Verranno quindi a tal proposito esaminate siffatte disposizioni legislative nonché richiamati gli orientamenti interpretativi formatisi in subiecta materia.
Precisato ciò, non resta che analizzare questi precetti normativi a partire da quanto preveduto dall’art. 111 cod. pen..
Indice
- Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile (art. 111 cod. pen.)
- Circostanze aggravanti (art. 112 cod. pen.)
- Circostanze attenuanti (art. 114 cod. pen.)
- Valutazione delle circostanze aggravanti o attenuanti (art. 118 cod. pen.)
- Valutazione delle circostanze di esclusione della pena (art. 119 cod. pen.)
Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile (art. 111 cod. pen.)
L’art. 111 cod. pen., intitolato “Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile”, prevede, proprio in relazione a colui che concorre nel reato, una serie di aggravanti e, segnatamente, un’aggravante ad effetto comune, nel primo capoverso del comma primo, e tre aggravanti ad effetto speciale, la prima contemplata nel secondo capoverso del comma primo, mentre le restanti due sono disciplinate nel comma secondo.
Chiarito ciò, esaminando la prima aggravante, al primo comma, primo capoverso, è stabilito che chi “ha determinato a commettere un reato una persona non imputabile, ovvero non punibile a cagione di una condizione o qualità personale, risponde del reato da questa commesso; e la pena è aumentata”. Alla stregua di quanto enunciato in tale norma giuridica, quindi, è prevista un’aggravante ad effetto comune, in quanto implicante un aumento della pena sino ad un terzo atteso che, quando “ricorre una circostanza aggravante, e l’aumento di pena non è determinato dalla legge, è aumentata fino a un terzo la pena che dovrebbe essere inflitta per il reato commesso” (art. 64, c. 1, cod. pen.), per colui che ha indotto a commettere un reato (e pertanto sia un delitto, che una contravvenzione) una persona non imputabile [quale può essere ad esempio: a) “chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d’intendere o di volere” (art. 85 cod. pen.); b) “chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d’intendere o di volere” (art. 88 cod. pen.); c) “il sordo che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, per causa della sua infermità, la capacità d’intendere o di volere” (art. 96, co. 1, cod. pen.); d) “chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni” (art. 97 cod. pen.)] ovverossia una persona non punibile a cagione di una condizione o qualità personale [esempi: I) “chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri costretto, mediante violenza fisica alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi” (art. 46, co. 1, cod. pen.) tanto è vero che in tale caso “del fatto commesso dalla persona costretta risponde l’autore della violenza” (art. 46, co. 2, cod. pen.); II) “se l’errore sul fatto che costituisce il reato è determinato dall’altrui inganno” (art. 48, co. 1, cod. pen.) poiché in siffatta ipotesi “del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l’ha determinata a commetterlo” (ibidem)].
Ad ogni modo, l’incremento della pena è superiore ad un terzo, e dunque è configurabile una aggravante ad effetto speciale, allorchè viene indotto a commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto in flagranza di reato, quindi a prescindere se sia obbligatorio o facoltativo.
Rilevano pertanto tutti i delitti preveduti dagli artt. 380 e 381 cod. proc. pen. vale a dire:
1) delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni;
2) delitti contro la personalità dello Stato (anche se soltanto tentati) previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
3) delitto di violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti (anche se soltanto tentato) previsto dall’articolo 338 del codice penale;
4) delitto di devastazione e saccheggio (anche se soltanto tentato) previsto dall’articolo 419 del codice penale;
5) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall’articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall’articolo 600-bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall’articolo 600-ter, commi primo e secondo, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall’articolo 600-quinquies del codice penale (tutti questi anche se soltanto tentati);
6) delitti di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (anche se solo tentati) previsti dall’articolo 603-bis, secondo comma, del codice penale;
7) delitto di violenza sessuale previsto dall’articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo previsto dall’articolo 609-octies del codice penale (anche se solo tentati);
8) delitto di atti sessuali con minorenne (anche se tentato) di cui all’articolo 609-quater, primo e secondo comma, del codice penale;
9) delitto di furto (anche se tentato) quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall’articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533, o taluna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 625, primo comma, numeri 2), prima ipotesi, 3) e 5), nonché 7-bis) del codice penale, salvo che ricorra, in questi ultimi casi, la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale;
10) delitti di furto (anche se tentati) previsti dall’articolo 624-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all’articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale;
11) delitto di rapina previsto dall’articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall’articolo 629 del codice penale (anche se solo tentati);
12) delitto di ricettazione (anche se tentato), nell’ipotesi aggravata di cui all’articolo 648, primo comma, secondo periodo, del codice penale; 13) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall’articolo 2, comma 3, della legge 18 aprile 1975, n. 110 (anche se solo tentati);
14) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell’articolo 73 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo (anche se solo tentati);
15) delitti commessi per finalità di terrorismo di eversione dell’ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni (anche se solo tentati);
16) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall’articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, delle associazioni di carattere militare previste dall’articolo 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2 della legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 13 ottobre 1975, n. 654 (anche se solo tentati);
17) delitti di partecipazione, promozione, direzione organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall’articolo 416-bis del codice penale (anche se solo tentati);
18) delitti di maltrattamenti contro familiari e conviventi e di atti persecutori, previsti dall’articolo 572 e dall’articolo 612-bis del codice penale (anche se solo tentati);
19) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall’articolo 416, commi 1 e 3, del codice penale, se l’associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c), d), f), g), i) dell’art. 380, co. 1, cod. proc. pen. (anche se solo tentati);
20) delitti di fabbricazione, detenzione o uso di documento di identificazione falso previsti dall’articolo 497-bis del codice penale (anche se solo tentati);
21) delitti di promozione, direzione, organizzazione, finanziamento o effettuazione di trasporto di persone ai fini dell’ingresso illegale nel territorio dello Stato, di cui all’articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni (anche se solo tentati);
22) delitto di omicidio colposo stradale previsto dall’articolo 589-bis, secondo e terzo comma, del codice penale;
23) delitto di resistenza o di violenza contro una nave da guerra, previsto dall’articolo 1100 del codice della navigazione (anche se solo tentato),
24) delitto non, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni;
25) delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni;
26) peculato mediante profitto dell’errore altrui previsto dall’articolo 316 del codice penale;
27) corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio prevista dagli articoli 319, comma 4, e 321 del codice penale;
28) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall’articolo 336 comma 2 del codice penale;
29) commercio e somministrazione di medicinali guasti e di sostanze alimentari nocive previsti dagli articoli 443 e 444 del codice penale;
30) corruzione di minorenni prevista dall’articolo 530 del codice penale;
31) lesione personale prevista dall’articolo 582 del codice penale;
32) violazione di domicilio prevista dall’articolo 614, primo e secondo comma, del codice penale;
33) furto previsto dall’articolo 624 del codice penale;
34) danneggiamento aggravato a norma dell’articolo 635, comma 2, del codice penale; 35) truffa prevista dall’articolo 640 del codice penale;
36) appropriazione indebita prevista dall’articolo 646 del codice penale;
37) offerta, cessione o detenzione di materiale pornografico previsto dagli articoli 600-ter, quarto comma, e 600-quater del codice penale, anche se relative al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1 del medesimo codice;
38) alterazione di armi e fabbricazione di esplosivi non riconosciuti previste dagli articoli 3 e 24, comma 1, della legge 18 aprile 1975, n. 110;
39) falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri, prevista dall’articolo 495 del codice penale;
40) fraudolente alterazioni per impedire l’identificazione o l’accertamento di qualità personali, previste dall’articolo 495-ter del codice penale;
41) delitto di lesioni colpose stradali gravi o gravissime previsto dall’articolo 590-bis, secondo, terzo, quarto e quinto comma, del codice penale.
Precisato ciò, prima di esaminare gli elementi accidentali preveduti dall’art. 111, co. 2, cod. pen., giova comprendere, a questo punto della disamina, cosa significa la parola “determinato” così come impiegato nel comma primo dell’articolo qui in commento.
Orbene, secondo quanto rilevato in sede nomofilattica, la “”determinazione” nel concorso di persone nel reato sussiste quando la condotta del “determinatore” abbia fatto insorgere nel “determinato” una intenzione criminosa prima inesistente, e va distinta dalla “istigazione”, che provoca il mero rafforzamento di un proposito criminoso preesistente”[1] fermo restando, da un lato, che non è richiesto “nella persona determinata, mero strumento di esecuzione, partecipazione soggettiva nè consapevolezza di commettere il reato”[2] essendo l’art. 111 cod. pen., applicabile “indipendentemente dalla conoscenza da parte dell’agente del particolare status della persona determinata a commettere un reato”[3], dall’altro, che “non è sufficiente una semplice richiesta o sollecitazione verso colui che poi consumerà il reato, ma occorre un’azione sulla volontà di detto soggetto di tale intensità da far insorgere nel predetto un’intenzione criminosa prima inesistente”[4].
Inoltre, sempre per quanto attiene questa condotta, va rilevato che, se l’art. 59, co. 1, n. 2, cod. mil. pace, prevede che la “pena da infliggere per il reato militare può essere diminuita: (…) per l’inferiore, che è stato determinato dal superiore a commettere il reato”, in sede giudiziale, è stato osservato quanto sussegue:
I) non “vi è corrispondenza biunivoca fra il concetto di “determinazione” dell’inferiore a commettere un reato, posto a carico dell’attenuante prevista dall’art. 59 n. 1 c.p.m.p., e quello di “ordine” del superiore, cui si richiama l’art. 40 comma 3 e 4 dello stesso codice, di tal che, se da una parte è astrattamente ammissibile la configurabilità di detta attenuante anche a favore di soggetto ritenuto colpevole per aver eseguito un ordine manifestamente criminoso, dall’altro lato la presenza dell’ordine non implica quella della “determinazione”, richiedendo quest’ultima che il superiore, concretamente abusando della propria posizione gerarchicamente sovraordinata, ponga in essere una coazione o pressione psicologica sull’inferiore, sì da vincere in lui ogni remora alla commissione del reato”[5];
II) l’“attenuante nella determinazione al reato da parte del superiore (art. 59 comma 1 n. 1 c.p.m.p.) concerne l’ipotesi in cui l’inferiore abbia commesso il reato solo per adempiere all’ordine di un superiore dotato di capacità carismatica”[6];
III) l’“attenuante prevista dal n. 1 dell’art. 59 c.p.m.p. relativa alla circostanza che il militare di grado inferiore sia stato determinato al reato dal superiore, ha la sua ragione nella soggezione psicologica per la diversa posizione gerarchica che dà luogo a minore facoltà di opporsi all’ordine; tale attenuante è perciò configurabile se l’attività del superiore ha determinato nell’inferiore in grado il proposito criminoso in modo da farlo partecipare alla esecuzione del delitto, indipendentemente da una sua autonoma risoluzione”[7];
Precisato ciò, terminata la disamina del primo comma dell’art. 111 cod. pen., per quanto attiene il comma seguente, vale a dire il secondo comma, come scritto prima, sono previste due aggravanti ad effetto speciale in quanto implicano ambedue un aumento della pena superiore ad un terzo. La prima ricorre allorchè chi ha determinato altri a commettere il reato ne è il genitore esercente la responsabilità genitoriale secondo quanto preveduto dall’art. 316 cod. civ. (“1. Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che é esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio. I genitori di comune accordo stabiliscono la residenza abituale del minore. 2. In caso di contrasto su questioni di particolare importanza ciascuno dei genitori può ricorrere senza formalità al giudice indicando i provvedimenti che ritiene più idonei. 3. Il giudice, sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili nell’interesse del figlio e dell’unità familiare. Se il contrasto permane il giudice attribuisce il potere di decisione a quello dei genitori che, nel singolo caso, ritiene il più idoneo a curare l’interesse del figlio. 4. Il genitore che ha riconosciuto il figlio esercita la responsabilità genitoriale su di lui. Se il riconoscimento del figlio, nato fuori del matrimonio, è fatto dai genitori, l’esercizio della responsabilità genitoriale spetta ad entrambi. 5. Il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale vigila sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio”), e nel qual caso la pena è aumentata fino alla metà.
La seconda riguarda sempre la stessa situazione appena citata ma è circoscritta ai soli delitti per i quali è previsto l’arresto in flagranza, ossia quelli già menzionati prima, per cui l’innalzamento della pena è da un terzo a due terzi.
Conclusa la disamina dell’art. 111 cod. pen., si deve infine osservare, per dovere di completezza espositiva, come la Cassazione abbia avuto modo di rilevare, in ordine alla portata applicativa di siffatta regola giuridica, quanto segue:
a) è “punibile, ai sensi del comma primo dell’art. 111 cod. pen., chi ha determinato alla commissione del delitto una persona che, per essere stata richiesta di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunta come teste, si trovi nella condizione prevista dall’art. 384, comma secondo, cod. pen.”[8];
b) la “determinazione di un minore non imputabile a commettere furti in abitazioni, non singolarmente specificati, non esclude la responsabilità aggravata dell’autore mediato ex art. 111 cod. pen.. è sufficiente che le azioni delittuose commesse rientrino nel programma, delimitato nel tempo e nello spazio, ancorché genericamente assegnato, pur lasciando all’esecutore autonomia nella scelta degli obiettivi e delle modalità di esecuzione”[9];
c) anche “nell’ipotesi prevista dall’art. 111 cod. pen. è configurabile il dolo eventuale, in quanto il soggetto determinante può volere direttamente un evento senza ripudiarne un altro, pure previsto come possibile ed egualmente accettato”[10].
Circostanze aggravanti (art. 112 cod. pen.)
L’art. 112 cod. pen., come tra l’altro emerge chiaramente dalla rubrica di questo articolo, prevede delle apposite aggravanti nel caso di concorso di persone nel reato, ad effetto comune in quanto implicano tutte un aumento della pena sino ad un terzo.
Nel dettaglio, al numero 1) del comma primo, è previsto tale incremento di pena “se il numero delle persone, che sono concorse nel reato, è di cinque o più, salvo che la legge disponga altrimenti”.
Dunque fermo restando i casi in cui la legge disponga in senso diverso ossia quando il numero delle persone è “già previsto come elemento costitutivo del delitto”[11] o “come l’aggravante speciale”[12] [vedasi a tal proposito a titolo meramente esemplificativo: artt. 339 (“1) Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o la minaccia è commessa nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte. 2. Se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è, nei casi preveduti dalla prima parte dell’articolo 336 e dagli articoli 337 e 338, della reclusione da tre a quindici anni, e, nel caso preveduto dal capoverso dell’articolo 336, della reclusione da due a otto anni. 3. Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche, salvo che il fatto costituisca più grave reato, nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il lancio o l’utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere, compresi gli artifici pirotecnici, in modo da creare pericolo alle persone”); 385, co. 2 (“La pena è della reclusione da due a cinque anni se il colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia verso le persone, ovvero mediante effrazione; ed è da tre a sei anni se la violenza o minaccia è commessa con armi o da più persone riunite”); 416, co. 5 (“La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più”)[13]; 625, co. 1, n. 5 (“La pena per il fatto previsto dall’articolo 624 è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 927 a euro 1.500 (…) se il fatto è commesso da tre o più persone, ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualità di pubblico ufficiale o d’incaricato di un pubblico servizio”); 628, co. 3, n. 1 (“La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 2.000 a euro 4.000 (…) se la violenza o minaccia è commessa con armi o da persona travisata, o da più persone riunite[14]”); 633, co. 2 (“Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni e della multa da euro 206 a euro 2.064 e si procede d’ufficio se il fatto e’ commesso da più di cinque persone o se il fatto e’ commesso da persona palesemente armata”) cod. pen.], e tenuto conto che l’aggravante de qua “è applicabile nei reati plurisoggettivi necessari”[15] “fatta eccezione di quelle fattispecie che richiedono espressamente un maggior numero di concorrenti come elemento essenziale del reato”[16], deve ritenersi come tale circostanza aggravante, che ha natura “oggettiva in quanto concerne le modalità dell’azione”[17], “sia configurabile quando le modalità concrete della condotta implichino o, comunque, manifestino di per sè la partecipazione di un numero di persone superiore a cinque”[18] pur non essendo “necessario che tutti i concorrenti siano identificati purché essi siano, fra noti e ignoti, sicuramente pari o superiori al numero di cinque”[19] così come non occorre che “si proceda a loro carico”[20] mentre “è sufficiente il dato storico della partecipazione del reato di cinque o più persone, senza che occorra anche l’accertamento della colpevolezza di ciascuno di essi”[21] non essendo richiesto “un connotato soggettivo consistente nella consapevolezza della partecipazione di altri concorrenti nel numero sufficiente ad integrare l’aggravante stessa”[22].
Tale elemento accidentale, inoltre, “sussiste anche se manchi l’accertamento della colpevolezza nei confronti di uno dei partecipanti (per esempio, morte del reo, o per dichiarazione di improcedibilità dell’azione penale per amnistia)”[23] “purché la partecipazione del numero necessario di correi sia stata ritenuta, anche incidentalmente – mediante valorizzazione delle vicende contestate nei capi di imputazione, corroborate dal riepilogo delle fonti prova – e non esclusa in modo definitivo nella sua materialità”[24] così come “non è necessario che tutti i concorrenti si siano resi autori della condotta tipica, essendo sufficiente la semplice partecipazione criminosa, ai cui fini basta anche la sola presenza sul luogo del delitto, purché sia valsa da sostegno ed incoraggiamento all’opera dell’autore”[25].
Ciò posto, la seconda aggravante prevista da questo articolo, ossia quella di cui al n. 2 del primo comma, consiste nella condotta di chi “ha promosso od organizzato la cooperazione nel reato, ovvero diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo”.
Ebbene, fermo restando che tale circostanza “è configurabile anche per il delitto di violenza sessuale di gruppo, non sussistendo alcuna incompatibilità tra la natura di reato a concorso necessario e la maggiore gravità della condotta di chi ha promosso od organizzato la cooperazione nel reato ovvero ha diretto l’attività dei compartecipi”[26] ma è “incompatibile con il delitto associativo di cui all’art. 416 bis c.p. essendo il ruolo di dirigenza, sovraordinazione e vigilanza, elementi costitutivi del delitto suddetto e quindi già ricompreso nella struttura dello stesso e come tali già valutati ai fini della determinazione della pena”[27], “il promotore è colui che ha ideato l’impresa delittuosa, perché ne ha avuto l’iniziativa, riuscendo a persuadere altri dell’opportunità di attuarla, mentre l’attività di direzione richiede lo svolgimento e l’esternazione di attività preparatorie”[28] mentre l’organizzatore è colui che predispone il progetto (criminoso) e sceglie le persone e i mezzi che lo devono realizzare (così: SAMMARCO, Le condotte di partecipazione al reato, 188).
Ad ogni modo, per l’applicazione di tale elemento accidentale, “è sufficiente che i concorrenti siano in numero di due persone, in quanto la dizione “persone” indicata dalla norma include anche il dirigente, promotore od organizzatore dell’attività dei concorrenti nel reato”[29].
Detto questo, al numero 3), è prevista una ulteriore aggravante che ricorre allorquando “chi, nell’esercizio della sua autorità, direzione o vigilanza, ha determinato a commettere il reato persone ad esso soggette”.
Ebbene, ai “fini della prova dello stato di soggezione che caratterizza la circostanza aggravante di cui all’art. 112, comma primo, n. 3 cod. pen.- che sanziona più gravemente la condotta di chi determini al reato persona soggetta alla propria autorità, vigilanza o direzione – rileva la sussistenza e la natura del rapporto di subordinazione tra il soggetto determinante e quello determinato, nel senso che quanto più forte è il vincolo di subordinazione che lega l’un soggetto all’altro, avuto riguardo al concreto contesto in cui si inserisce la condotta di determinazione a commettere reati, tanto maggiore è il timore del soggetto sottoposto all’altrui autorità, direzione o vigilanza di subire conseguenze sfavorevoli nel caso non conformi la propria condotta ai voleri del soggetto determinante”[30] fermo restando che tale previsione normativa “deve ritenersi comprensiva non solo dei rapporti di subordinazione connessi all’investitura di pubblici impieghi o funzioni e di quelli attinenti all’istituto della famiglia ed, in genere, a qualsiasi soggezione di indole privata, ma anche di qualunque relazione di fatto e, magari contra ius, che una soggezione comporti”[31] e, pertanto, “ai fini della configurabilità della predetta aggravante, il dato qualificante è rappresentato da un comportamento che, al di là di ogni classificazione del rapporto sottostante, abbia consentito la realizzazione di specifici reati, attenuando in concreto, pur senza annullarle, le facoltà di reazione del soggetto “determinato” (coactus tamen volui) da parte di quello “determinante” in forza di una “coercizione”, o meglio, “soggezione psicologica” derivante dal timore reverenziale o dalla preoccupazione di non pregiudicare i propri interessi o da semplice suggestione”[32].
Pur tuttavia, non basta qualsiasi forma di condizionamento sulla volontà altrui, richiedendosi una vera e propria coazione psicologica sul soggetto sottoposto (così: GAROFOLI, Manuale di diritto penale, Parte generale, Roma, Neldiritto editore, XI ed., 2015, pag. 1434).
Ciò posto, al numero 4) è da ultimo previsto sempre un aumento della pena sino ad un terzo “per chi, fuori del caso preveduto dall’articolo 111, ha determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto o una persona in stato di infermità o di deficienza psichica, ovvero si è comunque avvalso degli stessi o con gli stessi ha partecipato nella commissione di un delitto per il quale è previsto l’arresto in flagranza”.
Dunque, fermo restando quanto previsto dall’art. 111 cod. pen. (e già esaminato in precedenza), è previsto un aumento del trattamento sanzionatorio, nei termini appena precisati, per colui che:
a) ha indotto a commettere un reato un minorenne[33] o una persona affetta da infermità[34] o deficienza psichica[35];
b) si è comunque avvalso dei soggetti indicati alla lettera precedente o con questi ha partecipato al compimento di un delitto per cui è previsto l’arresto in flagranza (obbligatorio, o facoltativo che sia).
Pur tuttavia, la “pena è aumentata fino alla metà per chi si è avvalso di persona non imputabile o non punibile, a cagione di una condizione o qualità personale, o con la stessa ha partecipato nella commissione di un delitto per il quale è previsto l’arresto in flagranza” (art. 112, co. 2, cod. pen.) mentre, se “chi ha determinato altri a commettere il reato o si è avvalso di altri o con questi ha partecipato nella commissione del delitto ne è il genitore esercente la responsabilità genitoriale, nel caso previsto dal numero 4 del primo comma la pena è aumentata fino alla metà e in quello previsto dal secondo comma la pena è aumentata fino a due terzi” (art. 112, co. 3, cod. pen.).
Ricorrono quindi siffatte aggravanti speciali ove si verifichino tali situazioni.
All’ultimo comma, infine, è previsto che gli “aggravamenti di pena stabiliti nei numeri 1, 2 e 3 di questo articolo si applicano anche se taluno dei partecipi al fatto non è imputabile o non è punibile” e, quindi, alla luce di tale previsione di legge, “anche nell’ipotesi preveduta dall’art. 111 dello stesso codice può aversi concorso di persone nel reato tra il determinatore e la persona non imputabile o non punibile a cagione d’una condizione o qualità personale”[36].
Terminata la disamina dell’art. 112 cod. pen., va infine osservato che, in materia di stupefacenti, l’art. 80, co. 1, lettera b), d.P.R., 9/10/1990, n. 309, stabilisce che le “pene previste per i delitti di cui all’articolo 73 sono aumentate da un terzo alla metà: (…) nei casi previsti dai numeri 2), 3) e 4) del primo comma dell’art. 112 del codice penale”.
Di conseguenza, le pene previste per i reati di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope stante quanto disposto dall’art. 73 del d.P.R. n. 309/1990[37], sono incrementate da un terzo alla metà nei casi previsti dai numeri 2), 3) e 4) del primo comma dell’art. 112 cod. pen. (e già esaminati in precedenza) fermo restando che “la circostanza aggravante prevista dall’art. 80, comma 1, lett. b), d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 opera, per il principio di dinamicità delle fonti del diritto ed in base all’interpretazione letterale della norma, un rinvio formale a tutte le ipotesi richiamate dall’art. 112, comma primo, n. 4, c.p., che non è limitato soltanto alla condotta di colui che abbia “determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto”, ma si estende alle ulteriori ipotesi successivamente introdotte ad opera dell’art. 11, d.l. 13 maggio 1991, n. 152, di “essersi comunque avvalso degli stessi” o di aver con questi “partecipato nella commissione di un delitto””[38] atteso che la “natura di “rinvio mobile” è rivelata dalla genericità del richiamo all’art. 112 nn. 2), 3) e 4) senza alcun riferimento al contenuto di specifiche condotte oggettive e di per sé indice della volontà di recepire integralmente il contenuto della disposizione come risultante anche da eventuali successive integrazioni via via disposte dal legislatore; ed invero, solo una specifica e puntuale indicazione del rinvio effettuato sarebbe stata idonea a selezionare l’ambito della disposizione richiamata circoscrivendone l’oggetto e rendendo dunque il rinvio stesso impermeabile ad eventuali successive modifiche od integrazioni della norma richiamata”[39].
Circostanze attenuanti (art. 114 cod. pen.)
Le attenuanti, per i concorrenti nel reato, sono previste dall’art. 114 cod. pen..
In particolare, al primo comma di questo articolo, è prima di tutto stabilito che il “giudice, qualora ritenga che l’opera prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 e 113 abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato, può diminuire la pena”.
Dunque, nel caso di concorso nel reato ai sensi dell’art. 110 cod. pen. (“Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti”) o dell’art. 113 cod. pen. (“1. Nel delitto colposo, quando l’evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso. 2. La pena è aumentata per chi ha determinato altri a cooperare nel delitto, quando concorrono le condizioni stabilite nell’articolo 111 e nei numeri 3 e 4 dell’articolo 112” cod. pen.)[40] (mentre non rileva nel caso di specie l’art. 116, co. 2, cod. pen.[41] fermo restando che il “giudice può legittimamente negare le circostanze attenuanti generiche all’imputato al quale abbia invece riconosciuto l’attenuante del contributo di minima importanza al reato commesso in concorso, atteso che le due circostanze hanno presupposti applicativi del tutto differenti”[42] così come “il diniego dell’attenuante del fatto di lieve entità di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 non è in contraddizione con il riconoscimento dell’attenuante della minima importanza dell’opera prestata da uno dei concorrenti nel reato, di cui all’art. 114 c.p.”[43]), a colui che abbia avuto una minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato, la pena può essere diminuita tenuto conto in particolare di quanto sancito dall’art. 65 cod. pen. che, come è noto, dispone quanto segue: “1. Quando ricorre una circostanza attenuante, e non è dalla legge determinata la diminuzione di pena, si osservano le norme seguenti: (…) 2) alla pena dell’ergastolo è sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni; 3) le altre pene sono diminuite in misura non eccedente un terzo”.
Ciò posto, a questo punto della disamina, si deve capire cosa deve intendersi per “minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato”.
Orbene, è stato rilevato a tal proposito, in sede nomofilattica, posto che “l’art. 114 c.p. costituisce un’eccezione al principio che ispira il concorso di persone nel reato”[44], che “esso va interpretato in maniera rigorosa[45], con la conseguenza che detta norma trova applicazione solo laddove l’apporto causale del correo risulti obiettivamente così lieve da apparire, nell’ambito della relazione di causalità, quasi trascurabile e del tutto marginale”[46] e quindi, ai fini della integrazione della circostanza de qua, “non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso”[47] “e non indispensabile”[48] “in considerazione della tipologia del reato commesso, dal grado di efficienza causale delle singole condotte”[49] nonché tenuto conto, “non solo alla natura e alla consistenza dell’attività svolta dal concorrente, ma piuttosto al grado di incidenza di quest’ultima in ordine all’economia generale dell’iter criminoso”[50] dovendo essere il contributo del concorrente “pressoché irrilevante nella produzione dell’evento”[51] “nel senso che il reato sarebbe stato ugualmente compiuto anche senza l’attività del correo”[52] sia “con le medesime modalità”[53], sia con modalità “diverse”[54].
Tal che ne “consegue che il relativo giudizio non può limitarsi ad una mera comparazione tra le condotte dei vari soggetti concorrenti, dovendosi invece accertare il grado di efficienza causale dei singoli comportamenti rispetto alla produzione dell’evento, onde verificare se detta efficienza causale sia minima, cioè tale da poter essere – in via prognostica – avulsa dalla seriazione causale senza apprezzabili conseguenze pratiche sul risultato complessivo dell’azione criminosa”[55].
Dal canto suo, il giudice, per valutare la sussistenza o meno di tale attenuante, può valutare “gli elementi indicati nell’art. 133 cod. pen.”[56] fermo restando che il riconoscimento di tale elemento accidentale è affidato “al potere discrezionale del Giudice di Merito”[57] “e, pertanto, la relativa decisione non può formare oggetto di censura in sede di legittimità (se correttamente e logicamente motivata)”[58].
Ad ogni modo, “allorchè l’imputato abbia richiesto l’applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 114 cod. pen., non sussiste il dovere di una motivazione esplicita in ordine alla sua mancata concessione, nel caso in cui il giudice abbia posto in evidenza la gravità del fatto in relazione alle condotte di tutti gli imputati, non operando alcuna distinzione tra il grado di efficienza causale delle condotte rispettivamente poste in essere rispetto alla produzione dell’evento”[59].
Chiarito cosa deve intendersi per “minima importanza” e quale valutazione decisoria il giudice è tenuto a compiere per verificare se tale circostanza possa essere riconosciuta o meno, va inoltre osservato come in sede giudiziale sia stata esclusa l’applicabilità di siffatta attenuante nei seguenti casi: 1) “colui che, nel corso di una rapina, abbia ricoperto il ruolo di “palo””[60]; 2) qualora il “soggetto che abbia accompagnato gli esecutori materiali di una rapina sul posto, fornendo il mezzo di locomozione, li abbia attesi in loco ed abbia poi garantito loro la fuga”[61]; 3) la “condotta del “palo” in un furto”[62]; 4) fare il “”palo” mentre altro soggetto si appresta(…) a prelevare la droga”[63]; 5) il “ruolo di “copertura” in una vicenda di sequestro di persona”[64]; 6) chi colpisce “un passante per consentire la fuga ai complici di altro reato”[65]; 7) allorché sia posta in essere una “condotta fiancheggiatrice consistente nel trasporto abituale della prostituta sul luogo di svolgimento delle prestazioni mercenarie”[66]; 8) l’“acquisto a scopo edificatorio di lotti di una lottizzazione abusiva”[67]; 9) colui che “trasporta uno spacciatore nel luogo di vendita della droga”[68]; 10) chi custodisce la droga e tenta di sottrarla al sequestro[69] ovvero chi “abbia fornito il proprio contributo come staffetta, pur senza riceverla o custodirla materialmente”[70]; 11) colui che predispone le dosi per lo spaccio[71]; 12) chi svolge “il ruolo di “corriere” di un rilevante impianto organizzativo criminale dedito all’importazione di sostanze stupefacenti”[72]; 13) “l’opera del concorrente che abbia svolto attività di intermediazione ed abbia ricevuto egli stesso la somma estorta, dichiarando di doverla consegnare ad altri ignoti partecipanti”[73]; 14) “l’attività di colui che nasconde nella propria casa di abitazione la merce sottratta al pagamento dei diritti di confine”[74]; 15) i “correi che beneficiano della falsificazione di documenti pubblici attraverso i quali si intenda ottenere un indebito risarcimento”[75]; 16) “colui che ha prestato un proprio assenso ad un omicidio di tipo mafioso, assenso la cui indispensabilità deriva dalla circostanza che lo si è richiesto pur se il soggetto si trovava in carcere”[76]; 17) quando taluno sia accusato di far parte di un reato associativo posto che la “circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza non è compatibile con i reati associativi”[77]; 18) quando sia stato commesso un reato omissivo atteso che la “circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, di cui all’art. 114, comma 1, c.p., presupponendo un apporto differenziato nella preparazione o nell’esecuzione materiale del reato stesso, non è applicabile ai reati omissivi in quanto il non facere è concetto ontologicamente antitetico alla sussistenza dei requisiti richiesti per il suo riconoscimento”[78].
Ciò posto, prima di proseguire la disamina dell’art. 114 cod. pen., va inoltre rilevato, per dovere di completezza espositiva, che, se l’art. 59, co. 1, n. 2, cod. pen. mil. pace prevede una attenuante analoga essendo ivi sancito che la “pena da infliggere per il reato militare può essere diminuita: (…) per il militare, che nella preparazione o nella esecuzione del reato ha prestato opera di minima importanza; eccettuati i casi indicati nell’articolo precedente”, in sede nomofilattica, è stato affermato che la “circostanza attenuante militare comune concernente il militare che nella preparazione o nella esecuzione del reato ha prestato opera di minima importanza (art. 59 n. 2 c.p.m.p.) postula una marginale partecipazione morale o materiale al reato, ossia un contributo di lievissima efficacia causale nella condotta del reo rispetto alla complessiva serie casuale produttiva del risultato finale dell’impresa criminosa”[79].
Precisato ciò, riprendendo la disamina dell’art. 114 cod. pen., al comma secondo è disposto che tale “disposizione non si applica nei casi indicati nell’articolo 112” cod. pen. (già esaminati in precedenza).
Da ciò deriva che “l’attenuante della partecipazione di minima importanza non è applicabile nelle ipotesi di aggravamento del reato ai sensi dell’art. 112 c.p.”[80] ivi comprese “quelle ipotesi in cui il numero delle persone partecipanti al reato sia considerato da diversa norma aggravante speciale di un determinato reato”[81].
E’ infine previsto al terzo comma che la “pena può altresì essere diminuita per chi è stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato, quando concorrono le condizioni stabilite nei numeri 3 e 4 del primo comma e nel terzo comma dell’articolo 112” cod. pen..
E’ di conseguenza contemplata questa ulteriore diminuente di pena per: a) chi, sottoposto all’autorità, direzione o vigilanza, è stato determinato da questi a commettere il reato; b) il minore di anni diciotto o una persona che versa in stato di infermità o affetta da deficienza psichica che, fuori del caso preveduto dall’articolo 111 cod. pen., è stato determinato a commettere il reato ovvero è stato coinvolto nella sua commissione o, ancora, abbia partecipato nella commissione di un delitto per il quale è previsto l’arresto in flagranza; c) chi, sottoposto alla responsabilità genitoriale, è stato determinato dall’esercente siffatta responsabilità a commettere il reato ovvero quest’ultimo si è avvalso di questi o, ancora, la persona soggetta alla responsabilità genitoriale ha partecipato con il titolare di tale responsabilità nella commissione del delitto.
A tal riguardo va inoltre osservato come in sede nomofilattica sia stato asserito quanto sussegue: I) ai “fini della configurabilità dell’attenuante prevista dall’art. 114, comma terzo cod.pen., non è sufficiente che il maggiorenne abbia prospettato al minore la semplice idea del reato, ma occorre che il determinatore abbia fatto insorgere l’intenzione criminosa, facendo superare all’agente ogni dubbio in proposito”[82]; II) in “tema di concorso di persone nel reato, il riconoscimento dell’attenuante prevista dall’art. 114, comma 3, c.p., con riferimento all’art. 112, comma 1 n. 3, c.p., presuppone una relazione caratterizzata da un rapporto di supremazia di un soggetto nei confronti di un altro, che può derivare da una peculiare posizione nella famiglia, ma non si esaurisce nella titolarità della potestà genitoriale sul minore, comprendendo ogni situazione di reale ed effettiva subordinazione in ambito familiare”[83]; III) in “caso di realizzazione di reato da persona maggiorenne in concorso con minorenne che vi abbia partecipato, il riconoscimento della relativa circostanza aggravante ex art. 112, comma 1, n. 4, c.p., non comporta l’automatica applicazione nei confronti del minore della circostanza attenuante di cui all’art. 114, comma 3, c.p., trovando la suddetta aggravante ragion d’essere nella volontà del legislatore di inasprire il trattamento sanzionatorio a carico del maggiorenne che commetta reati in concorso con minori, senza che ne possa derivare una presunzione assoluta di ridotta capacità del minore nel resistere alle azioni suggestive altrui”[84]; IV) non “è configurabile, in capo al lavoratore dipendente, l’attenuante di cui all’art. 114, comma 3, c.p. (consistente nel fatto di chi sia stato determinato a commettere il reato o a cooperare in esso, quando ricorrono le condizioni stabilite nell’art. 112, comma 1, n. 3, dello stesso codice), in quanto l’aggravante prevista da quest’ultima disposizione (avere, nell’esercizio della propria autorità, direzione o vigilanza, determinato a commettere il reato persone soggette) non è di per sé configurabile sulla base del solo presupposto del rapporto di dipendenza lavorativa, a meno che non sia stata accertata la formulazione, da parte del datore di lavoro, di minacce di licenziamento in caso di inottemperanza alle sue disposizioni illecite”[85]; V) ai “fini della sussistenza della circostanza attenuante di cui all’ultimo comma dell’art. 114 cod. pen., bisogna tener conto, in modo non gretto e non restrittivo, della ridotta capacità di discernimento del minore, o della sua influenzabilità da parte di maggiorenni cui si unisca nella perpetrazione del reato, ricevendone conforme spinta, specialmente quando la suggestione attiva derivi da vincoli di solidarietà amicale, cementati da spirito di clan, notoriamente molto avvertito da soggetti minorenni”[86]; VI) se ai “fini della configurabilità della circostanza attenuante di cui all’art. 114 in relazione all’art. 112 n. 4 c.p., è necessario che colui il quale si trovi in stato di infermità o deficienza psichica sia stato determinato da altri a commettere il reato”[87], per “l’altrui determinazione, però, non basta che altri abbia provocato la semplice idea del reato, ma occorre che ne abbia creato l’intenzione, cioè è necessario che con i mezzi posti in essere sia riuscito a formare nella mente altrui il proposito criminoso e a determinare, in definitiva, l’esecuzione del reato”[88]; VII) nel “caso di reato commesso da un minore in concorso col padre, per la applicabilità della attenuante della minima partecipazione al fatto non è sufficiente il riferimento alla posizione di preminenza che il genitore occupa in seno alla famiglia, ma si richiede che egli si sia avvalso in concreto dei poteri di autorità e vigilanza e abbia determinato la scelta criminosa del figlio”[89].
Valutazione delle circostanze aggravanti o attenuanti (art. 118 cod. pen.)
L’art. 118 cod. pen. dispone che le “circostanze che aggravano o diminuiscono le pene concernenti i motivi a delinquere, l’intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colpevole sono valutate soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono”.
Fermo restando che l’attuale versione di questo articolo è stata introdotta dall’art. 3 della legge, 7/02/1990, n. 19[90] e tenuto conto che le “circostanze inerenti alla persona del colpevole riguardano la imputabilità e la recidiva” (art. 70, co. 2, cod. pen.), per effetto della norma giuridica attualmente vigente, sono “estensibili ai concorrenti nel reato le sole circostanze aggravanti soggettive concernenti le condizioni ovvero le qualità personali del colpevole, che abbiano in qualsiasi modo inciso sulla realizzazione del reato concorsuale, agevolandone l’esecuzione”[91], vale a dire a coloro “abbiano in qualche modo agevolato la realizzazione del reato”[92]; in altri termini, nel caso di concorso di persone nel reato, le circostanze soggettive specificamente indicate nell’art. 118 – e cioè quelle concernenti i motivi a delinquere, l’intensità del dolo, il grado della colpa nonché quelle inerenti la persona del colpevole – “si applicano, in quanto aggravanti, se conosciute”[93] mentre, “le circostanze oggettive e quelle soggettive, non specificamente indicate, si comunicano a tutti i compartecipi, in quanto aggravanti, se conosciute”[94].
Invece, per quanto concerne le attenuanti, esse, anche se non sono conosciute, devono essere prese in considerazione “soltanto alle persone alle quali si riferiscono e non si comunicano a tutti gli altri compartecipi, siano da essi conosciute o meno”[95] mentre le circostanze oggettive e quelle soggettive, non specificamente indicate, si comunicano a tutti i compartecipi, a differenze delle aggravanti, “anche se non sono conosciute”[96].
Di conseguenza, a “seguito della sostituzione del testo dell’art. 118 cod. pen. ad opera dell’art. 3 della legge 7 febbraio 1990, n. 19, al concorrente non si comunicano più le circostanze soggettive concernenti i motivi a delinquere, l’intensità del dolo, il grado della colpa e quelle relative all’imputabilità ed alla recidiva”[97] mentre, come appena visto, “sono ancora valutate riguardo a lui le altre circostanze soggettive indicate dall’art. 70, primo comma, n. 2, cod. pen., cioè quelle attinenti alle qualità personali del colpevole ed ai rapporti tra il colpevole e la persona offesa”[98] “che vanno quindi estese a tutti i concorrenti, a norma dell’art. 110 c.p., ricorrendo i presupposti di cui al secondo comma dell’art. 59 c.p.”[99].
Ciò posto, giova infine farsi presente come in sede nomofilattica sia stato ritenuto applicabile l’art. 118 cod. pen. in relazione alla “circostanza aggravante dell’agevolazione dell’attività di un’associazione di tipo mafioso”[100].
Invece, non è stato stimato applicabile l’articolo in commento per i seguenti elementi accidentali: 1) “l’aggravante di cui all’art. 585 c.p., dell’essere il fatto commesso con l’uso delle armi”[101]; 2) “la circostanza aggravante dell’abuso di prestazione d’opera di cui all’art. 61 n. 11 cod. pen.”[102]; 3) la “circostanza aggravante di cui al comma 2, n. 2 dell’art. 605 c.p., ossia l’esser stato il sequestro di persona commesso da un pubblico ufficiale con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni”[103]; 4) l’“aggravante prevista dall’art. 353 comma 2 c.p.”[104]; 5) l’“aggravante della qualità di custode, di cui al comma 2 dell’art. 349 c.p.”[105]; 6) l’“attenuante dell’avvenuta riparazione del danno (art. 62, n. 6 c.p.)”[106]; 7) la “circostanza aggravante soggettiva prevista dall’art. 61 n. 9 c.p.”[107].
Valutazione delle circostanze di esclusione della pena (art. 119 cod. pen.)
L’art. 119 cod. pen. prevede, da un lato, che le “circostanze soggettive le quali escludono la pena per taluno di coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono” (primo comma), dall’altro, che le “circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato” (secondo comma).
Tal che ne discende che le circostanze soggettive, vale a dire “quelle che concernono la intensità del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l’offeso, ovvero che sono inerenti alla persona del colpevole” (art. 70, co. 1, n. 2, cod. pen.) fermo restando che, come appena scritto prima, le “circostanze inerenti alla persona del colpevole riguardano la imputabilità e la recidiva (art. 70, co. 2, cod. pen.), se escludono la pena, riguardano solo la persona alla quale si riferiscono mentre, per quelle oggettive, cioè “quelle che concernono la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’offeso” (art. 70, co. 1, n. 1, cod. pen.), sempre che escludono la pena, ne possono beneficiare tutti coloro che sono concorsi nel reato.
Note
[1]Cass. pen., sez. IV, 17/09/2010, n. 38107.
[2]Cass. pen., sez. VI, 7/11/1989, in Cass. pen., 1992, 56; Riv. pen., 1990, 837.
[3]Cass. pen., sez. I, 15/11/1977, in CED Cass. pen., 1978.
[4]Cass. pen., sez. VI, 13/01/2012, n. 21913.
[5]Cass. pen., sez. I, 16/11/1998, n. 12595.
[6]Trib. sup. mil. Roma, 13/09/1997, in Dir. pen. e processo, 1997, 1510.
[7]Trib. mil. Roma, 22/07/1997, in Cass. pen. 1998, 668.
[8]Cass. pen., sez. VI, 13/01/2012, n. 21913. In senso parzialmente difforme, Cass. pen., sez. III, 26/03/2003, n. 23916 (“Non è punibile ai sensi dell’art. 111 c.p., colui il quale induca a dichiarare il falso una persona non punibile, ex art. 384 c.p., quando lo stesso istigatore avrebbe potuto avvalersi della medesima esimente”).
[9]Cass. pen., sez. II, 9/07/1987, n. 11335.
[10]Cass. pen., sez. I, 18/02/1975, n. 12379.
[11]Cass. pen., Sez. Un., 7/07/1984, in Giur. it., 1985, II, 102; Giust. pen., 1985, II, 1; Giur. it. 1985, II, 314.
[12]Ibidem.
[13]Per quanto riguarda le associazioni a delinquere di tipo mafioso anche straniere (art. 416-bis cod. pen.), è stato osservato in sede nomofilattica che l’“aggravante del numero delle persone prevista dall’art. 112 n. 1 c.p., benché compatibile con i reati a concorso necessario, non si applica all’ipotesi specifica prevista dall’art. 416 bis c.p., in quanto l’associazione per delinquere di stampo mafioso presuppone, per sua natura, un portato soggettivo di tipo partecipativo di assoluto rilievo” (Cass. pen., sez. VI, 16/07/2014, n. 39923). In senso parzialmente difforme, Trib. Roma, 8/02/1985, in Cass. pen., 1985, 1682 (“Non è applicabile all’art. 416 bis c.p. l’aggravante comune del numero delle persone previste dall’art. 112 n. 1 c.p., essendo l’altro numero di persone connaturale all’essenza di tale reato, limitatamente però alle figure di coloro che promuovono, dirigono e organizzano l’associazione, le quali sono riconducibili alla struttura della fattispecie plurisoggettiva. Lo stesso non è a dirsi per i semplici compartecipi, la cui adesione al sodalizio criminoso integra gli estremi di un reato monosoggettivo, in ordine al quale non è certo concettualmente impossibile, sempre che ne ricorrano i necessari presupposti, la configurabilità in astratto dell’aggravante del numero delle persone”).
[14]Vedasi però in senso contrario: Cass. pen., sez. II, 6/05/2016, n. 20217 (“La circostanza aggravante dell’essere i correi in numero pari o superiore a cinque, prevista dall’art. 112, comma primo, cod. pen, può essere applicata cumulativamente all’aggravante speciale del reato di rapina delle più persone riunite, prevista dall’art. 628, comma primo, cod. pen. perchè non richiede, a differenza di quest’ultima, la presenza sulla scena criminosa di tutti i correi, sanzionando la maggiore pericolosità esplicata dalla dimostrata capacità di riunione ed organizzazione”); Cass. pen., sez. II, 20/10/2015, n. 42738 (“La circostanza aggravante del reato concorsuale dell’essere i correi in numero pari o superiore a cinque, prevista dall’art 112, comma primo cod.pen, può essere applicata cumulativamente all’aggravante speciale del reato di rapina delle più persone riunite, prevista dall’art. 628 comma primo cod.pen. perchè non richiede, a differenza di quest’ultima, la presenza sulla scena criminosa di tutti i correi, sanzionando la maggiore pericolosità esplicata dalla dimostrata capacità di riunione ed organizzazione”); Cass. pen., sez. VI, 11/03/2010, n. 16515 (“La circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3 n. 1, c.p., esclude l’applicazione della circostanza aggravante comune dell’art. 112 n. 1, c.p., in forza del principio di specialità sancito dall’art. 15 c.p.”). In senso conforme, Cass. pen., sez. V, 8/04/2009, n. 26542 (“La circostanza aggravante di cui al n. 1 del comma 3 dell’art. 628 c.p. esclude l’applicazione della circostanza aggravante comune dell’art. 112 n. 1 c.p.”); Cass. pen., sez. II, 27/03/1987, in Giust. pen., 1988, II, 164 (“La locuzione più persone, usata dal legislatore penale al n. 1 del comma 3 dell’art. 628 c.p. – rapina aggravata dalla violenza o minaccia commessa da più persone riunite – esprime il concetto di pluralità, che sussiste anche nel caso di due persone soltanto. Tale circostanza aggravante, che costituisce eccezione al disposto dell’art. 112 n. 1 c.p., esclude l’applicazione della circostanza aggravante comune prevista dalla norma citata, in applicazione del principio “genus per speciem derogatur” sancito dall’art. 15 c.p.”). In senso invece conforme, Cass. pen., sez. II, 26/06/2009, n. 36243 (“La circostanza aggravante del reato concorsuale, dell’essere i correi in numero pari o superiore a cinque, può essere applicata cumulativamente alla circostanza aggravante speciale del reato di rapina delle più persone riunite, perché non richiede, a differenza di quest’ultima, la presenza, sulla scena criminosa, di tutti i correi, sanzionando la maggiore pericolosità esplicata dalla dimostrata capacità di riunione e organizzazione”).
[15]Cass. pen., sez. III, 9/11/2017, n. 6714. In senso conforme, Cass. pen., sez. VI, 17/02/2010, n. 10996 (“La circostanza aggravante del numero delle persone, di cui all’art. 112 comma 1 n. 1 c.p., è configurabile nei reati plurisoggettivi necessari”); Cass. pen., sez. VI, 20/11/2003, n. 16737 (“L’aggravante del numero delle persone prevista dall’art. 112 n. 1 cod. pen. si applica anche ai reati a cd. concorso necessario”). Contra: Cass. pen., sez. VI, 5/08/1980, in Cass. pen., 1981, 739; Giust. pen. 1981, II, 291 (“L’aggravante, di cui all’art. 112 n. 1 c.p., non è applicabile ai cosiddetti reati plurisoggettivi necessari, in quanto per la consumazione degli stessi è previsto un numero minimo di persone”).
[16]Cass. pen., sez. VI, 4/05/2006, n. 33435. In senso conforme, Cass. pen., sez. V, 5/07/2004, n. 38252 (“La circostanza aggravante dell’essere stato, il reato, commesso da cinque o più persone (art. 112 comma 2 n. 1 c.p.) trova applicazione unicamente in relazione ai reati che restano realizzati dalla partecipazione di due persone soltanto, e non anche ai reati plurisoggettivi (come l’associazione per delinquere) nei quali il maggior numero di concorrenti è connaturale all’essenza della fattispecie”); Cass. pen., sez. I, 5/03/1980, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1983, 737 (“Per nessun delitto doloso può essere esclusa l’astratta possibilità del concorso e la disposizione dell’art. 112, comma 1 c.p. trova applicazione anche nell’ipotesi di concorso necessario, a meno che il numero delle persone non sia già previsto come elemento costitutivo del delitto”).
[17]Cass. pen., sez. I, 30/03/1981, in Cass. pen., 1982, 1509.
[18]Cass. pen., sez. V, 25/01/2000, n. 3327.
[19]Cass. pen., sez. II, 27/02/1984, n. 5681.
[20]Cass. pen., sez. III, 25/03/1983, in Cass. pen., 1984, 2394; Giust. pen. 1984, II, 215.
[21]Cass. pen., sez. V, 2/05/1983, in Giust. pen., 1984, II, 351; Cass. pen. 1984, 1933.
[22]Cass. pen., sez. II, 30/11/1982, in Cass. pen., 1984, 1402; Giust. pen. 1984, II, 216. In senso analogo (e più recente), Cass. pen., sez. IV, 10/05/2017, n. 27523 (“In tema di concorso di persone nel reato, la circostanza aggravante di cui all’art. 112, comma primo, n. 1 cod. pen. (numero delle persone) non richiede la consapevolezza della partecipazione di altri concorrenti nel numero sufficiente ad integrare l’aggravante stessa, poiché essa, concernendo le modalità dell’azione, ha natura oggettiva e, conseguentemente, si comunica a tutti coloro che concorrono nel reato”).
[23]Cass. pen., sez. V, 19/04/1978, in Giust. pen., 1979, 216, II.
[24]Cass. pen., sez. II, 28/10/2020, n. 9857.
[25]Cass. pen., sez. I, 17/04/1978, in Cass. pen., 1979, 1107; Riv. pen., 1979, 40; Giust. pen. 1979, 146, II.
[26]Cass. pen., sez. III, 9/03/2011, n. 14956.
[27]C. A. Bari, 3/05/2005, n. 7.
[28]Cass. pen., sez. V, 8/04/2019, n. 32422. In senso conforme, Cass. pen., sez. I, 7/06/2011, n. 2645 (“Ai fini della circostanza aggravante prevista dall’art. 112, comma 1 n. 2) c.p., il promotore è colui che ha ideato l’impresa delittuosa, perché ne ha avuto l’iniziativa, riuscendo a persuadere altri dell’opportunità di attuarla, mentre l’attività di direzione richiede lo svolgimento e l’esternazione di attività preparatorie”); Cass. pen., sez. I, 4/04/1979, in Giust. pen., 1980, II, 165 (“Per “promotore” si deve intendere colui che ha ideato l’intrapresa delittuosa, cioè chi ne avuto l’iniziativa, riuscendo a persuadere altri dell’opportunità di attuarla”).
[29]Cass. pen., sez. I, 13/12/1994, in Cass. pen., 1996, 1414.
[30]Cass. pen., sez. V, 20/11/2014, n. 12697.
[31]Cass. pen., sez. II, 10/03/1989, n. 10693. In senso conforme, C. Ass. Pavia, 18/01/2005, in Foro ambrosiano, 2005, 3, 268 (“La determinazione al reato di persona subordinata, nucleo dell’aggravante di cui all’art. 112 comma 1 n. 3 c.p., non si riscontra solo nei rapporti di subordinazione connessi all’investitura di pubblici impieghi o funzioni e a quelli attinenti alla famiglia, ma si applica a qualunque relazione di fatto, anche contra ius, purché essa comporti uno stato di soggezione dell’agente a colui che lo determina”).
[32]Ibidem.
[33]A tal proposito va rilevato che: “qualora il reato sia realizzato da soggetto maggiore di età in concorso con un minorenne, l’accertamento della sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 112, comma primo, n. 4, cod. pen. nei confronti del maggiorenne prescinde dalla verifica circa la capacità del minore di resistere alle azioni suggestive altrui, atteso che la “ratio” della predetta aggravante è soltanto quella di inasprire il trattamento sanzionatorio nei confronti del maggiorenne che commetta, in concorso con minori, reati per i quali è previsto l’arresto in flagranza” (Cass. pen., sez. II, 1/03/2017, n. 27975); la “circostanza aggravante dell’essersi avvalso di persona minorenne è integrata anche se il soggetto abbia ignorato per colpa l’età del soggetto” (Trib. Napoli Nord, ufficio G.I.P., 21/06/2016, n. 518).
[34]A tal riguardo va fatto presente che, anche “se l’infermità di cui parla l’art. 112 n. 4 cod. pen. può non essere di grado tale da dar luogo ad un vizio totale di mente, occorre sempre la presenza di un vizio parziale di mente, o quanto meno di una condizione intellettuale che determini uno stato di minore resistenza o che, pur non assurgendo a vera e propria infermità mentale, sia indicativa di una ipoevoluzione psichica o di un decadimento mentale, tali da rendere il soggetto facile preda della suggestione altrui” (Cass. pen., sez. V, 8/06/1990, n. 11496).
[35]In sede di legittimità ordinaria, si è intesa quale “deficienza psichica” “una alterazione dello stato mentale, ontologicamente meno grave e aggressiva dell’infermità, dipendente da particolari situazioni fisiche (età avanzata, fragilità di carattere), o da anomale dinamiche relazionali, idonee a determinare una incisiva menomazione delle facoltà intellettive e volitive, inficiando il potere di autodeterminazione, di critica e di difesa del soggetto passivo dall’altrui opera di suggestione” (Cass. pen., sez. II, 17/07/2020, n. 23792).
[36]Cass. pen., sez. I, 15/11/1977, in Cass. pen., 1979, 313.
[37]Secondo cui: “1. Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14, e’ punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000. 1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 e’ punito chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene: a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantita’, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento nazionale per le politiche antidroga-, ovvero per modalita’ di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell’azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale; b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezione A, che eccedono il quantitativo prescritto. In questa ultima ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un terzo alla meta’. 2. Chiunque, essendo munito dell’autorizzazione di cui all’articolo 17, illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o le preparazioni indicate nelle tabelle I e II di cui all’articolo 14, e’ punito con la reclusione da sei a ventidue anni e con la multa da euro 26.000 a euro 300.000. 3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di autorizzazione. 4. Quando le condotte di cui al comma 1 riguardano i medicinali ricompresi nella tabella II, sezioni A, B, C e D, limitatamente a quelli indicati nel numero 3-bis) della lettera e) del comma 1 dell’articolo 14 e non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 17, si applicano le pene ivi stabilite, diminuite da un terzo alla metà. 5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329. 5-bis. Nell’ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente articolo commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, su richiesta dell’imputato e sentito il pubblico ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie, quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste. Con la sentenza il giudice incarica l’ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare l’effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L’ufficio riferisce periodicamente al giudice. In deroga a quanto disposto dal citato articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilità ha una durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata. Esso può essere disposto anche nelle strutture private autorizzate ai sensi dell’articolo 116, previo consenso delle stesse. In caso di violazione degli obblighi connessi allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in deroga a quanto previsto dal citato articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, su richiesta del pubblico ministero o d’ufficio, il giudice che procede, o quello dell’esecuzione, con le formalità di cui all’articolo 666 del codice di procedura penale, tenuto conto dell’entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena con conseguente ripristino di quella sostituita. Avverso tale provvedimento di revoca è ammesso ricorso per cassazione, che non ha effetto sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due volte. 5-ter. La disposizione di cui al comma 5-bis si applica anche nell’ipotesi di reato diverso da quelli di cui al comma 5, commesso, per una sola volta, da persona tossicodipendente o da assuntore abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope e in relazione alla propria condizione di dipendenza o di assuntore abituale, per il quale il giudice infligga una pena non superiore ad un anno di detenzione, salvo che si tratti di reato previsto dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale o di reato contro la persona. 6. Se il fatto e’ commesso da tre o piu’ persone in concorso tra loro, la pena e’ aumentata. 7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla meta’ a due terzi per chi si adopera per evitare che l’attivita’ delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l’autorita’ di polizia o l’autorita’ giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti. 7-bis. Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale, è ordinata la confisca delle cose che ne sono il profitto o il prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, fatta eccezione per il delitto di cui al comma 5, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto”.
[38]Cass. pen., sez. IV, 25/09/2018, n. 44896. In senso conforme, Cass. pen., sez. VI, 1/12/2015, n. 4967 (“In tema di stupefacenti, la circostanza aggravante prevista dall’art. 80, comma primo, lett. b), d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 opera, per il principio di dinamicità delle fonti del diritto ed in base all’interpretazione letterale della norma, un rinvio formale a tutte le ipotesi richiamate dall’art. 112, comma primo, n. 4, cod. pen., che non è limitato soltanto alla condotta di colui che abbia “determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto”, ma si estende alle ulteriori ipotesi successivamente introdotte di “essersi comunque avvalso degli stessi” o di aver con questi “partecipato nella commissione di un delitto””); Cass. pen., sez. VI, 17/10/2013, n. 44403 (“In tema di stupefacenti, la circostanza aggravante prevista dall’art. 80 comma 1 lett. b) d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 opera, per il principio di dinamicità delle fonti del diritto, un rinvio formale a tutte le ipotesi richiamate dall’art. 112 comma 1 n. 4 c.p., che non è limitato soltanto alla condotta di colui che abbia “determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto”, ma si estende alle ulteriori ipotesi successivamente introdotte di “essersi comunque avvalso degli stessi” o di aver con questi “partecipato nella commissione di un delitto””); Cass. pen., sez. III, 12/12/2012, n. 14409 (“In tema di stupefacenti, la circostanza aggravante prevista dall’art. 80, comma 1, lett. b), d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 opera, per il principio di dinamicità delle fonti del diritto, un rinvio formale a tutte le ipotesi richiamate dall’art. 112, comma 1 n. 4, c.p., che non è limitato soltanto alla condotta di colui che abbia “determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto”, ma si estende alle ulteriori ipotesi successivamente introdotte di “essersi comunque avvalso degli stessi” o di aver con questi “partecipato nella commissione di un delitto””).
[39]Cass. pen., sez. III, 23/02/2018, n. 23848.
[40]Va a tal proposito rilevato che l’“attenuante prevista dall’art. 114 c.p. può essere concessa nei delitti colposi solo nel caso di cooperazione colposa ex art. 113 c.p. e non anche nel caso, del tutto diverso, del concorso causale di condotte colpose, in cui manca la necessaria e reciproca consapevolezza dei cooperanti di contribuire alla condotta altrui” (Cass. pen., sez. IV, 4/10/2012, n. 11439).
[41]Vedasi a tal riguardo: Cass. pen., sez. I, 10/01/1994, in CED Cass. pen., 1994 (“In tema di concorso di persone nel reato l’attenuante prevista dall’art. 114 comma primo cod. pen. della minima importanza dell’opera prestata nella preparazione e nell’esecuzione del reato non può concorrere con la diminuente di cui all’art. 116 comma secondo cod. pen. (per l’ipotesi di reato più grave di quello voluto) non essendo configurabile una minima partecipazione ad un fatto di per sè non voluto”). In senso conforme, Cass. pen., sez. I, 10/01/1994, n. 7456 (“In tema di concorso di persone nel reato l’attenuante prevista dall’art. 114 comma primo cod. pen. della minima importanza dell’opera prestata nella preparazione e nell’esecuzione del reato non può concorrere con la diminuente di cui all’art. 116 comma secondo cod. pen. (per l’ipotesi di reato più grave di quello voluto) non essendo configurabile una minima partecipazione ad un fatto di per sè non voluto”); Cass. pen., sez. I, 22/10/1990, n. 331 (“La diminuzione della pena prevista dalla prima parte dell’art. 114 cod. pen. è incompatibile con quella di cui all’ultima parte dell’art. 116 stesso codice, giacché il concorrente che ha voluto un reato diverso e meno grave non può addurre l’attenuante della minima partecipazione ad un fatto che non ha voluto”); Cass. pen., sez. I, 2/02/1989, in Giust. pen., 1990, II, 162; Giust. Pen., 1991, II, 579 (“La circostanza attenuante prevista dall’art. 114 c.p. è incompatibile con la diminuzione prevista dall’art. 116 cpv. stesso codice, in quanto non è configurabile la minima partecipazione rispetto ad un fatto non voluto, di cui si risponde solo per il rapporto di causalità tra azione ed evento”); Cass. pen., sez. I, 16/11/1987, in Cass. pen., 1989, 798; Giust. pen., 1989, II, 88 (“La circostanza attenuante della minima importanza nella preparazione o nell’esecuzione del reato, prevista dall’art. 114 c.p., è incompatibile con l’ipotesi di responsabilità attenuata per reato più grave di quello voluto, prevista dall’art. 116 c.p.”).
[42]Cass. pen., sez. VI, 30/10/2013, n. 46301.
[43]Cass. pen., sez. VI, 7/03/1997, n. 4951. In senso conforme, Cass. pen., sez. VI, 11/02/1993, in Cass. pen., 1994, 1655; Mass. pen. cass., 1994, fasc. 8, 55; Giust. pen., 1994, II, 41 (“Nessuna contraddittorietà sussiste tra la concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 114 comma 1 c.p. ed il contestuale diniego di quella prevista dall’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, agendo le due attenuanti su piani nettamente distinti tra loro”).
[44]Cass. pen., sez. I, 15/04/2010, n. 32324.
[45]In senso analogo, Cass. pen., sez. VI, 30/11/1994, in Riv. pen., 1995, 1032 (“L’attenuante di cui all’art. 114 c.p., costituendo una eccezione al principio monistico, che ispira il concorso di persone nel reato, va interpretato in modo rigoroso”).
[46]Cass. pen., sez. I, 15/04/2010, n. 32324.
[47]Cass. pen., sez. III, 6/03/2020, n. 17191. In senso conforme, Cass. pen., sez. IV, 19/07/2018, n. 49364 (“In tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione di cui all’art. 114 c.p., non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell’”iter” criminoso”); Cass. pen., sez. III, 17/11/2015, n. 9844 (“Ai fini del riconoscimento dell’attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, la valutazione, anche implicita, delle condotte concorsuali non si traduce in una vera e propria comparazione fra di esse finalizzata a stabilire quale tra i correi abbia in misura maggiore o minore contribuito alla realizzazione dell’impresa criminosa, risolvendosi bensì in un esame volto a stabilire se il contributo dato dal compartecipe si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di efficacia causale così lieve rispetto all’evento, da risultare trascurabile nell’economia generale dell’ iter criminoso”); Cass. pen., sez. I, 9/05/2013, n. 26031 (“La circostanza attenuante del contributo di minima importanza è configurabile quando l’apporto del concorrente non ha avuto soltanto una minore rilevanza causale rispetto alla partecipazione degli altri concorrenti, ma ha assunto un’importanza obiettivamente minima e marginale, ossia di efficacia causale, così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell’iter criminoso”); Cass. pen., sez. II, 18/12/2012, n. 835 (“In tema di concorso di persone nel reato, ai fini dell’integrazione della circostanza attenuante della minima partecipazione (art. 114 c.p.), non è sufficiente una minore efficacia causale dell’attività prestata da un correo rispetto a quella realizzata dagli altri, in quanto è necessario che il contributo dato si sia concretizzato nell’assunzione di un ruolo di rilevanza del tutto marginale, ossia di efficacia causale così lieve rispetto all’evento da risultare trascurabile nell’economia generale dell’”iter” criminoso”).
[48]Cass. pen., sez. VI, 30/11/2005, n. 45248.
[49]Cass. pen., sez. VI, 4/05/2006, n. 33435.
[50]Cass. pen., sez. VI, 6/06/2002, n. 30298.
[51]Cass. pen., sez. II, 12/03/2010, n. 23610.
[52]Cass. pen., sez. II, 7/04/2009, n. 18582. In senso conforme, Cass. pen., sez. I, 21/04/1986, in Riv. pen., 1987, 129 (“Ai fini dell’applicabilità dell’attenuante prevista dall’art. 114, comma 1 c.p., in tema di concorso di persone nel reato, non è sufficiente la minore efficienza causale dell’attività di un correo rispetto a quella degli altri, ma occorre la minima efficienza causale di detta attività; il che, in definitiva, è configurabile quando il reato si sarebbe egualmente verificato anche senza l’attività di detto compartecipe”); Cass. pen., sez. I, 26/01/1981, in Giust. pen., 1981, II, 710; Cass. pen., 1982, 1160 (“La circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza al reato può applicarsi solo quando l’apporto concorsuale di uno dei concorrenti nel reato si differenzi dall’azione degli altri per la minore intensità di efficacia casuale, quando, cioè, tale contributo sia di importanza minima, nel senso che il reato si sarebbe ugualmente verificato anche senza l’apporto di detto compartecipe”); Cass. pen., sez. I, 24/01/1980, in Giust. pen.,1980, II, 646 (“L’attenuante della minima partecipazione di cui all’art. 114 c.p. si concreta soltanto quando vi sia stato da parte del concorrente un apporto trascurabile nella preparazione o nella esecuzione del delitto, cioè un contributo di così lieve efficacia causale, rispetto all’evento che il reato si sarebbe egualmente commesso anche senza di esso”); Cass. pen., sez. VI, 15/01/1980, in Giur. cost., 1980, I, 447; Foro it. 1980, II, 83 (“Sussiste l’attenuante della partecipazione della minima importanza ove la condotta del correo abbia avuto un’efficienza causale del tutto marginale, tale che anche senza di essa il reato si sarebbe ugualmente verificato”).
[53]Cass. pen., sez. I, 1/12/1981, in Giust. pen., 1982, II, 473.
[54]Cass. pen., sez. II, 24/11/1998, n. 201.
[55]Cass. pen., sez. III, 16/07/2015, n. 34985.
[56]Cass. pen., sez. I, 8/04/1983, n. 8238. In senso conforme, Cass. pen., sez. I, 12/02/1982, in Cass. pen., 1983, 1310; Giust. pen. 1982, II, 645 (“L’attenuante prevista dall’art. 114 comma 1 c.p., in tema di concorso nel reato, richiede l’accertamento di un apporto causale di lievissima entità, del tutto trascurabile e marginale, con minima – e non soltanto con minore – in relazione all’apporto degli altri correi – efficienza causale rispetto all’evento; inoltre, trattandosi di attenuante facoltativa, richiede un esame della gravità del fatto-reato, in base ai criteri stabiliti dall’art. 133 c.p.”); Cass. pen., sez. I, 19/12/1978, in Cass. pen., 1980, 1015 (“La circostanza attenuante della minima partecipazione al fatto non solo richiede un contributo di minima entità e nella fase della ideazione ed in quella di esecuzione del reato, si che non è sufficiente ad integrarla la sola minore efficienza causale dell’attività di un correo rispetto a quella degli altri, ma trattandosi di circostanza facoltativa, richiede che si abbia riguardo anche alla gravità del reato, quale risulta alla stregua dei criteri fissati dall’art. 133 c.p.”).
[57]Cass. pen., sez. VI, 22/04/1989, n. 16058. In senso conforme, Cass. pen., sez. V, 24/04/1985, in Cass. pen., 1987, 540; Giust. pen. 1986, II, 300 (“L’attenuante di cui all’art. 114 c.p. è di natura meramente facoltativa ed affidata al potere discrezionale del giudice di merito”); Cass. pen., sez. I, 9/03/1982, in Giust. pen., 1983, II, 37 (“La circostanza attenuante, inerente alla minima importanza nella partecipazione al reato, è di natura meramente facoltativa ed affidata al potere discrezionale del giudice di merito”).
[58]Cass. pen., sez. VI, 9/05/2006, n. 24718. In senso analogo, Cass. pen., sez. II, 14/05/1980, in Cass. pen., 1982, 61 (“Poiché l’attenuante dell’art. 114 c.p. è rimessa al potere discrezionale del giudice di merito, la decisione relativa non può formare oggetto di censura in sede di legittimità”).
[59]Cass. pen., sez. II, 20/10/2016, n. 48029. In senso conforme, Cass. pen., sez. VI, 3/03/2008, n. 22456 (“In tema di concorso di persone nel reato, allorchè l’imputato abbia richiesto l’applicazione della circostanza attenuante prevista dall’art. 114 cod. pen., non sussiste il dovere di una motivazione esplicita in ordine alla sua mancata concessione, nel caso in cui il giudice abbia posto in evidenza la gravità del fatto in relazione a tutti gli imputati, non operando alcuna distinzione tra il grado di efficienza causale delle condotte rispettivamente poste in essere rispetto alla produzione dell’evento”).
[60]Cass. pen., sez. II, 26/05/2021, n. 25900. In senso conforme, Cass. pen., sez. V, 25/02/2021, n. 21469 (“Non può riconoscersi l’attenuante della partecipazione di minima importanza a colui che, nella commissione di un furto, abbia svolto la funzione di “palo”, in quanto il suo contributo, anche se di importanza minore rispetto a quella dei correi, facilita la realizzazione dell’attività criminosa, rafforzando l’efficienza dell’opera degli esecutori materiali e garantendo loro l’impunità”); Cass. pen., sez. II, 5/03/2019, n. 21453 (“Non è riconoscibile la circostanza della partecipazione di minima importanza a colui che, nel corso di una rapina, abbia ricoperto il ruolo di “palo””); Cass. pen., sez. II, 29/11/2011, n. 46588 (“Non è riconoscibile la circostanza della partecipazione di minima importanza a colui che, nel corso di una rapina, abbia ricoperto il ruolo di “palo” e, successivamente, si sia posto alla guida della vettura utilizzata dai rapinatori per la fuga”); C. A. Roma, sez. III, 11/10/2017, n. 7045 (“In tema di concorso di persone nel reato, va escluso il riconoscimento della circostanza attenuante della minima partecipazione al fatto di reato, in favore del soggetto che abbia svolto il ruolo di palo ai fini della realizzazione del delitto di rapina”).
[61]Cass. pen., sez. II, 22/11/2012, n. 9743.
[62]Cass. pen., sez. V, 9/06/2016, n. 44976.
[63]Cass. pen., sez. VI, 18/06/1992, in Cass. pen., 1994, 174; Giust. pen. 1993, II, 349.
[64]Cass. pen., sez. VI, 14/11/2013, n. 47533.
[65]C. A. Torino, sez. III, 22/04/2013, in Redazione Giuffrè, 2013.
[66]Cass. pen., sez. III, 28/11/2007, n. 1209.
[67]Cass. pen., Sez. Un., 24/04/1992, in Giust. pen., 1993, II, 98.
[68]Cass. pen., sez. VI, 21/03/1990, in Cass. pen., 1992, 411.
[69]In tal senso, Cass. pen., sez. VI, 18/01/1990, in Cass. pen., 1992, 304.
[70]Cass. pen., sez. IV, 20/07/2018, n. 50307.
[71]In tal senso, Cass. pen., sez. VI, 9/06/2003, n. 31762.
[72]Cass. pen., sez. IV, 3/05/2007, n. 22511.
[73]Cass. pen., sez. II, 16/12/1985, in Cass. pen., 1987, 279; Riv. pen., 1986, 688.
[74]Cass. pen., sez. III, 7/12/1978, in Cass. pen., 1980, 527; Comm. trib. centr., 1979, II, 1291.
[75]Cass. pen., sez. V, 14/11/2013, n. 599.
[76]Cass. pen., sez. I, 13/10/1998, n. 1484.
[77]Cass. pen., sez. I, 10/12/2020, n. 7188. In senso conforme, Cass. pen., sez. II, 13/03/2014, n. 17879 (“La circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza non trova applicazione in riferimento al reato associativo”); Cass. pen., sez. II, 21/09/2011, n. 36538 (“La circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza non trova applicazione in riferimento al reato associativo”); Cass. pen., sez. VI, 8/03/2011, n. 15086 (“La circostanza attenuante della minima partecipazione al fatto non è compatibile con i reati associativi”).
[78]Cass. pen., sez. IV, 6/11/2008, n. 45119. In senso conforme, Cass. pen., sez. III, 14/09/2016, n. 47968 (“La circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, di cui all’art. 114, comma 1, c.p., presupponendo un apporto differenziato nella preparazione o nell’esecuzione materiale del reato stesso, non è applicabile ai reati omissivi in quanto il non facere è concetto ontologicamente antitetico alla sussistenza dei requisiti richiesti per il suo riconoscimento”); Cass. pen., sez. III, 14/12/2007, n. 4730 (“La circostanza attenuante della partecipazione di minima importanza al reato, di cui all’art. 114, comma primo, cod. pen., presupponendo un apporto differenziato nella preparazione o nell’esecuzione materiale del reato stesso, non è applicabile ai reati omissivi in quanto il “non facere” è concetto ontologicamente antitetico alla sussistenza dei requisiti richiesti per il suo riconoscimento”); Cass. pen., sez. III, 27/09/1982, in Cass. pen., 1984, 1933 (“L’attenuante della minima partecipazione al reato, di cui all’art. 114 c.p., presuppone un apporto differenziato nella preparazione o nell’esecuzione materiale del reato stesso e, pertanto, essa non è applicabile ai reati omissivi nei quali nessuna attività preparatoria risulti svolta e nessuna attività materiale compiuta”).
[79]Cass. pen., sez. I, 16/11/1998, n. 12595.
[80]Cass. pen., sez. V, 5/04/2013, n. 2904.
[81]Cass. pen., sez. VI, 3/06/1994, in Cass. pen., 1996, 1127; Giust. pen., 1995, II, 224. In senso conforme, Cass. pen., sez. I, 19/12/1985, in Giust. pen., 1987, II, 455 (“In tema di concorso di persone nel reato la disposizione dell’art. 114 comma 2 c.p., la quale esclude l’applicabilità delle attenuanti della minima partecipazione nel caso di ipotesi aggravate ex art. 112 c.p., si riferisce anche a quelle in cui il numero delle persone partecipanti al reato sia considerato, da una diversa norma, come aggravante speciale”).
[82]Cass. pen., sez. I, 13/01/2015, n. 12543.
[83]Cass. pen., sez. I, 22/10/2014, n. 3332.
[84]Cass. pen., sez. V, 9/07/2013, n. 18836.
[85]Cass. pen., sez. V, 22/10/2008, n. 46454.
[86]Cass. pen., sez. I, 3/05/1994, n. 7190.
[87]Cass. pen., sez. II, 2/02/1989, in Cass. pen., 1991, I, 62
[88]Ibidem.
[89]Cass. pen., sez. VI, 14/11/1988, in Cass. pen., 1990, I, 35.
[90]Il testo originario prevedeva quanto segue: “1. Le circostanze oggettive, che aggravano o diminuiscono la pena, anche se non conosciute da tutti coloro che concorrono nel reato, sono valutate a carico o a favore di essi. 2. Le circostanze soggettive, non inerenti alla persona del colpevole, che aggravano la pena per taluno di coloro che sono concorsi nel reato, stanno a carico anche degli altri, sebbene non conosciute, quando hanno servito ad agevolare l’esecuzione del reato. 3. Ogni altra circostanza, che aggrava o diminuisce la pena, è valutata soltanto riguardo alla persona a cui si riferisce”.
[91]Cass. pen., sez. II, 19/02/2013, n. 22136.
[92]Cass. pen., sez. III, 5/04/2018, n. 38870.
[93]Cass. pen., sez. V, 28/10/1996, n. 1149.
[94]Ibidem.
[95]Ibidem.
[96]Ibidem.
[97]Cass. pen., sez. VI, 24/03/1993, n. 853.
[98]Ibidem.
[99]Cass. pen., sez. VI, 10/03/1993, in Cass. pen., 1995, 279.
[100]Cass. pen., sez. I, 20/12/2017, n. 52505.
[101]Cass. pen., sez. VI, 13/09/2019, n. 50947.
[102]Cass. pen., sez. IV, 29/01/2016, n. 20053.
[103]Cass. pen., sez. V, 19/09/2012, n. 46340.
[104]Cass. pen., sez. VI, 24/04/2007, n. 18310.
[105]Cass. pen., sez. III, 30/05/2003, n. 35500.
[106]Cass. pen., sez. I, 5/11/2001, n. 5591.
[107]Cass. pen., sez. I, 12/11/1990, in Riv. pen., 1991, 633; Giust. pen., 1991, II, 578.
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