precedenti giurisprudenziali: Trib. Avellino, Sentenza del 24/2/2017
La vicenda
La vicenda prendeva l’avvio quando una società decideva di aprire una palestra in un locale seminterrato di sua proprietà originariamente destinato a box.
Naturalmente la società per poter svolgere l’attività aveva modificato internamente l’autorimessa, realizzando un soppalco, spogliatoi e wc interni ai locali e aprendo nuove finestre e porte.
A seguito della detta trasformazione il condominio citava in giudizio la società e le socie per sentir accertare l’abusivo mutamento di destinazione operato mediante la realizzazione della palestra nei locali del seminterrato, così come l’illegittimità delle finestre e delle porte, aperte sempre nello stesso locale, con condanna al ripristino ed al risarcimento dei danni.
Secondo i condomini la nuova attività dei convenuti avrebbe implicato un dannoso accesso di persone ed un’illecita sollecitazione delle strutture del condominio.
In ogni caso le modifiche interne erano in palese violazione dell’articolo 1122 c.c. secondo cui nell’unità immobiliare di sua proprietà, il condomino non può eseguire opere che rechino danno alle parti comuni ovvero determinino pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.
La società si costituiva in giudizio e si difendeva sostenendo la piena legittimità della trasformazione e delle conseguenti opere, non ritenute dannose.
Il Tribunale, dopo l’esame della disposta CTU, condannava la società e le socie al risarcimento dei danni, nonchè all’eliminazione della palestra ed alla chiusura delle aperture e delle porte realizzate nel seminterrato.
La Corte d’Appello, in buona sostanza, confermava il divieto di esercizio dell’attività di palestra nei locali adibiti a box, ma riteneva legittime l’apertura delle finestre e delle porte sul seminterrato.
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La questione
L’utilizzo come palestra di un locale seminterrato originariamente destinato a box e l’esecuzione delle conseguenti opere interne necessarie per il cambio di destinazione, consistenti nella realizzazione di un soppalco, spogliatoi e wc interni ai locali e nell’apertura di nuove finestre e porte possono essere compatibili con il disposto dell’art. 1122 c.c.?
La soluzione
La Cassazione ha dato ragione alle condomine proprietarie della palestra.
I giudici supremi hanno sottolineato come la decisione dei giudici di secondo grado fosse contradditoria in quanto da una lato aveva inibito l’uso delle strutture realizzate nel seminterrato adibito a palestra (soppalco, spogliatoi, WC interni ai locali), dall’altro aveva riconosciuto che tali opere erano compatibili con la struttura dell’edificio condominiale.
Di conseguenza la Cassazione ha notato come dette modifiche interne non possono essere state pregiudizievoli alle parti comuni o alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio.
In ogni caso, in assenza di tali pregiudizi, il divieto di adibire una proprietà esclusiva ad una certa destinazione d’uso dev’essere ricavabile da specifica clausola del regolamento condominiale.
In altre parole secondo i giudici supremi il divieto all’utilizzazione a palestra dei locali originariamente destinati a box si sarebbe dovuto ricavare da una disposizione in tal senso, chiara e univoca, del regolamento condominiale, in mancanza della quale il mutamento di destinazione non può essere ritenuto vietato, nè può esserne ordinata la rimozione.
Le riflessioni conclusive
Le norme di un regolamento di condominio di natura contrattuale, in quanto predisposte dall’unico originario proprietario dell’edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condomini, ovvero adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini, possono derogare o integrare la disciplina legale, prevedendo limitazioni ai diritti dei condomini, sia relativamente alle parti condominiali, sia riguardo alle proprietà esclusive.
Di conseguenza è possibile che una norma contrattuale del regolamento, ad esempio, stabilisca che è vietato in modo assoluto a) di destinare gli appartamenti ed i locali dell’edificio…ad attività che comporti afflusso di estranei, a qualsivoglia uso che possa turbare la tranquillità dei condomini… b) l’alloggio anche temporaneo di… sedi di associazioni… c) …qualsiasi uso che possa turbare il pacifico e tranquillo, singolo o collettivo, godimento dei vari appartamenti dei piani e dei locali contigui e sovrastanti”.
In tal caso è violato il regolamento se un condomino adibisce i locali garage all’interno del condominio ad uso palestra, consentendo l’ingresso di estranei negli spazi condominiali (Trib. Catania 31/1/2019 n. 454).
In questi casi è irrilevante, ai fini decisori, la presunta rumorosità della palestra, soprattutto se nel regolamento è presente pure il divieto di utilizzo dei locali di proprietà esclusiva dei condomini per usi diversi da quello abitativo.
Allo stesso modo se una clausola vieta espressamente di aprire una palestra, il condomino che inizia tale attività può essere costretto dagli altri condomini a chiudere l’attività in questione in qualunque momento.
Il condominio, qualora venga violato il divieto sopra detto, può chiedere la cessazione della destinazione abusiva sia al conduttore che al proprietario locatore.
A tale proposito si ricorda che se tale richiesta è rivolta solo al conduttore, si determina una situazione di litisconsorzio necessario con il proprietario, che è tenuto a partecipare al relativo giudizio concernente l’esistenza e la validità del regolamento, in quanto le limitazioni in esso contenute costituiscono servitù reciproche che, in quanto tali, riguardano immediatamente il bene. Viceversa, la predetta situazione non si configura se sia convenuto in giudizio solo il proprietario del locale e non anche il suo conduttore.
Discorso diverso se una clausola, ad esempio, vieta di destinare gli alloggi dell’edificio ad uso sanatorio, gabinetto di cura od ambulatorio per malattie contagiose od infettive, scuole di musica o di canto o di ballo ed in genere a qualsiasi altro uso che sia contraria all’igiene ed al decoro dell’edificio od alla morale o al buon costume.
La clausola è mista, essendo per un verso previste specifiche tipologie di attività vietate e per altro verso individuati i beni della vita da proteggere, e cioè la tranquillità dei condomini, l’igiene ed il decoro dell’edificio, la morale e il buon costume.
Attraverso una lettura di detta clausola si osserva che è del tutto impossibile assimilare l’attività di palestra esercitata nell’immobile a quella denominata “scuola di danza”, essendo in quest’ultima prevalente la specifica finalità artistica piuttosto che la generica cura del corpo e dell’estetica.
Se manca il regolamento o in assenza di clausole limitative delle proprietà esclusive dei singoli condomini sembra ammissibile che un partecipante al condominio apra una palestra nell’unità immobiliare di sua proprietà se eventuali opere interne non si rilevano dannose per le parti comuni.
Del resto non vi è, nel disposto dell’art. 1122 c.c., una generale limitazione del diritto dei singoli condomini al cambio di destinazione dell’unità immobiliare di proprietà esclusiva, occorrendo ai fini dell’applicazione del divieto un elemento ulteriore, consistente nell’esecuzione di opere edili che siano idonee a minare la stabilità, la sicurezza o il decoro architettonico dell’edificio.
L’estraneità all’art. 1122 c.c. del solo mutamento di destinazione d’uso è del resto confermata anche dalle modifiche apportate dalla l. 220/2012, avendo il legislatore imposto specifici vincoli nel caso in cui ad essere interessate da una tale variazione, pur senza esecuzione di modifiche strutturali, siano parti comuni dell’edificio.
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