Inizialmente, la figura del Responsabile della prevenzione della corruzione (RPC) fu immaginata distinta dalla figura del responsabile della trasparenza (RT). Difatti, la legge anticorruzione aveva affidato compiti distinti a queste due figure, con il decreto legislativo del 25 maggio 2016, n. 97, c.d. FOIA, le due figure sono state assorbite dal RPCT, posto che le singole amministrazioni possono prevedere la separazione delle funzioni in due diverse figure, il RPC e il RT per l’appunto, nel caso in cui ci siano evidenti ragioni organizzative, come può essere un’amministrazione con un certo grado di complessità dovuto alle sue dimensioni.
Indice
1. La nomina del RPCT
L’organo di indirizzo politico amministrativo delle amministrazioni individua, di norma tra i dirigenti di ruolo in servizio, il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT), disponendo le eventuali modifiche organizzative necessarie per assicurare funzioni e poteri idonei per lo svolgimento dell’incarico con piena autonomia ed effettività (1). Pertanto, la competenza della nomina dell’RPCT spetta all’organo di indirizzo e, inoltre, tale figura deve essere prevista nell’organigramma dell’amministrazione con proprie funzioni, poteri, limiti e responsabilità. Analizzando la disposizione contenuta nell’articolo 1, comma 7, della legge Severino, si evince ancora che l’RPCT deve essere un soggetto interno all’amministrazione (2). Inoltre, l’incarico deve essere affidato ad un soggetto che abbia un’adeguata conoscenza dell’organizzazione e del funzionamento della stessa e che non sia a remunerazione diretta. Inoltre, l’incarico del RPCT può essere svolto anche da personale che non riveste la qualifica dirigenziale in caso di carenza di posizioni dirigenziali e, infine, l’incarico del RPCT non può essere esclusivo, ma bensì deve essere aggiunto ad un incarico già preesistente e, pertanto, tale funzione sarà aggiuntiva.
L’RPCT è dotato di ampia autonomia, sia sotto il profilo organizzativo che valutativo e deve essere una figura che sia in grado di garantire la buona immagine dell’amministrazione. L’Anac consiglia di non nominare RPCT soggetti che svolgono attività in settori particolarmente esposti alla corruzione.
2. Funzioni del RPCT
Le funzioni del RPCT posso essere ricondotte essenzialmente nella predisposizione del Piano triennale della prevenzione della corruzione e della trasparenza (PTPCT) e nella verifica della tenuta complessiva a livello locale del sistema anticorruzione. Pertanto, verranno riassunti i compiti principali del RPCT:
- Predispone il PTPCT e lo propone all’organo di indirizzo, nonché ne propone la modifica;
- Vigila sul funzionamento e l’osservanza del PTPCT all’interno dell’amministrazione;
- Segnala disfunzioni concernenti la trasparenza e l’anticorruzione all’organo di indirizzo e all’organismo indipendente di valutazione;
- Individua il personale da inserire nei percorsi formativi sia obbligatori sia specifici nel tema riguardante l’anticorruzione;
- Verifica la rotazione degli incarichi più a rischio corruzione;
- Riceve le segnalazioni del whistleblowing;
- Redige e pubblica una relazione annuale, entro il 15 dicembre di ogni anno, a consuntivo, che rendiconta l’attività svolta;
- Svolge attività di controllo sugli adempimenti riguardanti la trasparenza, segnalando eventuali disfunzioni ove necessario;
- Riceve e gestisce le istanze di accesso civico semplice;
- Vigila in materia di incompatibilità e inconferibilità;
- Indica agli uffici competenti all’esercizio dell’azione disciplinare i nominativi dei dipendenti che non hanno attuato correttamente le misure in materia di prevenzione della corruzione e di trasparenza.
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3. Revoca dell’incarico al RPCT
È importante sottolineare che eventuali misure discriminatorie, dirette o indirette, nei confronti del RPCT per motivi collegati, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle sue funzioni devono essere segnalate all’ANAC, che può chiedere informazioni all’organo di indirizzo e intervenire chiedendo, se ritiene opportuno, il riesame del provvedimento ritenuto discriminatorio.
Per quanto concerne, invece, la revoca dell’incarico al RPCT, è bene evidenziare che l’eventuale provvedimento di revoca dell’incarico amministrativo di vertice o dirigenziale conferito al RPCT, comunque sia stato motivato, deve essere comunicato all’ANAC che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace. Tale verifica è indispensabile per evitare che un RPCT sia rimosso solo perché scomodo e, pertanto, il provvedimento di revoca deve essere retto da una solita motivazione.
4. Responsabilità del RPCT
Dal punto di vista della responsabilità, il RPCT risponde sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all’immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi entrambe le seguenti circostanze:
- di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano anticorruzione e di aver osservato le prescrizioni in merito alla predisposizione di un Piano «congruo» ed ottemperato ai doveri di verifica di sua competenza quali, la verifica della idoneità del Piano e della sua efficace attuazione, la proposta di modifiche se intervengono mutamenti nell’organizzazione o nell’attività, la verifica della effettiva rotazione degli incarichi dei preposti agli uffici dove il rischio corruzione è maggiore, individuazione del personale da far formare alla Scuola nazionale dell’amministrazione;
- di aver vigilato sul funzionamento e sull’osservanza del piano.
La sanzione disciplinare a carico del RPCT non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.
Anche in caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal Piano, il RPCT risponde ancora una volta i sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo del 30 marzo 2001, n. 165, rubricato “responsabilità dirigenziale”, nonché, per omesso controllo, sul piano disciplinare, salvo che provi di avere comunicato agli uffici le misure da adottare e le relative modalità e di avere vigilato sull’osservanza del Piano.
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Note:
- Articolo 1, comma 7 della legge del 6 novembre 2012, n. 190.
- Salvo casi eccezionali.
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