Il TAR Lazio annulla il decreto del Mibact 8 maggio 2014

I giudici romani affermano la necessità di seguire il procedimento ex 52, comma 1-ter, del Codice dei Beni Culturali al fine di procedere al riesame delle autorizzazioni e delle concessioni di suolo pubblico già rilasciate che non risultano più compatibili con le esigenze di tutela del patrimonio culturale.

 

Con sentenza n. 10773 del 2 novembre 2016, la Sezione Seconda del TAR Lazio (Roma) ha annullato il DM 8 maggio 2014 approvato dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT) nella parte in cui esso prevede il divieto di “tutte le forme di uso del suolo pubblico a fini commerciali con il posizionamento di strutture stabili e/o precarie di varia natura e tipologia” nonché le Determine Dirigenziali con le quali Roma Capitale ha revocato la concessione demaniale ai fini dell’occupazione di suolo pubblico in via delle Carrozze.

 

Nel dettaglio, il Collegio ha censurato l’operato del MIBACT il quale, con i propri decreti, ha disposto un divieto generalizzato di esclusione di tutte le forme di uso del suolo pubblico in questione a fini commerciali, applicando i poteri ad esso conferiti in via generale dall’art. 45 del Codice dei Beni Culturali (D.lgs. n. 42/2004), anziché procedere – come invece avrebbe dovuto – ai sensi dell’art. 52, comma 1-ter del Codice.

 

Infatti, osserva il Collegio, se da un lato è vero che l’art. 45 del D.lgs. n. 42/2004, affermando la “facoltà [del Ministero] di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l’integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro“, è una prescrizione generale che attiene alla previsione di misure di tutela c.d. indiretta del bene culturale, dall’altro è altrettanto vero che “quando le misure di tutela indiretta implicano restrizioni al commercio su area pubblica, la relativa disciplina incide anche su materia di competenza concorrente delle Regioni e comporta la necessità di un coordinamento tra le diverse amministrazioni preposte alle rispettive tutele (ovvero il Comune e, dopo l’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza nr. 140/2015, la Regione)“.

 

E difatti, proprio alla luce di tali rilievi di rango costituzionale, l’art. 52, comma 1-ter, del Codice dei Beni Culturali dispone, oggi – dopo l’opportuno intervento della Consulta -, una nuova disciplina, specifica, per l’adozione delle prescrizioni di tutela incidenti sulle attività commerciali site nelle aree sottoposte a vincolo.

 

Tale disciplina speciale impone una preventiva intesa tra la Regione, il Comune ed il MIBACT, sia in merito all’adozione di divieti di usi non più compatibili con le esigenze di tutela e valorizzazione del bene culturale, sia con riguardo ai procedimenti di riesame delle autorizzazioni e delle concessioni di suolo pubblico già rilasciate precedentemente e ritenute non più consone.

 

In definitiva, laddove si tratti di adottare misure di protezione dei beni culturali idonee a determinare una limitazione, se non addirittura una totale preclusione, per l’utilizzo a fini commerciali di aree pubbliche di pregio, dovrà essere seguita la disciplina dettata dal comma 1-ter dell’art. 52 del Codice dei Beni Culturali in luogo della disciplina di cui all’art. 45, e ciò al fine di contemperare le competenze riconosciute in capo al Ministero e le competenze del Comune e della Regione.

Sentenza collegata

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Dott. Ventura Marco

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