La sentenza in commento (riportata in calce per esteso) si segnala per la particolare importanza chiarificatrice che riveste in merito alla fase prodromica del procedimento di distacco-aggregazione di Comuni e Province da una Regione ad un’altra, il c.d. Der Drang nach ***** secondo una terminologia mutuata dalla dottrina costituzionalistica tedesca. Il problema che si pone e che la sentenza non affronta direttamente concerne la necessità dell’utilizzo o meno della fonte costituzionale qualora il Parlamento nazionale dovesse dare il via libera al distacco.
I disegni di legge che, ai sensi dell’art. 45, 4° comma, della l. ordinaria dello Stato n. 352/1970, il Ministro dell’Interno è tenuto, entro il termine perentorio di 60 giorni decorrenti dal momento in cui è data notizia del risultato del Referendum deliberativo ex art. 132, 2° comma, Cost., a presentare al Parlamento, sono stati ispirati ad un principio eccessivamente “formalistico”. Infatti, nel contesto delle procedure per il distacco dei Comuni di Lamon e di Sovramonte dal Veneto al Trentino-Alto Adige/Sudtirol, di Noasca dal Piemonte alla Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste e di Cinto Caomaggiore dal Veneto al Friuli-Venezia Giulia, il Governo della Repubblica ha presentato “altrettanti disegni di legge costituzionale, ricorrendo ad un disegno di legge ordinaria soltanto nelle procedure di distacco dei Comuni di Casteldeci, ******, Novafeltria, Pennabili, San Leo, Sant’************* e Talamello dalle Marche all’Emilia-.Romagna” ([1]). Il rigorismo formale del Governo è sicuramente stato alimentato da quelle disposizioni normative contenute negli Statuti delle Regioni ad autonomia differenziata che contengono l’elenco delle realtà comunali e provinciali ([2]) che ne compongono il territorio. A riguardo, c’è chi ha parlato di costituzionalizzazione del relativo ambito spazio-territoriale e della necessità dell’adozione di una legge costituzionale di approvazione in quanto “fonte pariordinata a quella che definisce l’autonomia speciale” ([3]).
Senza entrare nel merito della costituzionalizzazione o meno del territorio delle Regioni speciali, la Corte Costituzionale, nella veste di giudice dei conflitti, non ritiene applicabile la procedura di revisione statutaria sebbene in presenza di modificazioni territoriali accrescitive verso realtà regionali speciali. Pronunciandosi in relazione ad alcuni atti della procedura per il distacco del Comune di Noasca, in Provincia di Torino, dalla Regione Piemonte alla Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste, la Corte nega che l’assoggettabilità di variazioni territoriali coinvolgenti Regioni ad ordinamento differenziato comprometta la salvaguardia “dell’equilibrio linguistico, culturale e storico” [4] delle rispettive comunità dal momento che ritiene un grave vulnus costituzionale “il sacrificio, pressoché totale, della rete di garanzie procedimentali distesa dall’art. 132, 2° comma, Cost.” ([5]) il quale assicura una sorta di contraddittorio istituzionale coinvolgente tutti i soggetti interessati al fenomeno del distacco-aggregazione.
La piena assoggettabilità all’iter di cui all’art. 132, 2° comma, Cost., anche in caso di modificazioni territoriali accrescitive per le autonomie regionali ad ordinamento particolare e l’esclusione della necessità di ricorrere alle procedure di revisione degli Statuti speciali sembra, dunque, far pervenire alla negazione della tesi sostenuta dalla Regione ricorrente, Valle d’Aosta/Vallèe d’Aoste, circa la avvenuta costituzionalizzazione del proprio territorio ([6]) e, pertanto, a prevedere l’utilizzo della semplice legge ordinaria, ancorché rinforzata per procedimento, nella valutazione della “congruità della proposta di variazione territoriale all’interesse generale” ([7]). Inoltre, ogni qual volta il legislatore costituente ha stabilito quale fonte per la regolamentazione di specifiche situazioni giuridiche la legge costituzionale, lo ha sempre espressamente indicato come, ad esempio, nell’ipotesi di fusione-creazione di Regioni di cui al 1° comma dell’art. 132 Cost. Ora, nella disposizione costituzionale di cui in trattazione, si parla unicamente di “legge della Repubblica” ossia di una legge ordinaria dello Stato in quanto ogni possibile mutamento territoriale, benchè indirizzato verso le Regioni a Statuto speciale, non comporta un sovvertimento dell’elenco dell’autonomie regionali con le loro specifiche peculiarità previsto dall’art. 131 Cost. poichè ratio della norma contenuta nel secondo comma dell’art. 132 Cost. non è quello di compromettere lo status politico-linguistico-istituzionale delle cinque Regioni indicate nell’art. 116 Cost., ma, viceversa, quello di “non cristallizzare l’assetto territoriale quale stabilito dal Costituente” ([8]). Nulla impedisce allo Stato, poi, per conformare l’equilibrio etnico-politico-rappresentativo al nuovo assetto territoriale delle Regioni speciali, quale delineato dal risultato favorevole dei referendum accrescitivi, di avviare l’iter di revisione statutaria per l’adeguamento ed l’adattabilità della Regione allo stesso. Se proprio di costituzionalizzazione si vuol parlare, essa non va tanto rinvenuta nella mera elencazione, di valore semplicemente ricognitivo, delle amministrazioni comunali e provinciali di cui è fatta menzione negli Statuti delle autonomie regionali differenziate quanto nell’elenco di Regioni (sia ordinarie sia speciali) di cui all’ art. 131 Cost. che “non elenca una serie di nomi senza contenuto” facendo cioè riferimento “a realtà territoriali definite e distinte dai rispettivi confini geografici” ([9]).
****************
Cultore della Materia in Istituzioni di Diritto Pubblico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Padova (daniele.trabucco@alice.it)
(21 gennaio 2008)
……………………………….
SENTENZA N. 66/2007
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Franco BILE Presidente
– ********* ******** Giudice
– *** ********* “
– ***** ********* “
– ***** *********** “
– ******* QUARANTA “
– Franco GALLO “
– ***** ******** “
– ******* ********* “
– Sabino ******* “
– ********** ****** “
– ******** ******* “
– *********** ********** “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio per conflitto di attribuzione tra enti sorto a seguito dell’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum del 12 aprile 2006; della deliberazione del Consiglio dei ministri del 7 luglio 2006 e del decreto del Presidente della Repubblica 10 luglio 2006 (Indizione dei referendum per il distacco del comune di Noasca dalla Regione Piemonte e la sua aggregazione alla Regione Valle d’Aosta, nonché per il distacco del Comune di Sovramonte dalla Regione Veneto e la sua aggregazione alla Regione Trentino-Alto Adige, a norma dell’articolo 132, secondo comma, della Costituzione), promosso con ricorso della Regione Valle d’Aosta notificato il 27 luglio e l’11 novembre 2006, depositato in cancelleria il 2 agosto e il 22 novembre 2006 ed iscritto al n. 11 del registro conflitti tra enti 2006.
Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 6 febbraio 2007 il Giudice relatore *************;
uditi gli avvocati ***************** e ************************ per la Regione Valle d’Aosta e l’avvocato dello Stato *************** de ********** per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 27 luglio 2006 e depositato il successivo 2 agosto, la Regione Valle D’Aosta/Vallée D’Aoste ha proposto conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, in relazione agli atti prodromoci alla celebrazione del referendum, di cui all’art. 132, secondo comma, della costituzione, per il distacco del comune di Noasca dalla Regione Piemonte e la sua aggregazione alla regione ricorrente.
Il conflitto trae origine dall’ordinanza dell’ufficio centrale per il referendum presso la corte di cassazione, depositata il 12 aprile 2006, con cui è stata dichiarata la legittimità della richiesta di referendum; dalla delibera del consiglio dei ministri adottata nella riunione del 7 luglio 2006, con cui è stata approvata l’indizione del referendum; dal decreto del presidente della repubblica 10 luglio 2006, pubblicato nella gazzetta ufficiale del 12 luglio 2006, con cui il referendum è stato indetto per il giorno 8 ottobre 2006.
Secondo la ricorrente, tali atti lederebbero il riparto delle competenze costituzionali e statutarie, previste, rispettivamente, dagli artt. 6, 57, terzo comma, e 116, primo comma, della costituzione, e dagli artt. 1, secondo comma, 44, terzo comma, e 50 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (statuto speciale per la Valle D’Aosta), e dovrebbero, pertanto, essere annullati, previa declaratoria di non spettanza allo stato del potere di «attivare il procedimento di modifica del territorio della Regione Valle D’Aosta ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della costituzione».
La ricorrente afferma che il proprio territorio sarebbe stato sostanzialmente costituzionalizzato dall’art. 1, secondo comma, dello statuto, con riferimento alle circoscrizioni comunali che ne facevano parte alla data dell’11 marzo 1948, ovvero ai comuni individuati nella tabella allegata al decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545 (ordinamento amministrativo della Valle D’Aosta). ne conseguirebbe, secondo la ricorrente, che modificazioni al territorio regionale potrebbero essere introdotte solo mediante il procedimento di revisione dello statuto previsto dall’art. 50 dello stesso, anziché in forza dell’art. 132, secondo comma, cost.. tale conseguenza discenderebbe anche dalla considerazione, secondo la quale la salvaguardia dell’equilibrio linguistico-culturale nella comunità valdostana farebbe escludere che tale equilibrio possa subire alterazioni per effetto della aggregazione di ulteriori comuni mediante una legge statale.
Inoltre, sempre secondo la prospettazione della regione ricorrente, consentire la «indiscriminata possibilità di aggregazione» alla Valle D’Aosta implicherebbe la possibilità di un aumento della popolazione residente, con conseguente «incomprensibile penalizzazione» della regione in sede di attribuzione dei seggi senatoriali su base regionale, posto che l’art. 57, secondo comma, cost. assegna alla Regione Valle D’Aosta un solo senatore.
Infine, in violazione dell’art. 44, terzo comma, dello statuto, il consiglio dei ministri avrebbe deliberato l’indizione del referendum senza consentire che il Presidente della Regione potesse partecipare alla seduta.
In considerazione degli «effetti finanziari e politico-istituzionali» che deriverebbero dallo svolgimento della consultazione referendaria, la ricorrente chiede altresì la sospensione dell’efficacia degli atti oggetto di conflitto, ai sensi dell’art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che il ricorso sia dichiarato infondato.
Innanzitutto, l’avvocatura osserva che la pretesa “costituzionalizzazione” del territorio valdostano non impedirebbe l’applicazione dell’art. 132 Cost. il procedimento ivi contemplato dovrebbe, tuttavia, concludersi con una legge costituzionale, anziché con una legge ordinaria, secondo quanto già deciso a livello governativo in seguito al referendum concernente il distacco del Comune di Lamon dalla regione veneto e la conseguente richiesta di aggregazione dello stesso alla Regione Trentino-Alto Adige.
Ad avviso dell’avvocatura, l’art. 132, secondo comma, si riferirebbe a tutte le regioni, come emergerebbe dalla correlazione sia con il primo comma, che con l’art. 131 cost., che reca l’elenco di tutte le regioni.
Inoltre, la stessa
sentenza n. 334 del 2004 di questa Corte, relativa ad un caso di richiesta di distacco di un comune dalla Regione Veneto alla Regione Friuli-Venezia Giulia, confermerebbe l’applicabilità a tutte le regioni dell’art. 132, secondo comma, Cost.
Tale disposizione costituzionale sarebbe tesa a tutelare «l’autonomia delle popolazioni locali», anche in riferimento all’autonomia regionale; anche per le regioni a statuto speciale, il procedimento di cui all’art. 132 della Costituzione varrebbe a garantire l’autonomia locale, fermo restando che gli interessi regionali trovano spazio nella fase successiva allo svolgimento del referendum.
Dato che il procedimento referendario interessa la “sfera di autonomia” della sola comunità locale, sarebbe naturale escludere il presidente della regione dalla seduta del consiglio dei ministri nella quale si debba deliberare l’indizione del referendum.
3. – La Regione Valle d’Aosta, in prossimità dell’udienza del 9 novembre 2006, ha depositato memoria, con la quale ribadisce le proprie tesi e replica analiticamente alle argomentazioni svolte dall’Avvocatura dello Stato.
4. – Con ordinanza pronunciata nella predetta udienza, questa Corte ha deciso che la Regione ricorrente dovesse notificare il ricorso anche all’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, ai sensi del comma 2 dell’art. 27 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
5. – Regolarmente effettuata detta notifica senza che l’Ufficio centrale per il referendum provvedesse poi a costituirsi in giudizio, in prossimità dell’udienza pubblica del 6 febbraio 2007, la Regione Valle d’***** ha depositato ulteriore memoria, con la quale dà conto, anzitutto, che il referendum nel Comune di Noasca si è svolto con esito positivo e che il Governo ha successivamente deliberato uno schema di disegno di legge costituzionale, ai sensi dell’art. 132, secondo comma, Cost., sul quale ha sollecitato l’espressione del parere da parte del Consiglio regionale.
Tale procedimento, ad avviso della Regione Valle d’Aosta, prevedendo un mero parere non vincolante del Consiglio regionale, non sarebbe in grado di soddisfare in modo adeguato le esigenze del coinvolgimento regionale.
La incongruità dell’applicazione dell’art. 132, secondo comma Cost. con il successivo innesto dell’approvazione di una legge costituzionale, sarebbe evidente anche sotto ulteriori punti di vista: anzitutto, «si finirebbe per ritenere una normativa di rango costituzionale “speciale” – quella statutaria, per l’appunto – come incomprensibilmente “derogata” da una norma di portata “generale”, quale è quella recata dall’art. 132 Cost.»; in secondo luogo, nel secondo comma dell’art. 132 Cost. il riferimento ad «una legge della Repubblica» sarebbe da intendere «com’è fatto palese dal contesto della disposizione, nel senso di legge ordinaria», mentre la utilizzazione dell’art. 138 Cost. porterebbe a «fondere e confondere due differenziati procedimenti, nonostante il Costituente li abbia invece voluti distinti».
Addirittura, osserva la ricorrente, la variazione territoriale così prodotta, dovrebbe essere ritenuta «non più modificabile nell’unica forma di revisione statutaria ammessa dal sistema, vale a dire quella ex art. 50 dello Statuto speciale», che pure fa riferimento al procedimento dell’art. 138 Cost.
La Regione ricorrente si sofferma, altresì, sulla asserita «illegittimità costituzionale» degli atti posti in essere successivamente alla proposizione del ricorso introduttivo del giudizio, dei quali gli atti impugnati sarebbero evidentemente i necessari presupposti: anzitutto, lo stesso referendum – svoltosi, con esito positivo, nel Comune di Noasca – non sarebbe previsto nell’art. 50 dello statuto speciale per la Valle d’Aosta, il quale escluderebbe lo svolgimento di qualunque consultazione referendaria nell’ambito del procedimento di revisione dello statuto; in secondo luogo, il disegno di legge costituzionale per il distacco del Comune di Noasca dal Piemonte e la sua aggregazione alla Valle d’Aosta sarebbe in contrasto con l’art. 71, primo comma, Cost. In proposito, sarebbe costituzionalmente illegittimo lo stesso art. 45 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), nella parte in cui stabilisce che – qualora la proposta sottoposta a referendum di cui all’art. 132 Cost. sia stata approvata – «il Ministro per l’interno, entro 60 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale» dell’esito referendario, «presenta al Parlamento il disegno di legge costituzionale o ordinaria di cui all’articolo 132 della Costituzione»: ciò perché in questa disposizione di legge si configurerebbe una vincolante iniziativa legislativa dei partecipanti al referendum e si attribuirebbe un potere di iniziativa legislativa ad un singolo Ministro.
La ricorrente chiede, pertanto, che questa Corte sollevi davanti a sé la prospettata questione di legittimità costituzionale, dal momento che la presentazione del disegno di legge avrebbe «determinato un ulteriore avanzamento dell’intera sequenza procedimentale oggetto del presente conflitto di attribuzione», e dunque «il suo permanere nel sistema appare rilevante ai fini della decisione della controversia».
Da ultimo, la difesa regionale ribadisce l’asserita illegittimità della deliberazione del Consiglio dei Ministri, approvativa dell’ indizione del referendum, a causa della mancata partecipazione del Presidente della Regione alla seduta del Consiglio dei ministri, in violazione dell’art. 44, terzo comma, dello statuto.
Considerato in diritto
1. – La Regione Valle D’Aosta/Vallée D’Aoste ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello stato, in relazione a tre atti prodromici alla celebrazione del referendum, di cui all’art. 132, secondo comma, della Costituzione, per il distacco del Comune di Noasca dalla Regione Piemonte e la conseguente aggregazione dello stesso alla regione ricorrente: cioè l’ordinanza dell’ufficio centrale per il referendum presso la corte di cassazione con cui è stata dichiarata la legittimità della richiesta di referendum; la deliberazione del consiglio dei ministri, con cui è stata approvata l’indizione del referendum; il decreto del presidente della repubblica, con cui il referendum è stato indetto per il giorno 8 ottobre 2006.
Secondo la ricorrente, tali atti lederebbero il riparto delle competenze costituzionali e statutarie, previste, rispettivamente, dagli artt. 6, 57, terzo comma, e 116, primo comma, della costituzione, e dagli artt. 1, secondo comma, 44, terzo comma, e 50 della legge cost. 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle D’Aosta), e dovrebbero pertanto essere annullati, previa declaratoria di non spettanza allo stato del potere di «attivare il procedimento di modifica del territorio della Regione Valle D’Aosta ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della costituzione».
La ricorrente afferma che il proprio territorio sarebbe stato sostanzialmente costituzionalizzato dall’art. 1, secondo comma, dello Statuto, con riferimento alle circoscrizioni comunali che ne facevano parte alla data dell’11 marzo 1948, ovvero ai comuni individuati nella tabella allegata al decreto legislativo luogotenenziale 7 settembre 1945, n. 545 (Ordinamento amministrativo della Valle D’Aosta). Ne conseguirebbe, secondo la ricorrente, che modificazioni al territorio potrebbero essere introdotte solo mediante il procedimento di revisione dello statuto previsto dall’art. 50 dello stesso, anziché in forza dell’art. 132, secondo comma Cost.
Tale conseguenza discenderebbe anche dalla necessità di salvaguardare l’equilibrio linguistico-culturale nella comunità valdostana, da ritenere non alterabile attraverso una ordinaria legge statale.
Inoltre, sempre secondo la prospettazione della regione ricorrente, consentire la «indiscriminata possibilità di aggregazione» alla Valle D’Aosta /Vallée D’Aoste comporterebbe un aumento della popolazione residente, con conseguente penalizzazione della regione in sede di attribuzione dei seggi senatoriali su base regionale, dato l’art. 57, secondo comma, Cost.
Infine, in violazione dell’art. 44, terzo comma, dello Statuto, il Consiglio dei Ministri avrebbe deliberato l’indizione del referendum senza consentire che il Presidente della Regione potesse partecipare alla seduta in cui tale deliberazione è stata assunta.
2. – In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità della censura fondata sulla presunta violazione dell’art. 57, terzo comma, Cost., che attribuisce un seggio senatoriale alla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste prescindendo dal calcolo della popolazione residente: tale norma – ad avviso della ricorrente – potrebbe essere anche fortemente alterata da «un indiscriminato aumento della popolazione regionale» conseguente al diffondersi della tendenza ad aggregarsi alla Regione ricorrente, tendenza che non verrebbe adeguatamente contenuta dalla procedura di cui al secondo comma dell’art. 132 Cost.
L’affermata violazione risulta meramente ipotetica (oltre che collegata a incerti elementi di fatto), mentre questa Corte ha costantemente affermato che nei conflitti di attribuzione fra enti occorre che gli atti impugnati producano effetti lesivi attuali nella sfera di attribuzioni del ricorrente (
ex plurimis, le
sentenze n. 72 del 2005,
n. 137 del 1998,
n. 211 del 1994,
n. 153 del 1986).
3. – L’argomentazione fondamentale della ricorrente a sostegno delle proprie doglianze ruota intorno alla affermata inapplicabilità del secondo comma dell’art. 132 della Costituzione alla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, poiché il territorio della Regione, quale deducibile dall’art. 1, secondo comma, dello statuto speciale (e quindi con riferimento al territorio regionale alla data di entrata in vigore dello statuto o all’elenco dei Comuni allegato al decreto legislativo luogotenenziale n. 545 del 1945), non sarebbe modificabile se non mediante la procedura di revisione statutaria, di cui all’art. 50 dello statuto, quale parzialmente modificato ad opera dell’art. 2 della legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano). Ciò sarebbe coerente con la necessità di non compromettere la salvaguardia dell’equilibrio linguistico, culturale e storico della comunità valdostana, a garanzia della quale sono state riconosciute alla Regione forme e condizioni particolari di autonomia.
Tale ricostruzione interpretativa risulta erronea, dal momento che l’art. 132, primo e secondo comma, Cost. si riferisce pacificamente a tutte le Regioni (quelle indicate nel precedente art. 131), mediante l’individuazione di procedure che coinvolgono tutti i diversi organi e soggetti indicati dalle norme costituzionali come attori necessari nei differenziati procedimenti ivi configurati (enti locali e relative popolazioni, Consigli regionali, Parlamento). Ciò, mentre evidentemente nessuna procedura normativa interna ad un singolo ordinamento regionale potrebbe produrre effetti su due diversi enti regionali, come è palese nello stesso caso che ha originato il presente giudizio, nel quale il procedimento di distacco-aggregazione investe ovviamente due Regioni.
Dinanzi ad una disposizione costituzionale riferita a tutte le Regioni, e comunque tale da garantire un ipotetico effetto finale sui territori di entrambe le Regioni interessate, appare quindi meramente assertivo affermare, come fa la ricorrente, che l’art. 50 dello statuto speciale sarebbe «norma chiaramente derogatoria rispetto alla generale regolazione delle modificazioni territoriali regionali, per distacco-aggregazione di Comuni, contenuta nell’art. 132».
Né può essere accolta l’opinione della ricorrente, secondo la quale la indubbia necessità di assicurare piena tutela ad una particolare comunità etnico-linguistica può essere garantita solo da procedure interne allo speciale ordinamento regionale, pur appositamente configurato, almeno in alcuni casi, anche per meglio rappresentarla e tutelarla, dal momento che a questo fine sono previste e concretamente utilizzate a livello statale anche fonti ordinarie e costituzionali (fra queste ultime, basti pensare – fra le più recenti – proprio alle leggi costituzionali 31 gennaio 2001 n. 2 (Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei Presidenti delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano) e 18 ottobre 2001 n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che complessivamente hanno apportato molteplici modificazioni agli ordinamenti di tutte le Regioni ad autonomia speciale).
Inoltre, come osservato anche dall’Avvocatura generale dello Stato, il secondo comma dell’art. 132 della Costituzione mira a garantire un ruolo significativo alle popolazioni locali, nel complesso rapporto fra interessi locali, regionali e nazionali nei processi di distacco-aggregazione di un comune da una Regione ad un’altra, con conseguente ridisegno del territorio delle Regioni. La stessa parziale modificazione di questo comma ad opera della legge cost. n. 3 del 2001 ha ancora meglio messo in evidenza, nella fase iniziale del procedimento configurato, il ruolo fondamentale della popolazione del singolo ente locale interessato dal distacco-aggregazione e questa Corte, nella
sentenza n. 334 del 2004, ha fatto riferimento al diritto di autodeterminazione delle collettività locali.
4. – Residua la censura di violazione dell’art. 44, terzo comma, dello statuto speciale, il quale prevede che il Presidente della Regione «interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, quando si trattano questioni che riguardano particolarmente la Regione».
La censura non è fondata per tre differenziati motivi.
In primo luogo, l’art. 44 della legge 25 maggio 1970, n. 352 (Norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo), configura in termini del tutto vincolati sul piano sostanziale e temporale il contenuto della deliberazione del Consiglio dei ministri, senza che possa prospettarsi una valutazione discrezionale dell’oggetto in questione.
In secondo luogo, proprio la recente modifica costituzionale del secondo comma dell’art. 132 Cost. ad opera dell’art. 9, comma 1, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha ulteriormente chiarito che il soggetto interessato in questa fase del tutto “prodromica” del procedimento è la sola collettività locale appartenente al Comune interessato dalla proposta di distacco-aggregazione.
In terzo luogo, la stessa disposizione costituzionale prevede che, dopo lo svolgimento del referendum, acquisito l’eventuale esito positivo dello stesso e prima dei lavori legislativi che avranno inizio con l’eventuale presentazione del disegno di legge governativo, si provveda allo specifico e solenne coinvolgimento delle Regioni interessate attraverso la richiesta ai loro Consigli regionali del parere sulla proposta.
5. – Questa Corte non ritiene di dover sollevare dinanzi a sé, nel presente giudizio, questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 della legge n. 352 del 1970, come invece richiesto dalla Regione ricorrente.
La suddetta richiesta si basa sulla considerazione che la richiamata disposizione – nella parte in cui stabilisce che, qualora la proposta sottoposta a referendum ai sensi dell’ art. 132 Cost. sia stata approvata, il Ministro per l’interno presenta al Parlamento il disegno di legge costituzionale o ordinaria di cui all’articolo 132 della Costituzione – configurerebbe una vincolante iniziativa legislativa degli elettori partecipanti al referendum e attribuirebbe un potere di iniziativa legislativa ad un singolo Ministro. Poiché l’art. 45 avrebbe «determinato un ulteriore avanzamento dell’intera sequenza procedimentale oggetto del presente conflitto di attribuzione», «il suo permanere nel sistema» sarebbe rilevante ai fini della decisione della controversia.
In realtà, l’art. 45 della legge n. 352 del 1970 disciplina la fase successiva allo svolgimento del referendum consultivo previsto dall’art. 132, secondo comma, Cost. nell’ipotesi in cui esso abbia avuto esito favorevole. Il presente conflitto, invece, ha ad oggetto atti anteriori e prodromici allo stesso referendum e si inserisce in una fase precedente alla attivazione dell’iniziativa legislativa disciplinata dalla disposizione in parola.
Appare, pertanto, manifestamente irrilevante la questione di legittimità costituzionale dell’art. 45 della legge n. 352 del 1970, dal momento che tale disposizione non viene in considerazione ai fini della decisione del presente conflitto.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spettava allo Stato, e per esso all’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione, pronunciare l’ordinanza, depositata il 12 aprile 2006, con cui è stata dichiarata la legittimità della richiesta di referendum, ai sensi dell’art. 132, secondo comma, della Costituzione, relativa al distacco del Comune di Noasca dalla Regione Piemonte ed alla aggregazione dello stesso alla Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste;
dichiara che spettava allo Stato, e per esso al Consiglio dei ministri, la deliberazione 7 luglio 2006, con cui è stata approvata l’indizione del suddetto referendum;
dichiara che spettava allo Stato, e per esso al Presidente della Repubblica, emanare il decreto 10 luglio 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 12 luglio 2006, con cui il referendum nel Comune di Noasca è stato indetto per il giorno 8 ottobre 2006;
dichiara che non spettava al Presidente della Regione Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste partecipare alla seduta del Consiglio dei ministri 7 luglio 2006 per deliberare l’indizione del predetto referendum.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 febbraio 2007.
F.to:
Franco BILE, Presidente
*************, Redattore
Depositata in Cancelleria il 9 marzo 2007.
([1]) Cfr., **********, Enti locali “in fuga”: Questioni di “forma” e di “sostanza”, in www.federalismi.it, 2 maggio 2007, p. 4.
([2]) A titolo esemplificativo, si veda l’art. 3, 2° comma, del D.L.gs. 31 agosto 1972 n. 670 (Statuto della Regione Trentino-Alto Adige/Sudtirol)
([3]) Sul punto, M. MALO, Forma e sostanza in tema di variazioni territoriali regionali (a margine della pronuncia n. 66/2007 della Corte Costituzionale), in Le Regioni, nn. 3-4/2007, p. 645.
([4]) Questa la ragione sostenuta dalla Regione ricorrente. Si veda il punto 1 del cons.in.dir.
([5]) Cfr., A. D’ATENA, Costituzionalismo multilivello e dinamiche istituzionali, Torino, ************, 2007, p. 175.
([6]) Si veda, **********, Enti locali “in fuga”: Questioni di “forma” e di “sostanza”, op. cit., p. 3.
([7]) Così, **********, Art. 132 Cost, in R. Bifulco-A. Celotto-M. Olivetti (a cura di) Commentario alla Costituzione, Torino, Utet, 2006, p. 2539.
([8]) Cfr., *************, Art. 132 Cost., in V. Crisafulli-L. Paladin (a cura di) Commenatario breve alla Costituzione, Padova, Cedam, 1990, p. 770.
([9]) Così, A. D’ATENA, Costituzionalismo multilivello e dinamiche istituzionali, op. cit., p. 177.
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