Il riparto di giurisdizione in materia espropriativa e l’azione risarcitoria

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Il provvedimento ablativo della PA divenuto inefficace per decadenza dei termini è giustificativo del ricorso alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tema di risarcimento da illecita occupazione di un bene di privata titolarità?

Indice:

Complesso equilibrio tra tutela giurisdizionale e sistema duale

L’intreccio ricorrente di profili e interessi civilistici e pubblicistici ha, più volte e per più ragioni, condotto a riflessioni su quali possano essere le eventuali pretese formulabili da un privato, proprietario di un bene immobile che sia stato “illegittimamente” utilizzato dalla P.A., e dinanzi a quale giudice (ordinario o amministrativo) questi possa far valere le suddette pretese.

L’ordinamento giuridico italiano, a differenza di molti altri paesi europei, ha subito una graduale evoluzione giuridico-amministrativa che, sin dai primi anni della seconda metà del 1800 (cfr. art.2 Allegato E l. 2248/1865) ha gettato le basi per la costituzione di un importante discrimine che origina gli artt. 24 e 103 Cost.: “sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione d’un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione, e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell’autorità amministrativa”.

Sono, quindi, attribuiti al giudice ordinario i diritti penali, civili e politici definiti diritti soggettivie alla autorità amministrativa i rimanenti affari non compresi –interessi legittimi.

La separazione tra diritti e interessi trova piena conferma nella Costituzione determinando un doppio binario e una maggiore garanzia del principio di separazione dei poteri che sottrae al giudice ordinario il controllo del potere di fatto attribuito al giudice amministrativo.

Questa distinzione di posizioni ha da sempre suscitato problematiche nell’individuazione di un criterio preposto alla selezione del giudice competente per materia.

Esistono, infatti, una serie di questioni giuridiche per cui è difficile individuare l’appartenenza alla sfera dei diritti o degli interessi ovvero altre in cui sono difficilmente frazionabili l’una dall’altra. Problematica, quest’ultima, che determina l’origine della giurisdizione esclusiva attribuita al giudice amministrativo che si occupa al contempo di interessi e di diritti nelle particolari materie individuate dalla legge nell’art. 133 c.p.a., così generando il bisogno di trovare normative di raccordo anche tra i diversi processi.

La vera svolta risolutiva a detta argomentazione si ha con il d.lgs. del 2 Luglio 2010 n. 104, ove, finalmente, si attribuisce alla competenza del giudice amministrativo non solo il mero riconoscimento del danno ma la sua estensione anche all’interesse legittimo, riducendo di gran lunga i tempi del processo e costituendo una più solida tutela all’interesse stesso.

La doppia giurisdizione è organizzata in A.G.O., competente nella violazione di diritti soggettivi con il potere di disapplicare e dichiarare l’illegittimità di un atto illegittimo e in A.G.A., competente sia nella violazione di interessi legittimi, salvo in caso di giurisdizione esclusiva per cui si occupa anche di violazioni di tassativi diritti ex art. 133 c.p.a., sia nell’ annullare gli atti amministrativi illegittimi in caso di giurisdizione di legittimità e, solo per i casi espressamente previsti dall’art. 134 c.p.a., di sostituirli o riformarli, ponendosi al posto della p.a. in virtù dei poteri della giurisdizione di merito.

Con l’avvento di questo riparto giurisdizionale i conflitti relativi all’attribuzione della giurisdizione sono divenuti sempre più frequenti, così, nel 1877 lo Stato Italiano attribuisce alla Corte di Cassazione, dell’allora sezione di Roma, il potere poi costituzionalizzato nell’art. 111, co. 8 Cost[1].

Per tali ragioni, soppresse ormai da anni tutte le altre cassazioni locali, oggi il ricorso alle sezioni unite della Cassazione è ammesso solo per motivi di giurisdizione.

Titolarità della giurisdizione sulle pretese risarcitorie per occupazione d’urgenza e sine titulo

In collegamento alla materia espropriativa è bene ricordare che dalla non intervenuta dichiarazione di pubblica utilità consegue l’illecito spossessamento del bene privato.

Tale dichiarazione, infatti, dispone la pubblica utilità dell’opera senza cui non è possibile l’espropriazione del bene poiché monco della causa di pubblico interesse e cui segue, generalmente, l’approvazione del progetto definitivo sempre finché permanga il vincolo preordinato all’esproprio.

Nell’ottica di tale definizione si comprende l’infondatezza dell’oggetto di un eventuale ricorso per condanna a risarcimento sia dei danni derivati dall’occupazione sine titulo di beni di proprietà sia di quelli pretesi e conseguenti a una occupazione d’urgenza sì iniziata dopo la dichiarazione di pubblica utilità ma proseguita nonostante la sopravvenuta inefficacia della stessa.

Difatti, nell’occupazione illegittima per inefficacia o mancanza di dichiarazione di pubblica utilità non è configurabile una espropriazione bensì una situazione in cui il proprietario conserva non solo il proprio diritto sul bene ma anche quello di chiederne la restituzione.

In riferimento alla casistica considerata, poi, nel caso in cui scada il termine del vincolo per pronunciare l’espropriazione per effetto della mancata conclusione del procedimento nei termini previsti dalla legge, la dichiarazione di pubblica utilità diviene inefficace perché la natura perentoria del suddetto termine finale, oltre a essere da fondamento alla pretesa del titolare del bene di ottenere il ristoro della posizione giuridica lesa, configura un fatto illecito, generatore di danno e con effetto caducante del decreto di esproprio.

Questo istituto ablativo che dà diritto a indennità, efficace se seguito da un decreto di esproprio, ha carattere acquisitivo ed è contrassegnato dalla presenza della dichiarazione di pubblica utilità, grazie a cui si distingue da quella di tipo usurpativo, e dal termine di prescrizione del diritto risarcitorio che decorre dalla scadenza del termine di occupazione legittima del bene.

In merito, le sezioni unite della Corte, in virtù dell’art.  111, co. 8 Cost., chiamate più volte a pronunciarsi sul sollevato contrasto di attribuzione della potestà giudiziale, solidalmente giudicano, infatti, infondato un ricorso che contesta la qualifica acquisitiva applicata alla fattispecie in esame, sollevando dubbio di legittimità sulla ripartizione della giurisdizione dell’A.G.O. o dell’A.G.A. in materia espropriativa.

Il tutto in virtù sia dell’omessa ratifica della dichiarazione di pubblica utilità sia dell’esito del primo procedimento espropriativo, reso nullo dalla mancata indicazione dei termini esecutivi del provvedimento emanato dall’ autorità espropriante considerato che, in forza dell’art. 133 co. 1 lett. g c.p.a., le controversie in materia di espropriazione per pubblica utilità rientrano tutte a pieno titolo nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e, poiché la questione discussa risulta ben riconducibile a un provvedimento di natura amministrativa, al decreto espropriativo d’occupazione d’urgenza sopravviene, per decadenza dei termini, la inefficacia della pubblica utilità [2].

Tuttavia, come sovente in giurisprudenza accade, nel bilanciare diritti soggettivi ed interessi pubblici, l’esito di tale contrapposizione, nel momento in cui una delle due parti sia un soggetto pubblico, si risolve per principio di diritto generalmente a favore di quest’ultimo che, pur essendo autore di un illecito, lo ha commesso sempre e solo per la soddisfazione di un interesse non egoistico, in quanto proprio della collettività cui l’opera pubblica è destinata e in cui il suo relativo legittimo e pubblico interesse trova pieno soddisfacimento.

Il principio generale individuato dalla S.C. e condiviso dalla maggioritaria giurisprudenza, difatti, fornisce lo strumento per valutare tutte quelle ipotesi che, per quanto similari, si diversificano da quelle codificate sotto diversi aspetti, utili per chiarire quali siano i comportamenti espressione di un pubblico potere da cui consegue l’individuazione della giurisdizione competente[3].

Fattispecie specifica e riflessioni conclusive

Alla luce della suddetta analisi, la soluzione del quesito appare, individuata l’esatta qualifica giuridica, limpidamente rintracciabile nel quinto libro del codice di procedura amministrativa vigente e, altrettanto doveroso e inevitabile, a sostegno della pronuncia è il richiamo giurisprudenziale a precedenti conformi delle sezioni unite civili sulla giurisdizione esclusiva amministrativa nella materia in oggetto, quali: Cass. civ., sez. un., 26 marzo 2021, n. 8568; Cass. civ, sez. un., 26/02/2021, n. 5513; Cass., sez. un., 19 marzo 2020 n. 7454; Cass., sez. un., 10 novembre 2020 n. 25209; Cass. civ. S.U. del 16 aprile 2018, n. 9334; Cass. civ. S. U. n.2145 del 29 gennaio 2018; Cass. civ. S.U. n. 18165 del 24 luglio 2017; Cass. civ. S.U. n.17110, 11 luglio 2017; Cass. civ. S.U. n.1092 del 18 gennaio 2017; Cass. civ. S.U. n. 15284, 25 luglio 2016.

In una fattispecie, dunque, in cui la dichiarazione di pubblica utilità, accompagnata da un decreto di occupazione d’urgenza, può essere tanto obbligata quanto discrezionale (rispettivamente alla destinazione problematica caratterizzante i beni oggetto di decreto), il potere del provvedimento ablativo è assolutamente esistente e di conseguenza ad esso rimane causalmente legata la condotta di perdurante occupazione che, anche se divenuta illegittima, non è separabile dal fondato presupposto di giurisdizione esclusiva.

In conclusione, poiché l’ingerenza nella proprietà privata, nonostante la sopravvenuta inefficacia per decadenza di un atto ablatorio, si è già in concreto realizzata e con liceità, in conformità alle disposizioni legislative e ministeriali, non è determinabile la devoluzione della controversia alla giurisdizione del giudice ordinario in considerazione del fatto che la mera esistenza di una dichiarazione di pubblica utilità è condizione sufficiente per ritenere che l’utilizzo e la trasformazione del bene in proprietà privata da parte della pubblica amministrazione siano riconducibili a un effettivo esercizio del potere autoritativo, quale condizione necessaria per affermare la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

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Note

[1] Per un approfondimento sul tema vd.  F. Caringella, Manuale di diritto Amministrativo, ed. XI, DIKE Giuridica Editrice, Roma, 2017, cap. II.

[2] Cfr. Cass. civ. S.U. del 16 aprile 2018, n. 9334.

[3] Un’ampia panoramica della questione è puntualmente delineata da Giuseppina Mari, in Riv. Giur. dell’Edilizia, “Occupazioni sine titulo, espropriazione indiretta, acquisizioni sanate e obblighi restitutori: gli orientamenti della giurisprudenza (ordinaria e amministrativa) a confronto”, fasc.01-02, 2016, pag. 69 e ss.

 

 

Antonietta Vito

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