Il regime delle distanze in edilizia ed il principio di prevenzione con particolare riferimento al rapporto tra norme primarie e secondarie

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Il principio di prevenzione

Tra i limiti della proprietà prescritti dall’ordinamento giuridico assume un ruolo di primaria rilevanza la disciplina in tema di distanze tra costruzioni, la quale è costituita sia da norme del codice civile, in particolare l’art. 873, sia da norme contenute in fonti regolamentari.

Com’è noto ai sensi dell’art. 873 c.c. tra le costruzioni deve essere mantenuta una distanza minima di tre metri su fondi anche non contigui. Tale disciplina ha lo scopo di evitare intercapedini dannose.

La distanza talvolta può essere superiore. Distanze maggiori sono imposte da leggi speciali (art 9 del D.M 1444/68) e dai regolamenti comunali.

Dal combinato disposto degli artt. 873, 874, 875 e 877 c.c. emerge la regola del principio di prevenzione. In particolare, nel caso in cui su due fondi contigui non esistano costruzioni al proprietario che costruisce per primo è offerta una triplice facoltà, potendo egli edificare sia rispettando una distanza dal confine pari alla metà di quella imposta dal codice, sia sul confine, sia ad una distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta.

Pertanto, il principio di prevenzione comporta che il confinante che costruisce condiziona indirettamente la scelta del vicino che voglia a sua volta costruire. A fronte alla scelta operata dal preveniente, il vicino che costruisce successivamente, nel primo caso, deve costruire anch’esso ad una distanza dal confine pari alla metà di quella prevista, in modo da rispettare il prescritto distacco legale dalla preesistente costruzione. Nel secondo caso, il prevenuto può chiedere la comunione forzosa del muro sul confine (articolo 874 c.c.) o realizzare la propria fabbrica in aderenza allo stesso (articolo 877 c.c., comma 1); ove non intenda costruire sul confine, e’ tenuto ad arretrare il suo edificio in misura pari all’intero distacco legale. Nella terza ipotesi considerata, il prevenuto può chiedere la comunione forzosa del muro e avanzare la propria fabbrica fino ad esso, occupando lo spazio intermedio, dopo avere interpellato il proprietario se preferisca estendere il muro a confine o procedere alla sua demolizione (articolo 875 c.c.); in alternativa, può costruire in aderenza (articolo 877 c.c., comma 2) o rispettando il distacco legale dalla costruzione del preveniente.

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Il concetto di costruzione

La costruzione è il punto di riferimento per calcolare la distanza minima che deve esservi tra le costruzioni, pertanto è di fondamentale importanza chiarire che cosa si intenda per costruzione.

La giurisprudenza ha dato una interpretazione ampia al termine costruzione, chiarendo che ai fini dell’applicazione della disciplina delle distanze “deve intendersi per costruzione qualsiasi opera che pur difettando di una propria individualità, abbia tuttavia i caratteri della solidità, della stabilità e della immobilizzazione rispetto al suolo; la verifica della sussistenza di tali caratteristiche spetta al giudice di merito” (cfr. Cass. 12 settembre 2000, n. 12045).

Nella nozione di costruzione, rientrano sia le opere in muratura che quelle costruite con altri materiali.

Altro aspetto rilevante nel calcolo delle distanze tra costruzioni attiene alle sporgenze delle costruzioni (come per esempio balconi, ballatoi). In particolare, assume rilevanza la funzione della sporgenza e se questa fuoriesce dalla sagoma dell’edificio.

Cosa si intende per fondi finitimi?

Mediante il concetto di fondi finitimi la norma ha inteso riferirsi non solo agli edifici siti sui terreni confinanti ma anche a quelli eretti su aree vicine, seppure non contigue.

Si deve pertanto intendere anche quei fondi che hanno in comune in tutto o in parte la linea di confine, cioè quelli che sono caratterizzati da continuità fisica e materiale per contatto reciproco lungo una comune linea di demarcazione. I fondi confinanti sono quelli le cui linee di confine se fatte avanzare idealmente l’una verso l’altra vengono ad incontrarsi almeno per un segmento di esse.

Cosa si intende per costruzioni unite o aderenti?

L’osservanza delle distanze legali richiede, inoltre, che le costruzioni non siano unite o aderenti. Due costruzioni sono unite quando risultano appoggiate, ovvero quando sono intimamente integrate da un punto di vista strutturale.

L’aderenza, invece, deve mantenere l’autonomia strutturale delle due costruzioni, senza tuttavia lasciare alcuna intercapedine.

Il D.M. n.1444/1968 disciplina la distanza tra fabbricati ed edifici in termini pubblicistici al fine di evitare la formazione di intercapedini dannose

L’articolo 873 c.c. risulta integrato dall’art.9 del d.m. 1444/1968, il quale disciplina la distanza tra fabbricati ed edifici in termini pubblicistici al fine di evitare la formazione di intercapedini dannose sotto il profilo della salubrità e della sicurezza.

Si tratta di limiti inderogabili di distanza tra i fabbricati.

Tali distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale;

2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti;

3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.

Il rispetto delle distanze costituisce condizione di conformità degli interventi edilizi ed assume rilevanza per il rilascio dei titoli abilitativi o legittimanti l’attività edilizia.

L’incidenza dei regolamenti locali

I regolamenti edilizi locali sono atti di normazione secondaria ed hanno una efficacia integrativa della norma primaria.

Il Testo Unico delle disposizioni in materia edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n.380) ha previsto all’articolo 2 quarto comma che i Comuni nell’ambito della propria autonomia statutaria e normativa di cui all’art. 3 TUEL disciplinano l’attività edilizia.

È proprio tale regolamento che contiene la disciplina delle modalità costruttive con peculiare riguardo al rispetto delle normative tecniche, estetiche, igieniche, sanitarie di sicurezza e vivibilità degli immobili e pertinenze.

 

Applicabilità del principio di prevenzione e rapporto tra norme primarie e secondarie

Le Sezioni Unite sono state chiamate a comporre il contrasto registratosi nella giurisprudenza di legittimità sulla questione dell’applicabilità del principio di prevenzione nell’ipotesi in cui le disposizioni di un regolamento edilizio locale prevedano esclusivamente una distanza tra fabbricati maggiore rispetto a quella prevista dal codice, senza imporre altresì il rispetto di una distanza minima delle costruzioni dal confine.

In particolare, la Corte di Cassazione (Cass. Civ. ordinanza del 12 marzo 2015, n. 4965) ha rilevato l’opportunità di rinviare la questione alle Sezioni Unite per chiarire i rapporti tra norme primarie e secondarie.

È pacifico che il principio di prevenzione non operi quando la normativa locale impone il rispetto di una distanza inderogabile delle costruzioni dai confini.

Tuttavia, sussiste un contrasto giurisprudenziale sulla questione dell’applicabilità del principio di prevenzione nell’ipotesi in cui le disposizioni di un regolamento edilizio locale prevedano esclusivamente una distanza tra fabbricati maggiore di quella codicistica, senza imporre altresì il rispetto di una distanza minima delle costruzioni dal confine.

L’ordinanza interlocutoria ha richiamato, al riguardo, un primo indirizzo, secondo cui, nel caso in cui il regolamento edilizio determini solo la distanza minima fra le costruzioni, in assenza di qualunque indicazione circa il distacco delle stesse dal confine, il principio della prevenzione deve ritenersi operativo, non ostandovi alcun divieto di costruire in aderenza o sul confine (Cass. 20-4-2005 n. 8283). Tale orientamento si fonda sul rilievo della natura integrativa dei regolamenti edilizi con riferimento alle previsioni codicistiche in materia di distanze.

L’ordinanza interlocutoria ha rilevato l’esistenza di un diverso orientamento secondo cui qualora i regolamenti edilizi comunali stabiliscano una distanza minima assoluta tra costruzioni maggiore di quella prevista dal codice civile, detta prescrizione deve intendersi comprensiva di un implicito riferimento al confine, dal quale chi costruisce per primo deve osservare una distanza non inferiore alla metà di quella prescritta, con conseguente esclusione della possibilità di costruire sul confine e, quindi, dell’operatività del cosiddetto criterio della prevenzione (Cass. 22-2-2007 n. 4199). Le pronunce a sostegno della tesi contraria all’operatività del criterio della prevenzione fanno perno essenzialmente sul rilievo secondo cui l’assolutezza del distacco previsto dai regolamenti locali non può ripercuotersi in danno di uno solo dei confinanti, ma va equamente ripartita tra le parti interessate

L’ordinanza interlocutoria ha accennato, infine, alla posizione intermedia assunta da altra pronuncia (Cass. 16-2-1999 n. 1282), la quale, pur affermando che la prevenzione non opera ove i regolamenti edilizi comunali stabiliscano una distanza minima assoluta tra costruzioni maggiore di quella prevista dal codice civile -detta prescrizione dovendosi intendere comprensiva di un implicito riferimento al confine-, precisa che il metodo di misurazione dei distacchi – metà della distanza dal confine per ciascun proprietario- non e’ incompatibile con la previsione della facoltà di edificare sul confine ove lo spazio antistante sia libero fino alla distanza prescritta, oppure in aderenza o in appoggio a costruzioni preesistenti, con conseguente applicabilità del criterio della prevenzione.

Il contrasto è stato risolto dalle Sezioni Unite (Cass. civ., SS.UU., sentenza del 19 maggio 2016 n. 10318), le quali affermano che il principio di prevenzione si applica anche quando le disposizioni di un regolamento locale prevedano una distanza minima tra le costruzioni in misura maggiore a quella codicistica, senza prescrivere altresì una distanza minima dal confine o vietare espressamente la costruzione in appoggio o aderenza.

Se le norme regolamentari come in concreto strutturate, postulano solo l’esigenza del rispetto di una distanza minima tra fabbricati, non vi è alcun valido motivo per negare a colui che costruisca per primo la possibilità di avvalersi delle facoltà connesse al principio di prevenzione in base alla disciplina del codice. Le norme dei regolamenti edilizi che fissano le distanze tra le costruzioni in misura diversa da quelle stabilite dal codice civile, infatti, in virtu’ del rinvio contenuto nell’articolo 873 c.c., hanno portata integrativa delle disposizioni dettate in materia dal codice civile; e tale portata non si esaurisce nella sola deroga alle distanze minime previste dal codice, ma si estende all’intero impianto di regole e principi dallo stesso dettato per disciplinare la materia, compreso il meccanismo della prevenzione, che i regolamenti locali possono eventualmente escludere, prescrivendo una distanza minima delle costruzioni dal confine o negando espressamente la facoltà di costruire in appoggio o in aderenza.

Ne discende che un regolamento locale che si limiti a stabilire una distanza tra le costruzioni superiore a quella prevista dal codice civile, senza imporre un distacco minimo delle costruzioni dal confine, non incide sul principio della prevenzione, come disciplinato dal codice civile, e non preclude, quindi, al preveniente la possibilità di costruire sul confine o a distanza dal confine inferiore alla metà di quella prescritta tra le costruzioni, ne’ al prevenuto la corrispondente facoltà di costruire in appoggio o in aderenza, in presenza dei presupposti previsti dagli articoli 874, 875 e 877 c.c..

A seguito della pronuncia a Sezioni Unite, la Corte ha chiarito che i regolamenti locali possono stabilire distanze dal confine differenziate in relazione a diverse tipologie di manufatti, fermi restando i limiti della distanza minima fra costruzioni dettati dal codice civile e dal D.M. 2 aprile 1968, n.1444. La misura di tre metri indicata nell’art. 873 c.c. riguarda la distanza tra costruzioni su fondi confinanti e non tra una costruzione ed il confine del fondo (Cass. civ., Sezione II, 30 agosto 2017, n. 20529).

Infine, la Corte si è pronunciata sulla ristrutturazione di un fabbricato, affermando che vanno rispettate le distanze fra i volumi preesistenti (Cass. civ.,ordinanza 19 gennaio 2018, n.1360).

Il sistema delle tutele nel caso di violazione delle distanze in edilizia

La tutela giudiziaria con riguardo alle distanze si realizza principalmente attraverso l’esperimento dell’azione di riduzione in pristino e dell’azione di risarcimento di danni.

Altri strumenti di tutela possono, tuttavia, essere considerati in tale trattazione, come l’azione negatoria, l’azione di regolamento di confini e altre tutele processuali.

In caso di violazione della normativa sulle distanze in edilizia la tutela giudiziaria si realizza principalmente attraverso l’esperimento di due azioni: l’azione di riduzione in pristino e l’azione di risarcimento di danni.

L’azione di riduzione in pristino

Tale azione ha natura reale e ha ad oggetto l’eliminazione di una situazione di fatto senza richiedere la necessità di dimostrare l’esistenza di un effettivo danno patrimoniale.

Tale azione può essere esperita dal proprietario del fondo antistante nei confronti del proprietario del fondo finitimo.

Avendo l’obbligo di rispettare le distanze carattere reale, viene esercitata nei confronti del proprietario anche se la violazione sia stata commessa da persona diversa. Inoltre, la violazione si protrae per tutto il perdurare della violazione.

Qualora, a seguito dell’azione di riduzione in pristino, venga disposta la demolizione, non è escluso il risarcimento del danno.

L’azione di risarcimento danni

L’azione di risarcimento dei danni ha carattere personale. L’azione di riduzione in pristino ha un carattere facoltativo ed è rinunciabile, per tale motivo il privato può chiedere in luogo della demolizione il solo risarcimento danni.

Gli atti emulativi

La legge pone alcuni limiti al proprietario, tra i quali assume rilievo l’art.833 del codice civile, il quale prevede che “il proprietario non può fare atti i quali abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestie ad altri”.

Tale norma potrebbero porsi in collegamento con la disciplina delle distanze, in quanto potrebbe ricondursi ad una volontà emulativa.

L’azione negatoria

La giurisprudenza prevalente ritiene applicabile alla materia delle distanze l’azione negatoria. Viene definita come l’azione con cui il proprietario tende a dar dichiarare l’inesistenza dei diritti affermati da altri sulla cosa o far cessare le turbative arrecate da altri su un suo diritto.

Pertanto presupposto dell’azione negatoria è l’affermazione da parte di un terzo di un diritto reale minore sul bene o una condotta come le turbative e le molestie arrecate.

L’azione di regolamento dei confini e altre azioni a tutela della proprietà

Si tratta dell’azione attraverso cui il proprietario di un fondo chiede che sia stabilito giudizialmente il confine con il fondo limitrofo.

Ha come presupposto l’incertezza dei confini.

Altra azione a tutela della proprietà è l’azione per l’apposizione dei termini di confine.

Inoltre, è possibile esperire le azioni possessorie o le azioni di nunciazione.

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Dott.ssa Laura Facondini

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