La legittima difesa, si coniuga con la figura di cui all’art. 82 c.p., ossia, dell’aberratio ictus, come è possibile osservare attraverso l’analisi di un caso pratico e di recente trattazione, confermato dalla Suprema Corte di Cassazione. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.
A cura di Avv. Ivano Ragnacci e dr.ssa Paola A. Casale
Indice
1. Legittima difesa nel panorama nazionale e comunitario
Preminentemente, preme osservarsi come la giurisdizione relativa alla legittima difesa, in molti Paesi risulta essere conforme ad un unico modello e questo, per l’intuitiva ragione che tutte si rifanno alle due estese “famiglie del diritto”, ossia, quella del Common Law di origine Anglo-sassone e quella del Civil Law di matrice latina/romana.
A tal proposito, conviene prender le mosse dal Regno Unito, nonostante la nota c.d. “Brexit” del 2020, in quanto madre patria del Common Law, in cui sé formata una Scuola di pensiero sulla legittima difesa, in modo particolare, a far data dal 1967 per mezzo del noto “Criminal Law Act”; tale scritto è il manifesto del principio secondo cui vi può essere un “uso ragionevole della forza”, in quanto, chi subisce aggressione, si presuppone essere una vittima senza alcuna diversa possibilità di reazione se non con atti “irrazionali” e quindi, con azioni incontrollate.
In pratica, sancisce la piena libertà dell’individuo ad agire in maniera ragionevole con forza, nella specifica circostanza in cui vengano messe a repentaglio la libertà o l’incolumità personale. A partire dal 2008, e successivamente nel 2013, sono stati posti alcuni limiti a quanto dettato nel Criminal Act, come ad esempio, rispetto alla difesa dei beni personali.
Spostandoci, poi, in Francia, e nell’ordinamento di Civil Law, occorre volgere l’attenzione a due norme del codice penale francese in materia di legittima difesa, ossia, gli artt. 122-5 e 122-6. Il primo detta la regola generale, (Al primo comma: “Non è penalmente responsabile la persona che, in presenza di una aggressione ingiustificata contro di sé o un’altra persona, compie, nello stesso tempo, un atto imposto dalla necessità della legittima difesa di sé o altri, salvo che vi sia sproporzione tra i mezzi impiegati per la difesa e la gravità dell’aggressione”; al secondo comma: “Non risponde penalmente la persona che, per interrompere l’esecuzione di un crimine o di un delitto contro un bene, commette un atto di difesa, diverso da un omicidio volontario, allorché questo atto sia strettamente necessario allo scopo perseguito, fin quando i mezzi sono proporzionati alla gravità dell’infrazione”) il secondo, una sua eccezione (“Si presume che abbia agito in stato di legittima difesa colui il quale ha commesso l’atto: 1° per respingere, di notte, l’ingresso con effrazione, violenza o inganno in un luogo abitato; 2° per difendersi dagli autori di furto o saccheggio eseguiti con violenza”). Ambedue gli articoli richiamati, rientrano in quella sezione del codice attinente alle cause di irresponsabilità o di attenuazione della responsabilità. Facendo espresso richiamo all’art. 122-5 del codice penale, questo detta tre limiti fondamentali da applicare a tutti i casi di legittima difesa: la difesa deve, innanzitutto, essere immediata conseguenza della violazione; deve verificarsi un concreto pericolo all’incolumità personale, tale da giustificare la necessità di difesa; da ultimo, ma non per importanza, deve rispettarsi il principio di proporzionalità tra i mezzi impiegati ai fini della difesa e la gravità dell’infrazione. In modo analogo a quanto previsto in Spagna, ove si distinguono due ipotesi di difesa, quella rivolta alla persona e quella rivolta al patrimonio; in tale secondo caso, sono richiesti presupposti più cogenti e rigorosi: ciò significa che non ogni attacco sarà idoneo a legittimare la reazione, salvo non si qualifichi in termini di delitto. A norma dell’art. 122-6, è espressamente prevista la legittima difesa in due circostanze: la prima, per respingere l’ingresso in un luogo abitato, di notte, con effrazione, violenza o inganno; la seconda, per salvaguardarsi dagli autori di furto o saccheggio posti in essere con violenza. In questi casi, si inverte l’onere probatorio: a dover dimostrare l’insussistenza dei requisiti necessari affinché possa configurarsi tale fattispecie, di ipotetica legittima difesa, è la pubblica accusa. Vi è quindi una protezione doppia, riferita nel primo caso ai beni del domicilio e nel secondo caso, congiuntamente, a quelli della persona e del patrimonio.
Anche in Germania si applica quanto esposto fin qui ma con minime incongruenze. Caso di particolare interesse, nell’ambito della difesa tedesca, riguarda l’eccesso di difesa: non sono individuate pene di responsabilità verso quelle vittime di aggressione che versano in stato di “confusione, panico o terrore”. Non volendo comunque escludere l’antigiuridicità del fatto, vengono chiaramente tratteggiati confini di non punibilità particolarmente ampi, tanto da giungere quasi all’affermare che ogni fatto commesso allo scopo di difendersi possa considerarsi esentato da pena per via della genericità del richiamo a stati emotivi e psicologici della vittima – o meglio, “eccitazione astenica” – che sarebbero d’ostacolo per una congrua organizzazione del pensiero e dell’azione.
Oltrepassando i limiti territoriali del continente fin qui esaminato, si può fare un raffronto con un Paese, per l’appunto, extra europeo, ossia, gli Stati Uniti. Secondo quanto previsto dalla Costituzione americana, tramite il 2° emendamento, viene statuito da tempo ormai risalente, ai primi anni 30’, l’inviolabile diritto all’uso delle armi a fronte di ogni possibile violazione alla persona e alla proprietà. I limiti non sono particolarmente stringenti ma, nei casi di fuga, se il presunto rapinatore si trova all’interno della proprietà, indipendentemente dall’aver rubato o meno, la difesa è legittima senza alcun indugio; in caso contrario, se l’aggressore scappa ed è fuori dalla proprietà, la difesa con le armi è esclusa anche se ha rubato qualcosa. Quello americano, è un contesto particolarmente travagliato e in relazione alla delicata questione del rapporto legittima difesa/armi, si è determinato inevitabilmente uno spaccato nell’opinione pubblica. Considerando quanto oggetto di cronaca, soprattutto negli ultimi anni, rispetto a tragici eventi accaduti contro la popolazione di colore e contro persone inermi in luoghi pubblici, ci sono state forti risonanze[1]. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.
Formulario annotato del processo penale 2025
Il presente formulario è stato concepito per fornire all’avvocato penalista uno strumento di agile consultazione.Attraverso gli schemi degli atti difensivi, sono esaminati i vari istituti processuali alla luce delle novità intervenute nell’ultimo anno, con l’evidenziazione della normativa di riferimento e delle più rilevanti linee interpretative della giurisprudenza di legittimità. La selezione delle formule, accompagnate da suggerimenti per una migliore redazione di un atto, tiene conto degli atti che un avvocato è chiamato a predisporre come difensore dell’imputato, ma anche come difensore delle parti private (parte civile, persona offesa, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria). Il volume contiene sia gli atti che vanno proposti in forma scritta, sia quelli che, pur potendo essere proposti oralmente nel corso di un’udienza, sono di più frequente utilizzo.Un approfondimento particolare è dedicato al fascicolo informatico e al processo penale telematico, alla luce del D.M. 27 dicembre 2024, n. 206, che ha introdotto rilevanti novità in materia di tempi e modi del deposito telematico.Completa il volume una sezione online in cui sono disponibili le formule anche in formato editabile e stampabile. Valerio de GioiaConsigliere della Corte di Appello di Roma.Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma.
Valerio de Gioia, Paolo Emilio de Simone | Maggioli Editore 2025
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2. Focus sull’istituto della legittima difesa in Italia
Quando si parla di legittima difesa, ci si riferisce ad una specifica “causa di giustificazione” che, come emerge chiaramente dalla stessa formula, si concretizza nella difesa che il soggetto appresta a fronte di un’aggressione. L’articolo di riferimento, è il ben noto 52 c.p., in base al quale: “Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”. Dunque, gli elementi costitutivi della legittima difesa si affiliano attorno a due azioni che inevitabilmente si fronteggiano: da un lato si configura un’aggressione ingiusta e dall’altro, una reazione difensiva.
L’aggressione che rende legittima la reazione difensiva, deve afferire “un diritto proprio od altri” inteso nel senso estensivo della formula, in quanto nel concetto di diritto si include ogni altro tipo di interesse che risulta giuridicamente tutelato. Inoltre, il diritto aggredito deve essere oggetto di “un’offesa (oggettivamente) ingiusta”. Al contrario, un’offesa giusta non contempla la possibilità di porre in essere la suddetta reazione difensiva.
Il soggetto che subisce l’offesa ingiusta, deve versare in “una situazione di pericolo”, che deve essere per giunta “attuale”. Un pericolo si qualifica in termini di attualità per il fatto che incombe al momento; si considera invece come pericolo passato quando l’offesa è ormai esaurita. Il presupposto dell’attualità esclude la rilevanza del pericolo futuro, anche se questo possa prevedersi e non sia ancora materialmente concretizzato. In altre parole, l’ordinamento non ammette la forma anticipata di difesa[2].
La reazione difensiva è la risposta ad un pericolo attuale. Inevitabilmente, chi reagisce potrebbe uccidere, ledere o comunque perpetrare un’offesa a beni coperti da tutela penale. Ebbene, tali anzidetti fatti, che generalmente costituiscono reato, nella circostanza in cui la reazione difensiva fosse ragionevole, non ne assumerebbero più le vesti. Due sono i requisiti specificatamente richiesti come presupposto giustificativo della reazione in esame: la necessità e la proporzione. La legittima difesa trova accoglimento nel nostro ordinamento solo ed unicamente se necessaria, mancando altresì un modo alternativo per scongiurare un pericolo attuale di offesa ingiusta al proprio od altrui diritto. Vi è comunque da dire, che laddove si dovesse verificare il c.d. commodus discessus, ovvero, la tangibile possibilità di sfuggire all’aggressione allontanandosi, dovrebbe opportunamente privilegiarsi questa come soluzione e non invece quella dello scontro. In merito alla necessaria proporzionalità che deve avere la reazione, occorre valutare la rispondenza tra il bene offeso e il bene difeso. Chi reagisce, tenendo conto del proprio bene in pericolo, non deve eccedere. La tolleranza del nostro ordinamento si limita a modiche sproporzioni. Qualora il bene difeso, risulti essere di rango inferiore, questo deve tuttavia apparire in qualche modo equiparabile, in termini di rilevanza, al bene oggetto di offesa. Anche in relazione al mezzo con cui si reagisce, la scelta deve sempre ricadere su quello meno offensivo[3].
In questi termini si qualifica come fattispecie che si aggiunge al fatto materiale, neutralizzando di disvalore che caratterizza il medesimo fatto. Le cause giustificative appartengono, per così dire, in senso ampio agli elementi che compongono il reato; affinché si possa perfezionare, è necessario, in aggiunta alla realizzazione degli elementi del fatto di reato in senso stretto (elementi positivi), il non configurarsi di elementi negativi, ossia, le cause di giustificazione[4].
È questo un tema che spesso lascia spazio ad interrogativi e titubanze in merito alla sua corretta configurazione nelle diverse vicissitudini di vita quotidiana che si presentano. Sarebbe dunque utile ed interessante riportare all’attenzione dei lettori un caso pratico, di recentissima trattazione, che ha visto il suo decisivo punto di svolta, a favore del giovane imputato protagonista della vicenda che a breve si riporterà nei suoi tratti salienti, proprio nell’intuizione relativa alla sussistenza di una palese circostanza di “legittima difesa”.[5]
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3. Novità introdotta sulla legittima difesa domiciliare
L’innovativa figura della “legittima difesa domiciliare” è stata introdotta dalla legge n. 36 del 26 aprile 2019, pubblicata in Gazzetta Ufficiale con il titolo “Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di legittima difesa” (G.U. n. 102 del 3 maggio 2019). Questa, si profila quando un soggetto reagisce ad una violazione del tutto indebita del proprio domicilio.
La legge è composta da nove articoli. In merito al primo punto fondamentale in questo trattato, vi è l’introduzione, per mezzo dell’art. 52 c.p. (Rubricato come “Difesa legittima”), di una specie di presunzione di legittima difesa cd. “domestica”, nel senso che, in caso di violazione di domicilio (a questo si equipara ogni altro luogo nel quale si esercita un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale), la difesa è intesa sempre[6] proporzionata all’offesa ricevuta. In più, entro le mura domestiche e nei luoghi di lavoro sopramenzionati, colui che contrasta l’intrusione da parte di una o più persone “posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica” si considera sempre in condizione di legittima difesa (comma 4 della predetta norma)[7].
L’art. 55 c.p. (Rubricato come “Eccesso colposo”) prevede, nel caso di superamento colposo dei “limiti stabiliti dalla legge o dall’ordine dell’Autorità ovvero imposti dalla necessità”, che si proceda all’applicazione delle “disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo”. La norma in questione contempla la possibilità, per il soggetto autore del reato, che pur essendo scriminato, oltrepassi in modo colposo i confini predeterminati del “concesso”. È stato introdotto, a seguito dell’entrata in vigore della legge n. 36 del 2019, un secondo comma, in virtù del quale: ”nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell’articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propr ia o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all’articolo 61, primo comma, n. 5) ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”, dunque, viene inserita una causa di non punibilità per chi ha agito.
Il testo parlamentare introduce due nuovi commi, esplicitando con maggior incisione che nei casi di legittima difesa domiciliare (art. 52, comma 2, 3 e 4) “l’autore del fatto non può essere in ogni caso obbligato a risarcire il danno derivante dal fatto per il quale in sede penale è stato assolto”.
Dunque, suddetto testo introduce solo alcune variazioni e integrazioni rispetto a quanto era già previsto nel codice penale.
Concludendo, la giurisprudenza sembra propendere per un’interpretazione restrittiva dell’istituto della legittima difesa domiciliare[8], ma impone all’interprete di analizzare le circostanze concrete in maniera più favorevole possibile nei riguardi del soggetto che abbia risposto a violazione indebita del proprio domicilio. A livello processuale, pertanto, sarà onere dell’accorto difensore evidenziare ogni elemento che converga verso la scriminante in commento, attestando in capo all’agente quell’animus defendendi proprio della difesa legittima[9].
4. Oscillazioni giurisprudenziali sull’istituto dell’Aberratio Ictus
Come noto, quando si parla di “reato aberrante”[10], si fa riferimento a quanto indicato nell’articolo 82 del Codice Penale, rubricato come “Offesa di persona diversa da quella alla quale l’offesa era diretta”. La differenziazione tra le fattispecie monolesiva e plurilesiva di tale figura è descritta, rispettivamente, nel primo e secondo comma della norma poc’anzi menzionata.
Il reato aberrante, essendo commesso per effetto di un errore di esecuzione, che va a colpire, pertanto, un soggetto diverso da quello previsto o che viene eseguito con modalità diverse, la considerazione sulla trattazione dello stesso non è unanime: talvolta, la figura viene fatta transitare nell’alveo dell’errore, altre volte trova la sua sede naturale nell’ambito del concorso dei reati – così come potrebbe agevolmente evincersi osservando la sua collocazione all’interno del codice, subito dopo il concorso formale – o ancora, e ben diversamente, taluno ritiene che possa inserirsi più idoneamente tra i casi di responsabilità oggettiva[11], nonostante in contrasto, come noto, con una lettura costituzionalmente orientata dell’istituto.
La Suprema Corte di Cassazione, nella sentenza N. 7852/24, Sez. I, ha affrontato la questione dell’aberratio ictus verificatosi in conseguenza alla sussistenza della scriminante della legittima difesa, che non può non essere soppesata e doverosamente considerata ai fini dell’accertamento della penale responsabilità di colui che si è fatto protagonista della vicenda che da qui a breve verrà descritta.
5. Un caso da analizzare
Partendo a ritroso, si anticipa l’epilogo del caso subito appresso descritto, che ha visto in principio un ragazzo neppure ventenne responsabile di un fatto particolarmente grave, attinente al tentato omicidio di un suo prossimo congiunto, ascrittogli con sentenza pronunciata in primo grado, in conseguenza della quale è stato condannato a ben cinque anni di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con la custodia intramuraria degli arresti domiciliari sino alla tardiva revocatoria di condanna.
Avverso la sentenza pronunciata dal Tribunale Ordinario territorialmente competente, uno dei difensori di suddetto imputato, intervenuto solo in pendenza del grado di appello, ha proposto, in aggiunta all’Atto di impugnazione tempestivamente avanzato dal primo difensore incaricato sin dalla fase della convalida d’arresto, in virtù dell’art. 585, IV° comma c.p.p., quei motivi aggiunti integralmente accolti da parte dei Giudici della Corte d’Appello di Roma, che hanno solo ad un anno dal fatto di reato, ritenuto il sussistere della causa di giustificazione di cui all’art. 52 c.p..
La ragione che ha sostenuto la richiesta di riforma dell’impugnata Sentenza di primo grado, in virtù della scriminante di cui all’art. 52 c.p., al limite putativa ex art. 59 c.p., è data niente meno che dall’oggettività dei fatti verificatosi, senza nulla trascurare. L’agire dell’imputato, messosi alla guida di un’autovettura a velocità particolarmente moderata, direzionata verso lo zio e il padre, mentre il primo uomo era colto nell’atto di colpire violentemente la nuca del secondo con il calcio della pistola tenuta in pugno, tramutatosi poi in un precoce balzo nell’errore di aver urtato la nonna, presente anch’ella nel piazzale in cui si stava consumando l’alterco e che ha per lui comportato l’addebito dell’imputazione di tentato omicidio nei confronti di quest’ultima, non può che descriversi come un disperato ed ultimo tentativo, dopo più che pacifiche ed infruttuose iniziative di risoluzione, di salvaguardare un “diritto proprio od altrui”, data “l’attualità del pericolo”, dall’“offesa ingiusta” subita dal suo ascendente e da ultima, la palese “proporzione tra difesa ed offesa”.
La Corte d’Appello adita, pertanto, ribaltando il giudizio di primo grado, ha decretato l’assoluzione dell’ingiustamente imputato e ristretto, in quanto il fatto non costituisce reato, dichiarando inoltre la sospensione immediata dell’efficacia della misura degli arresti domiciliari.
Come facilmente intuibile, la vicenda in esame ha proseguito il suo cammino giudiziale, approdando all’ultimo grado di giudizio, a seguito dell’impugnazione della poc’anzi descritta decisione della Corte d’Appello di Roma da parte della Procura Generale e del difensore della Parte Civile costituitasi, ossia, la nonna del giovane ragazzo. La contestazione di controparte è facilmente intuibile: non esistono elementi tali da poter riconoscere l’agire dell’assolto come frutto di una legittima difesa.
In occasione, finalmente, della pubblica udienza tenutasi innanzi ai Giudici della Suprema Corte di Cassazione, il secondo difensore del giovane imputato, introducendo le considerazioni avverse a quelle sostenute dalla Procura Generale e dalla difesa della Parte Civile, è riuscito a dar meritevolmente “voce” a rilevanti temi anticipati attraverso una memoria scritta.
La difesa del giovane, ha evidenziato in sintesi un travisamento palese negli da ravvisarsi nell’Atto d’Impugnazione avanzato della Procura Generale e dal difensore di Parte Civile, non essendo corrispondente al vero il fatto che la motivazione dell’assoluzione in forza dell’art. 52 c.p. fosse sorretta e basata esclusivamente sul dichiarato dell’imputato, reso nell’immediatezza dell’evento; tutto al contrario, si fa riferimento al verbale di arresto e all’informativa della Polizia Giudiziaria, nonché ad altre dichiarazioni molto importanti rese che però diventano del tutto evanescenti in ambedue gli Atti di Impugnazione. Le dichiarazioni volontariamente espunte, tra l’altro, sono proprio quelle rese da colui il quale deteneva in pugno l’arma da fuoco, ininterrottamente, dalle 02:00 di notte fino all’avvenimento dell’episodio in narrativa.
La sentenza della Corte territoriale è perfettamente logica e rigorosa nello spiegare per quale motivo si versasse in una situazione di animus defendendi dal punto di vista psicologico ed è altrettanto precisa nel sottolineare la proporzionalità tra i mezzi impiegati nonché la sussistenza del pericolo attuale.
Un ultimo rilevante tema come contestato dalla difesa di Parte Civile, nonché argomento focale di tale scritto, riguarda l’asserita esclusione di compatibilità tra la scriminante della legittima difesa e l’istituto di cui all’articolo 82 c.p., dell’aberratio ictus. Già la Corte di Appello aveva espresso le proprie considerazioni in merito, esplicitando nello specifico la piena compatibilità dell’azione difensiva precedentemente descritta con l’ipotesi dell’aberratio ictus, facendo ulteriore riferimento, a sostegno di ciò, agli artt. 59 co. 1, c.p. (Secondo cui: “Le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell’agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti”) e 47 c.p. (Secondo cui: “L’errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità dell’agente”), evidenziando pertanto come l’errore incolpevole dell’agente consente appunto di scriminare il fatto.
6. Conclusioni
La Suprema Corte di Cassazione, si pone in esatta continuità rispetto al tracciato già segnato dai giudici dei precedenti gradi, affermando testualmente il seguente principio di diritto: “…non vi sono ragioni per negare la configurabilità della legittima difesa nel caso in cui ad essere destinatario della condotta dell’agente sia un soggetto diverso da quello che ha determinato la situazione di pericolo”. Prosegue oltre, sostenendo che la scriminante di cui all’art. 52 c.p. deve essere rapportata all’“offesa ingiusta” subìta, che non può non considerarsi allorquando la reazione difensiva attinga poi un soggetto diverso da colui che ha determinato la situazione di pericolo!
Non poteva dunque, data la linearità e coerenza della ratio decidendi della Corte di Appello, ravvisarsi alcun vizio nell’applicazione della legge penale, così come sostenuto nell’Atto d’impugnazione di controparte: precipuamente e in maniera conclusiva “…nel caso di offesa a persona diversa da quella alla quale la stessa era diretta, sussistendone i presupposti per la configurabilità della legittima difesa, non vi sono ragioni per escluderla, non ricorrendo alcuna relazione di incompatibilità tra l’art. 52 c.p. e la condizione oggettiva definita dall’art. 82 c.p.”
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