Sommario: 1. Quali gli strumenti esattoriali esistenti; 2. La decisione di recupero quale atto genetico essenziale per la qualificazione giuridica dell’aiuto comunitario in agricoltura di natura indebita ed inquadramento della giurisdizione italiana; 3. Il ruolo ordinamentale della legge penale n. 898/1986 stando ad alcuni profili critici di probabile contrasto con i principi Costituzionali e CEDU; 4. Il Fondo FEOGA, il ruolo dell’AGEA e la competenza dell’AGECONTROL spa; 5. Brevissimo cenno in merito alla frode comunitaria ed alla funzione della sentenza del giudice italiano.
1. Quali gli strumenti esattoriali esistenti
Ai fini dell’analisi che segue, si parta necessariamente dal tener in riferimento quanto prevede il DPR 602/73 in materia di riscossione:
- “Nei ruoli sono iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi”;
- “L’ufficio competente forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui i concessionari operano. In ciascun ruolo sono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale in comuni compresi nell’ambito territoriale cui il ruolo si riferisce. Con decreto del Ministero delle finanze, di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sono stabiliti i dati che il ruolo deve contenere, i tempi e le procedure della sua formazione, nonché le modalità dell’intervento in tali procedure del consorzio nazionale obbligatorio fra i concessionari. Nel ruolo devono essere comunque indicati il numero del codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo e il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento ovvero, in mancanza, la motivazione, anche sintetica, della pretesa; in difetto di tali indicazioni non può farsi luogo all’iscrizione. 4. Il ruolo e’ sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato. Con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo”.
È essenziale, ai fini dell’inquadramento della presente questione, comprendere la differenza sostanziale che v’è tra tipi di recupero che la P.A. (per l’ordinamento giuridico italiano) può porre in essere per un determinato quantum debeatur.
In particolare quest’ultimo può essere:
- imposto per legge (imposta, tassa, ecc.) con potere specifico di coazione per l’ufficio competente;
- oggetto di attività discrezionale della P.A. (nel caso in cui quest’ultima abbia potere o facoltà) se tramite risarcimento del danno o da indebito oggettivo;
- oggetto di attività non discrezionale della P.A. poiché vincolata ad eseguire una decisione di un sovraordinato apparato od istituzione (ad esempio comunitaria).
Nel primo e nel terzo caso il cittadino si trova in una posizione di interesse legittimo, mentre nel secondo di mero diritto soggettivo.
Quindi, l’attività della P.A., differenziandosi a seconda del tipo di recupero da effettuare, può concretizzarsi tramite:
- riscossione a mezzo ruolo (DPR 602/73, ove ammessa per specifica previsione);
- coazione amministrativa/ingiunzione fiscale (R.D. 639/1910, ove compatibile per materia ed ove non di per sé incostituzionale od abrogata implicitamente);
- attività ordinaria di riconoscimento giudiziale dell’indebito oggettivo del codice civile e codice di procedura civile.
Tuttavia solo le entrate patrimoniali dello Stato (in quanto tali) o quelle ad esse paragonate od associate possono godere del procedimento riscossivo pubblicistico nonché di quello per coazione amministrativa tramite ingiunzione fiscale.
La conferma di ciò deriva dal fatto che il D.Lgs. 46/1999 ha modificato, per l’appunto, il DPR 602/73 il quale ultimo, pur ampliando il regime di riscossione pubblicista ad altre materie e tipologie debitorie del cittadino, espressamente prescrive:
- all’art. 17 che “ Salvo quanto previsto dal comma 2, si effettua mediante ruolo la riscossione coattiva delle entrate dello Stato, anche diverse dalle imposte sui redditi, e di quelle degli altri enti pubblici, anche previdenziali, esclusi quelli economici”;
- all’art. 21 che “Salvo che sia diversamente disposto da particolari disposizioni di legge, e salvo, altresì, quanto stabilito dall’art. 24 per le entrate degli enti previdenziali, le entrate previste dall’articolo 17 aventi causa in rapporti di diritto privato sono iscritte a ruolo quando risultano da titolo avente efficacia esecutiva”.
Leggendo l’ultima parte del predetto art. 21 potrebbe sembrare, ad esempio, che gli aiuti comunitari in agricoltura (AGEA, ex AIMA) od anche per le piccole medie imprese (Mediocredito Italiano) possano rientrare nella disciplina de quo.
Si badi bene però al fatto che trattasi di risorse aventi natura comunitaria e per i quali il rapporto è assolutamente soggettivo[1]; ragione per la quale, quest’ultima, l’atto amministrativo che costituisca un interesse legittimo in capo al destinatario, di per sé, non può avere forza e vita giuridica poiché porrebbe uno sviamento di procedura ed od un eccesso/abuso del potere amministrativo).
Tuttavia, il fatto che la stessa norma faccia salva la possibilità di disposizione particolare tramite legge speciale fa direttamente aprire porte interpretative ulteriori rispetto alla successiva modifica normativa intervenuta con D.Lgs. 165/1999[2] in materia di aiuti comunitari nel settore dell’agricoltura.
2. La decisione di recupero quale atto genetico essenziale per la qualificazione giuridica dell’aiuto comunitario in agricoltura di natura indebita ed inquadramento della giurisdizione italiana
Il D.Lgs. 165/1999, per l’appunto, ha istituito l’AGEA (Agenzia per l’erogazioni in agricoltura) in sostituzione della soppressa AIMA adottando, altresì, la qualifica di “organismo pagatore”.
Difatti, l’art. 7 del D.Lgs. 165/99 prescrive che “Le entrate dell’Agenzia sono costituite: a) dalle assegnazioni a carico dello Stato, finalizzate anche alla gestione delle attività istituzionali dell’Agenzia, determinate con la legge finanziaria; b) dalle somme di provenienza dell’Unione europea per il finanziamento o il cofinanziamento del funzionamento dell’Agenzia e dei rimborsi forfettari da parte del FEOGA; c) dai proventi realizzati nell’espletamento delle gestioni di intervento. Non costituiscono entrate, ai sensi delle lettere a), b), e c) del comma 1, le assegnazioni a carico del bilancio dello Stato o della Unione europea destinate ad essere erogate a terzi a titolo di aiuti o per spese connesse alla gestione degli ammassi pubblici. Le somme destinate agli ammassi e agli aiuti comunitari, anche cofinanziati, sono gestite su un conto infruttifero intestato all’Agenzia con la dizione “Aiuti e ammassi comunitari” da tenersi presso la Tesoreria centrale dello Stato. Tali somme, cosi’ identificate, costituiscono patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello dell’Agenzia. Con apposito decreto del Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, di concerto con il Ministro per le politiche agricole, sono determinate le modalità per l’accreditamento delle somme destinate agli aiuti comunitari sui sottoconti infruttiferi intestati agli organismi pagatori regionali”.
Ora, si tenga a mente l’ipotesi in cui un qualsiasi Ente nazionale (erogatore di partite d’aiuto comunitario) volesse utilizzare non già il DPR 602/1973 bensì il R.D. 639/1910 per la riscossione pubblica.
Quest’ultima norma si titola “Approvazione del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato” e prescrive all’art. 1 (unico ed onnicomprensivo di n. III sezioni) quanto segue: “E’ approvato l’annesso testo unico, visto, d’ordine Nostro, dal ministro predetto, delle disposizioni concernenti il procedimento coattivo per la riscossione delle entrate patrimoniali, e dei proventi di servizi pubblici contemplati dalla legge 24 dicembre 1908, n. 797, nonché delle tasse sugli affari. Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare… omissis… – SEZIONE 0 – Disposizioni generali Art. 1: I sistemi di procedura coattiva, attualmente in vigore nelle diverse regioni del territorio dello Stato, per la riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato, del Fondo per il culto, del Fondo di religione e beneficenza di Roma, dei Patrimoni riuniti ex-economali (sia per le entrate economali, sia per quelle degli enti ecclesiastici dipendenti, quando essi si trovino effettivamente e direttamente amministrati dagli Economati e sub-economati predetti), delle Province, dei Comuni e delle istituzioni pubbliche di beneficenza sono abrogati e sostituiti dalle disposizioni della presente legge, le quali sono applicabili anche ai proventi del Demanio pubblico e dei pubblici servizi esercitati dallo Stato e dagli enti sopra menzionati”.
Del tutto facile che balzi all’occhio l’oggettiva ed immediata inapplicabilità anche della suddetta norma pre-repubblicana al fine di recuperare un’indebita erogazione di aiuti comunitari; quest’ultimi non possono qualificarsi vere e proprie “entrate di Stato”.
D’altronde basti pensare che nel 1910 non esistevano assolutamente neanche le Istituzioni europee riconosciute dalla Costituzione[3] italiana entrata in vigore nel 1948.
Cristallizzate, pertanto, le norme da prendere in esame affinché possano individuarsi i confini giuridici di trattazione della materia, è il caso di passare all’analisi di quali strumenti effettivi (in ottica difensiva ex art. 24 della Costituzione) può porre in essere un cittadino-contribuente allorquando si vedesse destinatario di un atto di riscossione emesso della P.A. (ai sensi del DPR 602/73 o secondo il R.D. 639/1910) ed eventualmente basato sul presupposto di aver indebitamente percepito erogazioni monetarie consistenti in aiuti comunitari.
L’Art. 9 D.Lgs. 150/2011, titolandosi “Dell’opposizione ai provvedimenti di recupero di aiuti di Stato”, prescrive: “1. Ove non diversamente disposto dal presente articolo, le controversie in materia di recupero degli aiuti di Stato previste dall’articolo 1 del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2008, n. 101, sono regolate dalle disposizioni contenute nell’articolo 6 del presente decreto, in quanto compatibili, ad eccezione dei commi 2, 3, 4, 5, 9 e 13. 2. Nelle controversie di cui al comma 1, in deroga a quanto previsto dall’articolo 5, e nei giudizi civili aventi ad oggetto un titolo giudiziale di pagamento conseguente a una decisione di recupero, il giudice, su richiesta di parte, può sospendere l’efficacia esecutiva del titolo amministrativo o giudiziale di pagamento se ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni: a) gravi motivi di illegittimità della decisione di recupero, ovvero evidente errore nella individuazione del soggetto tenuto alla restituzione dell’aiuto di Stato o evidente errore nel calcolo della somma da recuperare e nei limiti di tale errore; b) pericolo di un pregiudizio imminente e irreparabile. 3. Quando accoglie l’istanza di sospensione per motivi attinenti alla illegittimità della decisione di recupero, il giudice provvede all’immediato rinvio pregiudiziale della questione alla Corte di giustizia dell’Unione europea, se ad essa non sia stata gia’ deferita la questione di validità dell’atto comunitario contestato.
L’istanza di sospensione non può in ogni caso essere accolta per motivi attinenti alla legittimità della decisione di recupero quando la parte istante, pur avendone facoltà perché individuata o chiaramente individuabile, non abbia proposto impugnazione avverso la decisione di recupero ai sensi dell’articolo 263 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e successive modificazioni, ovvero quando, avendo proposto l’impugnazione, non abbia richiesto la sospensione della decisione di recupero ai sensi dell’articolo 278 del Trattato medesimo ovvero l’abbia richiesta e la sospensione non sia stata concessa. 4. Fuori dei casi in cui e’ stato disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, quando accoglie l’istanza di sospensione il giudice fissa la data dell’udienza di trattazione nel termine di trenta giorni. La causa e’ decisa nei successivi sessanta giorni. 5. Il presidente di sezione, in ogni grado del procedimento, vigila sul rispetto dei termini di cui al comma 4 e riferisce con relazione trimestrale, rispettivamente, al presidente del tribunale o della corte di appello per le determinazioni di competenza. Nei tribunali non divisi in sezioni le funzioni di vigilanza sono svolte direttamente dal presidente del tribunale”.
A sua volta, il richiamato art. 1 D.L. 59/2008, prescrive: “I giudizi civili concernenti gli atti e le procedure volti al recupero di aiuti di Stato in esecuzione di una decisione di recupero adottata dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 14 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio del 22 marzo 1999 sono regolati dall’articolo 9 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150”.
Sempre in correlazione normativo-comunitaria, l’art. 14 del regolamento CE n. 659/1999, titolato “Recupero degli aiuti”, prevede che “1. Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario (in seguito denominata «decisione di recupero»). La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario. 2. All’aiuto da recuperare ai sensi di una decisione di recupero si aggiungono gli interessi calcolati in base a un tasso adeguato stabilito dalla Commissione. Gli interessi decorrono dalla data in cui l’aiuto illegale è divenuto disponibile per il beneficiario, fino alla data di recupero. 3. Fatta salva un’eventuale ordinanza della Corte di giustizia delle Comunità europee emanata ai sensi dell’articolo 185 del trattato, il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione. A tal fine e in caso di procedimento dinanzi ai tribunali nazionali, gli Stati membri interessati adottano tutte le misure necessarie disponibili nei rispettivi ordinamenti giuridici, comprese le misure provvisorie, fatto salvo il diritto comunitario”.
Detto provvedimento europeo è stato integralmente codificato con successivo Regolamento CE n. 1589/2015 e quest’ultimo, tanto quanto il Reg. del 1999, poggia l’impianto giuridico essenziale su un atto tipico qual è la c.d. “decisione di recupero” specifica della Commissione europea.
Solo la puntuale e specifica decisione della Commissione Europea, quale unica titolare dell’azione volta al riottenimento del denaro beneficiato dall’eventuale soggetto ritenuto non più meritevole di riconoscimento del diritto soggettivo in termini di aiuto comunitario, costituisce effettivo e sacramentale titolo per lo Stato membro idoneo esecutivamente.
Da quanto innanzi si deduce ed evince chiaramente, senza possibilità di equivoci, che in materia di aiuti stabiliti dalla UE (ove in armonizzazione, specie per il mercato agricolo) ex art. 93 TCE, ora art. 113 in versione consolidata, i soggetti interessati sono:
- la Commissione Europea, quale titolare del potere di impulso decisorio, amministrativo, esecutivo ed originario al fine di definire anzitutto un aiuto come “illegale”;
- lo Stato Membro, quale soggetto che deve dare esecuzione alla decisione della Commissione suddetta tramite gli strumenti di recupero previsti dall’ordinamento nazionale facendo salva la primazia di quello comunitario nel caso in cui le norme dello Stato destinatario dell’ordine europeo siano in antinomia gerarchica;
- l’organismo pagatore nazionale (Ministero competente tramite gli Enti ad esso dipendenti), al quale spetta esclusivamente erogare le somme riconosciute a titolo di aiuto ed effettuare i controlli previsti per legge senza alcuna possibilità o facoltà di procedere autonomamente ad alcun recupero funzionale[4] se non previsto espressamente per legge con norma di attuazione od istitutiva-costitutiva dell’Ente preordinato.
L’ordinamento nazionale, integrato da quello sovranazionale ex art. 10 e 117 Cost., qualifica quale titolare del potere di dichiarazione di illegalità dell’aiuto solo ed esclusivamente la Commissione Europea tramite lo strumento della “decisione puntuale”.
A conferma di ciò l’art. 15 del Regolamento CE summenzionato è insuscettibile di diversa interpretazione allorquando prescrive che “1. I poteri della Commissione per quanto riguarda il recupero degli aiuti sono soggetti ad un periodo limite di 10 anni. 2. Il periodo limite inizia il giorno in cui l’aiuto illegale viene concesso al beneficiario come aiuto individuale o come aiuto rientrante in un regime di aiuti. Qualsiasi azione intrapresa dalla Commissione o da uno Stato membro, che agisca su richiesta della Commissione, nei confronti dell’aiuto illegale interrompe il periodo limite. Ogni interruzione fa ripartire il periodo da zero. Il periodo limite viene sospeso per il tempo in cui la decisione della Commissione è oggetto di un procedimento dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee. 3. Ogni aiuto per il quale è scaduto il periodo limite è considerato un aiuto esistente”.
Il suddetto art. 15 consolida, quindi, la funzione prodromica della decisione/richiesta di recupero della Commissione Europa rivolta allo Stato membro.
Sicché uno Stato membro che agisce nei confronti di un cittadino (beneficiario dell’aiuto) senza la prodromica ed opportuna decisione comunitaria presupposta all’esercizio del recupero (tramite le norme nazionali giuste e non confliggenti con l’ordinamento euro-unitario) commette un abuso ed un rilevante danno esistenziale-umano (ed/od imprenditoriale nel caso in cui il destinatario della misura di riscossione nazionale – R.D. 639/1910 o DPR 602/1973 – risulti essere, ad esempio, soggetto titolare d’azienda).
3. Il ruolo ordinamentale della legge penale n. 898/1986 stando ad alcuni profili critici di probabile contrasto con i principi Costituzionali e CEDU
Ai fini del presente approfondimento tematico si pone un altro ragionamento giuridico legato a tutte quelle fattispecie di recupero comunitario determinate penalmente piuttosto che solo in via amministrativa – esattoriale.
Il sistema giuridico italiano sanziona la condotta fraudolenta di colui il quale ottiene indebitamente erogazioni comunitarie definite “aiuti esistenti” ai sensi del Reg. CE n. 659/1999.
Perciò si attenzioni quanto segue.
L’art. 1 della legge n. 689/81 (legge di depenalizzazione), titolata “principio di specialità”, prevede “Nessuno puo’ essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione. Le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati”.
In ragione di quanto innanzi, il legislatore ha dovuto porre in essere una misura legislativa di natura afflittiva penale (sempre in ordine alla materia afferente gli aiuti comunitari nel settore dell’agricoltura, in particolare per la produzione dell’olio d’oliva).
Così il quadro normativo si è completato come appresso:
- DPR 447/1982, titolato “Attuazione della direttiva (CEE) n. 77/435 relativa ai controlli, da parte degli Stati membri, delle operazioni che rientrano nel sistema di finanziamento del Fondo europeo agricolo di orientamento e di garanzia, sezione garanzia (F.E.O.G.A.)”, il quale non prevede sanzioni penali ma solamente attività di controllo amministrativo da parte del Ministero competente;
- L. 701/1986, titolato “Misure urgenti in materia di controlli degli aiuti: comunitari alla produzione dell’olio di oliva”, il quale è entrato in vigore per gli anni di competenza successivi all’anno 1986 prevedendo solamente mere attività di controllo amministrativo da parte di “AGECONTROL SPA” (e non AGEA, ex AIMA) senza autorizzare attività recuperatorie dirette in sostituzione della Comunità Europea;
- Legge n. 898/1986, titolata “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 27 ottobre 1986, n. 701, recante misure urgenti in materia di controlli degli aiuti comunitari alla produzione dell’olio di oliva. Sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari al settore agricolo”, il quale prevede al solo art. 4 la condotta penale con quantificazione contestuale del giudice penale dell’eventuale indebito comunitario il cui unico danneggiato, in caso di accertato indebito da parte del cittadino, sarebbe il Fondo FEOGA (titolare di quest’ultimo è, per l’appunto, la Comunità Europea).
Alla luce di quanto sopra, la deduzione derivante è che semmai l’Italia dovesse, allo stato attuale, porre in essere recuperi per aiuti comunitari non dovuti poiché accertati in sentenze di matrice penale emesse in ragione della legge n. 898/1986, di certo sarebbero sprovvisti di supporto temporale normativo i periodi precedenti (cioè 1981-1985).
Quanto innanzi, in caso di effettivo tentativo dello Stato italiano di riscuotere esattorialmente somme del periodo pre 1986, rappresenterebbe una patente violazione del principio per il quale la legge, in uno stato di diritto, può esclusivamente prevedere per il futuro.
Basti leggere alcune disposizioni a sostegno di quanto sopra ed in particolare:
- 11 pre-leggi del codice civile: “La legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo”;
- 1 codice penale “Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite”;
- 2 codice penale “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato. Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali. Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell’articolo 135. Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile[648 c.p.p.]. Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti . Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti”;
- 2 Cost. “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”;
- 25 Cost. “Nessuno puo’ essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”;
- 7 CEDU “Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso”.
4. Il Fondo FEOGA, il ruolo dell’AGEA e la competenza dell’AGECONTROL Spa
AGEA, stando all’ordinamento giuridico italiano (di attuazione di quello comunitario), è esclusivamente Ente erogatore per conto dello Stato membro italiano di somme del FEOGA (Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e di Garanzia) non potendo essere, al contempo, né soggetto titolare di verifica contabile, né amministrativa speciale ai sensi della legge n. 898/86, né altro inerente a qualsivoglia attività finalizzata a rendere certo, liquido ed esigibile un presunto credito nei confronti del beneficiario di aiuti successivamente ritenuti indebiti.
Sul punto, la Cassazione, sezione prima civile, ha affermato recentemente con la sent. n. 3402 del 22.02.2016, tenuto conto ovviamente dell’oggetto e delle domande del processo nel quale si è emessa tal decisione, che “in tema di contribuiti comunitari indebitamente percepiti, il sistema recuperatorio e sanzionatorio previsto a livello comunitario… omissis… non sostituisce, a tal uopo, quello predisposto dallo Stato membro (nella specie, rationae temporis: la legge n. 898 del 1986), ponendosi il primo come rimedio aggiuntivo e volto ad assicurare la minima tutela indispensabile, allo scopo di garantire il recupero delle risorse illegittimamente o illecitamente conseguite dai privati, potendo lo Stato membro assicurare un più rigoroso controllo, il recupero e la repressione dei comportamenti vietati”.
Dalla lettura dell’orientamento nomofilattico occorre dedurre due interpretazioni ulteriori:
- la disciplina comunitaria è il faro al quale sovraordinatamente quella nazionale deve rifarsi per non incorrere in violazioni di diritto euro-unitario;
- la normativa nazionale, pur più rigorosa, non può eccedere le finalità ed i presupposti dettati a livello comunitario tramite lo strumento del Regolamento (che è cosa diversa dalla direttiva comunitaria, strumento in base al quale il legislatore nazionale può ampliare strumenti e possibilità di recupero);
- la normativa nazionale non può comunque andare alla ricerca esasperata di strumenti amministrativi, penali o civili per sanzionare o tentare di recuperare l’eventuale indebito poiché rischierebbe (così come farebbe la legge 898/86) di violare due principi consolidati a livello euro-unitario e cioè il “ne bis in idem” processuale (nonché anche di fatto) unitamente al divieto generalizzato di “fishing expetition” (ovvero la ricerca forsennata con qualunque strumento disponibile nell’ordinamento di elementi probatori acquisiti od utilizzati ingiustamente e finalizzati a raggiungere un risultato amministrativo perseguitando a più livelli giuridici il cittadino).
Ai sensi dell’art. 3 della legge n. 898/86[5] vi erano, in pratica, due strade amministrative (speciali) affinché lo Stato Italiano, salvo altri Regolamenti e/o provvedimenti comunitari di superiore forza giuridica, potesse adempiere al dettato normativo della predetta disposizione in esame:
- la prima tramite ingiunzione (ex art. 3, co. 2) disciplinata in combinato disposto dalla già vigente all’epoca legge di depenalizzazione n. 689/81 (senza spazio alcuno per l’ingiunzione di matrice pre-repubblicana R.D. 639/1910 per i motivi già illustrati);
- la seconda tramite condanna penale (ex art. 2, co. 3) con la quale il giudice determinasse il relativo importo indebitamente percepito.
La determinazione a cui si giunge è indiscutibilmente evidente: l’AGEA non avrebbe comunque alcun potere e/o competenza ad emettere ingiunzioni ex art. 3, co. 2.
In particolare si abbia presente che la legge n. 898/86 prevede:
- all’art. 3 che “Indipendentemente dalla sanzione penale, per il fatto indicato nei commi 1 e 2 dell’articolo 2, nell’ambito di applicazione delle misure finanziate dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA), il percettore e’ tenuto in ogni caso alla restituzione dell’indebito e, soltanto quando lo stesso indebito sia superiore a lire centomila, al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, pari all’importo indebitamente percepito. Nell’ambito di applicazione delle misure finanziate dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR)… omissis… 2. L’amministrazione competente determina le somme dovute ai sensi del comma 1 ed emette ingiunzione di pagamento della somma stessa. Qualora l’istanza sia stata inoltrata per il tramite di un’associazione o unione di produttori, l’ingiunzione viene notificata alla stessa associazione o unione, la quale e’ tenuta in solido con il produttore al versamento delle somme dovute ove ne risulti la corresponsabilità. 3. L’irrogazione della sanzione amministrativa non resta sospesa nel caso che per il fatto sia promosso procedimento penale. Fermo il disposto del comma 5, qualora sia proposta opposizione all’ingiunzione dinanzi al pretore, questi sospende il giudizio di opposizione e puo’ sospendere l’esecutivita’ dell’ingiunzione a norma dell’ultimo comma dell’articolo 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689. 4. Il versamento deve avvenire entro il termine di novanta giorni dalla ricezione dell’ingiunzione. 5. Fino all’avvenuto pagamento resta sospesa la corresponsione di qualsiasi aiuto, premio, indennita’, restituzione, contributo o altra erogazione richiesti dal debitore e da percepire dalla stessa amministrazione che ha emesso l’ingiunzione, per qualunque importo e anche per periodi temporali successivi a quello cui si riferisce l’infrazione. … omissis… 7. Le somme indebitamente erogate, che vengono recuperate ai sensi del presente articolo in favore della Comunita’ economica europea o di amministrazioni statali diverse dall’Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA) sono versate all’entrata del bilancio dello Stato, per essere iscritte su apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, ai fini della successiva restituzione ai predetti soggetti per la parte di effettiva pertinenza. Le somme dovute ad amministrazioni statali sono iscritte nei rispettivi stati di previsione. Il Ministro del tesoro e’ autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. Le somme recuperate dagli organismi di intervento in favore della Comunita’ economica europea sono alla stessa rimborsate dagli organismi predetti, anche mediante conguaglio, ove autorizzato dalla Comunita’ economica europea nell’ambito del sistema FEOGA-Sezione garanzia”;
- all’art. 4 che “All’accertamento delle violazioni amministrative previste nei precedenti articoli 2 e 3 e all’irrogazione delle relative sanzioni si applica il capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, con le seguenti modificazioni: a) se non e’ avvenuta la contestazione immediata, gli estremi della violazione devono essere notificati, in deroga all’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689, agli interessati residenti nel territorio dello Stato entro il termine di centottanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento; b) e’ escluso il pagamento in misura ridotta; c) l’ordinanza-ingiunzione e’ emessa dal Ministro competente o che esercita la vigilanza sull’amministrazione competente ovvero da un funzionario da lui delegato; … omissis… d) il rapporto previsto nell’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, deve essere presentato all’autorità indicata nella precedente lettera c)”;
- all’art. 1 che “il decreto legge 27 ottobre 1986 n. 701… omissis… L’Agenzia per i controlli e le azioni comunitarie nel quadro del regime di aiuto alla produzione dell’olio di oliva (AGE-Control S.p.a.) svolge i compiti e assolve le pubbliche funzioni di controllo ad essa assegnati dai regolamenti CEE n. 2262 del Consiglio in data 17 luglio 1984 e n. 27 della commissione in data 4 gennaio 1985. 2. La struttura dell’Agenzia, la sua organizzazione e la sua gestione, comprese la predisposizione e l’approvazione del bilancio e del programma di attivita’, la selezione e la formazione del personale e la vigilanza del Ministero dell’agricoltura e delle foreste e della commissione delle Comunita’ europee, sono disciplinate dai predetti regolamenti CEE; per gli aspetti da questi non regolati si applicano le norme dell’ordinamento giuridico italiano sulle societa’ per azioni. 3. Nell’assolvimento dei compiti e delle funzioni assegnati dai predetti regolamenti CEE e, in particolare, nell’esercizio dei controlli e nella esecuzione degli accessi previsti dall’articolo 2, n. 4, del citato regolamento CEE n. 27 del 1985, gli ispettori dell’AGE-Control esercitano i poteri propri della loro qualita’ di pubblici ufficiali e sono soggetti ai relativi doveri. Si applicano le disposizioni degli articoli 4, quarto comma, 5 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 447… omissis… L’articolo 2 e’ sostituito dal seguente: “Art. 2. – 1. Gli ispettori dell’AGE-Control riferiscono sui risultati dei loro controlli al Ministero dell’agricoltura e delle foreste, alle regioni e province autonome interessate, all’Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo – AIMA e, all’occorrenza, alla commissione delle Comunita’ europee per i provvedimenti, le determinazioni e le valutazioni di rispettiva competenza. 2. Qualora riscontrino la violazione di norme penali, gli ispettori dell’AGE-Control presentano rapporto all’autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 2 del codice di procedura penale, informandone il proprio presidente.”.
Considerato quanto sopra, va altresì tenuto con che:
- l’art. 17 della legge n. 689/81 prescrive “Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l’agente che ha accertato la violazione, salvo che ricorra l’ipotesi prevista nell’articolo 24, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all’ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto… omissis… L’ufficio territorialmente competente e’ quello del luogo in cui e’ stata commessa la violazione…. omissis”;
- l’art. 4 del DPR 447/1982 invece prescrive che “I controlli sono effettuati da funzionari dei Ministeri delle finanze, dell’agricoltura e delle foreste e del tesoro, all’uopo incaricati dalle rispettive amministrazioni centrali interessate. Per l’esecuzione dei controlli di cui al primo comma, il Ministro dell’agricoltura e delle foreste puo’ avvalersi degli organismi abilitati al pagamento delle spese per gli interventi di mercato. I funzionari, nell’espletamento dell’incarico, si avvalgono della cooperazione della polizia tributaria. Ai fini del controllo, i funzionari incaricati hanno facolta’ di accedere nella sede legale dell’impresa, nonche’ nei locali adibiti dall’imprenditore all’esercizio della sua attivita’. L’imprenditore ha l’obbligo di fornire, a richiesta degli addetti ai controlli, i documenti commerciali da esso tenuti, la corrispondenza attinente alle operazioni FIOGA, nonche’ di rilasciare estratti o copie dei documenti stessi”.
Si abbia, quindi, per assodato, che per il principio di successione delle norme nel tempo e per il combinato disposto delle norme suddette, la competenza di controllo, di rapporto e, per l’effetto, anche di accertamento amministrativo degli eventuali aiuti indebiti spetta ad AGECONTROL SPA quale Ente preordinato a tale attività per legge.
Alcuna competenza spetta perciò ad AGEA, la quale è (invece) un mero e semplice “Organismo pagatore” per conto dello Stato membro italiano.
L’emissione di una eventuale ordinaza-ingiunzione è di competenza del Ministro competente che farebbe le veci degli interessi della Comunità Europea ed al quale spetta notiziare, unitamente alla AGECONTROL SPA (ognuno nel rispetto delle reciproche funzioni: l’una accertativa, l’altra di controllo e verifica), la Commissione Europea.
Solo a quest’ultima spettata dichiararsi in merito al fatto che l’aiuto sia di natura illecita disponendo l’opportuno recupero tramite decisione puntuale (ex Reg. CE 659/1999).
L’AGEA, pertanto, oltre a non avere titolo e competenza in materia di controlli relativi agli indebiti, non può essere definito Organismo d’intervento (ex art. 3, co. 7, legge 898/86) ma semplicemente pagatore in regime di sostituzione per la Comunità Europea e gestore contabile della propria erogazione.
Sul tema autorevole dottrina[6] si è espressa sin dagli anni successivi all’entrata in vigore delle norme comunitarie e nazionali (di cui si è trattato) affermando che “l’amministrazione nazionale per mezzo degli organismi di intervento – e non pagatori quindi – svolge un’attività ben definita ed esercita poteri che sono limitati nelle modalità di svolgimento perché vincolati al perseguimento di finalità comunitarie; le scelte sostanziali (ad esempio la decisone di recupero della Commissione Europea) sono definite a livello sovranazionale e le autorità degli stati membri si limitano a svolgere attività necessarie alla loro realizzazione, senza alcuna potestà discrezionale”.
Gli organismi pagatori (come AGEA) non perseguono affatto un interesse pubblico particolare dello Stato membro.
Questi (gli organismi per l’appunto) appaiono evidentemente come meri esecutori ed attuatori di decisioni assunte dagli organi comunitari entro limiti prefissati (vedi ad esempio art. 15 Reg. CE 659/99 su decadenza decennale) che non lasciano alcuna libertà di valutazione rispetto all’esercizio di un diritto pieno già attribuito al soggetto beneficiario; ciò vale, a maggior ragione, laddove al soggetto beneficiario dell’aiuto comunitario non sia stato revocato il riconoscimento (ex art. 4 del Reg. CE 2262/1984) o sospeso (ex art. 3, co. 5, legge 898/86) alcunché in merito alla attività imprenditoriale in agricoltura.
A supporto di tale tesi, ad esempio, basti leggere il contenuto delle disposizioni comunitarie istitutive le misure di aiuto alla produzione del settore dell’olio di oliva (come rilevabile dalla lettura dell’art. 1 della legge 898/86) e cioè:
- il Regolamento CEE n. 2262/84 afferma “PREAMBOLO… omissis… considerando che l’esperienza ha dimostrato che la struttura amministrativa degli Stati membri produttori non è sufficientemente adeguata per eseguire i controlli previsti dalla regolamentazione comunitaria ; che è quindi indispensabile che detti Stati membri dispongano di servizi dotati di autonomia amministrativa per assolvere tali compiti ; che, tenuto conto dell’obbligo imposto agli Stati membri di istituire entro breve tempo una struttura particolare e di affidare a quest’ultima delle funzioni che travalicano l’ambito dei controlli… omissis… che è quindi necessario potenziare e integrare l’attuale regime di sanzioni, per renderlo maggiormente dissuasivo, tenuto conto delle caratteristiche specifiche dell’organizzazione comune del mercato dell’olio d’oliva ; che, a tal fine, è opportuno prevedere che gli Stati membri applichino delle sanzioni, per reprimere le irregolarità constatate nel quadro del regime d’aiuto alla produzione ; che, per garantire un’applicazione corretta ed uniforme delle sanzioni previste, è opportuno definire alcuni casi particolari nei quali sono applicate sanzioni, HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO : Articolo 1 1 . Ciascun Stato membro produttore costituisce, in conformità del proprio ordinamento giuridico, un’agenzia specifica incaricata di taluni controlli ed azioni nel quadro del regime d’aiuto alla produzione di olio d’oliva… omissis… Al fine di assicurare la corretta applicazione del regime d’aiuto alla produzione, l’agenzia di cui al paragrafo 1 deve, conformemente al programma d’attività di cui al paragrafo 4… omissis… controllare i frantoi riconosciuti ; – indagare sulla destinazione dell’olio ottenuto dalla triturazione delle olive e dei sottoprodotti… omissis… L’agenzia beneficia di piena autonomia amministrativa. Essa è investita dallo Stato membro interessato di ogni potere necessario ad assolvere i compiti di cui al paragrafo 2… omissis… Articolo 2 A norma dell’articolo 11 bis del regolamento n. 136/ 66/CEE, gli Stati membri produttori adottano le misure specifiche adeguate per sanzionare le infrazioni al regime di aiuto alla produzione, in particolare se è stato constatato: a) che i dati che figurano nella dichiarazione di coltura di cui all’articolo 3 del regolamento (CEE) n. 2261 /84 non corrispondono alla situazione realmente esistente ; b) che il quantitativo di olio che può fruire dell’aiuto è inferiore a quanto richiesto dagli olivicoltori aderenti ad un’organizzazione di produttori che hanno diritto ad un aiuto in funzione del quantitativo di olio d’oliva effettivamente prodotto ; c) che un’organizzazione, o unione, di produttori non ha rispettato gli obblighi introdotti dal presente regolamento ; d) che un frantoio non ha rispettato gli obblighi introdotti dal presente regolamento. Per l’attuazione delle disposizioni dell’articolo 2 gli Stati membri applicano almeno le seguenti misure specifiche : a) nel caso di cui all’articolo 2, lettera a), se dalla dichiarazione di coltura inesatta risulta un aumento del potenziale produttivo dell’olivicoltore in questione che non corrisponde alla situazione realmente esistente, tale olivicoltore deve pagare un importo in relazione con l’aumento di potenzialità risultante e sufficientemente dissuasivo ; b) nel caso di cui all’articolo 2, lettera b), lo Stato membro interessato recupera gli importi indebitamente pagati, se del caso, a titolo dell’aiuto e l’olivicoltore in questione deve pagare un importo, in relazione con l’importo dell’aiuto richiesto per i quantitativi d’olio per i quali non è stato riconosciuto il diritto all’aiuto e sufficientemente dissuasivo… omisiis”;
- il Regolamento CEE n. 27/1985 afferma che “art. 1. conformemente all’articolo 1,paragrafo 1, del regolamento cee n. 2264/84, ciascuno stato membro produttore costituisce, al più tardi del 31 marzo 1985, un’agenzia specifica incaricata dei controlli e delle azioni previste da detto regolamento… omisiis…art. 2… omissis… nell’assolvimento dei compiti loro assegnati gli agenti devono essere dotati dallo Stato membro interessato dei poteri adeguati per raccogliere tutte le informazioni e ogni elemento di prova per procedere… omisiis…”.
Bene, da quanto sopra, è evidente che lo Stato italiano ha istituito l’AGECONTROL SPA quale unico organismo di controllo e verifica preordinato all’attività di supporto probatorio relativo all’eventuale emissione dell’ingiunzione del Ministro competente in caso di procedimento separato di accertamento dell’indebito aiuto comunitario ex art. 3, co. 2.
Conferma giurisprudenziale sul punto deriva dalla Cassazione, sez. civile, sent. n. 6523 del 12 marzo 2008 con la quale la Suprema Corte afferma “se infatti l’AGEA sovraintende alla regolazione della distribuzione dei fondi comunitari e, quindi, anche al suo recupero, è il Ministero delle Politiche Agricole ad esercitare i poteri di repressione di ogni attività illecita che possa inserirsi nel corretto uso di dette disponibilità comunitarie, ed è il Ministero, interessato in via autonoma rispetto all’azione di recupero delle somme stesse, a reprimere gli abusi e a pretendere che ogni eventuale accertamento su di essi, rimesso al giudice dell’opposizione, avvenga nel contraddittorio della parte pubblica legittimata e nell’ambito dello specifico procedimento a tanto riservato”.
AGECONTROL SPA sarebbe, tra l’altro, l’unico soggetto titolare della competenza ad effettuare rapporto ex art. 17 legge 689/81 voluto dall’art. 4, co. 1, lett. d), della legge 898/86.
Ai fini comunitari l’ingiunzione del Ministro costituisce l’accertamento interno preordinato alla decisione comunitaria di recupero ex art. 14 del Reg. CE 659/99, mentre ai fini della legge 898/86 l’ingiunzione di cui sopra non sarebbe idonea a rendersi comunque esecutiva ex art. 18 della legge 689/81 stante la prescrizione per cui “L’ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo”; quest’ultimo passaggio relativo all’art. 18 della legge 689/81 avvalora ulteriormente l’impossibilità di inserire in eventuale ruolo esattoriale (ex art. 49 DPR 602/73) od in ingiunzione fiscale (ex art. 2 del R.D. 639/1910) i recuperi per indebito aiuto comunitario in quanto tali poiché l’ordinanza di cui sopra nascerebbe già esecutiva, senza ultronei passaggi.
Residuerebbe che lo Stato membro potrebbe, in effetti, dar luogo esattivo (e non esattoriale, si badi bene alla differenza) solamente tramite procedure ordinarie civilistiche stante l’assenza di una norma speciale che ne consenta diversa procedibilità.
Tutto quanto sopra illustrato si chiude con un semplice inciso che consacra il potere di accertamento e di formazione costitutiva del presunto credito (posto nella eventuale ingiunzione del Ministro competente) in capo ad AGECONTROL SPA ex art. 1 del DPR 447/1982 allorquando si prescrive “Per accertare che le operazioni finanziate dal FEOGA – sezione garanzia – siano reali e regolari, gli organi di cui all’art. 4 del presente decreto, fatta salva ogni altra disposizione di piu’ ampia portata prescritta in materia di controlli, effettuano ogni anno un controllo sistematico delle operazioni stesse, sulla base dei documenti commerciali che l’imprenditore beneficiario o debitore del sistema di finanziamento previsto a carico del FEOGA e’ obbligato a tenere”.
Ad abundantiam, è sufficiente leggere la norma costitutiva della AGEA (ex AIMA) per rendersi conto dell’inesistenza di un potere di controllo e/o accertativo in ordine agli indebiti comunitari.
Il D.Lgs. n. 165/1999 prescrive:
- 3 “1. L’Agenzia e’ l’organismo di coordinamento di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CEE) n. 729/70 del Consiglio, del 21 aprile 1970, come modificato dall’articolo 1 del regolamento (CEE) n. 1287/95 del Consiglio, del 22 marzo 1995, ed agisce come unico rappresentante dello Stato italiano nei confronti della Commissione europea per tutte le questioni relative al FEOGA, ai sensi del regolamento (CE) n. 1663/95 della Commissione, del 7 luglio 1995. L’Agenzia e’ responsabile nei confronti dell’Unione europea degli adempimenti connessi alla gestione degli aiuti derivanti dalla politica agricola comune, nonche’ degli interventi sul mercato e sulle strutture del settore agricolo, finanziate dal FEOGA. 1-bis. Al Ministero delle politiche agricole e forestali e’ attribuita la competenza della gestione dei rapporti con la Commissione europea afferenti, in seno al comitato del FEOGA – Garanzia, alle attivita’ di monitoraggio dell’evoluzione della spesa, di cui al regolamento (CE) n. 1258/99 del Consiglio, del 17 maggio 1999, relativo al finanziamento della politica agricola comune, nonche’ alle fasi successive alla decisione di liquidazione dei conti adottata ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), del citato regolamento (CEE) n. 729/70, come sostituito dall’articolo 1 del regolamento (CE) n. 1287/95 del Consiglio, del 22 maggio 1995. In materia l’AGEA assicura il necessario supporto tecnico fornendo, altresi’, gli atti dei procedimenti. 2. Omissis… 4. Fino all’istituzione ed al riconoscimento degli appositi organismi di cui al comma 3, l’Agenzia e’ organismo pagatore dello Stato italiano per l’erogazione di aiuti, contributi e premi comunitari previsti dalla normativa dell’Unione europea e finanziati dal FEOGA, non attribuita ad altri organismi pagatori nazionali. 5. I suddetti organismi pagatori devono fornire all’Agenzia tutte le informazioni occorrenti per le comunicazioni alla Commissione europea previste dai regolamenti (CEE) n. 729/70 e (CE) n. 1663/95 e successive modificazioni ed integrazioni”.
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5. Brevissimo cenno in merito alla frode comunitaria ed alla funzione della sentenza del giudice italiano
L’art. 2 della legge n. 898/86 prescrive, quale attività alternativa di accertamento rispetto a quella ex art. 3 innanzi spiegata, che “Ove il fatto non configuri il più grave reato previsto dall’articolo 640-bis del codice penale, chiunque, mediante l’esposizione di dati o notizie falsi, consegue indebitamente, per se’ o per altri, aiuti, premi, indennita’, restituzioni, contributi o altre erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e’ punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Quando la somma indebitamente percepita e’ pari o inferiore a 5.000 euro si applica soltanto la sanzione amministrativa di cui agli articoli seguenti…omissis…. 3. Con la sentenza il giudice determina altresì l’importo indebitamente percepito e condanna il colpevole alla restituzione di esso all’amministrazione che ha disposto la erogazione di cui al comma 1”.
Tale norma speciale incarica il giudice penale (e solo esso) a quantificare l’indebito derivante da aiuto comunitario illecito da accertarsi durante i fatti processuali di sua giurisdizione.
L’eventuale condanna restitutoria (ex art. 2,co.3):
- va qualificata quale statuizione civile del processo penale il cui soddisfacimento deve verificarsi per le vie ordinarie;
- in caso contrario, qualora fosse parte integrante e complementare della condanna penale sarebbe suscettibile esclusivamente di esecuzione unitaria ex art. 655 c.p. e seguenti.
Da ciò deriva ancor di più che non può aprirsi alcuna strada, nella fattispecie in esame, a strumenti esattoriali in materia di aiuti comunitari (specie nel settore agricoltura).
Il codice penale, nella parte della esecuzione del Titolo II, prevede tale attività unicamente per le sole pene pecuniarie o legate a quella detentiva, ma la condanna alla restituzione dell’indebito aiuto comunitario non è una pena accessoria a quella reclusiva bensì autonoma ed indipendente.
Note
[1] Così deciso ed affermato dalla Corte Cost. 204 del 06.07.2004 e dalla Cassazione SS.UU. sent. n. 15867 del 20.07.2011.
[2] Il D.Lgs. 74 del 21 maggio 2018 (in vigore dal 08.07.2018) ha semplicemente sostituito il D.Lgs. 165/1999.
[3] L’Art. 10, co. 1, Cost. enuncia quale diritto fondamentale che “L’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute” e l’art. 117, co. 1, Cost. prevede che “La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”.
[4] Sempre in relazione all’aiuto eventualmente dichiarato illegale dalla Commissione Europea.
[5] Ma comunque sino all’anno 1999, periodo in cui è entrato in vigore l’art. 14 del Reg. CE 659/99 il quale ha subordinato il recupero dell’aiuto illegale alla decisione della Commissione Europea.
[6] FRANCHINI – TESAURO, “Amministrazione Italiana e Amministrazione Comunitaria”, Padova, 1993, pag. 153 e ss.
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