Pertanto è la rinnovazione delle operazioni di gara a rappresentare per l’odierna ricorrente (allora appellante vittoriosa) il risarcimento in forma specifica.
Il risarcimento del danno per equivalente ha, infatti, una funzione residuale e sussidiaria, potendo essere disposto solo quando sia ormai inutile disporre la rinnovazione degli atti di gara (ad esempio perché non sarebbe più possibile l’affidamento del servizio) oppure allorquando a seguito della rinnovazione della gara i ricorrenti dovessero risultare aggiudicatari dell’appalto.
Nella fattispecie, invero, non si verifica nessuna delle due ipotesi descritte, per un verso, perché l’Amministrazione ha disposto la rinnovazione degli atti di gara, assegnando alle imprese invitate alla procedura un nuovo termine per la presentazione delle offerte tecniche ed economiche: restituendo così al ricorrente la possibilità di partecipare ad una nuova procedura selettiva emendata dai vizi procedurali denunziati (e ritenuti fondati dal giudice d’appello), per altro verso, perché all’esito di tale nuova procedura la ricorrente non è comunque risultata aggiudicataria del servizio.
Quanto alla richiesta di risarcimento delle spese sostenute per la partecipazione alla gara, secondo la pacifica e condivisa giurisprudenza amministrativa tali costi <<non sono risarcibili in favore dell’impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell’appalto (o anche solo la perdita della chance di aggiudicarselo). La partecipazione alle gare di appalto comporta per le imprese dei costi che, ordinariamente, restano a carico delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi di partecipazione si colorano come danno emergente solo qualora l’impresa subisca una illegittima esclusione, perché in tal caso viene in considerazione la pretesa del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili. Essi, peraltro, vanno, in via prioritaria e preferenziale, ristorati in forma specifica mediante rinnovo delle operazioni di gara e solo ove tale rinnovo non sia possibile, vanno ristorati per equivalente>> (Consiglio Stato , sez. VI, 18 marzo 2011 , n. 1681).
Alla luce di tutte le considerazioni svolte va pertanto respinta la domanda di risarcimento del danno patrimoniale.
Tratto dalla sentenza numero 209 del 16 maggio 2012 pronunciata dal Tar Basilicata, Potenza
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