Il nuovo regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione, concordato tra il Parlamento europeo e Consiglio Ue e approvato in data 20 dicembre 2023, è stato ratificato dal Parlamento europeo in data 10 aprile 2024.Tale provvedimento, il quale prevede, tra l’altro, la solidarietà obbligatoria per i paesi dell’Ue che si trovano sotto pressione migratoria, consentendo agli altri Stati membri di scegliere tra il ricollocamento dei richiedenti asilo nel loro territorio e il versamento di contributi finanziari, costituisce senz’altro un passo in avanti per il contrasto all’immigrazione clandestina, anche se in alcuni punti non sembra garantire pienamente i diritti dei migranti,. Ciononostante il provvedimento, che rappresenta anche una conquista del governo italiano, ha determinato una spaccatura anche nelle forze politiche italiane sia di governo che di opposizione. Per approfondimenti sui temi legati all’immigrazione, consigliamo il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”
Indice
1. Il nuovo regolamento europeo sulle migrazioni e l’asilo
In data 20 dicembre 2023 il Consiglio e il Parlamento europeo hanno raggiunto un accordo sui cinque pilastri principali del “Pact on Migration”, il pacchetto legislativo che modifica la politica migratoria dell’Unione europea.[1]
L’accordo è stato ratificato dal Parlamento europeo lo scorso 10 aprile e dovrà essere approvato anche dal Consiglio dell’Ue prima di entrare in vigore.[2]
Il pacchetto di leggi sulla politica migratoria era stato presentato dalla Commissione europea nel settembre 2020. L’obiettivo era una riforma complessiva della politica migratoria europea, che affrontasse sia la “dimensione interna”, cioè la gestione delle richieste d’asilo delle persone migranti entrate irregolarmente nell’Ue dotando i Paesi membri di uno strumento legislativo che permetta loro di collaborare in maniera sinergica, sia la “dimensione esterna”, cioè le strategie e gli accordi con i Paesi africani e asiatici per ridurre i flussi migratori oltre i confini dell’Unione Europea.[3]
Le leggi su cui è stato raggiunto l’accordo toccano tutte le fasi della gestione dell’asilo e della migrazione: lo screening dei migranti irregolari al loro arrivo nell’Ue, il rilevamento dei dati biometrici, le procedure per presentare e gestire le domande di asilo, le norme per determinare quale Stato membro sia responsabile della gestione di una domanda di asilo; ma riguardano anche la cooperazione e la solidarietà tra Stati membri e disciplinano le situazioni di crisi, compresi i casi di strumentalizzazione da parte dei migranti.
In particolare le leggi del “Pact on Migration” sono:
1) Il Regolamento screening, che prevede controlli di accertamento sulle persone straniere che si presentano alle frontiere esterne dell’Unione, per raccogliere informazioni su nazionalità, età, impronte digitali e immagine del volto. Le procedure di verifica pre-ingresso dovranno durare al massimo 7 giorni; all’esito verrà decretata l’applicazione della procedura necessaria: rimpatrio alla frontiera, rimpatrio lontano da questa oppure accoglimento dell’asilo.
Il Patto introduce una modifica nei percorsi di richiesta di asilo, stabilendone due possibili e rendendo più veloce il percorso di espulsione: la procedura tradizionale, che di solito richiede diversi mesi per essere completata, o una procedura accelerata che avviene alla frontiera e che dovrebbe durare al massimo 12 settimane, durante le quali le persone migranti dovrebbero essere tenute in strutture apposite.
Inoltre, il sistema di screening potrà essere applicato anche con riguardo alle persone che, arrestate all’interno del territorio, hanno inizialmente eluso i controlli alle frontiere esterne; sono state portate a terra in operazioni di ricerca e soccorso in mare; chiederanno protezione internazionale durante le verifiche di frontiera, pur non soddisfacendo le condizioni per l’ingresso nell’UE.
Durante tutta la fase, gli Stati membri vengono assistiti dal nuovo meccanismo di monitoraggio indipendente che ha il compito di controllare e garantire il rispetto dei diritti fondamentali nell’arco di tutto lo screening.
Il meccanismo di monitoraggio, così facendo, assolverà alla funzione fondamentale di vigilanza sul rispetto del principio internazionale di non respingimento (noto come “non-refoulment”, ai sensi dell’art. 33 della Convenzione di Ginevra sullo status dei Rifugiati) e che vieta il respingimento – e più in generale ogni forma di trasferimento forzato – della persona richiedente asilo presso il Paese d’origine se, presso questo, correrebbe il rischio di essere perseguitato, torturato, condannato a morte o essere vittima di trattamenti disumani e degradanti.
2) Il Regolamento sulle procedure di asilo, che stabilisce le regole per effettuare le richieste di asilo nell’Ue e i criteri per selezionare le persone migranti da sottoporre alla procedura tradizionale e quelli da avviare a una procedura “accelerata” di frontiera detta “border procedure” che sarà applicata solo a certe categorie di migranti: quelli che dichiarano il falso alle autorità, sono considerati un pericolo per la sicurezza, provengono da Paesi ai cui cittadini non viene di solito concesso l’asilo, cioè un tasso di riconoscimento inferiore al 20%. Tale Regolamento ha l’obiettivo di fissare una procedura comune per tutti gli Stati membri dell’Unione europea nel momento di valutazione, ed eventuale approvazione, della richiesta di protezione internazionale.
Si tratta della pietra angolare dell’intero assetto attorno al quale si articola la politica comune migratoria e che intende rispondere all’esigenza di equità, efficienza e sostenibilità a lungo termine.
La valutazione delle domande dei richiedenti asilo potrà, quindi, essere gestita in maniera più rapida e con limiti più ristretti: si parla di un massimo di 6 mesi per ottenere una prima decisione. Si ritiene, tuttavia, che tali termini difficilmente potranno essere rispettati in Italia dalle attuali Commissioni territoriali per il Riconoscimento della Protezione internazionale.
La capacità adeguata di accoglienza nell’Unione europea è di 30.000 persone, valutata in base alla proporzione tra numero di attraversamenti irregolari e respingimenti nell’arco di 3 anni. Anche tale capacità potrebbe risultare insufficiente.
Inoltre, le procedure di asilo dovranno essere portate a termine soltanto grazie a negoziati internazionali che consentiranno di raggiungere gli accordi di regolamento necessari all’istituzione di un quadro comune di gestione dell’asilo e della migrazione.
In particolare, le misure di espulsione andranno a limitare la possibilità di richiesta di asilo per chi arriva da paesi considerati “sicuri”, in base a una direttiva europea del 2013, e renderanno più veloce il loro trasferimento verso i paesi terzi da cui partono più spesso per raggiungere l’Europa, cioè Tunisia, Libia e Turchia. L’Italia considera “sicuri” Albania, Algeria, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Nigeria, Senegal, Serbia e Tunisia.[4]
3) Il Regolamento sulla gestione dell’asilo e della migrazione che decide quale Stato membro è responsabile di una richiesta d’asilo. A tale riguardo si osserva che sostanzialmente non viene modificato il principio cardine del Regolamento di Dublino: i richiedenti asilo potranno presentare domanda solo presso gli Stati Ue di primo ingresso o di soggiorno regolare anche per scoraggiate le scelte di movimenti secondari.
Si parla di abusi e movimenti secondari con riferimento a quelle situazioni in cui un migrante si sposta dal paese di primo arrivo per cercare protezione o reinsediamento permanente altrove (è l’esempio di molti migranti che definiscono l’Italia come “un corridoio verso l’Europa”).
Il sistema di Dublino (già istituito nel 1990, poi aggiornato nel 2003 e nel 2013) verrà quindi sostituito dal Regolamento che risponde all’esigenza di affrontare in maniera stabile gli effetti della crisi migratoria. A tale riguardo è evidente che Paesi come l’Italia, la Grecia, Spagna, Malta e Cipro abbiano il maggiore onere della gestione del fenomeno migratorio, spesso sotto la pressione degli inascoltati accordi in tema di ricollocazione; ed è proprio il Consiglio Ue a definirli “Stati membri in prima linea”.
Infatti, il criterio sinora adottato, ovvero quello secondo cui il primo paese d’ingresso sia quello competente per il trattamento delle domande di asilo, non è più capace di sopportare la pressione cui quotidianamente le frontiere europee sono esposte. Ci saranno, però, più deroghe e, cioè, ricongiungimenti familiari, conoscenza della lingua o ottenimento di un titolo di studio in un Paese, che consentiranno a un richiedente di presentare la propria domanda a quel Paese; in questo modo potranno essere mitigate le previsioni del citato Regolamento.
La responsabilità dello Stato di primo ingresso durerà 20 mesi, 12 per le persone salvate in mare; si tratta di un compromesso tra la richiesta di estenderla a due anni da parte del Consiglio e la posizione del Parlamento che voleva un anno.
Per questa ragione nasce il nuovo meccanismo di solidarietà che, attraverso il nuovo impianto, consentirà di:
- coniugare solidarietà obbligatoria e flessibilità per gli Stati membri per quanto riguarda la scelta dei contributi individuali;
- prevedere una scelta delle possibilità offerte, quali la ricollocazione, contributi finanziari o misure di solidarietà alternative;
- includere ulteriori misure volte a prevenire gli abusi e i movimenti secondari.
Gli Stati membri diversi da quelli di arrivo potranno scegliere tra il ricollocare sul proprio territorio i migranti, oppure il versare al Paese di ingresso un contributo finanziario.
In totale il cosiddetto “solidarity pool”, prevede 600 milioni di euro di finanziamenti all’anno, di cui beneficeranno gli Stati soggetti a maggiore pressione migratoria. Gli altri potranno scegliere uno dei due modi per fare la propria parte; ciò significa che ogni ricollocamento potrà essere “sostituito” con un contributo di 20mila euro. Il calcolo della parte che spetta a ogni Paese in termini di ricollocamenti o finanziamenti tiene conto di due fattori: la popolazione e il prodotto interno lordo.
I finanziamenti non verranno solo redistribuiti fra i Paesi di frontiera, più esposti ai flussi migratori, ma potranno essere utilizzati per finanziare “azioni nei Paesi che hanno un impatto diretto sui flussi migratori verso l’UE”, ossia paesi, come la Libia e la Tunisia, da cui i migranti partono per raggiungere l’Europa. Negli ultimi anni l’Unione Europea ha stretto o promosso accordi con questi Paesi in modo che le autorità locali li trattengano con la forza sul proprio territorio, spesso in condizioni disumane.
Gli Stati che si rifiuteranno di accogliere richiedenti asilo o versare dei contributi potrebbero incorrere in una procedura di infrazione, uno strumento usato frequentemente dalla Commissione Europea per far rispettare le regole agli Stati membri.
4) Il Regolamento sulla crisi, che fa i conti con i numeri degli arrivi irregolari nell’Unione europea, il cui culmine è stato raggiunto nel 2015 con circa 1,04 milioni di persone, prevede norme eccezionali da applicare solo nei casi di arrivi massicci e improvvisi di persone migranti o in situazioni particolari come è stata la pandemia da Covid19. In queste circostanze un Paese richiede alla Commissione l’attivazione della situazione di crisi e, se accordata, le sue autorità nazionali potranno applicare norme più severe, compresi periodi più lunghi per le procedure d’asilo: fino a dieci giorni per la registrazione del richiedente e sei settimane in più per la “border procedure”. Questa procedura si applicherà anche a chi proviene da uno Stato con un tasso di riconoscimento dell’asilo inferiore al 50%.
Gli altri Paesi membri dell’Ue possono contribuire ad alleviarla in tre modi: ricollocando un certo numero di richiedenti asilo sul proprio territorio, pagando un contributo in denaro, o finanziando mezzi e procedure di accoglienza nel Paese sotto pressione migratoria. In queste circostanze, le autorità nazionali potranno applicare misure più severe, compresi periodi di detenzione più lunghi. Ad esempio tale normativa potrebbe essere applicata in Italia presso i CPR o presso gli istituendi centri in Albania, con possibile violazione dei diritti umani.
L’equilibrio verrà raggiunto attraverso accordi e negoziati con i Paesi di partenza dei migranti, specialmente nei casi in cui i migranti sono utilizzati da Paesi terzi o da attori non statali ostili per destabilizzare l’Unione europea. Si tratta di situazioni di afflusso massiccio ed eccezionale da parte di persone apolidi o provenienti da paesi extra-Ue che possono portare al collasso il sistema di gestione delle domande di asilo e immigrazione, in tal caso la risposta comunitaria sarà la deroga temporanea alle procedure standard di richiesta di asilo.
5) Il Regolamento Eurodac, è il sistema istituito per il confronto delle impronte digitali dei richiedenti asilo e di alcune categorie di immigrati clandestini che perfeziona le regole della banca dati con le prove biometriche raccolte durante il processo di screening, per evitare più richieste di asilo da parte della stessa persona. Tale Regolamento intende aggiornare l’assetto normativo già vigente per la Banca Dati europea; a tal fine i dati di coloro che arrivano irregolarmente nell’UE, comprese le impronte digitali e le immagini del volto a partire dai sei anni di età, saranno conservati nel nuovo archivio telematico. Inoltre, le autorità potranno anche registrare i migranti che possono rappresentare una minaccia per la sicurezza o quelli violenti o armati. Si tratta di una misura quanto mai necessaria per avere un quadro completo e veritiero dei migranti sbarcati nei Paesi membri dell’UE. Per approfondimenti sui temi legati all’immigrazione, consigliamo il volume “Immigrazione, asilo e cittadinanza”
Immigrazione, asilo e cittadinanza
Obiettivo degli autori è quello di cogliere l’articolato e spesso contraddittorio tessuto normativo del diritto dell’immigrazione.Il volume, nel commento della disciplina, dà conto degli orientamenti giurisprudenziali e delle prassi amministrative, segnalando altresì la dottrina “utile”, perché propositiva di soluzioni interpretative utilizzabili dall’operatore (giudici, avvocati, amministratori, operatori nei diversi servizi).Il quadro normativo di riferimento di questa nuova edizione è aggiornato da ultimo alla Legge n. 176/2023, di conversione del decreto immigrazione (D.L. n. 133/2023) e al D.lgs n. 152/2023, che attua la Direttiva UE/2021/1883, gli ultimi atti legislativi (ad ora) di una stagione breve ma normativamente convulsa del diritto dell’immigrazione.Paolo Morozzo della RoccaDirettore del Dipartimento di Scienze umane e sociali internazionali presso l’Università per stranieri di Perugia.
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2. Le decisioni del Parlamento europeo in data 10 aprile 2024
Dopo anni di lavoro, in data 10 aprile 2024, il Parlamento europeo ha adottato dieci testi legislativi per riformare la politica europea in materia di migrazione e asilo, come concordato con gli Stati membri dell’UE. Il documento è stato approvato nel corso di una sessione plenaria e, in sintesi, cerca di rispondere a un’esigenza di fondo e, cioè, dare regole uniche in tutta Europa, obiettivo che sinora non era stato conseguito.
Nella stessa seduta è stato approvato anche il testo legislativo per l’accoglienza dei richiedenti asilo, secondo cui gli Stati membri dovranno garantire standard di accoglienza equivalenti per i richiedenti asilo per quanto riguarda, ad esempio, l’alloggio, la scuola e l’assistenza sanitaria. Inoltre, richiedenti registrati potranno iniziare a lavorare al più tardi sei mesi dopo la presentazione della domanda.
Secondo la Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola il giorno 10 aprile è stato un giorno storico che ha creato un solido quadro legislativo per gestire la migrazione e l’asilo nell’Ue realizzando un equilibrio tra solidarietà e responsabilità. Mentre la Presidente della Commissione von der Leyen ha assicurato che i Paesi di primo ingresso, come l’Italia, d’ora in poi “non saranno più soli” davanti alle sfide poste dall’immigrazione ed ha precisato che “chi non ha diritto all’asilo non potrà entrare nell’Unione europea, mentre chi fugge da guerre o persecuzioni potrà contare sulla protezione di cui ha bisogno”.
Si tratta della più importante ed estesa riforma degli ultimi anni in materia di immigrazione nell’Unione Europea, frutto di un lungo negoziato durato quattro anni e su cui lo stesso Parlamento e i governi dell’Unione avevano trovato un accordo di massima lo scorso dicembre, come già detto. L’approvazione delle riforme è stata celebrata dai partiti di centrodestra e da alcuni di centrosinistra, ma criticata fortemente sia in parte da quelli di sinistra, che da quelli di estrema destra che considerano alcune misure adottate ancora troppo moderate e altre svantaggiose per i loro paesi. Nell’insieme, popolari, socialisti e liberali hanno sostenuto il compromesso.
In realtà, si rileva che, come le politiche migratorie hanno diviso i Paesi membri, anche il voto sul nuovo Patto non è stato da meno. Per quanto concerne le forze politiche italiane, il partito Fratelli di Italia ha votato a favore di gran parte del pacchetto (sette provvedimenti su dieci), in linea con il governo ma in dissenso dai Conservatori e Riformisti europei e differentemente dai suoi alleati, Forza Italia totalmente a favore e la Lega, contraria a più della metà dei testi e lontana dalla posizione del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi espressione dello stesso movimento.
Anche il Partito democratico ha votato contro; l’unica eccezione è stata rappresentata dal regolamento sulla gestione dell’asilo e la migrazione, che include il meccanismo di solidarietà. Infatti, a parere del Nazareno, “Il compromesso raggiunto non supera il sistema di Dublino, non alleggerisce i Paesi di primo ingresso ed è fortemente improntato ad un approccio securitario”. Sulla stessa linea si è schierato il M5S.
Una volta approvate formalmente anche dal Consiglio, il cui voto è atteso per il 29 aprile per procedura scritta senza discussione, le leggi entreranno in vigore dopo essere state pubblicate nella Gazzetta ufficiale dell’UE. Per quanto riguarda la direttiva sulle condizioni di accoglienza, gli Stati membri avranno due anni di tempo per introdurre le modifiche nelle loro leggi nazionali.
Adottando questo provvedimento normativo, il Parlamento europeo ha cercato di dare una risposta alle aspettative dei cittadini dirette a rafforzare il ruolo dell’UE nell’affrontare tutte le forme di migrazione irregolare, a consolidare la protezione delle frontiere esterne dell’Unione Europea nel rispetto dei diritti umani, ad applicare in modo uniforme regole comuni in tutti gli Stati membri sulla prima accoglienza dei migranti e a riformare il sistema europeo di asilo sulla base dei principi di solidarietà e di equa ripartizione delle responsabilità.[5]
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3. Conclusioni
Secondo gli ultimi dati di Frontex, gli attraversamenti irregolari delle frontiere dell’Ue sono aumentati del 17% nel 2023 rispetto all’anno precedente, subendo tuttavia una flessione nei primi mesi dell’anno 2024, pur rimanendo a livelli di guardia, soprattutto in vista della stagione estiva La rotta con più arrivi rimane quella del Mediterraneo centrale, che dalle coste di Libia e Tunisia porta all’Italia e a Malta.
Per quanto concerne il nuovo provvedimento normativo europeo, le organizzazioni umanitarie, tra cui Amnesty e Save the Children, hanno confermato il giudizio negativo sul provvedimento espresso lo scorso dicembre, sostenendo che creerà un “sistema crudele” per la gestione dei richiedenti asilo, “normalizzerà” la loro detenzione arbitraria e l’espulsione verso paesi in cui subiranno “violenze e torture”. A preoccupare particolarmente sono i nuovi meccanismi di espulsione e per il finanziamento di misure anti-migrazioni nei paesi di partenza, dove i richiedenti asilo sono trattenuti con la forza e spesso in condizioni disumane e in evidente violazione dei diritti umani, il tutto con i finanziamenti dell’Unione europea.
L’accordo potrebbe, anche, consentire agli Stati membri dell’Unione Europea di ritardare la registrazione dei richiedenti asilo, indirizzare un numero crescente di persone verso procedure d’asilo di livello inferiore alle frontiere ed estendere la detenzione in prossimità dei confini o addirittura in altri Stati come avverrà in Albania.
Anche secondo le associazioni del terzo settore, il nuovo patto sui migranti approvato dal Parlamento Europeo è peggiorativo delle misure che lo hanno preceduto, perché rappresenta la pagina più oscura sul tema dell’accoglienza e della solidarietà a chi fugge dalle guerre, dalle violenze e dalla fame.
Tra gli aspetti negativi vengono segnalati la creazione di appositi centri di identificazione alle frontiere, raccolta delle impronte anche per i minori con più di 6 anni, centri di permanenza speciali per chi proviene da Paesi con percentuali di richieste di asilo accolte non superiori al 20%.[6]
Anche La Conferenza episcopale italiana è stata fortemente critica con le parole del presidente della Commissione che si occupa dei problemi dell’immigrazione e presidente della fondazione Migrantes Gian Carlo Perego. Il Patto europeo sui migranti richiedenti asilo e rifugiati approvato al Parlamento europeo a Bruxelles, osserva l’esponente della Cei “avrebbe dovuto modificare le regole di Dublino, favorire la protezione internazionale in Europa di persone in fuga da disastri ambientali, guerre, vittime di tratta e di sfruttamento, persone schiacciate dalla miseria, con un impegno solidale di tutti i Paesi membri dell’Unione europea nell’accoglienza, il ritorno alla protezione temporanea come si era visto con gli otto milioni di migranti in fuga dall’Ucraina, un monitoraggio condiviso tra società civili e Istituzioni per salvare vite nel Mediterraneo. Invece l’Europa, mentre continuano le tragedie nel Mediterraneo, a maggioranza di voti si chiude in se stessa, trascura i drammi dei migranti in fuga, sostituisce la vera accoglienza con un pagamento in denaro. E pretende ancora di più dai Paesi di frontiera, come l’Italia: controlli più veloci, ritorni nel primo Paese di sbarco di chi si muove in Europa senza un titolo di protezione internazionale, rimpatri facilitati in Paesi terzi non sicuri, chiudendo gli occhi su esternalizzazioni dei migranti. Indebolendo, non da ultimo, la tutela delle famiglie e dei minori”.
Comunque, al di là dei citati giudizi negativi, non vi è dubbio che l’accordo in questione segni anche un ulteriore e significativo passo nelle trattative riguardanti un pacchetto più ampio di riforme sull’asilo dell’Unione europea e che il governo italiano abbia avuto un ruolo decisivo nell’approvazione del regolamento.
Perciò, si auspica che alcune norme possano essere migliorate al fine di una tutela adeguata di tutti i migranti, compresi quelli irregolari e i minori non accompagnati e che, negli anni successivi, si possa giungere ad un superamento del Regolamento di Dublino.
D’altro canto non si può pretendere che un fenomeno epocale come quello migratorio possa essere efficacemente contrastato solo con disposizioni normative e, tuttavia, l’aver raggiunto un’unità di intenti da parte dell’Unione europea, sia pure sofferta e contrastata, rappresenta una fondata speranza per cercare di garantire ai migranti il trattamento umano e dignitoso previsto dall’art. 10 della nostra Carta costituzionale e, nel contempo, per contrastare, almeno in parte, il vergognoso traffico dei migranti da parte delle organizzazioni criminali.
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Note
- [1]
P. Gentilucci, Crisi dei migranti: il nuovo regolamento europeo, in Diritto.it del 21 dicembre 2023.
- [2]
V. Genovese, Migranti, Accordo nell’Ue per cambiare il regolamento di Dublino, in euronews. del 20 dicembre 2023.
- [3]
V. Sacco, Arriva il Patto sui migranti e l’asilo: raggiunto l’accordo UE, in Lexplain del 20 dicembre 2023.
- [4]
K. Carboni, Cosa prevede il nuovo patto europeo sui migranti, in Wired Italia del 20 dicembre 2023.
- [5]
Ufficio stampa del Parlamento europeo, Nuovo Patto su migrazione e asilo: via libera del Parlamento europeo, 11 aprile 2024
- [6]
Redazione, Patto Europeo Immigrazione e Asilo – il commento del Terzo settore, in Forum del terzo settore dell’11 aprile 2024.
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