I fatti ad oggetto del giudizio
Nei fatti ad oggetto del giudizio, l’appellante ha dedotto la censura di “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 bis della l. 7.8.1990 n. 241 anche in relazione all’art. 7 della stessa l. 241/1990” sostenendo che l’Amministrazione non avrebbe consentito il contraddittorio in sede procedimentale. Secondo l’appellante la mancata osservanza di tali modalità procedimentali avrebbe viziato in maniera irrimediabile i provvedimenti impugnati, poiché avrebbe impedito al destinatario di evidenziare profili utili ai fini dell’adozione di atti aventi un contenuto diverso.
L’Amministrazione ha contro dedotto sostenendo che si sarebbe trattato di atti vincolati per i quali avrebbe potuto omettersi la comunicazione dell’avvio del procedimento, ai sensi dell’art. 7 della L. 241/90 ed il preavviso di rigetto ex art. 10 bis della stessa legge.
Nel caso di specie, l’appellante avrebbe volontariamente chiuso la farmacia senza ottemperare alle prescrizioni dell’Amministrazione che le imponevano di tenerla aperta. Proprio per tale circostanza, il vizio sarebbe solo formale, e come tale superabile ai sensi dell’art. 21 octies della legge 241 del 1990, atteso che l’esito del procedimento non avrebbe potuto mutare a seguito della partecipazione procedimentale.
La sentenza
Il Consiglio di Stato, sentenza n. 6288 del 14 settembre 2021 non condivide la tesi dell’Amministrazione.
In particolare, il Collegio ritiene che, tenuto conto della singolarità della vicenda verificatasi, sarebbe stato necessario un approfondimento in contraddittorio tra le parti, consentendo di rappresentare le proprie ragioni prima di adottare il provvedimento di decadenza dall’autorizzazione, fondato sulla chiusura non autorizzata della farmacia per oltre 15 giorni.
In sintesi, l’appellante ha sostenuto che gli atti con i quali la AUSL le aveva ordinato di tenere aperta la farmacia si scontravano la sua specifica condizione. Ha anche rilevato che la ASL avrebbe potuto assumere provvedimenti alternativi a tutela della salute pubblica, anziché procedere alla declaratoria di decadenza dall’autorizzazione.
Il Collegio, in particolare, ritiene che l’appellante ha fornito in giudizio elementi che avrebbero dovuto essere valutati dall’Amministrazione nel corso del corretto procedimento, prima di addivenire all’adozione del provvedimento di decadenza.
Ritiene, dunque, il Collegio che, tenuto conto della complessità della situazione e della gravità degli effetti derivanti dal provvedimento di decadenza, dovevano essere assicurate le garanzie partecipative al procedimento.
Tra le garanzie partecipative doveva essere rispettata la comunicazione dell’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della L. 241/90 e le medesime garanzie partecipative dovevano essere osservate prima del diniego di autorizzazione al trasferimento dell’autorizzazione richiesto.
La natura vincolata degli atti impugnati non costituisce valido motivo per omettere il rispetto delle garanzie partecipative in situazioni peculiari e giuridicamente complesse come quella analizzata nel caso di specie.
La giurisprudenza si pronuncia sulla sussistenza dell’obbligo di avviso dell’avvio nell’ipotesi di provvedimenti a contenuto totalmente vincolato
La giurisprudenza in alcune precedenti pronunce si è pronunciata sulla sussistenza dell’obbligo di avviso dell’avvio nell’ipotesi di provvedimenti a contenuti totalmente vincolato, affermando la sussistenza dell’obbligo di avviso dell’avvio anche nell’ipotesi di provvedimenti a contenuto totalmente vincolato, sulla scorta della condivisibile considerazione che la pretesa partecipativa del privato riguarda anche l’accertamento e la valutazione dei presupposti sui quali si deve comunque fondare la determinazione amministrativa (cfr. C.d.S. sez. VI 20.4.2000 n. 2443; C.d.S. 2953/2004; 2307/2004 e 396/2004).
A ben vedere, la giurisprudenza ha affermato di non ritrovare alcun principio di ordine logico o giuridico che possa impedire al privato, destinatario di un atto vincolato, di rappresentare all’amministrazione l’inesistenza dei presupposti ipotizzati dalla norma, esercitando preventivamente sul piano amministrativo quella difesa delle proprie ragioni che altrimenti sarebbe costretto a svolgere unicamente in sede giudiziaria (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 19/10/2006, n.8683).
Tale principio, perlatro è stato riaffermato di recente dalla giurisprudenza sostenendo che l’illegittimità di quel provvedimento vincolato emesso senza che sia stata offerta al destinatario dello stesso provvedimento la preventiva comunicazione di avvio del procedimento” ex art. 7 l. n. 241/1990, ove dal giudizio emerga che l’omessa comunicazione del procedimento avrebbe consentito al privato di dedurre le proprie argomentazioni, idonee a determinare l’emanazione di un provvedimento con contenuto diverso (cfr. Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 26/08/2020, n.750).
Le garanzie di partecipazione al procedimento
La comunicazione di avvio del procedimento consiste nell’obbligo, disciplinato dall’articolo 7 della L.241 del 1990, di dare comunicazione dell’avvio del procedimento, attraverso l’instaurazione del contraddittorio nei confronti dei “soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi. Ove parimenti non sussistano le ragioni di impedimento predette, qualora da un provvedimento possa derivare un pregiudizio a soggetti individuati o facilmente individuabili, diversi dai suoi diretti destinatari, l’amministrazione è tenuta a fornire loro, con le stesse modalità, notizia dell’inizio del procedimento.”
L’amministrazione provvede a dare notizia dell’avvio del procedimento mediante comunicazione personale, nella quale devono essere indicati ai sensi dell’articolo 8 della L. 241 del 1990 “a) l’amministrazione competente; b) l’oggetto del procedimento promosso; c) l’ufficio e a persona responsabile del procedimento; c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previstidall’articolo 2, commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di inerzia dell’amministrazione; c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza; d) l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti”.
Qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati o i portatori di interessi diffusi a cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, ha facoltà di intervenire nel procedimento.
Attraverso la norma di cui all’articolo 10 della L.241 del 1990 si conferisce al privato l’effettiva partecipazione al procedimento.
In particolare, i soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti, quelli che per legge debbono intervenirvi e quelli intervenuti hanno diritto “a) di prendere visione degli atti del procedimento, salvo quanto previsto dall’articolo 24; b) di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento” attraverso la produzione di memorie o osservazioni.
L’articolo 10 bis della Legge 241 del 1990 prevede che nei procedimenti ad istanza di parte prima dell’adozione di un provvedimento negativo viene comunicato da parte del responsabile del provedimento i motivi che ostacolano l’accoglimento della domanda agli istanti.
La finalità dello strumento è quella di assicurare la partecipazione degli interessati al procedimento.
L’articolo inoltre prevede che entro il termine di 10 giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, anche corredate da documenti.
La violazione della norma non vale a giustificare l’annullamento di un atto non discrezionale, non essendo consentito l’annullamento dei provvedimenti amministrativi il cui contenuto è vincolato e non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato.
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