Psicologia sociale, teoria della comunicazione
Le reti di comunicazione
La nuova società dell’informazione procede con cambiamenti tanto rapidi da provocare una modifica nella percezione del tempo, una difficoltà di adattamento e di reazione. Il tempo è assorbito in una rete informativa continua, dove prevale l’oggi e l’immediato sulla memoria stessa, mentre nell’immaginario vi è una tensione verso il futuro, su quello che sarà.
Naisbitt, nel moltiplicarsi dei contatti, prevede che vi sarà una crescita geometrica delle transazioni personali, con una conseguente esasperante crescita delle controversie legali, determinato anche dalla fuoriuscita dalle consuetudini comportamentali localistiche.
Come tutte le azioni umane vi sono ombre e luci, ad aspetti positivi si affiancano nelle nuove tecnologie delle negatività da governare, crimini informatici, violazioni della privacy, “scorie” di informazioni che creano rumori di fondo e confondono nelle valutazioni informative, una maggiore distanza tra vertici che controllano ed una base che solo apparentemente ha raggiunto una crescente eguaglianza, prevale l’opportunismo economico.
Uno dei problemi che emerge immediatamente dalle reti è la massa di scorie informative che volutamente vengono prodotte per scopi non dichiarati, queste si sommano a quelle che Eco definisce chiacchiere da osteria, le quali tuttavia nel mondo virtuale acquistano lo stesso peso di un dato certificato. Emerge chiaramente la necessità di filtrare le informazioni avendo precisi i propri obiettivi, in modo che i processi vengano finalizzati ad essi e non il contrario, in questa attività diventa sempre più necessario che siano i processi stessi a fornirci lo strumento adatto.
La rete dovrebbe diventare un sistema, non solo di social e di attività più o meno lecite, ma innanzitutto un contenitore di informazioni da tradursi in conoscenza e produzione di beni e servizi, vi è pertanto la necessità di definire un linguaggio comune.
Esiste una difficoltà data dall’evoluzione del linguaggio che anche nelle reti si verifica, anzi si accelera causa l’avanzare impetuoso della tecnologia, così che linguaggi di pochi anni prima diventano illeggibili dai nuovi software, i linguaggi naturali sono frutto di una lunga sedimentazione accolta ed elaborata dalla specie umana, quelli artificiali all’opposto hanno durate ed estensioni limitate, sempre sostituiti.
Si è, quindi, cercato di costruire linguaggi flessibili, Deortouzos ha avanzato la proposta di utilizzare moduli elettronici (moduli E), mentre Cerf e Robert E. Kahn hanno introdotto i “Knowbot”; tuttavia il linguaggio tra macchina ed essere umano è interno all’ambiente informatico e resta cognitivamente limitato, tanto da spingere Weiser a proporre la trasformazione dell’hardware in un elemento invisibile dell’ambiente.
Come è stato più volte osservato la comunicazione umana nella rete viene facilitata, le conseguenze a livello sociale sono la creazione di nuove “tribù elettroniche” sparse nello spazio, con un annullamento dei tempi, il rapporto spazio/tempo viene azzerato. La mente non può essere vista in termini unitari e rigidi, anzi essa è costituita da un mosaico di capacità, tanto che Bruner sostiene la necessità che ciascun individuo costruisca una propria versione della realtà, questo presuppone l’educazione delle capacità critiche, ma anche il dovere integrare e raffrontare tra loro queste visioni.
Ogni rivoluzione scientifica determina un cambiamento di paradigma, per cui è necessario un determinato lasso di tempo che Kuhn individua in circa 25 anni, ossia una generazione, vi è comunque la necessità per l’essere umano di categorizzare la crescente complessità per poterla gestire, teorizzandone le relazioni e le conseguenze sociali, economiche, tecniche, culturali. Questo presuppone un continuo raffronto che necessita di “volontà” ma determina anche “fatica”, qualità che vengono spesso appiattite dalla quantità informativa, infatti, come osserva Mc Luhan, è la forma di quello che noi osserviamo che plasma la mente.
L’intercettività, la riflessibilità, la simulazione, le diverse prospettive e l’universalità, possono permettere una crescita culturale non fondata sulla passività, bensì sulla riflessione critica, faticosa nel costruirsi e lodata ma osteggiata nei fatti dal prevalere del puro lato utilitaristico. Nozione fondamentale nel processo comunicativo è quella di “competenza comunicativa”, ossia la capacità di produrre e decodificare messaggi (Zuanelli), la quale comprende tanto l’abilità linguistica e grammaticale, che quelle sociali o semeiotiche, criterio fondamentale oltre all’accettabilità e alla grammaticalità delle frasi diventa l’appropriatezza; Berruto individua ed elenca una serie di competenze:
- Competenza linguistica;
- Competenza paralinguistica;
- Competenza cinesica;
- Competenza prossemica;
- Competenza performativa;
- Competenza pragmatica;
- Competenza socio-culturale.
Nella realtà vi è un sovrapporsi di “reti” sociali e comunicative, non può pertanto esservi una comunicazione avulsa dall’ambiente in cui si forma e agisce, il “canale” è quindi parte del contesto in cui avviene l’intenzionalità dell’atto comunicativo (Ricci Bitti e Zani), su questo intervengono il rumore, ossia la predisposizione all’ascolto del messaggio, la ridondanza e l’eventuale feed-back, non necessario nella comunicazione scritta essendo essa spostata nel tempo. Nel processo di codifica vengono coinvolti una serie di livelli interdipendenti e strettamente connessi: i livelli cognitivo, emotivo, affettivo e interpersonale.
I ricercatori della Scuola di Palo Alto (California), più precisamente Watzlawick, Beaurin e Jackson, hanno distinto in ogni comunicazione due livelli: il vero e proprio contenuto, nonché la relazione tra le persone coinvolte nella comunicazione, è tuttavia questo secondo livello (meta comunicazione) che meglio ne definisce i contenuti.
Nella comunicazione verbale sono disponibili due codici, uno analogico, che fa riferimento a tutti gli aspetti non verbali, l’altro numerico, consistente nella parola. Nel primo vi è la semantica ma manca di una sintassi non ambigua, il secondo è efficace nello scambio di informazioni sugli oggetti, possedendo una sintassi logica complessa ma inadeguato nel definire le relazioni tra gli interlocutori (Scuola di Palo Alto), i due sistemi vanno combinati nel decodificare.
Vi deve essere consapevolezza della pluralità di significati che stanno alla base del segno, questo tanto per la diversità dei contesti che degli interlocutori, la comprensione varia anche all’interno dello stesso contesto con il mutare degli interlocutori, vi è quindi una continua azione di codifica e ricodifica che si cala in un sovrapporsi tra informazione trasmessa e impressioni ricevute (Goffman).
Secondo la Scuola di Palo Alto tutto il nostro comportamento è comunicazione, tanto da indurre Ekman e Friesen a individuare tre tipi di comportamento: informativo, comunicativo, interattivo; scopo di tale comunicazione è doppio, il primo di tipo “evoluzionistico”, adatto alla selezione naturale, il secondo “intenzionale”, di carattere socio-organizzativo.
La decodifica è un’operazione selettiva soggettiva, dove il significato percepito è più ampio di quello previsto originariamente dall’emittente, in questo processo intervengono vari fattori tra i quali: la sensibilità, l’attenzione selettiva, la categorizzazione, costituita a sua volta da un primo processo di preattenzione e da un secondo di sintesi, dove le informazioni vengono collegate agli schemi e categorie concettuali di cui si dispone. Altri fattori, oltre al contesto, sono le aspettative e la personalità, la quale ultima crea schemi interpretativi ricorrenti (Argyle).
Nei canali di comunicazione vi sono due elementi fondamentali:
- Capacità, quantità di informazione che si può trasmettere in una certa unità di tempo;
- Immediatezza, la rapidità del passaggio dell’informazione. Nell’ipotesi di comunicazioni contraddittorie, deve essere valutato il “peso” delle singole componenti, considerando che nell’oralità la componente non verbale prevale sul detto.
I contesti sono gli insiemi che si costituiscono al momento della comunicazione, oltre il contesto linguistico dato dalla concatenazione lineare delle parole, si possono incastrare altri livelli contestuali, quale quello verbale-grafico. si vengono quindi a creare contesti espliciti e contesti impliciti, relativi alle conoscenze dell’ascoltatore o decodificatore sulla fonte, quest’ultimo è integrato in un contesto totale (Slama – Cazacu).
Si può concludere osservando che vari sono i possibili modelli elaborati sulla funzione del messaggio da quello di Jakobson:
- Referenziale;
- Emotiva o espressiva;
- Conativa o persuasiva;
- Fatica o di contatto;
- Metalinguistica;
- Poetica del linguaggio;
e quella di Scherer:
- Referenziale o rappresentazionale;
- Interpersonale o espressiva;
- Di auto ed eteroregolazione o di controllo;
- Di coordinamento delle sequenze interattive;
- Di metacomunicazione.
Seconda parte : Informazione e persuasione nella comunicazione di massa
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