precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 11667 del 5/6/2015
La vicenda
Una condomina scavava nel pavimento della cantina per circa 55/60 cm.
Il condominio si accorgeva dell’escavazione e chiedeva alla condomina di ristabilire la situazione precedente allo scavo.
La richiesta della collettività non andava a buon fine ed i condomini erano costretti a rivolgersi al Tribunale che accoglieva la domanda.
La questione passava poi all’esame della Corte d’Appello che confermava la condanna della condomina al ripristino del suolo e del livello originario della pavimentazione della cantina, la cui altezza era stata ampliata mediante scavo.
Secondo i giudici di secondo grado l’escavazione nel suolo sottostante alla cantina con conseguente abbassando del livello del pavimento di circa sessanta centimetri, era illegittimo, in quanto la condomina si era appropriata di una parte comune.
Successivamente la “soccombente” sottoponeva la questione all’esame della Cassazione. In particolare la ricorrente notava che i giudici di secondo grado non avevano accertato se lo scavo avesse precluso o meno l’uso comune del sottosuolo o alterato la funzione di sostegno del fabbricato.
La questione
Il singolo condomino può procedere ad escavazioni nel sottosuolo abbassando il pavimento della cantina di proprietà esclusiva di circa 60 cm?
La soluzione
La Cassazione ha confermato la correttezza del ragionamento dei giudici di secondo grado.
Secondo i giudici supremi il sottosuolo, costituito dalla zona esistente in profondità al di sotto dell’area superficiaria che è alla base dell’edificio (seppure non menzionato espressamente dall’elencazione esemplificativa fatta dall’articolo 1117 c.c.), va considerato di proprietà condominiale, in mancanza di un titolo che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno dei condomini.
Pertanto, nessun condomino può, senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione, procedere all’escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, in quanto, si approprierebbe di una consistente porzione di bene comune.
Alla luce di quanto sopra non è lecito il comportamento della condomina che con uno scavo arriva ad abbassare il pavimento della cantina di circa 60 cm, modificando in modo rilevante un bene condominiale (il sottosuolo), in rapporto alla sua estensione e alla destinazione della modifica stessa; di conseguenza – come ha osservato la Cassazione – non si può parlare di una modalità d’uso più intenso della cosa comune da parte del condomino, in prospettiva di migliore godimento della unità immobiliare di proprietà esclusiva.
In tal caso quindi è giusto condannare il condomino “scavatore” al ripristino del suolo e del livello originario della pavimentazione della cantina, la cui altezza è stata illecitamente ampliata.
Le riflessioni conclusive
Lo spazio sottostante al suolo su cui sorge l’edificio, posto tra i muri maestri, i pilastri o altre opere che integrano le fondazioni e fino a tale livello, rientra nel concetto di sottosuolo.
Tale spazio, in virtù del combinato disposto dell’art.1117 e dell’art.840 c.c. e della fondamentale funzione di sostegno del caseggiato, deve considerarsi oggetto di proprietà comune .
Tuttavia la presunzione di proprietà comune prevista dall’art.1117 c.c. può venire meno in presenza di un titolo contrario o nel caso in cui detta parte comune, per le sue obiettive caratteristiche strutturali, serva in modo esclusivo all’uso o al godimento di una sola parte dell’immobile oppure risulti comunque essere stato a suo tempo destinato dall’originario proprietario dell’intero immobile ad un uso esclusivo.
Così, ad esempio, è stata considerata superata la presunzione di comunione nel caso di un locale seminterrato comunicante, attraverso una botola, unicamente con un negozio sito al piano terreno, sicché per la sua struttura non poteva considerarsi tra le parti dell’edificio necessarie all’uso comune, bensì destinato a uso esclusivo di quel negozio.
Se, però, il sottosuolo è comune, ciascun condomino può servirsi di tale cosa comune, purché rispetti le limitazioni poste dall’art.1102 c.c., rappresentate dal divieto di alterare la destinazione della cosa stessa e di impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
Ne consegue che il singolo condomino può porre nel sottosuolo tubature per lo scarico fognario e l’allacciamento del gas a vantaggio della propria unità immobiliare, trattandosi di un uso conforme all’art. 1102 c.c., in quanto non limita, né condiziona, l’analogo uso degli altri comunisti .
Allo stesso modo può utilizzare per una modesta profondità lo spazio esistente al di sotto della superficie sulla quale poggia il piano terreno di sua proprietà, al fine di rinforzarne la struttura e di impiantarvi un macchinario.
Costituisce legittimo uso della cosa comune ai sensi dell’art. 1102 c.c. anche la realizzazione nel sottosuolo comune di un’intercapedine, con funzione di isolamento del muro perimetrale, in quanto la stessa non impedisca per dimensioni agli altri condomini di fare del sottosuolo comune un pari uso, considerando il rapporto tra la cubatura dell’area comune coinvolta nella realizzazione e quella residua.
Questi esempi presuppongono scavi modesti, ragionevoli.
Un condomino invece non può, senza il consenso degli altri partecipanti alla comunione, procedere all’escavazione in profondità del sottosuolo per ricavarne nuovi locali o per ingrandire quelli preesistenti, in quanto si appropria di una parte comune portandola nell’orbita della sua disponibilità esclusiva con conseguente lesione del diritto di proprietà degli altri condomini su una parte comune dell’edificio .
In altre parole, deve ritenersi che l’escavazione del sottosuolo di un edificio condominiale e l’utilizzo dello spazio ricavato al vantaggio esclusivo di un condomino non solo limiti l’uso ed il godimento del sottosuolo da parte degli altri condomini, ma si concretizzi in una appropriazione del bene comune, laddove il volume risultante dalla escavazione venga inglobato, nella proprietà esclusiva di un condomino ed, in tal modo, definitivamente sottratto ad ogni possibilità di futuro godimento da parte degli altri.
Per quanto sopra è illegittimo il comportamento di un condomino che, attraverso opere di escavazione ricava un piccolo ripostiglio nel sottosuolo.
Tale illegittimità risultata ancora più evidente in un caso esaminato dalla Suprema Corte in cui un condomino, dopo aver forato il pavimento, aveva realizzato una nuova cantina di notevoli dimensioni.
In particolare, in questo caso, mentre prima dell’escavazione operata dal proprietario dell’appartamento posto al piano-terra tra il piano di calpestio di quell’appartamento ed il sottostante terreno di sedime dell’edificio vi era uno spazio libero di altezza pari a m.0,75, costituente la camera d’aria del fabbricato, successivamente alle predette opere di scavo, lo stesso condomino aveva ricavato, al di sotto dell’immobile da lui acquistato, un’unità immobiliare, estesa mq. 25 ed alta da m.1,70 a m. 2,15, cui era possibile accedere attraverso un cancelletto in vetro e griglia e scala con gradini in cemento (Cass. civ., sez. II, 21/05/2001, n. 6921).
Ma è stata ritenuto illegittima pure l’opera di un condomino che all’interno di un suo locale aveva realizzato uno sbancamento del terreno sottostante ed un abbassamento del pavimento di circa 50 cm. (Cass. civ., sez. II, 19/03/1996, n. 2295).
Tale escavazione non è stata, quindi, di poco conto, dato che è stata costruita una camera d’aria, attraverso il notevole abbassamento del pavimento, tale da consentire la costruzione di un soppalco.
Del resto la natura di tale opera induce ad escludere che nell’abbassamento di livello del pavimento possa parlarsi di un intervento necessario ed indispensabile per la messa in opera dei manufatti, in quanto le opere di rinforzo delle fondazioni e dei muri possono essere eseguite indipendentemente dall’abbassamento dell’intero pavimento.
Volume consigliato
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento