Pareri giurisprudenziali
Grazie a Cass., sez. pen. VI, 15 dicembre 2015, n. 49476, la Giurisprudenza italiana di legittimità ha iniziato a contestualizzare l’ Art. 73 TU 309/1990 alla luce del non sempre omogeneo “ tenore drogante “ della cannabis o, più latamente, di qualsivoglia altra sostanza illecita spacciata per fini delinquenziali.
Ovverosia, in ben tre Precedenti del 2016, le Sezioni IV e VI della Cassazione hanno evidenziato, giustamente ed opportunamente, che uno stupefacente lievemente psicoattivo risulta pure astrattamente pericoloso per la salute e, per conseguenza, viene meno la piena rilevanza penalistica dell’ Art. 73 TU 309/1990, il quale, sin dai Lavori Preparatori, era ed è ben saldamente legato alla suprema ratio della tutela della salute pubblica in parola nel basilare comma 1 Art. 32 Cost. . D’ altronde, anche nella lett. e) comma 1 Art. 80 TU 309/1990, la “potenzialità lesiva “ dipende dalla nocività, più o meno accentuata, del principio attivo psicotropo, che, come direbbe la schwBetmG, può o, viceversa, non può mettere in pericolo l’ incolumità psico-fisica della popolazione tossicomanica di un determinato territorio in un altrettanto determinato periodo temporale. Tale criterio ermeneutico inaugurato da Cass., sez. pen. VI, 15 dicembre 2015, n. 49476 è il medesimo adottato nella Sentenza n. 109/2016 della Corte Costituzionale, a parere della quale “ bisogna sempre allineare la figura criminosa [ di cui all’ Art. 73 TU 309/1990 ] al canone della concreta [ o meno ] offensività della sostanza [ … ] può capitare che la condotta [ ex Art. 73 TU 309/1990 ] risulti assolutamente non idonea a porre a repentaglio il bene giuridico protetto [ ex comma 1 Art. 32 Cost. ]. In tal caso, si deve escludere la punibilità dello spaccio, facendo leva sulla figura del reato impossibile di cui all’ Art. 49 CP, anche perché sussiste un difetto di tipicità [ penalistica ] del comportamento oggetto di giudizio “. A dire il vero, anche il Precedente n. 360/1995 della Consulta aveva applicato l’ Art. 49 CP ad uno stupefacente munito di uno scarso tenore drogante, in tanto in quanto, come recita il comma 2 Art. 49 CP, “ la punibilità è esclusa quando, per l’ inidoneità dell’ azione o per l’ inesistenza dell’ oggetto di essa, è impossibile l’ evento dannoso o pericoloso “. Come si può notare, anche nella Giurisprudenza della Corte Costituzionale, nell’ ultima ventina d’ anni, la tossicologia forense e la medicina legale divengono strumenti preziosi, nella Giuspenalistica, per valutare “ se le sostanze stupefacenti o psicotrope sono adulterate o commiste ad altre in modo che ne risulti accentuata la potenzialità lesiva “ ( lett. e comma 1 Art. 80 TU 309/1990 ). Ciononostante, non mancano pareri meno contestualizzanti e meno fattualizzanti, giacché un orientamento giurisprudenziale minoritario reputa pienamente sussumibile entro la fattispecie di cui all’ Art. 73 TU 309/1990 ogni coltivazione appartenente ad una tipologia botanica vietata dalle Tabelle previste dall’ Art. 14 TU 309/1990, ma si tratta di uno zelo iper-retribuzionista, che non tiene conto delle circostanze oggettive del singolo caso. In effetti, con molta proporzionalità garantistica, Cass., sez. pen. VI, 9 febbraio 2016, n. 5254 asserisce che la tipologia botanica non conta nulla “ quando viene dimostrato che la coltivazione è inoffensiva, di lieve entità o, sostanzialmente, irrilevante, perché la pianta non ha raggiunto la soglia minima di capacità drogante [ … ]. Il giudice potrà e dovrà valutare se il principio attivo sia del tutto inidoneo alla realizzazione dell’ offensività in concreto “. Analogamente, Cass., sez. pen. IV, 21 gennaio 2016, n. 2548 utilizza gli illuminanti lemmi “ minima entità della coltivazione “, il che ricorda, anche sotto il profilo semantico, la medesima espressione “ lieve entità “ impiegata nel comma 5 Art. 73 TU 309/1990. Questa conquista relativista o, quanto meno, relativizzante e contestualizzante è stata più volte ribadita in molti interventi interpretativi della Corte Costituzionale. P.e, nella Sentenza n. 360/1995 della Consulta è affermato che “ spetta sempre al giudice di merito accertare che anche in concreto l’ offensività sia ravvisabile, almeno in grado minimo, nella specifica condotta dell’ agente, in difetto di ciò venendo la fattispecie [ ex Art. 73 TU 309/1990 ] a rifluire nella figura del reato impossibile di cui all’ Art. 49 CP “. Similmente, la Sentenza n. 260/2005 della Corte Costituzionale utilizza il criterio ermeneutico dell’ “ accertamento dell’ offensività concreta “. Da ultimo, pure il Precedente n. 139/2014 della Consulta ripropone la “ necessità della verifica dell’ offensività in concreto da parte del giudice a quo “.
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In effetti, un tenore drogante infimo o addirittura prossimo allo zero non turba “ la tutela della salute come fondamentale diritto dell’ individuo ed interesse della collettività “ ( comma 1 Art. 32 Cost. ). Parimenti, un prodotto stupefacente ad effetto placebo rende “ impossibile l’ evento dannoso o pericoloso “ ( comma 2 Art. 49 CP ). In terzo luogo, sempre sotto il profilo della legittimità costituzionale, un’ applicazione dell’ Art. 73 TU 309/1990 che non tenesse conto del “ tenore drogante “ sarebbe contraria al criterio di ragionevolezza e di equilibrio valutativo statuito nell’ Art. 111 Cost. in tema di giusto processo. Far misurare alla PG e, successivamente, giudicare il tenore drogante significa apprezzare il grado di anti-socialità dello spaccio, ma, a sua volta, una fattispecie astrattamente pericolosa è altrettanto astrattamente o nullamente anti-normativa, così come previsto dal comma 2 Art. 49 CP. Una sostanza priva di effetti psicoattivi non è penalmente rilevante o, al limite, essa rientra nel contesto risibile di un’ ingenua e fantasiosa trasgressione poco più che infantile ed innocua. Sempre con afferenza alla tematica del “ tenore drogante “, le Sezioni Unite della Corte Suprema, in Cassazione 28605/2008 ribadiscono che, soprattutto nel caso delle piante di cannabis, “ non è legittimo applicare l’ Art. 73 TU 309/1990 [ se manca il THC ], perché il giudice deve verificare nel caso concreto la condotta della coltivazione, perché l’ offesa non sussiste quando il prodotto finale non ha alcuna capacità drogante [ … ] molto spesso l’ offensività è astratta “. A tal proposito, si pensi alla coltivazione, per uso personale, di sementi idonee a produrre haschisch e marjuana che provocano un semplice effetto placebo non tossicologicamente rilevante nell’ ottica del comma 1 Art. 32 Cost. . Di nuovo, dunque, ritorna la precettività indiscutibile del comma 2 Art. 49 CP, giacché “ è impossibile l’ evento dannoso o pericoloso “.
Senz’ altro, in Cass., sez. pen. VI, 22 gennaio 2016, n. 3037, si pone la massima attenzione al grado di tetra-idro-cannabinolo delle inflorescenze e della resina delle piante coltivate, ma rimane altrettanto indubitabile che “ il principio attivo ricavabile “ va misurato soltanto dopo la maturazione completa del vegetale, anche se Cass., sez. pen. VI, 15 dicembre 2015, n. 49476 non ha chiarito come valutare il tipo botanico e le sementi, che, a livello potenziale, potrebbero recare ad una qualità della marjuana estremamente psicoattiva. Questo problema della potenzialità del tenore drogante è stata analizzata assai ampiamente da Cass., sez. pen. VI, 9 febbraio 2016, n. 5254, ovverosia resta illecito coltivare canapa, come p. e p. dall’ Art. 73 TU 309/1990, ma , in ultima analisi, “ dopo aver accertato la tipicità della coltivazione di una pianta conforme al tipo botanico [ poi però ] il giudice deve anche verificare se la condotta integri, in concreto, l’ offesa al bene giuridico. Detto in altri termini, Cass., sez. pen. VI, 9 febbraio 2016, n. 5254 esclude il carattere illecito della coltivazione di uno stupefacente qualora, dopo la totale maturazione del vegetale, “ la capacità drogante della sostanza ricavata sia minima “ ( si veda pure l’ analoga posizione interpretativa di Cass., sez. pen. IV, 21 gennaio 2016, n. 2548 ).
Pertanto, il reato di coltivazione p. e p. dall’ Art. 73 TU 309/1990 cessa di sussistere quando le dosi finali dello stupefacente non contengono, sotto il profilo chimico, un preparato in grado di euforizzare e/o ledere il cervello dell’ assuntore. Tale esegesi giurisprudenziale unisce, nell’ Art. 73 TU 309/1990, la semplice valutazione botanica della sostanza alla ben più approfondita analisi medico-legale del prodotto finito, suddiviso in dosi e smerciato. A parere di chi redige, Cassazione, 5254/2016 e Cassazione 2548/2016 giustamente e, anzi, lodevolmente, contestualizzano il comma 1 Art. 73 TU 309/1990, in tanto in quanto un “ tenore drogante “ prossimo allo zero implica la successiva e doverosa applicazione scriminante contemplata dal comma 2 Art. 49 CP. Una pericolosità psico-fisica meramente astratta non può avere spazio nel Diritto Penale, né, tantomeno, nel TU 309/1990, il quale implica una rilevanza chimico-tossicologica fattuale e non soltanto simbolica. Di recente, sempre negli Anni Duemila, la potenzialità tossico-voluttuaria concreta ha costituito la ratio anche di Cass., sez. pen. VI, 15 marzo 2013, n. 22459, ovvero “ ai fini della punibilità della coltivazione [ ex comma 1 Art. 73 TU 309/1990 ] di piante dalle quali sono estraibili stupefacenti, l’ offensività della condotta consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza [ psicotropa ] per il consumo “. Analogamente, Cass., sez. pen. III, 16 maggio 2013, n. 21120 condivide, nell’ esegesi dell’ Art. 73 TU 309/1990, la prevalenza del criterio chimico-sostanziale sul criterio giuridico-formale. Addirittura, Cass., sez. pen. IV, 20 settembre 2013, n. 43184 statuisce che il criterio ponderale è inservibile ed insignificante “ se non sussiste la concreta attitudine [ dello stupefacente ] ad esercitare, anche in misura minima, gli effetti psicotropi evocati dall’ art. 14 dpr 309 del 1990 “. Dunque, come si può notare, Cassazione 43184/2013 ribadisce che un delitto a pericolosità astratta va sussunto entro le griglie interpretative garantistiche dell’ Art. 49 CP, che annichilisce il potere precettivo del comma 1 Art. 73 TU 309/1990. Così pure, Cass., sez. pen. VI, 12 febbraio 2014, n. 6753 insiste sulla ratio dell’ “ assenza di principio attivo ricavabile “, giacché la “ mancanza di effetti droganti “ (ibidem) prevale sulla fattispecie potenzialmente irrilevante della pura coltivazione. Anzi, nelle Motivazioni, Cass., sez. pen. VI, 12 febbraio 2014, n. 6753 reputa che bisogna attendere, per la valutazione del tenore drogante, “ l’ intero ciclo evolutivo dell’ organismo botanico “. Esiste anche il caso di coltivazioni domestiche non professionali che, almeno per quanto riguarda la canapa, producono un livello di THC talmente scarso da essere valutato come penalmente non rilevante ( Cass., sez. pen. IV, 28 giugno 2011, n. 25674 e Cass., sez. pen. VI, 30 luglio 2014, n. 33835 ).
Assai interessante risulta pure Cassazione 38364/2015, nelle cui Motivazioni è affermato, in tema di tenore drogante nel TU 309/1990, che “ a fronte di un reato inequivocabilmente congegnato come reato di pericolo presunto, in cui una valutazione di offensività in astratto è stata già operata dal legislatore, che ha ritenuto che la coltivazione di stupefacenti esprima in astratto un contenuto lesivo, o comunque la messa in pericolo di un bene o di un interesse ritenuto meritevole di tutela penale, e di rango costituzionale, qual è la salute pubblica, lo spazio che residua in concreto per il giudice del merito è esclusivamente quello di verificare se dalle piante coltivate possa essere ricavato o meno un prodotto che abbia una capacità stupefacente “ Come si nota, la qui menzionata Cassazione 38364/2015 qualifica il comma 1 Art. 73 TU 309/1990 alla stregua di una fattispecie delittuosa connotata da una pericolosità astratta o, quantomeno, potenziale, ma questo orientamento viene successivamente ed antinomicamente corretto dall’ espressione “ [ bisogna anche ] verificare se dalle piante coltivate possa essere ricavato o meno un prodotto che abbia capacità stupefacente “. Per il vero, Cassazione 38364/2015 commette il grave errore di interpolare, nel comma 1 Art. 73 TU 309/1990, l’ anti-garantistico concetto di reato a pericolosità astratta con l’ opposta ratio dell’ assoluta necessità di misurare il tenore drogante della sostanza al fine di stabilire l’ eventuale precettività dell’ Art. 49 CP. A parere di chi scrive, Cassazione 38364/2015 non mette nel debito risalto il principio della contestualizzazione e della concretizzazione, nel senso che la “coltivazione“ ex comma 1 Art. 73 TU 309/1990 perde il proprio carattere illecito allorquando la dose finale dello stupefacente si rivela priva o quasi priva di un potere fattualmente e tossicologicamente psicotropo. Infatti, le disposizioni penali del TU 309/1990 debbono rigorosamente essere ricondotte nell’ alveo di una pericolosità effettiva e non astratta o semplicemente potenziale, come dimostra, dal punto di vista della ratio, l’ abrogazione dei reati di mero sospetto contemplati nella stesura primigenia del Codice Penale Rocco. Entro tale ottica “ concretizzante “, la Consulta, nel Precedente n. 109/2016, ha anch’ essa commentato il principio fattuale del tenore drogante affermando che “ si deve giungere ad escludere la punibilità della condotta [ ex comma 1 Art. 73 TU 309/1990 ] in caso di coltivazione del tutto inidonea a porre in pericolo il bene giuridico protetto [ ex comma 1 Art. 32 Cost. ], sia facendo riferimento al difetto di tipicità, sia facendo leva sul difetto di offensività [ poiché ] l’ ipotesi di coltivazione del tutto inidonea a produrre una sostanza con effetto drogante non è punibile [ … ] con il risultato di non ritenere integrato il reato anche in caso di minima entità di coltivazione idonea a produrre una sostanza con [ bassa ] capacità drogante “. Corte Costituzionale n. 109/2016, seppur implicitamente, non esclude la combinazione normativa tra l’ Art. 49 CP ed il comma 1 Art. 73 TU 309/1990, nel caso in cui lo scarso o nullo tenore drogante escluda la punibilità “ quando, per l’ inidoneità dell’ azione o per l’ inesistenza dell’ oggetto di essa, è impossibile l’ evento dannoso o pericoloso “ ( comma 2 Art. 49 CP ). Dunque, non ha senso parlare di una violazione astratta o meramente probabile del valore della salute individuale e collettiva tutelata dal comma 1 Art. 32 Cost. . Del resto, anche nello schwStGB e negli altri Ordinamenti penalistici europei, l’ atto preparatorio cessa di essere punibile qualora la sua pericolosità non sia solidamente comprovabile ed assolutamente certa. Anzi, per la precisione, Cass., sez. pen. VI, 9 febbraio 2016, n. 5254 esclude l’ applicabilità dell’ Art. 73 TU 309/1990 anche nel caso di un tenore drogante molto lieve, giacché, ex comma 1 Art. 131 bis CP, “ [ la perseguibilità è esclusa ] quando, per le modalità della condotta e per l’ esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell’ Art. 133 comma 1 CP, l’ offesa è di particolare tenuità ed il comportamento risulta non abituale “. Analoga, nella Giurisprudenza di legittimità, è pure la posizione semi-abolizionistica o, perlomeno, riduzionistica seguita in Cassazione 38364/2015. Si consideri, però, che Cass., sez. pen. VI, 9 febbraio 2016, n. 5254 precisa che l’ Art. 131 bis CP va applicato nella sola fattispecie di un tenore drogante di lieve entità, e questa ipotesi è diversa da quella di un potere psicoattivo esattamente pari a zero. In ogni caso, rimane ferma la non punibilità di un reato impossibile sotto il profilo della dannosità psico-fisica concreta. L’ Art. 131 bis CP, anche nella Giurisprudenza di merito, è attualmente impiegato soprattutto nel contesto della cannabis coltivata non professionalmente, in ambienti domestici e per uso esclusivamente personale, anche se mancano paradigmi ponderali o chimici ai fini dell’ interpretazione del lemmi “ particolare tenuità del fatto “ ( v. rubrica dell’ Art. 131 bis CP ).
Le Sezioni Unite della Corte Suprema, nel Precedente 13682/2016, sono state eccessivamente generiche, in tanto in quanto, nell’ esegesi combinata dell’ Art. 73 TU 309/1990 e dell’ Art. 131 bis CP, esse si sono limitate a parlare di “ offesa penalmente irrilevante “ o di “ offesa di minima entità“ senza indicare seri paradigmi ermeneutici.
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Il tenore drogante nell’ interpretazione di Cass., sez. pen. VI, 4 dicembre 2015, n. 1660
Sin dalle prime pagine delle proprie Motivazioni, Cass., sez. pen. VI, 4 dicembre 2015, n. 1660 ribadisce che il comma 1 Art. 73 TU 309/1990 è inscindibilmente legato alla ratio dell’ effettivo tenore drogante, ovverosia “ ai fini della punibilità della coltivazione non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefacenti, l’ offensività della condotta consiste nella sua idoneità a produrre la sostanza [ rectius: il principio attivo, ndr ] per il consumo [ … ] e la sua attitudine a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente “. A tal proposito, si considerino pure i pareri simili contenuti in Cass., sez. pen. VI, 15 marzo 2013, n. 22459, Cass., sez. pen. VI, 9 gennaio 2014, n. 6753 e Cass., sez. pen. III, 16 maggio 2013, n. 21120. In punto di fatto, Cass., sez. pen. VI, 4 dicembre 2015, n. 1660 parla di una “ concreta “ e non astratta offensività della condotta, in tanto in quanto l’ esame tossicologico effettuato sulle foglie della canapa sequestrata ha rilevato un elevato tenore drogante, tale da poter recare al confezionamento di ben 1.327 dosi acutamente psicoattive e, dunque, pienamente lesive e pericolose nell’ ottica del comma 1 Art. 32 Cost. . In altre parole, Cass., sez. pen. VI, 4 dicembre 2015, n. 1660 è stata chiamata a giudicare un fatto non astrattamente pericoloso e, quindi, escludente la precettività della causa scriminante ex comma 2 Art. 49 CP. Egualmente inapplicabile, alla luce del notevole tenore drogante, risulta pure l’ Art. 131 bis CP in tema di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.
Tuttavia, in Cass., sez. pen. VI, 4 dicembre 2015, n. 1660 rimane da valutare il rapporto tra l’ elevato tenore drogante della piantagione, da un lato, e, dall’ altro lato, l’ applicabilità o meno del comma 5 Art. 73 TU 309/1990, ai sensi del quale “ salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, le modalità o le circostanze dell’ azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è punito con le pene della reclusione da sei mesi quattro anni e della multa da euro 1.032 a euro 10.329 “. Nella fattispecie di Cassazione 1660/2015 è stato ritenuto applicabile il comma 5 Art. 73 TU 309/1990, anche se il tenore drogante della sostanza coltivata è alto. Più precisamente, come specificato anche da Cass., SS.UU., 26 giugno 2015, n. 46653, in ogni caso, a prescindere dalla purezza dello stupefacente, va tutelato “ il principio di proporzionalità [ … ] un principio che costituisce una necessaria applicazione del principio di eguaglianza, che verrebbe violato dai giudici se a ciascun imputato fosse comminata una pena non correlata alla concreta valutazione della sua condotta individualmente accertata “. In altre parole, Cass., sez. pen. VI, 4 dicembre 2015, n. 1660 asserisce che un elevato tenore drogante, nel contesto del comma 1 Art. 73 TU 309/1990, non esclude in modo automatico la “ lieve entità “ ex comma 5 Art. 73 TU 309/1990, giacché non si può mai impedire al Magistrato di contestualizzare il comma 1 Art. 73 TU 309/1990 nell’ ambito di tutte quante le circostanze dell’ evento delittuoso.
Non esiste una prevalenza assoluta ed egemonica del solo criterio del tenore drogante, che deve rimanere uno dei tanti parametri valutativi complessivi. Anche Cass., SS.UU., 26 giugno 2015, n. 46653 invita alla contestualizzazione concreta “ ogniqualvolta venga posta in discussione l’ affermazione della responsabilità o di aspetti della responsabilità e delle conseguenze che ne derivano “. Il livello più o meno puro del principio attivo non va espanso in misura ipertrofica e, anzi, esso non impedisce per nulla l’ applicazione del comma 5 Art. 73 TU 309/1990 con afferenza “ ai mezzi, alle modalità, alle circostanze dell’ azione ovvero alla qualità ed alla quantità delle sostanze “. Di nuovo, nella Giurisprudenza di legittimità degli Anni Duemila, anche Cass., sez. pen. VI, 4 dicembre 2015, n. 1660 contestualizza, fattualizza e concretizza, nell’ ottica di un giudizio giurisdizionale completo e non limitato alla sola ratio del tenore drogante. D’ altronde, anche nei basilari Artt. 132 e 133 CP, la discrezionalità del Magistrato di merito è connessa ad un ampio catalogo di circostanze oggettive e soggettive, che, nel caso del TU 309/1990, non sono limitate esclusivamente al potere chimico-psicotropo della dose di sostanza tossicovoluttuaria.
Il tenore drogante nell’ interpretazione di Cass., sez. pen. VI, 8 settembre 2015, n. 1411
Anche nel caso di Cassazione 1411/2015, la Suprema Corte, nelle Motivazioni, ha parlato di una “ piena rilevanza penale della coltivazione posta in essere dall’ indagato “, a causa dell’ elevato tenore drogante contenuto nelle 9.454 dosi di marjuana sequestrate. In particolar modo, in Cass., sez. pen. VI, 8 settembre 2015, n. 1411, le piante, le inflorescenze, i tronchi, i rami e gli arbusti di cannabis sativa contenevano un grado estremamente acuto di delta-9-tetra-idro-cannabinolo. Pertanto, anche nel Precedente qui in parola, non vi sono dubbi circa la lesione della tutela della salute pubblica ex comma 1 Art. 32 Cost. . Il reo, nel Procedimento Penale qui in parola, ha ostinatamente dichiarato che le 9.454 dosi avrebbero costituito una provvista per uso meramente personale, ma anche la Sentenza n. 360/1995 della Corte Costituzionale “ [ … ] non ha configurato come non punibile la coltivazione di piante capaci di produrre sostanze stupefacenti destinate al consumo personale dei coltivatori, ma essa ha unicamente posto l’ accento sulla pur sempre necessaria verifica, alla stregua di un giudizio di merito, dell’ offensività specifica della singola condotta in concreto accertata e della sua effettiva idoneità a vulnerare il bene giuridico protetto, ovvero il contrasto al consumo di droghe, in difetto della quale, al condotta diviene priva della tipicità e non più riconducibile alla norma incriminatrice “ ( pg. 4, Motivazioni, Cass., sez. pen. VI, 8 settembre 2015, n. 1411 ). Dunque, nella Sentenza or ora citata, la gravità qualitativa del tenore drogante prevale sulla ratio attenuativa del consumo esclusivamente personale, sempre ammesso e non concesso che ben 9.454 dosi di marjuana possano essere verosimilmente destinate ad un consumo soltanto personale. D’ altronde, anche Cass., SS.UU., 24 aprile 2008, n. 28605 afferma che, a prescindere dalla problematica del tenore drogante, “ integra sempre un contegno penalmente rilevante ogni attività non autorizzata di coltivazione di piante da cui siano estraibili sostanze stupefacenti, anche se la coltivazione è attuata in funzione di un uso soltanto personale del prodotto “ ( v. anche, a tal proposito, Cass., sez. pen. VI, 9 dicembre 2009, n. 49523 ). Inoltre, escluso l’ uso soltanto personale di ben 9.454 dosi, Cass., sez. pen. VI, 8 settembre 2015, n. 1411 esclude anche la fattispecie della canapa light, “ poiché l’ offensività non ricorre solo se la sostanza ricavabile dalla coltivazione non è idonea a produrre un effetto stupefacente in concreto rilevabile, capacità produttiva emersa chiara fin dai primi accertamenti della PG in fase di investigazioni “
Un’ altra questione è la modalità ed il tempo della misurazione del tenore drogante. Cass., sez. pen. VI, 9 gennaio 2014, n. 6753 postula come criterio accertatorio la semplice “ conformità delle piante, anche se non ancora mature, al tipo botanico vietato “. Dal canto suo, Cass., sez. pen. VI, 8 settembre 2015, n. 1411 precisa che “ l’ offensività della condotta non è esclusa dal mancato compimento del processo di maturazione dei vegetali, neppure quando risulti l’ assenza di principio attivo ricavabile nell’ immediatezza, se gli arbusti sono prevedibilmente in grado di rendere, all’ esito fisiologico dello sviluppo, quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti, in quanto il coltivare è un’ attività che si riferisce all’ intero ciclo evolutivo dell’ organismo biologico “
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