Il sopralluogo giudiziario

Redazione 15/04/19
Quando si parla di scena del crimine si intende quel luogo fisico, all’aperto o al chiuso, nel quale sia stato commesso un reato, tentato o consumato, disciplinato dal codice penale, ovvero un altro spazio in cui siano rinvenute le prove relative a quel delitto.

L’esame del luogo del reato è una di quelle attività che, nell’insieme, vanno a costituire il sopralluogo giudiziario, ed è finalizzata a individuare reperti e tracce che, a seguito di analisi in laboratorio, siano in grado di mettere in relazione un soggetto ad uno specifico caso, secondo il già citato principio di interscambio di Locard. È proprio tenendo conto di tale principio che uno dei pionieri della criminalistica, Salvatore Ottolenghi, avendo compreso l’importanza del sopralluogo sulla scena del crimine, indicò la metodologia da seguire per effettuarlo. Egli ebbe l’intuizione di utilizzare il metodo scientifico del riconoscimento antropometrico, impiegato nel campo dell’identificazione personale dal suo fondatore Alphonse Bertillon, applicandolo all’ambiente, creando così una tecnica di analisi della scena del crimine che fu universalmente riconosciuta. Nel suo trattato di Polizia Scientifica, Ottolenghi scrisse: «Analogamente a quanto si fa nel ritratto parlato del Bertillon nei quali si descrivono i caratteri dei connotati e contrassegni personali, in ogni sopralluogo dovranno segnalarsi i caratteri delle parti che lo compongono e del contenuto che equivalgono ai connotati, e i caratteri delle particolarità che gli ambienti e il contenuto presentano, che equivalgono ai contrassegni personali» (3).

Tenendo conto di ciò, gli operatori chiamati a compiere il sopralluogo, non dovranno limitarsi a rilevare i luoghi, gli oggetti e le tracce presenti, ma dovranno effettuare delle distinzioni tra caratteri generali e particolari, a cui assegneranno una specifica valenza probatoria. In altre parole, a ciascun elemento repertato sulla scena Del crimine, dovrà essere attribuito uno specifico valore identificativo su una scala dal maggiore al minore, affinché, nell’analisi, si privilegino le evidenze con maggior valore, quali, ad esempio, le impronte dattiloscopiche e le tracce di sostanza ematica. Questa operazione è necessaria per fare sì che tutte le evidenze possano essere compiutamente documentate, preservate e repertate. Da ciò risulta evidente l’importanza che il sopralluogo riveste. Esso costituisce il primo fondamentale atto di indagine e solo una sua corretta esecuzione può ridurre il rischio che si verifichino insanabili carenze probatorie nelle successive fasi del processo. Pertanto, è necessario che lo stesso sia eseguito da personale esperto il quale, applicando una serie di protocolli operativi caratterizzati da metodicità scientifica, possa giungere ad una più proficua raccolta di elementi probatori, utili per l’individuazione del reo e per la ricostruzione della dinamica con la quale il reato è stato consumato (4).

Individuazione e delimitazione della scena del crimine

L’approccio sistematico alla scena del crimine ha inizio con l’esame preliminare dei luoghi e alla delimitazione dell’area ritenuta di interesse. Qualora dovessero sorgere dei dubbi su talune aree, le stesse devono essere ricomprese nel perimetro da esaminare per evitare la possibile dispersione di fonti di prova. La delimitazione della scena del crimine è un’operazione complessa ma di fondamentale importanza perché permette di salvaguardare i luoghi dal rischio di contaminazione derivante dall’accesso incontrollato di persone non legittimate e/o di dispersione di tracce utili alla risoluzione del caso. Contestualmente alla delimitazione della scena del crimine, è necessario procedere all’individuazione di tutte le persone che si sono avvicinate ai luoghi prima dell’intervento degli investigatori, siano essi medici, paramedici, vigili del fuoco, passanti, parenti, ecc., per stabilire quali operazioni gli stessi abbiano condotto ed acquisire il materiale fotografico da loro eventualmente raccolto con i mezzi in loro dotazione (macchine fotografiche, smartphone, tablet, ecc.); tale operazione è di fondamentale importanza dal momento che potrà rivelarsi utile per ottenere preziose informazioni e comprendere lo stato dei luoghi originario, atteso che l’intervento a vario titolo di persone, quale quello degli operatori di primo soccorso, può introdurre inavvertite e sostanziali modifiche della scena del crimine.

A tal proposito, è bene sapere che molti paramedici hanno adottato la buona abitudine di effettuare alcuni scatti fotografici con il cellulare prima di procedere con il loro intervento. Una volta che la scena del crimine è stata delimitata, solo il personale specializzato ed incaricato per il sopralluogo può accedervi.

Ricerca delle evidenze e ruolo dell’esperto balistico forense

Delimitati i luoghi, il personale operante procederà alla ricerca delle evidenze. In sostanza dovranno essere individuate tutte quelle tracce che, a qualsiasi titolo, possono essere collegate con il fatto reato per il quale si procede. Tuttavia, non tutte le evidenze sono immediatamente individuabili e, pertanto, gli operatori dovranno effettuare una serie di attività tecniche necessarie a riconoscere reperti non visibili o nascosti. Questa successiva fase di ispezione potrà essere condotta con l’ausilio di illuminazioni a frequenza controllata (luce radente, U.V., ecc.) o con particolari reagenti (luminol, combur test, ecc.) alla ricerca di impronte e tracce di fluidi biologici, mentre le superfici piane o lisce potranno essere “pennellate” con le polveri dattiloscopiche alla ricerca di impronte papillari. Se il delitto è commesso con l’uso delle armi da fuoco, o vi è il sospetto di un loro utilizzo, lo specialista del settore che interviene sulla scena del crimine è l’esperto balistico forense. Questi si occupa di analizzare e caratterizzare quelle evidenze che sono tipiche dell’utilizzo di armi da fuoco, costituite sostanzialmente dall’armamento, dai residui del munizionamento impiegato e dagli effetti dello sparo [lesioni, crateri, scalfitture, bruciature, tracce di impatto, residui di sparo (G.S.R.), ecc.]. Di fronte a reperti di non facile individuazione, l’esperto balistico forense dovrà utilizzare delle tecniche di ricerca di evidenze occulte particolarmente efficaci che vengono di seguito elencate.

Il presente contributo è tratto da 

Balistica forense

Tra tutte le scienze forensi, la balistica è forse quella che più spazia per tipologia di esami e varietà di conoscenze da acquisire. La presente opera nasce dalla volontà di far comprendere anche ai non addetti ai lavori quali siano i reperti e le tracce che si possono trovare sulla scena del crimine attraverso l’impiego di armi da fuoco e, nel contempo, di delineare la natura e la potenzialità delle tecniche scientifiche utilizzabili. Il testo è pensato anche come ausilio per i professionisti nel campo giudiziario e, pertanto, si prefigge di discutere il complesso mondo della balistica forense con un linguaggio chiaro e comprensibile anche per le persone non necessariamente dotate di formazione scientifica. Seguendo questi obiettivi, l’opera si sviluppa in un percorso logico che ripercorre quello dell’indagine balistica reale, iniziando dal primo sopralluogo sulla scena del crimine, per giungere alla fase di approfondimento e rielaborazione finale delle evidenze raccolte. Sebbene venga data naturale enfasi al settore della balistica, la trattazione dei vari argomenti viene comunque resa con un approccio multidisciplinare al problema, prestando quindi la necessaria attenzione ai reperti e alle competenze delle altre branche delle scienze forensi. Il testo dedica una prima parte alla descrizione delle attività di sopralluogo e di repertamento delle tracce. Poi, si concentra sugli esami tecnici di laboratorio esperibili sui reperti e sulle tracce e si sofferma, con molta attenzione, sulla comparazione balistica: fondamentale strumento di indagine che permette di identificare l’arma usata nel delitto dall’analisi dei reperti balistici. Infine, sviluppa il tema della ricostruzione della dinamica di svolgimento dell’azione di fuoco e dell’individuazione dell’autore del reato. La trattazione degli argomenti proposti è arricchita da numerose immagini esplicative e da case report, riferiti a indagini balistiche reali, utili per agganciare la teoria con le attività pratiche svolte sul campo. Emanuele Paniz Nato a Belluno nel 1975, si è laureato in Fisica a Padova nel 2000. Arruolato nel 2002 come Ufficiale dell’Arma dei Carabinieri, sino al 2018 ha operato presso il RIS (Reparto Investigazioni Scientifiche) di Messina e Parma svolgendo di persona centinaia di indagini balistiche, anche di rilevanza nazionale. Congedato dall’Arma con il grado di Tenente Colonnello, attualmente ricopre l’incarico di Direttore Generale del Banco Nazionale di Prova per le Armi da Fuoco Portatili e per le Munizioni Commerciali.

Emanuele Paniz | 2019 Maggioli Editore

28.00 €  26.60 €

Ricerca di reperti con il metal detector

In ambienti naturali aperti può capitare che taluni reperti balistici non siano visibili in quanto penetrati nel terreno o nella vegetazione, oppure celati dagli arbusti, dal fogliame e dal tessuto erboso. In questi casi, il metal detector si rivela uno strumento particolarmente efficace per individuare la presenza di reperti metallici, anche di piccole dimensioni, quali bossoli, proiettili e frammenti di essi. Per ottimizzare la ricerca, che può essere condotta anche in una fase successiva al sopralluogo giudiziario effettuato nell’immediatezza dei fatti, il miglior metodo è quello archeologico, che consiste nella suddivisione della scena del crimine in piccole aree che devono essere progressivamente ispezionate con la dovuta diligenza.

Un buon metal detector individuerà facilmente la presenza di bossoli nascosti nel manto erboso, ma potrà segnalare un proiettile della massa di pochi grammi anche ad una profondità di 30-40 cm di terreno. In ambienti aperti, inoltre, è sempre bene ispezionare il fusto e la ramatura della vegetazione all’interno dei quali, spesso, vengono rinvenuti corpi balistici metallici.

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