, ponendo gli stessi in continuo raffronto con le linee di indirizzo tracciate nella pianificazione.
Naturalmente, tutte queste fasi necessitano di una o più persone che si occupino in maniera specifica e separata di ognuna di esse (capi-direttori-responsabili d’area) e di una o più persone che supervisionano l’interazione tra quest’ultimi ed il personale impiegato nella elaborazione ed esecuzione del progetto[5]. In particolare, il ruolo di responsabile[6] del progetto e con esso di responsabile della propria area e della specifica fase a cui si è predisposti, riveste una notevole importanza, perché dal corretto svolgimento dello stesso può dipendere la buona riuscita del progetto stesso. Il sistema degli incentivi-disincentivi risulta essere quello che meglio si adatta al conseguimento di un buon rendimento nell’attività responsabilizzata. Il responsabile, infatti, sarà invogliato a fare sempre meglio, così come lo saranno tutte le persone che svolgono un ruolo attivo nella realizzazione progettuale.
Giunti a questo breve dialogo sulla parte strutturale della gestione progettuale, non ci resta che chiarire quali siano gli effetti migliorativi di tale approccio.
 Quali sono i benefici del new project management?
L’obiettivo principale del Project Management[7] è quello di prevedere pericoli e possibili problemi che potrebbero intralciare la riuscita di un progetto. Pianificare, organizzare e controllare le attività, secondo il Project Management, sono le principali mosse per realizzare un progetto con il maggior successo possibile, riducendo al minimo il fattore rischio.
Nella gestione di un progetto l’organizzazione di un piano dettagliato porta a risultati specifici. Formalizzare gli obiettivi, senza essere vaghi con concetti generici quali “migliorare le relazioni con i clienti”, rende il piano lavoro più concreto. “Ridurre del 50% i reclami dei clienti” è – al contrario – un buon obiettivo da formalizzare. Il Project Management insegna proprio questo, un metodo per essere più efficienti e concreti[8].

3. Il new public management e la Pubblica Amministrazione


I principali filoni teorici che hanno ispirato il NPM possono essere classificati come segue:

  • Neoliberismo (Neo-liberalism)
  • Managerializzazione (Managerialism)
  • Modello Principale-Agente (Agency theory)
  • Economia dei costi di transazione (Transaction cost economics)
  • Razionalismo (Public choice theory).

Il neoliberismo è un filone teorico molto sviluppato nei paesi anglosassoni, accreditato presso importanti amministrazioni (Thatcher e Reagan, ma anche in Australia, Nuova Zelanda, FMI, OCSE) e con importanti pensatori (Milton Friedman, von Hayek). L’idea di fondo su cui esso si basa è che la stagnazione economica degli anni Settanta fosse il prodotto delle politiche keynesiane di intervento pubblico, sostegno alla domanda, bassa inflazione, welfare, deficit della finanza pubblica. Sostanzialmente, i problemi apportati dalle politiche keynesiane possono individuarsi nella pressione fiscale, nelle ridotte opportunità di mercato, negli scarsi incentivi al lavoro, nelle amministrazioni pubbliche sovradimensionate e inefficienti, nell’irrazionalità e nell’inefficienza economica. A tali problematiche nasce e si sviluppa la risposta neoliberista che si fonda sui principi dell’arretramento dello Stato dal mercato e la conseguente ascesa del fenomeno delle privatizzazioni, comportando un mutamento di prospettiva culminato con lo Stato regolatore e non più interventore\imprenditore.
La managerializzazione ha radici antiche, come si è avuto modo di affrontare, già nel taylorismo e nell’organizzazione scientifica del lavoro (inizi Novecento) si costruisce l’idea dell’impresa organizzata con metodo razionale e scientifico e guidata da un imprenditore esperto. L’idea fondamentale del new public management nell’accezione del managerializzazione è che tutte le organizzazioni, pubbliche e private e di ogni dimensione, si somigliano e possono essere gestite sulla base di alcuni principi e procedure uniformi. Inoltre, per poter eseguire un simile modello, i manager devono godere di ampi margini di autonomia, pur in un quadro di definizione a monte degli obiettivi e monitoraggio/valutazione dei risultati perseguiti. A valle, gli incentivi economici rappresentano un elemento chiave in quanto gli individui e le organizzazioni sono considerati rispondere a premi e sanzioni più che a valori astratti. Contemporaneamente, si presta grande attenzione agli aspetti legati all’ efficiente uso delle risorse.
Il modello Principale-Agente è una teoria molto influente nelle scienze economiche e sociali, secondo la quale un attore (principale) delega un altro attore (agente) a svolgere una attività per suo conto. In questo senso, l’attività svolta è soggetta a un “contratto” tra principale e agente. I teorici postulano che la società e la politica sono fortemente incentrate su relazioni principale-agente e su delega, dai cittadini ai politici ai burocrati. I problemi del controllo dei principali sugli agenti sono centrali, così come quello delle asimmetrie informative che potrebbero ridurre l’effettività del controllo e creare relazioni sbilanciate.  Al tempo stesso, il sistema di valori, le priorità o la propensione al rischio di principale e agente possono essere molto diversi potendo determinare un disallineamento tra i due ruoli.
L’economia dei costi di transazione si afferma a partire dagli anni Ottanta e si concentra sui costi di transazione (in contrapposizione ai costi di produzione) legati all’organizzazione di una attività. Essa deriva dallo sviluppo della teoria principale-agente approfondendo l’aspetto della riduzione dei costi tra contraenti, come per esempio quelli che riguardano il tempo/denaro o la ricerca di informazioni. La stessa, cerca soprattutto di minimizzare i problemi relativi alla razionalità limitata dei contraenti, alla loro asimmetria informativa e all’opportunismo. Questo approccio è all’origine delle aggregazioni aziendali in grandi gruppi, in quanto le organizzazioni di minori dimensioni producono una maggiore concorrenza ma anche accresciuti costi di transazione.
Il razionalismo è un approccio che descrive tutti gli individui e le organizzazioni come dotate di interessi propri che difendono nelle loro normali attività (es: per i burocrati si tratta dell’aumento del proprio budget, per le organizzazioni si tratta della loro espansione). Per queste ragioni, è importante rafforzare i controlli su chi decide e chi gestisce onde evitare derive a servizio di interessi di parte. Inoltre, le attività devono essere disaggregate e ricondotte quanto più vicino possibile ai portatori di interesse che, in tal modo, potranno esercitare un controllo più sistematico (es: vicino ai cittadini potranno valutare efficienza ed efficacia dei servizi pubblici.
Proprio a causa di tali caratteristiche strutturali ed innovative, comprovate dal successo ottenuto nell’applicazione economica-aziendale, tale paradigma si allinea con le esigenze di progresso e miglioramento della pubblica amministrazione. Infatti, tale approccio, che ha caratterizzato soprattutto i Paesi di common law, è di tipo pragmatico e basato sul rilancio del sistema economico attraverso maggiori livelli di efficienza e produttività del settore pubblico, ottenuti introducendo manager provenienti dal privato in grado d’inserire in ambiente pubblico cultura, metodi e tecniche delle imprese. I principali contenuti possono essere indicativamente riassunti:

  • poiché nelle aziende di grandi dimensioni sono frequenti le diseconomie di dimensione (economie di scala per beni standardizzabili) esplicite (maggiori costi dei servizi) o implicite (ritardi, inefficienze), la prima azione di miglioramento è la suddivisione in unità più piccole dotate di autonomia e responsabilità;
  • l’introduzione estesa di logiche di mercato, attraverso gare competitive per i servizi pubblici competitive tendering (diverse dalle gare pubbliche o ad evidenza pubblica) che privilegiano elementi sostanziali e non formali;
  • esteso ricorso a forme contrattuali in base alle quali i servizi sono affidati a soggetti esterni secondo due modalità: i servizi sono affidati a soggetti esterni all’amministrazione; i servizi sono affidati a dipendenti definendone per contratto le condizioni e stimolando l’efficienza con vantaggi di tipo economico;
  • introduzione di sistemi di misurazione e valutazione delle performance;
  • diffusione dei sistemi di reporting tramite cui si supera una delle tradizionali debolezze della PA;
  • introduzione di sistemi di gestione del personale flessibili (mobilità, retribuzione con incentivi riferiti al merito).

Un ultimo elemento su cui soffermarsi, oltre la valutazione delle performance e dei risultati, è quello delle nuove modalità di relazione tra PA e cittadini che, da un approccio unidirezionale (informazione) tendono verso un percorso interattivo (consultazione-relazione, bidirezionale partecipazione).
In Italia questo processo di modernizzazione dell’Amministrazione Pubblica è stato affiancato da una serie di atti normativi con cui il legislatore ha iniziato la trasformazione delle strutture organizzative e dei procedimenti amministrativi.
Di seguito si ricordano gli interventi principali: legge 142/1990 per il riordino delle autonomie locali; legge 241/1990 sul procedimento amministrativo e che ha previsto e stabilizzato i principi dell’efficienza e della trasparenza; legge 421/1992 sull’organizzazione e gestione del personale; d.lgs 29/1993 che ha istituito l’URP; legge 273/1995 per la semplificazione dei procedimenti e l’efficienza; d.lgs. 77/1995 relativo all’ordinamento finanziario e contabile degli Enti Locali; legge 59/1997 sulla riforma della PA e semplificazione amministrativa; legge 127/1997 sullo snellimento dell’attività amministrativa; d.lgs. 112/1998 per il conferimento di funzioni dello Stato alle Regioni ed agli Enti Locali; D.P.R. 447/1998 sulla semplificazione dei procedimenti di autorizzazione; legge 50/1999 concernenti procedimenti amministrativi; d.lgs. 267/2000 Testo unico sulle leggi dell’ordinamento degli Enti Locali; legge 340/2000 sulla semplificazione; legge costituzionale 3/2001 che ha modifica il titolo V della Costituzione[9]. Tutte queste norme attuano un processo di riforma che ha ad oggetto la riduzione del debito pubblico e il deficit di bilancio, il miglioramento dell’efficienza, l’efficacia e l’economicità dell’attività pubblica sul territorio, la creazione di un nuovo rapporto tra governo centrale e locale, l’avvicinamento tra PA e cittadini e soprattutto l’abbattimento dei costi legati all’informazione, al grado di risposta nei confronti dei bisogni dei cittadini e all’efficienza nell’impiego delle risorse disponibili a fronte del raggiungimento degli obiettivi prefissati.
L’Italia per dare avvio a questo mutamento attua il decentramento amministrativo, il federalismo fiscale ed il processo di privatizzazione; per rendere più flessibile l’attività delle PA promuove il passaggio dalla cultura del controllo a quella della responsabilità, dalla direzione per compiti a quella per obiettivi. L’innovazione indirizzata da queste norme potrebbe schematicamente essere ricondotta essenzialmente a tre leve di azione del NPM e cioè l’adozione di modelli organizzativi più flessibili, l’inserimento di meccanismi “tipo mercato”, l’attuazione di sistemi di gestione attenti ai risultati e orientati alla soddisfazione dell’utenza. 

4. Considerazioni conclusive


Si è osservato in precedenza che il new public management può essere rappresentato come una tecnica gestionale valida per qualsiasi settore della vita collettiva e non solo (si pensi alla diffusione anche in campo educativo della concezione dell’individuo come “imprenditore di sé stesso), in quanto portatore dei valori di efficienza, innovazione, flessibilità e competizione offrendo le modalità organizzative necessarie per il miglioramento del rendimento economico\pubblico.
Lo Stato è, dunque, spinto a strutturare il suo intervento (lo Stato è garante e sostenitore attivo della crescita sociale della propria comunità) secondo la logica del mercato, impresa in un mondo di imprese, regolato dalla legge della concorrenza, mentre il cittadino, già soggetto di diritti sociali, si avvia a divenire un consumatore al quale erogare beni e servizi, fra i quali egli potrà scegliere il più conveniente in rapporto alle sue possibilità e aspettative. Tale compito è delegato alla Pubblica Amministrazione la quale, in continuo divenire, esegue le linee programmatiche stabilite in sede di formulazione delle scelte pubbliche da parte della politica, con i mezzi, i metodi, gli strumenti e le tecniche a questa riconosciute come valide e legittime dalla legge. Sebbene, in termini generali e in confronto alla situazione della c.d. crisi del Welfare State, l’adozione del NPM abbia determinato un intervento innovatore e funzionale al rendimento efficiente dell’organizzazione e dell’azione amministrativa, tuttavia deve riconoscersi che non sì è ancora del tutto usciti dall’imbuto paralizzante della c.d. burocrazia classica. Infatti, nonostante vi sia anche la spinta dell’Unione Europea verso la semplificazione delle procedure e la liberalizzazione dei servizi, comunque, rimangano diverse aree grigie ove l’intervento dello Stato risulta essere necessario e ove il NPM non riesce a decollare a causa della natura di determinati interessi (su tutti quelli sociali e la tutela dei diritti fondamentali). Invero, se il NPM può essere individuato come il motore propulsore del cambiamento verso la razionalizzazione e il metodo manageriale, tuttavia, i principi che si pongono alla sua base non risultano più sufficienti. Infatti, l’espansione del mercato digitale, la globalizzazione dell’informatica, la diffusione dell’interesse per l’intelligenza artificiale, creano nuovi bisogni e allo stesso tempo nuove sfide che la PA e con essa lo Stato è chiamata a gestire. Tutto questo si traduce nel continuo bisogno di aggiornamento verso l’implementazione di nuovi strumenti e nuove tecniche al fine di raggiungere un grado di efficienza accettabile di fronte ai nuovi parametri (qualitativi e quantitativi). Pertanto, così come il NPM anche l’AI deve essere integrata e fatta propria in funzione dell’efficienza e della razionalità, postulati del buon andamento.

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Note


[1]Frederick Winslow Taylor (Germantown, 20 marzo 1856 – Filadelfia, 1915 ) è stato un ingegnere ed imprenditore  statunitense, iniziatore della ricerca sui metodi per il miglioramento dell’efficienza nella produzione (da cui il termine di “taylorismo”, per riferirsi alla teoria da lui stesso elaborata).
[2]Indirizzo filosofico del 19° sec., il cui iniziatore è il francese A. Comte e i cui maggiori rappresentanti sono in Inghilterra J. S. Mill e H. Spencer, e in Italia R. Ardigò. Più in generale, il termine indica una cultura il cui atteggiamento fondamentale è riconducibile ai principi elaborati da tale indirizzo filosofico. Ne parteciparono scienziati, storici, letterati, nel quadro della situazione europea caratterizzata dagli sviluppi della società industriale e dalla crescita delle scienze e della tecnica. I filosofi positivisti sono pienamente consapevoli di essere interpreti di questo tempo e tracciano anche il disegno di una società industriale razionale, ossia regolata secondo criteri scientifici. Treccani.it
[3] Su scienzepolitiche.unical.it
[4]Definizione di project management, https://www.insidemarketing.it/
[5] Vedi nota 4,
Matrice di assegnazione delle responsabilità: Attraverso la matrice di assegnazione delle responsabilità si integrano le informazioni della work breakdown structure e quelle della organizational breakdown structure per ottenere un documento che definisce chi fa cosa e come lo deve fare. Nel contesto delle risorse umane è importante impostare con chiarezza i ruoli e le responsabilità al fine di definire anticipatamente un adeguato piano di formazione, incentivazione e riconoscimenti. I ruoli di ciascuna attività possono essere suddivisi utilizzando la codifica RACI che è l’acronimo dei possibili ruoli associabili: responsible: la persona a cui è associato il ruolo responsible è la persona che si occupa dell’esecuzione del task; accountable: la persona cui è associato il ruolo accountable è il supervisore delle attività e colui che rendiconta il lavoro delle risorse coordinate; consult: la funzione consult è di supporto nello svolgimento dei task, fornisce informazioni utili al completamento del lavoro; inform: chi ricopre questo ruolo riceve informazioni sul lavoro svolto dal responsible e prende decisioni sulla base delle informazioni ottenute.
[6] Cit. https://focus.namirial.it/Responsabilità di un Project Manager: Elaborare la pianificazione e la programmazione di dettaglio; Organizzare efficientemente ed efficacemente le risorse umane a sua disposizione; Favorire la comunicazione e l’affiatamento del team di progetto; Distribuire le risorse sulle attività e monitorarne lo svolgimento; Svolgere periodicamente il processo di controllo, riportando allo steering committee lo stato di avanzamento dei lavori e le stime di conclusione, anticipando eventuali esigenze di interventi particolari o di revisioni contrattuali; Partecipare allo steering committee e mettere in atto le decisioni; prendere tutte le iniziative volte a prevenire i rischi; mantenere i contatti con gli utenti di riferimento e gli utenti finali pianificandone il coinvolgimento nelle varie attività del progetto; Produrre la documentazione di sua competenza e supervisionare quella prodotta dal team di progetto; Controllare la qualità dei prodotti parziali ed assicurarsi che gli standard di qualità adottati siano rispettati; Provvedere alla contabilizzazione delle risorse per conto della sua azienda di appartenenza (il fornitore); Provvedere alle attività di riepilogo dopo la chiusura del progetto; Avere sempre un’attenzione particolare al miglioramento dei processi produttivi del progetto. Organizzazione del lavoro e dei processi; Acquisizione delle risorse umane e dei materiali necessari; Assegnazione dei task; Direzione e coordinamento delle attività; Misurazione dell’avanzamento del progetto; Analisi dei risultati ottenuti sulla base dei fatti e delle informazioni raccolte; Definizione e controllo delle azioni correttive necessarie con rimessa del progetto in assetto con gli obiettivi. Nuove previsioni tempi, costi e altri indicatori del progetto; Gestione della qualità; Gestione e soluzione dei problemi; Assicurazione della qualità che comprende la riduzione delle non conformità; Identificazione, gestione e controllo delle variazioni di scopo (Change Request o Change Control); Chiusura del progetto e disallocazione delle risorse; Gestione dell’accettazione dei risultati prodotti; Notifica dei risultati ottenuti ai committenti.
[7]Con Project Management si intende l’insieme delle attività di back office e front office aziendale svolte da una o più figure dedicate e specializzate dette Project Manager. Il lavoro del Project Manager è quello di analizzare, progettare, pianificare e realizzare gli obietti di un determinato progetto, gestendolo in tutte le sue caratteristiche e fasi evolutive. Secondo la nota guida internazionale, il Project Management è l’applicazione di conoscenze, attitudini, strumenti e tecniche alle attività di un progetto al fine di conseguirne gli obiettivi.
[8] Cos’è e a cosa serve il new project management, https://www.formalabsrl.it, citazione
[9] Tutte su normattiva.it

Francesca Fuscaldo

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