1. Disciplina generale
L’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Persone fisiche, lavoratori autonomi ed enti non commerciali, con la risposta all’interpello n. 460/2022, ha precisato che l’opzione per il regime forfettario (di cui all’art. 1 c. 54-89 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 – Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – (legge di stabilità 2015) determina l’impossibilità di manifestare a posteriori l’opzione per il differente regime degli impatriati, anche laddove sussistessero i presupposti per l’applicazione al momento del rientro in Italia.
Il contribuente che ritorna in Italia per esercitare un’attività di lavoro autonomo giovando del regime forfettario non può beneficiare del regime disposto per i lavoratori impatriati, poiché i redditi generati in modalità forfettaria non contribuiscono alla formazione complessiva del reddito. Ferma persiste la scelta ad opera del contribuente di ritornare in Italia per l’esercizio di un’attività di lavoro autonomo, giovando, sussistendone i titoli, del regime fiscale istituito per gli impatriati, nei casi in cui venga valutata una convenienza superiore nell’attuazione di detto sistema in luogo a quello naturale forfettario (Circ. AE 28 dicembre 2020 n. 33/E).
Nel caso in scrutinio, sicché, se l’Istante, dopo aver trasferito la propria residenza fiscale in Italia nello scorso mese di aprile, optasse in merito all’annualità in corso per il sistema avente carattere forfettario, negli anni successivi e sino al compimento del quinquennio potenzialmente agevolabile (ovvero dal 2023 al 2026) non potrà giovare del differente regime speciale per lavoratori impatriati.
2. Chi sono i soggetti che possono beneficiare del regime impatriati?
Giova ricordare che il regime speciale per i lavoratori impatriati è rivolto al lavoratore che (art. 16 Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 147 – Disposizioni recanti misure per la crescita e l’internazionalizzazione delle imprese – : a) trasferisce la residenza nel territorio dello Stato; b) non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e si impegna a risiedere in Italia per almeno 2 anni; c) esercita l’attività lavorativa, primariamente, nel territorio italiano. Ricorrendo le suddette condizioni, i redditi di lavoro dipendente, i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente e i redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% del loro ammontare. Lo sgravio è godibile dai contribuenti per un periodo di cinque anni decorrente dal periodo di imposta in cui trasferiscono la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.
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