La vicenda
Il caso deciso dal tribunale di Bergamo con la sentenza oggetto di commento, origina da una richiesta risarcitoria formulata da parte attrice nei confronti di un’azienda sanitaria locale, con la quale la prima chiedeva la condanna della convenuta al pagamento del risarcimento dei danni dalla stessa subiti a seguito di una infezione che aveva contratto dopo aver eseguito un intervento chirurgico presso la struttura sanitaria nel marzo del 2006.
La struttura sanitaria si costituiva in giudizio contestando la propria responsabilità nella causazione dell’infezione contratta dal paziente e chiedendo conseguentemente il rigetto delle domande di parte attrice.
Nella fase istruttoria del giudizio veniva svolta una consulenza tecnica d’ufficio per valutare le cause dell’infezione contratta da parte attrice e per quantificare i danni dalla stessa subiti come diretta conseguenza dell’infezione.
All’esito dell’istruttoria la causa veniva quindi decisa dal Tribunale lombardo di prime cure.
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La decisione del Tribunale
Nonostante la consulenza tecnica d’ufficio abbia accertato la responsabilità della struttura sanitaria nella causazione dei danni subiti dall’attore e pertanto la imputabilità alla stessa struttura della causa che ha determinato l’infezione lamentata, il tribunale di Bergamo ha comunque rigettato le domande attoree in considerazione del fatto che il credito risarcitorio, così come accertato e quantificato dalla consulenza tecnica d’ufficio, deve essere compensato con l’indennizzo che era stato già corrisposto dall’ INAIL al paziente (il quale, evidentemente, risulta maggiore o quanto meno pari alla quantificazione dei danni formulata dal consulente tecnico d’ ufficio).
Secondo il giudice, infatti, posto che la Legge di bilancio 2019 (cioè la Legge n.145 del 2018) prevede espressamente che le sue disposizioni siano immediatamente applicabili, le modifiche in essa contenute alla normativa in materia di danni risarcibili dall’ INAIL e in particolare del c.d. “danno differenziale”, si devono applicare a tutte le liquidazioni di danni che vengono effettuate dopo il 1° gennaio 2019 (avvengano esse sia a livello stragiudiziale che a livello giudiziale), anche nel caso in cui il danno liquidato sia anteriore rispetto alla entrata in vigore della novella legislativa.
Prima, però, di respingere la richiesta risarcitoria per detti motivi, il Tribunale bergamasco ha analizzato l’ an della responsabilità della struttura sanitaria e il quantum dei danni lamentati da parte attrice, ritenendoli entrambi sussistenti.
Per quanto concerne il primo aspetto, il tribunale ha ritenuto sussistente un inadempimento della struttura sanitaria sotto due diversi profili: da un lato, per avere introdotto dei mezzi di sintesi non perfettamente sterili durante l’intervento chirurgico alla caviglia destra cui era stato sottoposto l’attore; dall’altro lato, per aver adottato una terapia non corretta rispetto alla patologia cui era affetto il paziente (il quale, infatti, non aveva risolto l’infezione alla caviglia destra nonostante la terapia antibiotica adottata dalla struttura sanitaria).
In particolare, la consulenza tecnica d’ufficio espletata nel giudizio è stata chiara nel far emergere la responsabilità della struttura sanitaria, nella misura in cui ha accertato che:
- la presenza dell’infezione nella sede dell’intervento chirurgico era già presente e ravvisabile durante la prima visita di controllo successiva all’intervento stesso (circostanza da cui poteva desumersi che nell’intervento erano stati utilizzati dei mezzi di sintesi non perfettamente sterili);
- nei controlli successivi, la struttura sanitaria ha ulteriormente ritardato la diagnosi dell’infezione, in quanto era già visibile una secrezione seriosa dalla ferita chirurgica e inoltre all’esame del 20 luglio 2006 il tampone effettuato sulla ferita chirurgica era risultato positivo ad un batterio, nonostante ciò la diagnosi di infezione è stata formulata soltanto dopo la visita del 4 agosto 2006, allorquando l’ortopedico aveva richiesto una valutazione urgente da parte di un infettivologo che immediatamente aveva diagnosticato l’ infezione dei mezzi di sintesi (senza, tra l’altro, neanche effettuare ulteriori esami né raccogliere altri dati);
- anche dopo aver accertato l’esistenza della infezione, il processo infettivo era stato trattato attraverso una metodologia che non era risultata idonea rispetto al caso di specie (in particolare, la consulenza tecnica d’ufficio aveva accertato che era stata adottata una terapia antibiotica, mentre, in considerazione della tipologia di infezione, sarebbe stato opportuno rimuovere i mezzi di sintesi fin dal luglio del 2006, in quanto la mancata risposta positiva alla terapia avrebbe dovuto far ritenere ai medici che l’approccio farmacologico non era sufficiente rispetto alla tipologia di infezione).
Per quanto concerne, invece, la quantificazione dei danni, il tribunale di Bergamo ha aderito alle conclusioni cui è pervenuta la consulenza tecnica d’ufficio, la quale ha ritenuto che il danno che è derivato esclusivamente dall’inadempimento della struttura sanitaria, può essere quantificato nella misura di circa 8.800 € a titolo di invalidità temporanea e circa 4.800 € a titolo di invalidità permanente in considerazione della natura della malattia e della consistenza dei postumi (in particolare, per quanto concerne il danno biologico permanente, la percentuale indicata dalla consulenza tecnica d’ufficio del 5% è stata ricavata dalla differenza fra la percentuale che sarebbe comunque residuata in caso di diagnosi e trattamento tempestivi ed ottimali della infezione e la percentuale di danno attualmente accertata sul paziente).
In conclusione alla propria decisione, il tribunale di Bergamo ha quindi evidenziato come le precedenti valutazioni in ordine all’an e al quantum siano state esclusivamente teoriche, in considerazione del fatto che l’importo totale dovuto al paziente, sia titolo di capitale che di accessori, per il risarcimento dei danni subiti per l’evento di malpracrice medica è comunque integralmente assorbito dall’indennizzo che era già stato corrisposto dall’INAIL. Infatti, il giudice ha ricordato che, secondo quanto previsto dalla nuova normativa in materia di indennizzi INAIL, per come novellata dalla legge di bilancio 2019, l’indennizzo corrisposto dall’Inail non deve più essere distinto tra le singole poste risarcitorie e deve essere computato nel suo complesso.
Secondo quanto previsto dall’art.10, comma 6, del DPR n.1124/65, come modificato dalla legge di bilancio 2019, “Non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo, complessivamente calcolato per i pregiudizi oggetto di indennizzo, non ascende a somma maggiore dell’indennità che, a qualsiasi titolo e indistintamente, per effetto del presente decreto, è liquidata all’infortunato o ai suoi aventi diritto”. In altri termini, ai fini del calcolo del danno differenziale, si deve confrontare l’importo totale che è stato erogato dall’ INAIL a titolo di indennizzo a favore del danneggiato e l’ammontare del danno civilistico (ovviamente relativamente alla tipologia di pregiudizi che sono stati oggetto di indennizzo).
Ebbene, nel caso di specie il giudice ha riconosciuto che l’INAIL aveva indennizzato all’attore le stesse voci di danno per cui quest’ultimo aveva agito in giudizio contro la struttura sanitaria e che l’importo riconosciuto dall’INAIL all’attore era maggiore o quanto meno pari a quello accertato dalla CTU, conseguentemente ha rigettato la domanda risarcitoria formulata.
In conclusione, il Tribunale di Bergamo ha però ritenuto di compensare le spese di lite tra le parti, in considerazione del fatto che la questione della risarcibilità del solo “danno differenziale” è del tutto nuova in quanto è emersa solo a seguito dell’entrata in vigore della legge di bilancio 2019.
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