L’art. 540, secondo comma, del codice civile, così come modificato dalla L. 19.05.1975 n.151, dispone che: “Al coniuge anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli”.
Questi diritti si estinguono, poi, con la morte del titolare.
L’interpretazione della norma, protagonista di non pochi contrasti giurisprudenziali, è stata di recente oggetto di una pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione (n.4847/2013), che pare aver risolto un rilevante dilemma interpretativo.
La questione si è posta all’attenzione della Corte già in passato, nel 1999, ma è stata solo parzialmente definita. La sentenza n. 22639, infatti, dichiara indubitabile l’estensione dei diritti di abitazione e di uso al coniuge nella successione legittima, in quanto sarebbe palesemente contrario al principio di eguaglianza disconoscere l’applicazione del secondo comma dell’art. 540 c.c. in favore del coniuge che abbia contratto valido matrimonio, ove l’art. 584 c.c. riconosce, invece, i diritti di abitazione ed uso in capo al coniuge putativo. La Corte, però, in tale occasione non ha risolto il problema (ritenuto irrilevante nella fattispecie sottoposta al suo esame) relativo alle modalità con cui tali diritti devono essere riconosciuti al coniuge, limitandosi a prospettare due diverse soluzioni, senza prediligerne una in particolare: secondo un primo indirizzo, i diritti ex art. 540 secondo comma c.c. si configurerebbero alla stregua di prelegati, addizionandosi alla quota di riserva; diversamente, sulla base della seconda soluzione prospettata, i diritti di uso ed abitazione sarebbero incorporati nella quota di legittima e, dunque, non si sommerebbero alla stessa, ma ne costituirebbero parte integrante.
La Cassazione è tornata ad occuparsi dell’argomento nel 2000, con la sentenza n. 4329 (alla quale si rifà quella della corte territoriale che ha condotto alla recente pronuncia delle Sezioni Unite), chiarendo che, in tema di successione necessaria, il valore capitale dei diritti di abitazione ed uso si somma alla quota riservata al coniuge in proprietà. Per quanto attiene alle modalità di attribuzione di tali diritti, la Corte ha stabilito in primis la necessità di calcolare la disponibile, poi la riserva e, in particolare, la quota del coniuge superstite nella successione necessaria, alla quale dovrebbero sommarsi, poi, i diritti ex art. 540 comma 2 c.c., il cui valore graverebbe innanzitutto sulla disponibile. Ove questa non fosse sufficiente, il diritto di abitazione ed uso peserebbe sulla quota di riserva del coniuge, che sarebbe così proporzionalmente diminuita della misura necessaria a colmare l’incapienza della disponibile e, solo qualora fosse insufficiente anche la quota di riserva del coniuge, i diritti di uso ed abitazione graverebbero sulla quota di riserva dei figli e degli altri legittimari. La Corte, però, in detta pronuncia, sostiene l’impossibilità di estendere l’applicabilità della disposizione dell’art. 540 comma 2 c.c. al coniuge nella successione legittima, reputando che non vi sia “ragione per ritenere che alla quota intestata contemplata dagli art. 581 e 582 cod. civ. si aggiungano i diritti di abitazione e di uso”.
La recente sentenza delle Sezioni Unite – la n. 4847 del 27 febbraio 2013 – riconosce in favore del coniuge i diritti di abitazione ed uso nella successione legittima in virtù di due considerazioni:
1) la ratio della norma risiede nella tutela del superstite, il quale, in considerazione della stabilità delle sue abitudini di vita, subirebbe un ulteriore danno psicologico e morale qualora, dopo il decesso del coniuge, fosse costretto a cambiare alloggio. Evidentemente il danno che si arrecherebbe al coniuge superstite sarebbe identico tanto se si versasse in ipotesi di successione necessaria, quanto in quella di successione legittima;
2) l’art. 540 comma 2 c.c. trova applicazione anche qualora il coniuge “concorra con altri chiamati” e tale concorso può verificarsi non solo nell’ambito della successione testamentaria, ma anche in quella legittima.
Le Sezioni Unite si occupano, poi, della questione relativa ai criteri di calcolo del valore della quota spettante al coniuge superstite, aderendo all’indirizzo che afferma l’attribuzione dei diritti di abitazione e di uso al coniuge nella successione legittima in aggiunta alla quota a lui spettante ai sensi degli artt. 581 e 582 c.c.. Dunque, tali diritti “devono essere riconosciuti pienamente, avuto riguardo alla già evidenziata volontà del legislatore che ha introdotto la L. 19 maggio 1975, n.151, di attribuire al coniuge superstite una specifica tutela del suo interesse alla continuazione della sua permanenza nella casa adibita a residenza familiare durante il matrimonio anche dopo la morte dell’altro coniuge”. Per calcolare questi diritti è necessario stralciare il loro valore capitale secondo modalità assimilabili al prelegato, dando luogo, quindi, alla divisione tra tutti gli eredi in base alle norme della successione legittima della massa ereditaria decurtata del suddetto valore ed inclusiva, invece, di quello della nuda proprietà della casa familiare e dei mobili.
A meno di due mesi di distanza dalla pronuncia delle Sezioni Unite, la Cassazione torna ad occuparsi del secondo comma dell’art. 540 c.c., con la sentenza n. 9651 del 19 aprile 2013, che ha riconosciuto l’errore commesso dalla Corte d’Appello di Roma nel detrarre ex ante dal relictum il valore dei diritti di uso ed abitazione, ai fini del calcolo del valore del compendio ereditario nell’ambito di una successione testamentaria. Stralciando a monte il valore di tali diritti, infatti, verrebbe lesa la quota spettante agli altri legittimari e ciò a prescindere dall’eventuale incapienza della disponibile, in quanto l’asse ereditario sul quale calcolare la spartizione delle quote sarebbe comunque impropriamente contratto.
In altri termini, la sufficiente capienza della disponibile nel caso concreto esclude che il valore dei diritti di uso ed abitazione possa determinare una compressione della quota riservata (allo stesso coniuge e, poi, anche) ai figli.
Come specifica la stessa Cassazione, questi principi non contraddicono quanto sancito dalla sentenza n. 4847/2013, “infatti, il dictum delle Sezioni Unite relativo allo stralcio dall’asse ereditario si riferisce, espressamente, alla sola successione legittima”.
Queste recenti sentenze, dunque, fanno finalmente luce sulle modalità di attribuzione dei diritti di abitazione ed uso ex art. 540 comma 2, distinguendo tra successione testamentaria e successione legittima.
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