La figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (r.l.s.) è stata, fin dal suo nascere, oggetto di analisi quanto alla sua legittimità giuridica. In tal senso ritroviamo orientata sia la dottrina che la giurisprudenza. Quanto alla natura sostanziale delle sue mansioni i commentatori si sono spesso limitati a richiamare le disposizioni di legge e a porre l’accento sulla doverosità della trasmissione dei piani di sicurezza da parte del datore di lavoro ancora una volta per l’intervenuta presa di posizione della giurisprudenza. Poco si è detto sulla variegata e articolata serie di compiti che la legge ha demandato a questo soggetto all’interno dell’organigramma delle figure deputate a realizzare, controllare e garantire il rispetto delle norme di sicurezza nell’ambiente di lavoro.
Una certa qual giustificazione, per altro non condivisibile sotto il profilo squisitamente operativo, potrebbe derivare dalla mancanza di una precisa responsabilità specie penale da parte del r.l.s. ove le sue mansioni non vengano realizzate. La realtà tuttavia potrebbe riservare riflessioni di ben altro genere specie alla luce delle poche ma determinanti modifiche introdotte con la legge 3 agosto 2007, n. 123.
Nel cercare di interpretare figura e ruolo nel quadro complessivo della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori in senso ampio, occorre risalire alla direttiva 89/391/EC del Consiglio del 12 giugno 1989 ai sensi del cui art. 3 si intende per “rappresentante del lavoratori il quale ha una funzione specifica in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori” qualsiasi persona eletta, scelta o designata
[1], conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, per rappresentare i lavoratori per quanto riguarda i problemi della protezione della loro sicurezza e salute durante il lavoro. Ai sensi del successivo articolo 11 riferito alla consultazione e partecipazione dei lavoratori:
“1. I datori di lavoro consultano i lavoratori e/o i loro rappresentanti e permettono la partecipazione dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti in tutte le questioni che riguardano la sicurezza e la protezione della salute durante il lavoro.
Ciò comporta:
– la consultazione dei lavoratori;
– il diritto dei lavoratori e/o dei loro rappresentanti di fare proposte;
– la partecipazione equilibrata conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.
2. Il lavoratori o i rappresentanti dei lavoratori i quali hanno una funzione specifica in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori partecipano in modo equilibrato, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, o sono consultati preventivamente e tempestivamente dal datore di lavoro:
a) su qualunque azione che possa avere effetti rilevanti sulla sicurezza e sulla salute;
b) sulla designazione dei lavoratori di cui all’articolo 7, paragrafo 1, e all’articolo 8, paragrafo 2 e sulle attività previste all’articolo 7, paragrafo 1;
c) sulle informazioni di cui all’articolo 9, paragrafo 1 e all’articolo 10;
d) sull’eventuale ricorso a competenze (persone o servizi) esterne all’impresa e/o allo
stabilimento, previsto all’articolo 7, paragrafo 3;
e) sulla concezione e organizzazione della formazione di cui all’articolo 12.
3. I rappresentanti dei lavoratori i quali hanno una funzione specifica in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori hanno il diritto di chiedere al datore di lavoro di prendere misure adeguate e di presentargli proposte in tal senso, per ridurre qualsiasi rischio per i lavoratori e/o eliminare le cause di pericolo.
4. I lavoratori di cui al paragrafo 2 ed i rappresentanti dei lavoratori di cui ai paragrafi 2 e 3 non possono subire pregiudizio a causa delle rispettive attività contemplate ai paragrafi 2 e 3.
5. Il datore di lavoro è tenuto a concedere ai rappresentanti dei lavoratori i quali hanno una funzione specifica in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori un sufficiente esonero dal lavoro – senza perdita di retribuzione – ed a mettere a loro disposizione i mezzi necessari per esercitare i diritti e le funzioni derivanti dalla presente direttiva.
6. I lavoratori e/o i loro rappresentanti hanno il diritto di fare ricorso, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, all’autorità competente in materia di sicurezza e di protezione della salute durante il lavoro, qualora ritengano che le misure prese ed i mezzi impiegati dal datore di lavoro non siano sufficienti per garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
I rappresentanti dei lavoratori devono avere la possibilità di presentare le proprie osservazioni in occasione delle visite e verifiche effettuate dall’autorità competente”.
La direttiva europea ha di fatto introdotto alcuni principi essenziali: i) la legittimazione e l’ufficializzazione del r.l.s. attraverso la modalità di nomina che è comunque ‘popolare’ a prescindere dal fatto che, anche in ragione delle diverse legislazioni nazionali e del numero di quello che potremmo definire elettorato passivo, si parli di elezione, scelta o designazione. La nomina quanto meno a maggioranza e il conseguente incardinamento in un ruolo che comporta anche una serie di garanzie di derivazione sindacale
[2] comportano per contro un onere in capo al r.l.s. che a ben vedere non è così esente da responsabilità. ii) Nel momento in cui il legislatore europeo ha precisato che si è in presenza di una funzione specifica in materia di protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori cui i rappresentanti partecipano in modo equilibrato, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali, ovvero che gli stessi sono consultati preventivamente e tempestivamente dal datore di lavoro, sembra sottendere anche un obbligo di sorveglianza e/o vigilanza degli interessi legittimi di coloro che gli hanno, attraverso l’investitura, delegato e pertanto una responsabilità da omissione potrebbe certamente configurarsi. Altrettanto appare ipotizzabile una responsabilità per negligenza, là ove non vi sia stata una tempestiva segnalazione rispetto ad un problema specifico tanto più che all’interno della funzione specifica si fa riferimento alla consultazione ‘su qualunque azione che possa avere effetti rilevanti sulla sicurezza e sulla salute’ e al ‘diritto di chiedere al datore di lavoro di prendere misure adeguate e di presentargli proposte in tal senso, per ridurre qualsiasi rischio per i lavoratori e/o eliminare le cause di pericolo’ (art. 11 direttiva 89/391). Sembra ipotizzabile che a fronte di un diritto nascente in capo al r.l.s. a seguito di una delega specifica basata su un rapporto fiduciario nei confronti di un soggetto preciso e, de relato, della sua competenza in merito non corrisponda un dovere di verifica esente da responsabilità? Se poi la lettura vuole essere anche di ‘peso conseguente’ sulle decisioni in materia di sicurezza e salute, data la necessità degli organi aziendali (pubblici o privati che siano), di una consultazione preventiva e tempestiva, non si può continuare a credere che il ruolo sia marginale altrimenti tanto varrebbe abolire questa figura. Come interpretarne allora il ruolo? La legge n. 123 del 2007 ha posto l’accento sulla collaborazione che deve esserci tra datore di lavoro e r.l.s.. Ciò significa dare nuova evidenza a quanto può derivare dal rapporto funzionale ed istituzionale tra le due figure la cui importanza deriva proprio dall’essere il r.l.s. colui che sintetizza le esigenze, i malcontenti, le necessità del personale dipendente. Questo il r.l.s. è chiamato a fare dando corpo effettivo a quell’elenco di compiti che l’articolo 19 (più ampio e al tempo stesso dettagliato della direttiva 89/391 che lo ha generato) snocciola in maniera asettica e talora vaga, vale a dire:
a) accedere ai luoghi di lavoro in cui si svolgono le lavorazioni;
b) essere consultato preventivamente e tempestivamente in ordine alla valutazione dei rischi, alla individuazione, programmazione, realizzazione e verifica della prevenzione nell’azienda ovvero unità produttiva;
c) essere consultato sulla designazione degli addetti al servizio di prevenzione, all’attività di prevenzione incendi, al pronto soccorso, alla evacuazione dei lavoratori;
d) essere consultato in merito all’organizzazione della formazione di cui all’art. 22, comma 5;
e) ricevere le informazioni e la documentazione aziendale inerente la valutazione dei rischi e le misure di prevenzione relative, nonché quelle inerenti le sostanze e i preparati pericolosi, le macchine, gli impianti, l’organizzazione e gli ambienti di lavoro, gli infortuni e le malattie professionali;
f) ricevere le informazioni provenienti dai servizi di vigilanza;
g) ricevere una formazione adeguata, comunque non inferiore a quella prevista dall’art. 22;
h) promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica dei lavoratori;
i) formulare osservazioni in occasione di visite e verifiche effettuate dalle autorità competenti;
l) partecipare alla riunione periodica di cui all’art. 11;
m) fare proposte in merito all’attività di prevenzione;
n) avvertire il responsabile dell’azienda dei rischi individuati nel corso della sua attività;
o) poter fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro.
Quanto alle modalità e alle tutele per l’esercizio di tali compiti, i commi dal 2 al 5 dello stesso articolo 19 specificano che:
a) il rappresentante per la sicurezza deve disporre del tempo necessario allo svolgimento dell’incarico senza perdita di retribuzione, nonché dei mezzi necessari per l’esercizio delle funzioni e delle facoltà riconosciutegli.
b) Le modalità per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 sono stabilite in sede di contrattazione collettiva nazionale.
c) Il rappresentante per la sicurezza non può subire pregiudizio alcuno a causa dello svolgimento della propria attività e nei suoi confronti si applicano le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali.
d) Il datore di lavoro è tenuto a consegnare al rappresentante per la sicurezza, richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, copia del documento di cui all’articolo 4, commi 2 e 3, nonché del registro degli infortuni sul lavoro di cui all’articolo comma 5, lettera o).
Si segnala solo per completezza di argomento il comma 5-bis relativo ai rappresentanti territoriali o di comparto dei lavoratori, di cui all’articolo 18, comma 2, secondo periodo, i quali esercitano le stesse attribuzioni ma con riferimento a tutte le unità produttive del territorio o del comparto di rispettiva competenza
[3].
La vaghezza trova tuttavia una compensazione in termini di scelte da parte del r.l.s. alla lettera (o) del comma 1, art. 19, dove gli si conferisce un potere notevole attraverso la facoltà di fare ricorso alle autorità competenti qualora ritenga che le misure di prevenzione e protezione dai rischi adottate dal datore di lavoro e i mezzi impiegati per attuarle non sono idonei a garantire la sicurezza e la salute durante il lavoro. Né deve apparire così lontana e remota questa possibilità che giurisprudenza di merito ha chiaramente confermato sottolineando che la salute e l’integrità fisica dei lavoratori può essere difesa in giudizio, oltre che dagli stessi lavoratori, titolari del relativo diritto, anche dal loro rappresentante per la sicurezza, in ossequio a un’esigenza di effettiva praticabilità dell’esercizio stesso del diritto, tenuto conto del numero incalcolabile dei titolari
[4].
Quali ipotesi sono allora possibili? Quale ruolo ha avuto, avrà e deve avere il r.l.s.? che senso ha parlare di consultazione preventiva e tempestiva e di obbligo di consegna da parte del datore di lavoro a richiesta di questi e per l’espletamento della sua funzione, di copia del documento di valutazione e del registro degli infortuni sul lavoro? Che peso ha la formulazione di osservazioni e il potere datogli di promuovere l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute e l’integrità fisica alla luce della sanzionabilità del datore di lavoro nei casi di inottemperanza al dettato dell’art. 4 del d.lgs. n. 626/1994 s.m.i. anche a seguito della possibile segnalazione e del connesso potere/possibilità che l.r.s. ha di far ricorso alle autorità competenti? Certamente può diventare un ruolo importante in primo luogo per quanto premesso e in secondo luogo per il fatto che il r.l.s. agisce su mandato/incarico fiduciario dei lavoratori e pertanto la responsabilità morale di tutelarne gli interessi. La partita si gioca allora sul concetto di interessi. Appare scontato che una qualunque iniziativa messa in campo dal datore di lavoro, cui non scordiamo si chiede di collaborare con le figure non istituzionali del medico del lavoro e del r.l.s. al fine di realizzare quanto la norma chiede, non può non tenere conto delle rilevazioni preventive ovvero conseguenti presentate dal r.l.s e che questi a sua volta può interagire ma anche interferire avendo due strumenti oggettivi a disposizione che sono proprio il documento di valutazione e il registro infortuni. Questi strumenti tecnici acquistano un valore aggiunto se posti in relazione con la partecipazione agli incontri sulla sicurezza e con le visite e i colloqui che il r.l.s. ha la facoltà e il diritto di fare. Trattandosi di soggetto rappresentativo il r.l.s. è in grado di fornire quelle chiavi di lettura utili al datore di lavoro che non può a sua volta rifiutare segnalazioni destinate ad evidenziare possibili rischi e tutti i possibili rischi, siano essi derivanti da sistemi di lavoro, apparecchi, materie, sia da tensioni ingenerate da cattiva organizzazione costituendo anche questa un rischio talora riflesso ma non meno grave.
[1] Anche Corte di giustizia europea, causa C-425/01 del 12 giugno 2003, Commissione delle Comunità europee contro Repubblica portoghese.
[2] Tribunale Pisa , Sentenza del 7 marzo 2003
Al rappresentante per la sicurezza si applicano, ai sensi dell’
articolo 19, comma 4, del Dlgs 626/1994, le stesse tutele previste dalla legge per le rappresentanze sindacali, ivi compresa la tutela ex articolo 28 st. lav. E’ pertanto, da ritenersi antisindacale la condotta del datore di lavoro che abbia omesso, nonostante le reiterate richieste da parte del rappresentante per la sicurezza, di fornirgli i documenti e le informazioni riguardanti il piano per la sicurezza, la valutazione dei rischi, il parere del medico competente ed ogni altra comunicazione relativa ai provvedimenti che il datore intendeva adottare ai fini dell’adeguamento dei locali di servizio a quanto stabilito dal
Dlgs 626/1994.
Trib. Milano, sentenza 18 giugno 2002, in D&L 2002, 85
Trib. Orvieto, decreto 14 febbraio 2002, in D&L 2002, 332
Trib. Milano, 20 dicembre 1997, in D&L 1998, 347, nota CHIUSOLO, Il rappresentante per la sicurezza tra rappresentanza sindacale aziendale e rappresentanza sindacale in azienda.
[4] Tribunale civ Santa Maria Capua Vetere Sezione Lavoro Civile, Decreto del 26 aprile 2005, n. 343
Anche: Tribunale di Monza 20 giugno 1983
Tribunale di Udine 24 febbraio 1989.
La tesi sostenuta è stata la seguente: fino a quando non vi è stata la creazione legale di una figura specifica, il rappresentante per la sicurezza appunto, si era posto il problema dell’individuazione delle rappresentanze che avessero titolo a qualificarsi come tali ex articolo 9 dello statuto dei lavoratori, problema che, invero, era stato risolto nella maniera più varia da dottrina e giurisprudenza (Rsa ex articolo 19, consiglio di fabbrica, gruppo di esperti esterni all’azienda e quant’altro), comunque, infine, consolidandosi l’orientamento della natura interna di tale soggetto, identificabile in qualcuno che fosse espressione della comunità di rischio.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento