Indice
1. La questione
Il Tribunale per il riesame di Milano confermava integralmente una ordinanza emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano in relazione ai delitti di associazione per delinquere (in permanenza attuale) e concorso in truffa in erogazioni pubbliche.
Avverso codesto provvedimento proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’indagato che, tra i motivi addotti, adduceva, per quello che rileva in questa sede, violazione di legge penale processuale, ex art. 606, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., avuto riguardo alla inosservanza della norma processuale (art. 309, comma 5, cod. proc. pen.) che sanziona con l’inefficacia della misura cautelare la tardiva trasmissione degli atti alla cancelleria del tribunale per il riesame, dovendo -a tal fine- computarsi nei 5 giorni indicati quale termine invalicabile anche il primo “dies a quo computatur in termino”, trattandosi di termine apposto in materia di decorrenza della custodia.
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- Nel ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza che ha disposto la misura coercitiva per la tardiva decisione sulla richiesta di riesame possono essere sottoposte solamente le questioni concernenti la sussistenza delle condizioni di legittimità della misura cautelare al momento dell’emissione dell’ordinanza custodiale
- Nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari coercitive la persona detenuta o internata ovvero sottoposta a misura in concreto limitativa della possibilità di partecipare all’udienza camerale può esercitare il diritto di comparire personalmente all’udienza stessa solo se ne ha fatto richiesta
- La mancata proposizione della richiesta di riesame del provvedimento applicativo di una misura cautelare non ne preclude la sua revoca successiva
2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato infondato alla luce del consolidato orientamento della Cassazione secondo cui, in tema di procedimento di riesame, il calcolo del termine perentorio di cinque giorni entro il quale l’autorità procedente deve trasmettere gli atti al tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 309, comma cinque, cod. proc. pen., segue la regola generale stabilita dall’art. 172, comma quattro, cod. proc. pen., per il quale “dies a quo non computatur in termino”, con la conseguenza che il giorno di presentazione della richiesta di riesame, che è quello iniziale (nella specie, 2/2/2022), non si computa (Sez. 2, n. 10505 del 25/01/2012; Sez. 6, n. 12315 del 27/11/2007; Sez. 5, n. 30207 del 18/06/2002; Sez. 6, n. 1444 del 20/04/1999; seguite da sentenze non massimate che volgono nei medesimi termini: Sez. 6, n. 8599, del 2/12/2021; Sez. 3, n. 25553, del 24/3/2021; Sez. 5, n. 3179, del 9/11/2018).
3. Conclusioni
Con la decisione in esame la Cassazione conferma quell’orientamento nomofilattico secondo cui, in tema di procedimento di riesame, il calcolo del termine perentorio di cinque giorni entro il quale l’autorità procedente deve trasmettere gli atti al tribunale del riesame, ai sensi dell’art. 309, comma cinque, cod. proc. pen., segue la regola generale stabilita dall’art. 172, comma quattro, cod. proc. pen., per il quale “dies a quo non computatur in termino”, con la conseguenza che il giorno di presentazione della richiesta di riesame, che è quello iniziale.
E’ dunque sconsigliabile, perlomeno alla stregua di questo approdo interpretativo, sostenere la mancata osservanza del termine perentorio di 5 giorni preveduto dall’art. 309, co. 5, cod. proc. pen., tenendo in considerazione, per determinare tale lasso temporale, anche il giorno in cui è stata presentata la richiesta di riesame.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica procedurale sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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