L’art. 7 legge 69/2019 ha inserito il nuovo art. 558-bis c.p., “Costrizione o induzione al matrimonio“. L’articolo è un estratto del volume “Abusi e violenza domestica -Il nuovo Codice rosso e le opportunità di difesa”.
1. Costrizione o induzione al matrimonio
Titolo XI
Dei delitti contro la famiglia
Capo I
Dei delitti contro il matrimonio
Art. 558-bis c.p.
Costrizione o induzione al matrimonio
Chiunque, con violenza o minaccia, costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da uno a cinque anni. La stessa pena si applica a chiunque, approfittando delle condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità di una persona, con abuso delle relazioni familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall’affidamento della persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, la induce a contrarre matrimonio o unione civile.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni diciotto.
La pena è da due a sette anni di reclusione se i fatti sono commessi in danno di un minore di anni quattordici.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia.
Il reato di costrizione o induzione al matrimonio di cui all’art. 588-bis, inserito – in maniera non pienamente condivisibile – nella species “Dei delitti contro il matrimonio” di cui al capo I, del genus “Dei delitti contro la famiglia”, del titolo XI del codice penale, è stato introdotto dall’art. 7 legge 69/2019, in ottemperanza all’obbligo derivante dall’art. 37 della Convenzione di Istanbul.
Il nuovo delitto, che integra un reato comune a dolo generico, punisce con la reclusione da 1 a 5 anni, chiunque, con violenza (vis corpore corpori afflicta) o minaccia (vis animo illata) – quali forme di sopraffazione prepotente e aggressiva che incidono sull’integrità fisio-psichica e sulla libertà di autodeterminazione del destinatario – costringa una persona a contrarre un
matrimonio o un’unione civile (6). Si tratta di un’ipotesi speciale di violenza privata (art. 610), qualificata dalla natura della costrizione.
Ai sensi del comma 2, è punito allo stesso modo, ma in questo caso la disposizione integra un reato proprio, chi abusando di particolari relazioni, familiari, domestiche, lavorative o dell’autorità derivante dall’affidamento di una persona per ragioni di cura, istruzione o educazione, vigilanza o custodia, approfitti delle sue condizioni di vulnerabilità o di inferiorità psichica o di necessità, per indurla con condizionamento psichico – mediante persuasione, suggestione, allusione e inganno – a contrarre un matrimonio o un’unione civile.
La previsione, che irrompe con leggerezza nel diritto matrimoniale, non tiene conto del fatto che, in sede civilistica, l’art. 122, comma 1, c.c. prevede che il matrimonio il cui consenso sia stato estorto con violenza possa essere impugnato dal coniuge coartato ma che, ai sensi del comma 4, l’azione non possa essere proposta se vi sia stata coabitazione per almeno un anno dopo la cessazione della violenza. In tale ultimo caso, ancorché il costrittore venga poi denunciato, e anche condannato, per la nuova ipotesi delittuosa, il matrimonio resta valido.
I commi 3 e 4 prevedono due aggravanti speciali, una a effetto comune e l’altra a effetto speciale, laddove i fatti siano commessi, rispettivamente, in danno di un infra18enne o di un infra14enne; in tale ultimo caso, la pena è della reclusione da 2 a 7 anni.
Come previsione di chiusura, l’ultimo comma, nell’introdurre una deroga al principio di territorialità – come peraltro richiesto dall’art. 44 della Convenzione di Istanbul –, stabilisce che i delitti de quibus si applicano anche quando la condotta sia commessa all’estero, da un cittadino italiano o da uno straniero residente in Italia, ovvero in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia. Resta da domandarsi se, ai fini della punibilità, il matrimonio o l’unione civile debba anche essere in grado di conseguire effetti in Italia.
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Abusi e violenza domestica
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