- Premessa
- I principi del procedimento amministrativo
- Il procedimento amministrativo
- Responsabile del procedimento
- I compiti del responsabile del procedimento
- Conflitto di interessi
Premessa
La finalità ultima di questo scritto è quello di illustrare ed esaminare la figura del responsabile del procedimento amministrativo, disciplinato dagli Artt. 4 – 5 – 6 – 6bis della L. n. 241/1990.
Preliminarmente, si analizzerà la disciplina generale del procedimento amministrativo, il concetto di procedimento amministrativo in concreto ed i corollari che lo costituiscono.
I principi del procedimento amministrativo
Alla base di tutta l’attività amministrativa – attività grazie alla quale la pubblica amministrazione provvede alla cura ed agli interessi pubblici – vi sono alcuni corollari fondamentali rinvenibili all’interno dell’Art. 97 Cost., il quale stabilisce al II comma che “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione”.
Dunque, da questo articolo si ricavano i tre corollari:
- di legalità, richiede che l’attività amministrativa corrisponda sempre alle prescrizioni di legge;
- di buon andamento ovvero di buona amministrazione, prevede che l’azione della pubblica amministrazione persegua non solo norme di legge, ma anche regole non giuridiche per poter svolgere l’attività nell’interesse pubblico;
- di imparzialità, secondo cui l’azione amministrativa deve essere estranea ad interessi di parte.
Prima tra tutte le leggi del nostro ordinamento a disciplinare in maniera generale ed organica il procedimento amministrativo è la L. n. 241/1990 rubricata “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”.
E’ chiaro che i corollari della legge ad oggetto abbiano come fondamento l’Art. 97 Cost., ma ulteriori principi sono rinvenibili all’interno dell’Art. 1 rubricato “Principi generali dell’attività amministrativa”, quali di: economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità, trasparenza, leale collaborazione, buona fede e di non aggravamento del procedimento amministrativo.
Il procedimento amministrativo
L’attività amministrativa si sostanzia in una serie di atti consequenziali tra loro che culminano nell’adozione di un unico atto finale: il provvedimento amministrativo.
Tali atti, costituiscono quell’iter procedurale che viene definito procedimento amministrativo.
Invero, la giurisprudenza amministrativa, più precisamente il Consiglio di Stato (Adunanza Plenaria sent. n. 3 del 28 Gennaio 1961) definisce “Il procedimento amministrativo come una sequenza cronologica di atti ed operazioni funzionalmente collegate in relazione ad un unico effetto”.
Sebbene si possano distinguere vari modelli di procedimento, che conseguono – ad esempio – obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero sono iniziati d’ufficio o ancora diversificati in ordine agli interessi da tutelare, certamente ciò che accomuna queste tipologie sono le fasi di cui è costituito detto procedimento – legate e propedeutiche tra loro – quali: la fase dell’iniziativa; la fase istruttoria; la fase decisoria e la fase di integrazione dell’efficacia.
Art. 5: Responsabile del procedimento
La L. n. 241/1990 – più volte integrata e modificata, in ultimo con la L. n. 120/2020 Semplificazione e innovazione digitale – introduce un’assoluta novità: la figura del responsabile del procedimento amministrativo e, se competente, del provvedimento amministrativo conclusivo di tutto l’iter procedimentale[1].
L’Art. 4 della legge in esame rubricato “Unità organizzativa responsabile del procedimento”, disciplina che le pubbliche amministrazioni, ove non già direttamente stabilito dalla norma, sono tenute ad individuare per ciascun tipo di procedimento una unità organizzativa che sia responsabile dell’istruttoria procedimentale e di ogni altro adempimento, nonché dell’adozione del provvedimento finale.
Di fatto, per unità organizzativa si intende l’ufficio a cui viene affidata la competenza ad istruire un determinato provvedimento.
L’Art. 5 che disciplina il responsabile del procedimento, specifica al I comma che il dirigente di ogni unità organizzativa di cui sopra, provvede ad assegnare la responsabilità di tutta l’istruttoria – e di ogni altro adempimento che sia inerente al singolo procedimento – a se stesso ovvero ad un altro dipendente addetto all’unità. In modo del tutto eventuale e laddove sia competente, lo stesso soggetto provvederà all’adozione del provvedimento finale.
Invero, al II comma viene precisato che fino a quando il dirigente ovvero il funzionario non effettua l’assegnazione di cui al I comma, viene considerato – direttamente – responsabile del singolo procedimento il funzionario preposto all’ufficio a cui è stato affidato l’iter procedimentale.
Questa figura è fondamentale e funzionale per garantire la trasparenza, la correttezza e la semplificazione di tutte le fasi del procedimento; mentre nei confronti di soggetti terzi è l’interlocutore nella gestione del procedimento, con funzioni istruttorie.
L’ultimo comma – inserito con la L. n. 120/2020 Semplificazione e innovazione digitale – stabilisce che l’amministrazione procedente è tenuta a far conoscere sia l’unità organizzativa competente al procedimento, quanto il domicilio legale ed il nominativo del responsabile del procedimento ai soggetti di cui all’Art. 7 rubricato “Comunicazione di avvio del procedimento”.
I soggetti sono: – coloro nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti; – coloro che per legge devono intervenire nel procedimento; – coloro che possono subire un pregiudizio dal provvedimento finale – siano essi individuati o facilmente individuabili – diversi dai destinatari diretti; – chiunque vi abbia interesse, previa richiesta.
La conoscibilità ai soggetti avviene, appunto, mediante comunicazione. Nella stessa devono essere necessariamente indicati gli elementi di cui all’Art. 8 rubricato “Modalità e contenuti della comunicazione di avvio del procedimento”: l’amministrazione competente; l’oggetto del procedimento; l’ufficio e la persona responsabile del procedimento; la data entro la quale il procedimento deve concludersi; i rimedi esperibili in caso di inerzia da parte della pubblica amministrazione; l’ufficio in cui si può prendere visione degli atti e, nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza.
Orbene, il soggetto responsabile dell’iter procedimentale che consta di quattro fasi (1. Iniziativa; 2. Istruttoria; 3. Decisoria; 4. Integrazione dell’efficacia) ed eventualmente anche dell’adozione del provvedimento finale se competente, si occuperà – tra l’altro – di procedere con la comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti di cui sopra.
I compiti del responsabile del procedimento
L’Art. 6 della L. n. 241/1990 disciplina i principali compiti in capo al responsabile del procedimento amministrativo. Egli deve:
- Occuparsi dell’attività istruttoria, che consiste nella raccolta dei documenti inerenti al procedimento ad oggetto; a questo proposito accerta d’ufficio i fatti ed adotta ogni misura idonea per l’istruttoria e ne sollecita, se necessario, lo svolgimento, nel rispetto del principio di celerità e di non aggravamento del procedimento amministrativo;
- Valutare le condizioni, i requisiti di legittimazione ed i presupposti necessari rilevanti per l’emanazione del provvedimento finale;
- Può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o di istanze erronee ovvero incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni;
- Può indire o proporre l’indizione della Conferenza dei servizi di cui all’Art. 14;
- Curare le comunicazioni, le pubblicazioni e le notificazioni necessarie per i soggetti che possono partecipare al procedimento;
- Adottare, ove ne abbia le competenze, il provvedimento finale. Nel caso in cui questo non avvenga, il responsabile del procedimento trasmette gli atti all’organo ovvero al soggetto che risulta competente per l’adozione.
Ciò che si può evincere esplicitamente, è che il responsabile del procedimento amministrativo – quindi dell’iter procedimentale – ed il soggetto o l’organo competente per l’adozione del provvedimento finale, non sempre coincidono. In questi casi, l’organo competente per l’adozione del provvedimento finale non ha la possibilità di discostarsi dall’attività istruttoria condotta dal responsabile del procedimento, se non motivando succintamente nel provvedimento finale.
Art. 6bis: Conflitto di interessi
Vieppiù, la L. n. 190/2012 cd. Legge anticorruzione nella P.A., inserisce nella L. n. 241/1990 l’Art. 6bis rubricato “Conflitto di interessi”. Questo articolo dispone che “Il responsabile del procedimento ed i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali ed il provvedimento finale, devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.
La norma viene inserita nel rispetto dei principi generali dell’attività amministrativa, quali la trasparenza e l’imparzialità, con la finalità di impedire ai soggetti dipendenti delle amministrazioni dello Stato di essere influenzati da interessi di parte, personali – anche potenziali – e di non svolgere le proprie funzioni nell’interesse pubblico. Vi sono quindi due statuizioni:
- Obbligo di astensione;
- Dovere di segnalazione, che deve essere indirizzata al dirigente del settore di riferimento il quale esaminerà le circostanze di fatto e valuterà se la situazione pone in essere un conflitto di interessi tale da ledere il principio di imparzialità dell’azione amministrativa. Laddove si ravvisano situazioni, anche potenziali, il dirigente deve sollevare dall’incarico quel dipendente.
L’articolo in esame deve essere letto in combinato disposto del D.P.R. n. 62/2013 rubricato “Regolamento recante codice di comportamento dei dipendenti pubblici”, il quale evidenzia non solo che il dipendente pubblico deve conformare la propria condotta ai principi di buon andamento e di imparzialità, agendo in posizione di indipendenza ed estraneo ad interessi di parte, ma stabilisce anche all’Art. 7 rubricato “Obbligo di astensione” che “Il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o di attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.
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Note
[1] P. Angeli, Procedimento amministrativo e diritto di accesso agli atti
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