1. La Responsabilità nella P.A.
Rispondere alla domanda “cosa è la Pubblica Amministrazione?” può mettere in seria difficoltà autorevoli studiosi del diritto. Apparentemente il quesito può sembrare semplice ma cela, dietro di sé, una infinita quantità di controverse interpretazioni. Il significato che oggi si riconosce al termine “pubblica amministrazione” ha un valore completamente diverso rispetto a quello che si attribuiva anni addietro. In passato poteva sembrare molto più semplice dare una definizione univoca ma ciò era dovuto, non all’approssimazione dei termini utilizzati ma al contesto socio-economico in cui si viveva.
Se ciò fosse vero, non dovrebbe preoccupare la mancata capacità di comprendere, fino in fondo, l’intrinseco significato di Pubblica Amministrazione ma dovrebbe invece destare apprensioni il non domandarselo.
In tal senso autorevole giurisprudenza[1] ha chiarito che “Ai fini di determinare l’applicabilità o meno di una disciplina legislativa pubblicistica, l’individuazione dell’ente pubblico deve avvenire in base a criteri non “statici” e “formali”, ma “dinamici” e “funzionali”. Ciò implica che il criterio da utilizzare per tracciare il perimetro del concetto di ente pubblico muta a seconda dell’istituto o del regime normativo che deve essere applicato. La nozione di ente pubblico nell’attuale assetto ordinamentale non può, dunque, ritenersi fissa ed immutevole. Non può ritenersi, in altri termini, che il riconoscimento ad un determinato soggetto della natura pubblicistica a certi fini, ne implichi automaticamente e in maniera automatica la integrale sottoposizione alla disciplina valevole in generale per la pubblica amministrazione. Al contrario, l’ordinamento si è ormai orientato verso una nozione “funzionale” e “cangiante” di ente pubblico.”
Parallelamente, anche qualora non fosse pacifico il concetto di Amministrazione, il pubblico dipendente deve comunque avere oltremodo chiaro “quali possano essere le conseguenze di comportamenti non corretti che si perfezionano nella P.A.”.
Una prima e fondamentale necessità è quella di comprendere che il pubblico dipendente, in linea generale, è soggetto a cinque diverse responsabilità: nell’esercizio delle sue funzioni (o secondo il principio della cd occasionalità necessaria[2]) può incorrere nella responsabilità civile, penale, amministrativo/contabile, disciplinare e, soltanto nel caso in cui sia anche dirigente, in quella dirigenziale.
È di tutta evidenza, quindi, che la responsabilità ha carattere multidisciplinare e, ogni volta che si argomenta di questioni ad essa attinenti o connesse, è necessario domandarsi a quale si stia facendo riferimento e se possano trasmettersi effetti tra l’una e l’altra.
Si pensi all’esempio in cui un pubblico dipendente, in violazione di legge e con dolo adotti un atto lesivo nei confronti di una impresa privata per un precondizionamento di inimicizia. Oltre ad avere una responsabilità di carattere penale per il perfezionamento del reato, quantomeno di abuso d’ufficio, avrà una responsabilità di carattere civile per tutti i danni[3] che l’impresa subirà. In tal senso è tuttavia necessario ricordare che l’articolo 28 della Costituzione stabilisce che “I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.”
Quando la Costituzione dispone che la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici significa che l’ordinamento intende escludere, con ogni probabilità (in realtà con ogni certezza) il mancato ristoro del danno da parte di chi ne ha subito le conseguenze.
Se così fosse, quindi, sempre per linee generali, i danni civili registrati dall’impresa privata troverebbero comunque ristoro dall’Amministrazione generando – ovvero facendo azionare – in capo al funzionario inadempiente, una responsabilità di carattere amministrativo/contabile.
La conseguenza si articolerebbe nella necessità di analizzare una possibile (in realtà certa) responsabilità disciplinare con azione da esercitare a cura dell’Organo a ciò preposto.
2. I principali riferimenti normativi
Proprio in ragione di questo ultimo presupposto va citato il principale intervento normativo che deve essere preso a riferimento per cominciare a comprendere cosa sia la responsabilità disciplinare: l’articolo 16 del D.P.R. 16/04/2013, n. 62 ovvero del “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.”, la cui rubrica è la “Responsabilità conseguente alla violazione dei doveri del codice” recita, in particolare: “1. La violazione degli obblighi previsti dal presente Codice integra comportamenti contrari ai doveri d’ufficio. Ferme restando le ipotesi in cui la violazione delle disposizioni contenute nel presente Codice, nonché dei doveri e degli obblighi previsti dal piano di prevenzione della corruzione, dà luogo anche a responsabilità penale, civile, amministrativa o contabile del pubblico dipendente, essa è fonte di responsabilità disciplinare accertata all’esito del procedimento disciplinare, nel rispetto dei principi di gradualità e proporzionalità delle sanzioni. 2. Ai fini della determinazione del tipo e dell’entità della sanzione disciplinare concretamente applicabile, la violazione è valutata in ogni singolo caso con riguardo alla gravità del comportamento ed all’entità del pregiudizio, anche morale, derivatone al decoro o al prestigio dell’amministrazione di appartenenza. Le sanzioni applicabili sono quelle previste dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi, incluse quelle espulsive che possono essere applicate esclusivamente nei casi, da valutare in relazione alla gravità, di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 4, qualora concorrano la non modicità del valore del regalo o delle altre utilità e l’immediata correlazione di questi ultimi con il compimento di un atto o di un’attività tipici dell’ufficio, 5, comma 2, 14, comma 2, primo periodo, valutata ai sensi del primo periodo. La disposizione di cui al secondo periodo si applica altresì nei casi di recidiva negli illeciti di cui agli articoli 4, comma 6, 6, comma 2, esclusi i conflitti meramente potenziali, e 13, comma 9, primo periodo. I contratti collettivi possono prevedere ulteriori criteri di individuazione delle sanzioni applicabili in relazione alle tipologie di violazione del presente codice. 3. Resta ferma la comminazione del licenziamento senza preavviso per i casi già previsti dalla legge, dai regolamenti e dai contratti collettivi. 4. Restano fermi gli ulteriori obblighi e le conseguenti ipotesi di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti previsti da norme di legge, di regolamento o dai contratti collettivi.”.
Senza quindi dover entrare nel dettaglio di tutti i singoli riferimenti normativi della responsabilità, che potranno invece essere rinvenuti nella lettura di autorevoli manuali[4], è di tutta evidenza che l’interconnessione tra le diverse materie è, in questa sede, quanto mai attuale.
Potrebbero interessarti anche:
- Decreto-legge “PNRR2” pubblicato in G.U: introdotte misure dal 30 giugno
- Il PNRR e l’innovazione digitale: progetti e possibilità da cogliere
- Primi passi per accedere alla piattaforma dei fondi PNRR
3. Il PNRR2 e i social media
Un esempio particolarmente significativo sono i cd social media. Infatti, il Decreto Legge PNRR2 prevede l’aggiornamento del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici introducendo, in particolare, una sezione dedicata proprio all’utilizzo dei social network per tutelare l’immagine della P.A..
In particolare, il D.L. 30/04/2022, n. 36, ha previsto che “(…) Il codice contiene, altresì, una sezione dedicata al corretto utilizzo delle tecnologie informatiche e dei mezzi di informazione e social media da parte dei dipendenti pubblici, anche al fine di tutelare l’immagine della pubblica amministrazione.”; che “Le pubbliche amministrazioni prevedono lo svolgimento di un ciclo formativo obbligatorio, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale, le cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, sui temi dell’etica pubblica e sul comportamento etico (e che i)l codice di comportamento di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è aggiornato entro il 31 dicembre 2022 (…).”
Per quanto alla natura sostanziale della responsabilità non interessa comprendere se la stessa ha una connotazione privatistica, pubblicistica ovvero di ambivalente valore con attribuzione di pesi differenti rispetto al momento dell’analisi. Ciò che risulta fondamentale è invece comprendere che la sanzione disciplinare è sempre l’ultimo “atto” (in realtà provvedimento), di una procedura scandita nel tempo in modo tassativo e tipizzato: le fasi e i termini sono, infatti, precisamente statuiti sia dalla legge sia dai contratti di lavoro.
Il legislatore, quindi, ha voluto dare forza a questa assunzione prevedendo, in gran parte dei casi, l’effetto della nullità per il mancato rispetto della procedura.
Sarà quindi interessante comprendere come si intenderà disciplinare il labile confine che esiste tra: diritto di esprimere opinioni, commenti, critiche e osservazioni e gli obblighi comportamentali da dover tenere, sui social network, a cura del lavoratore. Obblighi che, una volta oggetto di inadempimento, possono ledere sotto il profilo disciplinare il rapporto di fiducia. Confine questo ancora una volta complesso da decifrare dal momento che deve essere individuato, caso per caso, avendo sullo sfondo, ben chiari, gli insegnamenti Costituzionali.
È quindi un compito ambizioso ma necessario quello di prevedere regole utili a tutelare l’immagine delle Pubbliche Amministrazioni, valutando al contempo gli interessi e i diritti dei dipendenti rispetto alla loro libertà d’espressione.
Il principio di proporzionalità, corroborato con quello di gradualità, potrà guidare ancora una volta le scelte sia regolamentari sia applicative.
Note
[1] Consiglio di Stato sentenza n. 3043 del 2016.
[2] condotte che possono sembrare sconnesse rispetto all’attività del funzionario della P.A. ma che in realtà vengono compiute proprio per quella occasionalità necessaria senza la quale non sarebbero state perfezionate.
[3] danni emergenti e/o lucro cessante.
[4] tra i più articolati: a. “Cinque Responsabilità del Pubblico Dipendente”, IIa Edizione del Pres. Vito Tenore edito da Giuffrè; b. “La Responsabilità Amministrativa” della collana Diritto per Tecnici di Stefano Saracchi edito da Amazon KDP.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento