Il ricorso per ottemperanza nel caso di annullamento per difetto di motivazione

 

(Consiglio di Stato, Sez. IV – sentenza 25 giugno 2013 n. 3439)

Il ricorso per l’ottemperanza ad un decreto del Presidente della Repubblica reso a seguito di ricorso straordinario, su parere vincolante del Consiglio di Stato, si propone, ex art. 113, comma 1, c.p.a., dinanzi allo stesso Consiglio di Stato, nel quale si identifica “ il giudice che ha emesso il provvedimento della cui esecuzione si tratta.

Nel caso di congiunta devoluzione al medesimo giudice di una impugnazione in ottemperanza e di un ricorso di legittimità, il Collegio è chiamato in primo luogo a qualificare le domande prospettate, distinguendo quelle attinenti propriamente all’ottemperanza da quelle che invece hanno a che fare con il prosieguo dell’azione amministrativa che non impinge nel giudicato, traendone le necessarie conseguenze quanto al rito ed ai poteri decisori.

Nel caso in cui il giudice dell’ottemperanza ritenga che in nuovo provvedimento emanato dall’Amministrazione costituisca violazione ovvero elusione del giudicato, dichiarandone così la nullità, a tale dichiarazione non potrà che seguire la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse della seconda domanda.Viceversa, in caso di rigetto della domanda di nullità, il giudice disporrà la conversione dell’azione per la riassunzione del giudizio innanzi al giudice competente per la cognizione.

Perché possa ravvisarsi il vizio di violazione o elusione del giudicato – che comporta la radicale nullità dei provvedimenti che ne sono affetti ed è deducibile direttamente indipendentemente dalla loro impugnazione nel termine di decadenza – non è sufficiente che la nuova attività posta in essere dall’Amministrazione dopo la formazione del giudicato alteri l’assetto degli interessi definito dalla pronuncia passata in giudicato, essendo necessario che l’Amministrazione eserciti nuovamente la medesima potestà pubblica, già illegittimamente esercitata, in contrasto con il puntuale contenuto precettivo del giudicato amministrativo; oppure allorchè essa realizzi oppure cerchi di realizzare il medesimo risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento di potere, mediante l’esercizio di una potestà pubblica formalmente diversa in palese carenza dei presupposti che la giustificano.

Di conseguenza, non è prospettabile tale vizio qualora l’Amministrazione incida sull’assetto degli interessi definiti dal giudicato, esercitando, per un fine suo proprio, un potere diverso da quello già utilizzato ovvero utilizzando un nuovo istituto giuridico al di fuori della figura del manifesto sviamento di potere.

La conformazione dell’attività successiva dell’Ente pubblico al dictum del giudice dipende dalla tipologia dei vizi riscontrati nella sentenza: mentre l’annullamento fondato su profili formali non elimina, né riduce il potere dell’Amministrazione di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato, la caducazione per vizi sostanziali vincola viceversa l’Amministrazione ad attenersi nella successiva attività alle statuizioni del giudice.

E’ infondato un ricorso per l’esecuzione del giudicato nel caso in cui il provvedimento impugnato sia stato annullato in s.g. per difetto di motivazione ed il ricorso per l’ottemperanza non chiarisca sotto quali profili i denunciati vizi di illegittimità trasmodino nella ben più radicale patologia della nullità/elusività; invero, allorchè ci si trovi al cospetto di un annullamento per difetto di motivazione , ampio è il potere emendativo in sede di rieffusione, e ben difficilmente è ravvisabili il vizio di nullità ( nella specie il ricorso per ottemperanza era stato proposto a seguito dell’annullamento degli atti di approvazione di una variante al PRG per la sussistenza dei vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione).

Casesa Antonino

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