Esaminiamo ora il processo strutturalmente complesso, ossia comprendente più di un oggetto e/o più di due parti; prima di entrare nei dettagli, dobbiamo richiamare i tre principi fondamentali che reggono il processo cumulato sotto il profilo oggettivo:
- Autonomia processuale: il primo principio è quello dell’autonomia processuale delle singole cause; se il processo è oggettivamente cumulato significa che ci sono più domande e quindi più oggetti del processo e conseguenti decisioni. Ciò significa che la sussistenza dei presupposti processuali deve essere valutata autonomamente per ciascuna causa cumulata; l’esistenza o l’inesistenza di un presupposto processuale in relazione ad una causa non influenza le altre.
- Principio di acquisizione: il secondo principio è quello dell’acquisizione secondo il quale la trattazione delle cause cumulate è unica, e gli atti compiuti in relazione ad una di esse sono utilizzabili, salvo eccezioni, anche per le altre.
- Rilevanza dei nessi sostanziali: il terzo principio riguarda la determinazione degli elementi rilevanti per la disciplina del cumulo.
–Nozione di questione pregiudiziale ex art. 34 c.p.c.
L’art. 34 c.p.c. si riferisce ad una questione pregiudiziale che appartiene per materia o valore alla competenza del giudice superiore; l’oggetto della previsione normativa consiste in una diversa situazione sostanziale, la cui esistenza è pregiudiziale per la decisione della causa che è stata proposta.
Grazie a questa considerazione, è possibile escludere dal campo di applicazione dell’art. 34 c.p.c. due gruppi di fenomeni: da un lato, tutte le questioni di rito non possono essere incluse nella nozione di questione pregiudiziale ex art. 34 c.p.c., perché per definizione sono di competenza del giudice adito; dall’altro sono escluse dalla previsione dell’art. 34 c.p.c. le questioni di merito che riguardano i singoli elementi della fattispecie in quanto anch’esse di competenza del giudice adito.
La questione disciplinata dall’art. 34 c.p.c. rientra nell’ambito della pregiudizialità tecnica, e più specificatamente nel rapporto di dipendenza che si evince dallo schema:
2° processo A+B+C= X (diritto pregiudiziale)
1° processo X+D+E= Y (diritto dipendente)
Secondo la disciplina relativa ai limiti oggettivi del giudicato, la regola generale prevede che nel 1° processo, avente ad oggetto il diritto dipendente Y, sia svolto un mero accertamento sul diritto pregiudiziale X; nel 2° processo la sentenza passata in giudicato sul diritto dipendente di solito non vincola il giudice in quanto contenente solo una mera e semplice cognizione del diritto pregiudiziale (incidenter tantum).
Qualora invece una domanda di parte richieda o un’espressa previsione di legge stabilisca che l’accertamento sul diritto pregiudiziale costituisca una vera e propria questione da decidere, allora questo diventa oggetto del 1° processo e su di esso si forma il giudicato ex art. 2909 c.c.
–Domanda di parte
La domanda di parte deve essere proposta nei modi e nei tempi previsti dai modelli processuali: nel processo di cognizione il convenuto deve proporre la domanda di accertamento incidentale con la tecnica della domanda riconvenzionale, inserendo la stessa nella comparsa di risposta e depositando quest’ultima nella cancelleria del giudice adito almeno venti giorni prima dell’udienza di prima comparizione ex art. 183 c.p.c.
La domanda di accertamento incidentale ex art. 34 c.p.c. deve rispettare tutti i requisiti delle domande giudiziali; quindi ad esempio la parte non può chiedere l’accertamento con efficacia di giudicato del diritto pregiudiziale, se titolare è un altro soggetto (legittimazione).
–Previsione di legge
Per quanto riguarda la previsione di legge, il discorso è più complesso in quanto tale previsione va coordinata con il principio della domanda; in altre parole bisogna vedere se ci sono giustificazioni sufficienti per una compressione del diritto di azione da parte del legislatore.
Per capire come mai il legislatore, in alcuni casi particolari, impone l’accertamento ex lege con efficacia di giudicato del diritto pregiudiziale, conviene esaminare la principale ipotesi in cui ciò si verifica; si tratta dell’art. 124 c.c., il quale dice che “il coniuge può in qualunque tempo impugnare il matrimonio dell’altro coniuge; se si oppone la nullità del primo matrimonio, tale questione deve essere preventivamente giudicata”.
Es. Tizio è sposato con Caia, la quale contrae un ulteriore matrimonio con Sempronio.
Ipotizziamo che tizio impugni il matrimonio Caia-Sempronio, e le parti del secondo matrimonio si oppongano affermando che è nullo il matrimonio Tizio-Caia; se a questa situazione applichiamo la regola generale, allora senza domanda di parte non si formerebbe il giudicato sull’accertamento del primo matrimonio.
Ciò comporta che il giudice, investito della decisione del matrimonio Caia-Sempronio e della mera cognizione del matrimonio Tizio-Caia, possa decidere alternativamente che:
a)Il matrimonio Caia-Sempronio è nullo perché il matrimonio Tizio-Caia è valido.
b)Il matrimonio Caia-Sempronio è valido perché il matrimonio Tizio Caia è nullo.
In questo modo in un eventuale secondo processo avente ad oggetto il diritto pregiudiziale, il matrimonio Tizio-Caia, il giudice non sarà vincolato alla precedente sentenza in quanto non si è formato il giudicato relativamente a tale questione; ciò potrebbe comportare dei problemi sul piano sostanziale qualora il giudice del secondo processo dovesse decidere diversamente dal primo: infatti nel primo caso Caia si ritroverebbe nubile in seguito all’annullamento del suo primo matrimonio, dichiarato valido in precedenza, mentre nel secondo caso Caia si ritroverebbe bigama in seguito alla dichiarazione di validità del suo primo matrimonio, in precedenza annullato.
Proprio per evitare questi inconvenienti l’art. 124 c.c. impone che sulla validità del primo matrimonio debba formarsi il giudicato.
–Deroga alla competenza
Infine dobbiamo occuparci dei problemi di competenza che possono sorgere quando il giudice del diritto dipendente si trova a decidere del diritto pregiudiziale; se questi fosse incompetente, in assenza dell’art. 34 c.p.c., il simultaneus processus non potrebbe realizzarsi.
Per evitare ciò, l’art. 34 c.p.c. introduce una regola speciale di competenza, stabilendo che le cause devono rimanere unite, cioè devono essere trattate da un unico giudice; questo avviene in deroga alle norme ordinarie di competenza.
Se la questione pregiudiziale appartiene alla competenza di un giudice superiore, il giudice originariamente adito rimette tutte e due le cause al giudice superiore, fissando un termine entro il quale le parti devono compiere l’atto di riassunzione; in questo modo la causa proseguirà davanti al giudice superiore con due oggetti, che dovranno essere decisi con efficacia di giudicato.
Se, invece, la questione pregiudiziale appartiene alla competenza di un giudice inferiore, il giudice originariamente adito decide anche di tale causa.
La giurisprudenza, tuttavia, pone un limite al principio esposto, in quanto ritiene che l’assorbimento da parte del giudice superiore della competenza della causa che sarebbe di competenza del giudice inferiore, opera solo per la competenza per valore e non anche per quella per materia.
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