- La necessità di una specifica disciplina
- L’originaria disciplina
- La nuova disciplina e l’analisi del nuovo approccio verso il fenomeno dell’insolvenza
1. La necessità di una specifica disciplina
L’attuale scenario normativo impone la necessaria instaurazione di un dialogo tra il nuovo diritto della crisi e dell’insolvenza, contenuto nel Codice di cui al d.lgs. 10 gennaio 2019, n. 14, e l’attuale sistema del diritto di lavoro.
In un quadro normativo come quello attualmente vigente in forza della Legge Fallimentare, povero di indicazioni specifiche in materia di effetti dell’apertura di una procedura concorsuale sui rapporti di lavoro pendenti, un progetto di riforma delle procedure concorsuali non avrebbe potuto prescindere dall’obiettivo di introdurre finalmente nel nostro ordinamento una disciplina specificamente finalizzata a regolare la gestione dei rapporti di lavoro nell’ambito di esse. Ed infatti il Parlamento, nell’emanare la L. 19 ottobre 2017, n. 155, ha fornito in proposito all’organo esecutivo espresse indicazioni, sia nella parte riguardante i principi generali della riforma, sia nella parte riguardante i criteri direttivi più specificatamente riferiti alla procedura di liquidazione giudiziale che, nell’ottica della riforma, è destinata a sostituire la procedura fallimentare.
In attuazione della delega contenuta nella l. n. 155/2017, è stato emanato il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, recante il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
La legge fallimentare e la legge sul sovraindebitamento non sono tuttavia abrogate, ma continuano a disciplinare i ricorsi e le domande pendenti alla data di entrata in vigore della riforma.
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha l’obiettivo di riformare la materia delle procedure concorsuali e della crisi da sovraindebitamento, semplificando le norme attualmente vigenti e garantendo la certezza del diritto.
Nel farlo, prevede un modello processuale particolarmente celere, in cui non si parla più di fallimento ma di liquidazione giudiziale, in conformità con quanto avviene in altri Paesi europei, con l’obiettivo di evitare il discredito sociale e personale che storicamente ha accompagnato il “fallito”, inoltre, alla nozione di insolvenza si affianca quella di stato di crisi, inteso come probabilità di una futura insolvenza.
La riforma dà priorità alle proposte che consentano il superamento della crisi e armonizza la gestione della crisi e dell’insolvenza con le tutele dei lavoratori.
La disciplina degli effetti della procedura di liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro deve essere necessariamente coordinata con la legislazione in materia di diritto del lavoro, apportando degli aggiustamenti finalizzati principalmente alla risoluzione dei contrasti interpretativi ed applicativi delle disposizioni in materia concorsuale.
Potrebbero interessarti anche
- Crisi d’impresa: Il concordato per la liquidazione e l’anticipata emersione
- Albo gestori crisi d’impresa: in G.U. il decreto che detta le modalità di iscrizione
- Crisi d’impresa e misure urgenti per la giustizia: decreto convertito in legge. Ecco tutte le novità
2. L’originaria disciplina
Fondamentale sarebbe tracciare un quadro storico utile per meglio comprendere i termini della questione oggetto di causa, gettando uno sguardo non solo nell’ambito nazionale, ma mostrando attenzione soprattutto allo scenario europeo, luogo da cui tutto origina.
Dall’analisi della disciplina è emersa la scarsa attitudine del diritto delle procedure concorsuali a porsi in posizione di contiguità con altre discipline e gli studiosi hanno interpretato ciò come una caratteristica pregnante, non necessariamente riservata al diritto del lavoro.
Invece, sulla corrispondente lacuna del diritto del lavoro, poco gli interpreti hanno riflettuto, dedicandosi più che altro all’imbarazzante disinteresse della legge fallimentare nei confronti del rapporto di lavoro, che neanche menziona sotto il profilo nominalistico.
Almeno con riferimento alle origini delle due discipline, le ragioni del reciproco disinteresse sono state ricondotte all’ideologia liberista dell’epoca.
L‘impostazione del codice conferma la scarsa attenzione sino ad allora rivolta all’estinzione del rapporto di lavoro.
Datore di lavoro e lavoratore sono collocati sullo stesso piano, in una condizione di «parità», e possono recedere dal rapporto alla stessa maniera, con il solo limite del preavviso, salva la giusta causa.
La stessa situazione si riscontra nella legge fallimentare dove nessuna attenzione viene mostrata al fallimento dal punto di vista dei lavoratori.
Si realizza quello che viene denominato «vuoto normativo».
Diversi sono stati gli interventi normativi del nostro legislatore volti a colmare tale vuoto, interventi che, però, non hanno fornito le risposte attese.
3. La nuova disciplina e l’analisi del nuovo approccio verso il fenomeno dell’insolvenza
Si è intervenuti con il d.lgs. n. 14/2019, il quale vede l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza.
La sua stessa denominazione di «Codice» manifesta l’intenzione del legislatore di creare una normativa organica e tendenzialmente completa dei fenomeni di insolvenza e di crisi che normalmente la precede.
L’approccio al fenomeno dell’insolvenza cambia, si tende a non ravvisarvi più quella carica di negatività giuridica e sociale che normalmente la caratterizzava e fondamentale in merito è l’eliminazione delle parole «fallimento» e «fallito».
Comincia a farsi strada l’idea di salvaguardare il valore residuo dell’azienda, anziché disperderlo ed è questa la logica proposta dalle Istituzioni europee nella Raccomandazione n. 2014/135/UE.
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza sostituisce il fallimento con il nuovo istituto della liquidazione giudiziale.
L’art. 349 converte, quindi, l’espressione «fallimento» in «liquidazione giudiziale», la «procedura fallimentare» in «procedura di liquidazione giudiziale», il termine «fallito» in «debitore assoggettato a liquidazione giudiziale».
Secondo l’opinione più diffusa la nuova liquidazione giudiziale, sebbene presenti elementi innovativi in termini di maggiore agilità e rapidità, sembra muoversi lungo una linea di continuità con il fallimento: l’obiettivo potrebbe essere quello di introdurre una procedura più rapida e meno costosa rispetto al fallimento, la quale mira a rilevare tempestivamente la crisi dell’impresa, a privilegiare la strada della continuazione dell’attività di impresa quando possibile.
In quest’ottica la liquidazione giudiziale costituisce una soluzione residuale, da intendersi come extrema ratio, a cui ricorrere solo quando non sia possibile risanare l’impresa e garantirne la prosecuzione.
All’interno della Sezione intitolata “Degli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti giuridici pendenti”, il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza colloca un’ampia normativa che direttamente si occupa dei riflessi sui “Rapporti di lavoro subordinato”. Emerge, così, un evidente cambiamento circa le fonti di regolazione.
Prima dell’entrata in vigore del nuovo Codice, il quale dispone di una precisa disciplina, infatti, fra i contratti preesistenti considerati espressamente dalla legge fallimentare, al fine di stabilirne la sorte in caso di sopravvenienza del fallimento, non compare il contratto di lavoro e il punto di riferimento legislativo era proprio l’art. 72, l. fallimentare, genericamente dedicato ai “Rapporti pendenti”.
L’art. 189 del nuovo Codice, infatti, è dedicato agli effetti della liquidazione giudiziale sui rapporti di lavoro pendenti.
Volume consigliato
Il nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza
Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14), attuativo della Legge n. 155/2017, è stato dal Legislatore proposto in un testo di ampio respiro, che abbraccia aspetti interdisciplinari, composto da ben 391 articoli – esattamente 150 in più della “vecchia” Legge Fallimentare – ed ha il dichiarato scopo di prevenire che imprese che non sono né in crisi né insolventi lo diventino in futuro.Le numerose novità introdotte con cui gli operatori del settore dovranno prendere confidenza – prime fra tutte le modifiche al Codice civile in vigore dal 14 marzo e dal 14 dicembre di quest’anno – sono illustrate in quest’opera di primo commento, volta a far emergere la ratio della nuova disciplina, senza perdere di vista gli impatti che la stessa avrà sull’attività quotidiana dei professionisti, che saranno chiamati ad applicarla e servirsene.STUDIO VERNA SOCIETÀ PROFESSIONALELo studio verna società professionale, costituitasi nel 1973, è la più antica società semplice professionale ed offre consulenza ed assistenza economico-giuridica a Milano, con studi anche a Busto Arsizio e Reggio Emilia. Persegue una politica di qualità fondata su etica, competenza e specializzazione. I suoi soci hanno pubblicato oltre un centinaio di libri ed articoli in materia contabile, societaria, concorsuale e tributaria, oltre un manuale di gestione della qualità per studi professionali.La collana dedicata al Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza prende in esame le novità della riforma attuata dal D.lgs n.14/2019 ed è diretta a tutti i Professionisti che agiscono nel settore delle procedure concorsuali: le opere che ne fanno parte trattano la tematica nel suo complesso, con uno sguardo d’insieme su ciò che cambia e un’analisi dettagliata e approfondita delle singole fattispecie. I volumi proposti rappresentano uno strumento di apprendimento rapido, concreto ed efficace: l’ideale per padroneggiare gli istituti appena emanati e farsi trovare preparati all’appuntamento con la loro pratica applicazione, sia in sede stragiudiziale che processuale.
Studio Verna Società Professionale | 2019 Maggioli Editore
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento