Il reato omissivo improprio: i presupposti

Redazione 07/02/19
Elementi costitutivi del reato omissivo improprio sono: (i) situazione tipica di pericolo per il bene da proteggere, che può essere fronteggiata tenendo una condotta attiva; (ii) una condotta omissiva da parte dell’autore del reato; (iii) il prodursi dell’evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire; (iv) la causalità omissiva; (v) la preesistenza di una posizione di garanzia riconducibile all’autore del reato.

Distinzione tra reato omissivo proprio e improprio

Si distingue tra reato omissivo proprio e reato omissivo improprio (quest’ultimo detto anche reato di omesso impedimento).

Si è dibattuto in dottrina con riferimento ai criteri in base ai quali differenziare l’una e l’altra tipologia di reato omissivo.

Secondo una prima tesi (minoritaria), vi sarebbe reato omissivo improprio quando questo non è espressamente previsto da una norma incriminatrice, ma risulta dalla combinazione di una norma che contempla la fattispecie a condotta attiva e la cosiddetta clausola di equivalenza di cui all’art. 40 comma 2 c.p., in forza del quale non impedire l’evento che si ha l’obbligo giuridico di evitare equivale a cagionarlo. Al contrario, la fattispecie omissiva propria sarebbe contemplata da una norma incriminatrice ad hoc (così il reato di omissione di soccorso).

Per un diverso orientamento, il reato omissivo improprio si caratterizzerebbe per il mancato impedimento di un evento, che segna il momento consumativo del reato, a prescindere che la fattispecie sia espressamente disciplinata o risulti dalla combinazione tra l’art. 40, comma 2, c.p. Tale evento mancherebbe invece nella struttura del reato omissivo proprio.

Ad ogni modo, elementi costitutivi del reato omissivo improprio sono: (i) situazione tipica di pericolo per il bene da proteggere, che può essere fronteggiata tenendo una condotta attiva; (ii) una condotta omissiva da parte dell’autore del reato; (iii) il prodursi dell’evento che si aveva l’obbligo giuridico di impedire; (iv) la causalità omissiva; (v) la preesistenza di una posizione di garanzia riconducibile all’autore del reato.

Necessità dell’evento

La clausola di equivalenza ex art. 40, comma 2, c.p.  può combinarsi solo con una norma che prevede un reato di evento. La clausola di equivalenza non può operare con riferimento a norme che prevedano reati di mera condotta.

Ci si è chiesti se possa derivare un reato omissivo improprio dalla combinazione tra l’art. 40, comma 2, c.p. e il reato di favoreggiamento personale ex art. 378 c.p. (cioè il reato addebitabile a chi aiuta taluno ad eludere le investigazioni dell’autorità o a sottrarsi alle ricerche di questa).  In particolare, in base all’art. 378 c.p. “chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche di questa, è punito con la reclusione fino a quattro anni. Quando il delitto commesso è quello previsto dall’articolo 416bis si applica, in ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a due anni. Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di contravvenzioni, la pena è della multa fino a cinquecentosedici euro. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non è imputabile o risulta che non ha commesso il delitto”.

Secondo un primo orientamento il reato di favoreggiamento personale ex art. 378 c.p. sarebbe un reato di pura condotta, nella cui struttura manca un evento, con conseguente impossibilità di ravvisare un reato omissivo improprio.

Secondo una diversa impostazione, invece, integra un reato in realtà di evento e non di mera condotta, con conseguente impossibilità di ravvisare un reato omissivo improprio. L’evento consisterebbe, in particolare, nella creazione di una situazione di ostacolo allo svolgimento delle indagini.

In realtà, la giurisprudenza ha finito con il riconoscere che nella lettera dello stesso art. 378 c.p., e in particolare nel termine “aiuto”, vadano ricomprese anche condotte omissive. Pertanto, la configurabilità del reato di favoreggiamento personale attraverso condotte omissive può essere ammessa senza dover risolvere il problema della configurabilità di un reato omissivo improprio e della natura (di condotta o di evento) del reato in discorso.

Necessità della “forma libera” del reato

Affinché l’art. 40, comma 2, c.p. possa dare luogo a un reato omissivo improprio, la norma citata deve combinarsi con altra norma incriminatrice che tipizzi un reato causalmente orientato o a forma libera.

Ci si è pertanto chiesti se possa derivare un reato omissivo improprio dalla combinazione tra l’art. 40, comma 2, c.p. e l’art. 640 c.p., che tipizza il reato di truffa.

In particolare, in base all’art. 640 c.p. “chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da cinquantuno euro a milletrentadue euro. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da trecentonove euro a millecinquecentoquarantanove euro: 1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare; 2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l’erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell’Autorità; 2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5). Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall’articolo 61, primo comma, numero 7”.

Di primo acchito, la norma sembrerebbe descrivere un reato a condotta vincolata, in quanto richiede che il danno patrimoniale sia la conseguenza di una condotta che si connota per gli artifizi e i raggiri.

Ci si è chiesti quindi se fosse configurabile quale reato omissivo improprio la truffa “per silentium, data dalla combinazione degli artt. 40, comma 2, e 640 c.p.

La giurisprudenza ritiene contestabile la truffa per silentium a chi, avendo l’obbligo di fornire informazioni veritiere, omette di farlo. Ai fini dell’integrazione della truffa ciò che assume rilievo dirimente è l’idoneità della condotta in concreto posta in essere a produrre l’effetto di induzione in errore del soggetto passivo. Alla luce della ricostruzione in senso causale appena delineata, la truffa è quindi qualificata come reato causalmente orientato  (anziché come reato a forma vincolata), con conseguente possibilità  di riconoscere il reato omissivo  improprio.

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Redazione

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