L’iscrizione della notizia di reato determina l’inizio del procedimento penale e delle indagini preliminari, riguarda qualsiasi informazione scritta oppure orale fatta all’autorità giudiziaria o a un’autorità che ne deve dare conto alla prima, dove si ravvisano elementi di reato ed è disciplinata dall’articolo 330 del codice di proceedura penale, rubricato “acquisizione delle notizie di reato” che recita testualmente:
“Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti”.
L’articolo 335 del codice di procedura penale, stabilisce che il pubblico ministero iscrive nell’apposito registro le notizie di reato acquisite di propria iniziativa o comunicategli da altri, comprese le condizioni di procedibilità (cioè querela, istanza e richiesta di procedimento) che rechino la prima notizia di un reato.
L’articolo 335 del codice di procedura penale, stabilisce che il pubblico ministero iscrive nell’apposito registro le notizie di reato acquisite di propria iniziativa o comunicategli da altri, comprese le condizioni di procedibilità (cioè querela, istanza e richiesta di procedimento) che rechino la prima notizia di un reato.
I registri delle notizie di reato presso le procure della Repubblica sono quattro:
Registro delle notizie di reato a carico di persone ignote.
Registro delle notizie di reato a carico di persone note
Registro delle notizie anonime di reato
Registro degli atti che non costituiscono una notizia reato.
A volte i media utilizzano erroneamente l’espressione “Registro degli indagati” per indicare il “Registro delle notizie di reato”.
La fase successiva è quella delle indagini preliminari.
Introdotte nel codice di procedura penale dall’articolo 326, sono una fase del procedimento penale precedente all’eventuale processo.
Un preciso dovere di cronaca ci impone di aprire una parentesi sulla differenza che esiste tra il procedimento penale e il processo penale.
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Il procedimento nell’ordinamento giuridico italiano, è l’attività che ha inizio successivamente all’iscrizione della notizia di reato nell’apposito registro tenuto dall’ufficio del pubblico ministero.
Per procedimento s’intende quindi la fase nella quale siprendevisione degli elementi per verificare se un’accusa è fondata e sostenibile nella fase successiva, rappresentata dal processo.
Il processo penale vero e proprio è l’attività che si svolge nel processo propriamente detto, e si caratterizza per la presenza del dibattimento durante il quale le parti si confrontano di fronte al giudice.
Ritornando alle indagini preliminari, bosogna dire che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono le indagini necessarie per le determinazioni che si riferiscono all’esercizio dell’azione penale.
Ne consegue che il pubblico ministero e la polizia giudiziaria devono acquisire anche gli elementi a favore dell’indagato (ex art. 358 c.p.p.) perché le indagini preliminari servono esclusivamente a stabilire se ci sono i presupposti per l’esercizio dell’azione penale.
Per gli atti compiuti durante le indagini è previsto il segreto.
Il questa fase c’è la possibilità che venga richiesto l’incidente probatorio, un istituto previsto e disciplinato dall’articolo 392 del codice di procedura penale, con il quale il pubblico ministero, anche su sollecitazione della parte offesa, e la difesa dell’indagato possono chiedere l’assunzione anticipata dei mezzi di prova nelle fasi precedenti il dibattimento.
A questo punto si puà avere la richiesta di archiviazione o il rinvio a giudizio.
La prima, è prevista e disciplinata dall’articolo 408 e seguenti del codice di procedura penale.
Tra le motivazioni che possono portare ad una richiesta di archiviazione ci sono:
l’estinzione del reato, l’improcedibilità dell’azione, l’infondatezza della notizia, autori ignoti, l’estraneità dell’indagato, il fatto non costituisce reato, ed è richiesta del Pubblico Ministero,mentre l’organo competente è il gip.
Il rinvio a giudizio si riferisce ad atti prodromici all’instaurazione del processo penale.
Rappresenta il modo “ordinario” di esercizio dell’azione penale.
La richiesta deve contenere una serie di elementi tra i quali l’enunciazione in forma chiara e precisa della imputazione, elemento è di fondamentale importanza perché fissa l’oggetto dell’udienza preliminare e soprattutto garantisce all’imputato di esercitare compiutamente il diritto di difesa.
La richiesta viene depositata nella cancelleria del giudice competente (gup) il quale fissa l’udienza e ne fa dare avviso alle parti.
Da un punto di vista logico sistematico abbbiamo:
La “richiesta di rinvio a giudizio” disciplinata dall’articolo 416 e seguenti del codice di procedura penale, formulata dal pubblico ministero ogni volta ritenga che nel corso delle indagini preliminari siano stati raccolti elementi sufficienti a sostenere l’accusa nell’eventuale e successivo giudizio.
Il secondo atto al quale fa riferimento il termine rinvio a giudizio è il “decreto che dispone il giudizio” disciplinato dall’art. 429 del codice di procedura penale, che segna uno degli epiloghi dell’udienza preliminare e segna, per così dire, la fondatezza della ipotesi accusatoria formulata dal pubblico ministero.
Questo atto rappresenta l’inizio del processo penale di merito avente ad oggetto l’accertamento del reato e la colpevolezza dell’imputato.
Negli altri casi si ha l’udienza preliminare, che si tiene davanti al Giudice dell’Udienza Preliminare (gup) successivamente alla richiesta di rinvio a giudizio effettuata dal pubblico ministero.
L’Udienza preliminare è anche il luogo di celebrazione di due dei cinque riti alternativi previsti dalla procedura penale italiana:
il rito abbreviato (ex art. 438 e ss. c.p.p.), rito che prevede la riduzione di un terzo della pena e che si svolge esclusivamente sugli atti del Pubblico Ministero e del difensore, l’applicazione della pena su richiesta delle parti, cosiddetto patteggiamento, (ex art. 444 e ss.c.p.p.), il giudizio immediato (ex art.453 c.p.p.), il giudizio direttissimo (ex art. 449 e ss. c.p.p.) e il procedimento per decreto (ex art. 459 c.p.p.).
Se non si fa ricorso ai procedimenti alternativi, si procede con la fase del dibattimento, nella quale il rito procede senza possibilità di ritornare a fasi antecedenti per il principio di non regressione.
I testimoni sono avvertiti, tranne se sono minori di 14 anni, dell’obbligo di dire la verità e di rispondere ad ogni domanda, della facoltà di astensione per i prossimi congiunti dell’imputato e devono prestare la seguente dichiarazione prima di deporre::
“consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”.
L’esame è modellato sul modello anglosassone della cross examination.
Il soggetto è esaminato prima dalla parte che ne chiede l’ammissione (esame diretto), poi dalla controparte (controesame) e poi ancora dalla prima se questa lo richiede (riesame).
Le domande vengono poste direttamente dall’accusa e dalla difesa.
Si deroga a questa procedura esclusivamente se l’esaminando è un minorenne o un maggiorenne infermo di mente.
In questo caso è il giudice che pone le domande su richiesta delle parti a meno che queste consentono alla forma ordinaria che non pregiudichi la serenità del soggetto.
Nel tribunale monocratico si procede con la disciplina della cross examination se le parti non formulano richiesta che sia il giudice a porre le domande al teste.
Il legislatore prevede all’articolo 499 del codice di procedura penalel che non possano essere fatte domande suggestive almeno per l’esame diretto, che sono quelle domande che possano suggerire la risposta.
Ad esempio porgere una domanda come:
“da quale lato dell’auto è sceso”, presuppone che il soggetto sia sceso dall’auto e quindi suggerisce una risposta, ed è evidente che simili domande non sono vietate nel controesame proprio perché qui si valuta l’attendibilità del teste.
Se il teste diventa ostile (cioè affermi dei fatti contrari alle ragioni della parte che ne ha chiesto l’esame) si può ammettere la possibilità di domande suggestive (nonché delle contestazioni) anche nell’esame diretto.
In ogni caso sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte (domande nocive).
Si arriva quindi alla sentenza, il provvedimento giurisdizionale con il quale il giudice definisce interamente o in parte la controversia che gli è stata sottoposta.
La sentenza può essere impugnata.
Il termine impugnazione (dal latino in pugnare, ‘combattere contro’), nel diritto, designa sia l’atto giuridico con il quale un soggetto chiede al giudice di eliminare o modificare un determinato atto giuridico, sia il procedimento che in questo modo viene avviato.
L’impugnazione della sentenza apre un’altra fase del processo o, come si usa dire, un altro grado di giudizio, che si svolge davanti ad un giudice diverso (giudice dell’impugnazione).
Le forme di impugnazione previste contro le sentenze sono la revisione, l’appello e il ricorso in Cassazione.
L’ articolo 568 del codice di procedura penale ai commi 3 e 4, stabilisce un limite per i soggetti legittimati ad agire, cioè quelli previsti per legge e che abbiano interesse.
Il giudicato penale o cosa giudicata è il provvedimento giurisdizionale diventato incontrovertibile, cioè che non può più essere soggetto ai mezzi di impugnazione ordinari, o perché siano già decorsi i termini per impugnare o perché siano già stati esperiti i mezzi d’impugnazione previsti.
Un provvedimento passato in giudicato è contraddistinto dall’incontrovertibilità della cosa giudicata, nessun giudice si può pronunciare ancora su quel diritto sul quale è stata fatta una pronuncia che abbia esaurito la serie dei possibili riesami, secondo il principio del “ne bis in idem”. Questo esaurimento si verifica sia nel caso nel quale i diversi gradi di giurisdizione si siano svolti, sia nel caso nel quale si sia rinunciato ad essi.
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