Il sistema di tutela amministrativa dei consumatori contro le clausole vessatorie introdotto dall’articolo 5 del decreto-legge n° 1 del 2012 (c.d. Decreto “Liberalizzazioni”)

L’art. 5 del Decreto-Legge n° 1 del 2012 sulle liberalizzazioni, convertito in Legge n° 27 del 2012, ha introdotto nel Dlgs 206/2005, il “Codice del consumo”, l’art. 37-bis che prevede un sistema di tutela amministrativa dei consumatori contro le clausole vessatorie che i professionisti, vale a dire gli operatori economici professionali, quindi le imprese ed i liberi professionisti possono introdurre nei contratti conclusi mediante adesione a condizioni generali di contratto o, il che è sostanzialmente la stessa cosa, mediante sottoscrizione di moduli, modelli o formulari (i c.d. “contratti per adesione” o “contratti di massa” o “di serie”, disciplinati dal 1° comma dell’art. 1342 c.c.).

Il 1° comma dell’art. 37-bis del Dlgs 206/2005 stabilisce che per questa forma di tutela è competente l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (c.d. “Autorità Antitrust”), istituita dalla Legge n° 287 del 1990, che, d’ufficio o su denuncia da parte di chiunque (persona fisica, persona giuridica privata o pubblica, ente senza personalità giuridica), sentite le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale e le Camere di Commercio interessate o le loro unioni, può dichiarare vessatorie le clausole inserite nei contratti tra professionisti e consumatori che si concludono mediante adesione a condizioni generali di contratto o mediante sottoscrizione di moduli, modelli o formulari.

A questo procedimento si applicano i commi 2°, 3° e 4° dell’art. 14 della Legge 287/1991 con le modalità definite da un Regolamento della Autorità Antitrust (previsto dal 5° comma dell’art. 37-bis citato) che deve garantire il contraddittorio col professionista, l’accesso agli atti ed il rispetto della riservatezza, le modalità di consultazione via Internet delle associazioni di categoria e delle Camere di Commercio interessate e la procedura di interpello di cui parleremo tra poco. Ricordiamo che i commi citati dell’art. 14 della Legge 287/1990 conferiscono all’Autorità, anche avvalendosi della collaborazione di altri organi dello Stato (in primo luogo della Guardia di Finanza), il potere di chiedere ai professionisti di fornire informazioni o di esibire documenti utili all’istruttoria, di disporre ispezioni al fine di controllare documenti aziendali e di prenderne copia, di disporre perizie ed analisi economiche e statistiche e di consultare esperti. Tutte le notizie, le informazioni ed i dati acquisiti dall’Autorità con queste modalità sono tutelati dal segreto d’ufficio anche nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni. Al segreto d’ufficio sono tenuti in primo luogo i funzionari dell’Autorità, i quali, nell’esercizio delle loro funzioni, sono pubblici ufficiali.

In caso di inottemperanza del professionista a fornire i dati, le informazioni ed i documenti richiesti dall’Autorità, essa dispone per questo una sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 a 20.000 Euro. Se, invece, le informazioni o la documentazione fornite non sono veritiere la sanzione che si deve applicare va da 4.000 a 40.000 Euro.

Il provvedimento dell’Autorità Antitrust che accerta la vessatorietà di una o più clausole di un contratto di massa non rende nulle tali clausole e può solo influenzare, ma non determinare la pronuncia del Giudice Civile su una controversia che abbia esse per oggetto. L’unica conseguenza del provvedimento consiste nella sua diffusione per estratto in una apposita sezione del sito Internet istituzionale dell’Autorità (www.agcm.it), sul sito del professionista che adotta tale clausola e mediante ogni altro mezzo di comunicazione ritenuto opportuno dall’Autorità in relazione all’esigenza di informare compiutamente i consumatori, il tutto a cura e spese dell’operatore economico professionale (impresa o libero professionista che sia). Quindi, il professionista ha in questo modo sia un danno economico che un danno di immagine, che può produrre un ulteriore danno economico. In caso di inottemperanza di queste disposizioni contenute nella pronuncia dell’Autorità, essa applica al professionista una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 Euro (2° comma dell’art. 37-bis del Dlgs 206/2005).

L’impresa o le imprese interessate hanno la facoltà di interpellare preventivamente l’Autorità in merito alla possibile vessatorietà delle clausole contrattuali che intendono utilizzare nei rapporti commerciali coi consumatori, secondo le modalità previste dal Regolamento citato nel terzo capoverso di questo articolo. L’Autorità si pronuncia sull’interpello entro 120 giorni dalla ricezione della richiesta, salvo che le informazioni fornite dall’interpellante risultino gravemente inesatte, incomplete o non veritiere. Le clausole ritenute non vessatorie a seguito di interpello non possono essere più valutate dall’autorità ai fini e per gli effetti della declaratoria di vessatorietà che abbiamo illustrato nel capoverso precedente. Resta ferma qualsiasi altra forma di responsabilità dei professionisti nei confronti dei consumatori (per esempio: per l’inadempimento contrattuale, per i danni causati da difetti del prodotto, per la garanzia nella vendita di beni di consumo, ecc.) (3° comma).

Per ciò che riguarda la tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato riguardanti la dichiarazione di vessatorietà di clausole contrattuali è competente il Giudice Amministrativo.

Come abbiamo detto prima, il Giudice Civile Ordinario è sempre competente per quanto riguarda la validità, cioè la nullità o meno, delle clausole vessatorie ed il risarcimento del danno al consumatore che da essa dovesse conseguire (4° comma).

Visconti Gianfranco

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