precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. 2, Sentenza n. 1923 del 6/7/1973
La vicenda
Una condomina impugnava la delibera che aveva posto a carico di tutti i condomini le spese di rifacimento del tetto.
Secondo l’attrice però questo criterio di ripartizione delle spese era ingiusto in quanto le unità immobiliare di sua proprietà non erano coperte dal tetto.
Tuttavia il Tribunale e la Corte d’appello davano torto alla condomina, confermando la bontà della decisione assembleare.
Secondo i giudici di primo e secondo grado la condomina era obbligata a concorrere alle spese per la manutenzione del tetto del fabbricato, in quanto strutturalmente destinato anche alla protezione dell’atrio comune, anche se non sovrastava le unità immobiliari di proprietà dell’attrice.
La condomina proponeva ricorso per cassazione insistendo nell’affermare che non vi era alcuna comunione della copertura, ai sensi dell’art. 1117 c.c., coinvolgente le sue proprietà, in relazione al tetto, in quanto le unità immobiliari di cui era proprietaria non si trovavano al di sotto della proiezione verticale del medesimo tetto oggetto di ristrutturazione.
La questione
Il tetto che non è sovrastante ad alcune unità immobiliari del caseggiato ma è destinato anche alla protezione dell’atrio comune deve essere riparato a spese di tutti i condomini o solo di quelli che hanno unità immobiliari coperte da detta parte comune?
La soluzione
La Cassazione ha condiviso pienamente le motivazioni dei giudici di primo e secondo grado.
I giudici supremi hanno ricordato che le spese di parti comuni come il tetto o la facciata, le quali costituiscono le strutture essenziali ai fini dell’esistenza stessa dello stabile unitariamente considerato e che sono destinate a servire in maniera eguale ed indifferenziata le varie unità immobiliari dell’edificio, devono essere divise per millesimi tra tutti i condomini.
Secondo la Cassazione, in sede di riparto delle spese di manutenzione del tetto, quel che veramente rileva non è tanto l’appartenenza di tale parte comune ad alcuni o a tutti i condomini, quanto la funzione di copertura, senza che con ciò, peraltro, si possa dire che solo i proprietari dei vani posti nella verticale sottostante alla zona da riparare siano tenuti alla relativa spesa.
Tale ragionamento – come notano i giudici supremi – vale a maggior ragione se, per le caratteristiche strutturali e funzionali dell’edificio, il tetto del fabbricato, oggetto dell’intervento manutentivo, è destinato anche alla protezione dell’atrio comune.
In ogni caso viene escluso che possa trovare applicazione il regime sulle spese stabilito dall’art. 1126 c.c., il quale disciplina soltanto le riparazioni o ricostruzioni del lastrico solare, propriamente inteso, di uso esclusivo, ossia di quella superficie terminale dell’edificio dotata di accessibilità ed adibita, quale accessorio, oltre che alla funzione di copertura, alla utilizzazione esclusiva di uno degli appartamenti in forza di diritto, di carattere reale o personale, che risulti dal titolo.
Le riflessioni conclusive
Le parti dell’edificio condominiale deputate a preservare l’immobile da agenti atmosferici e dalle infiltrazioni di acqua, sia piovana che sotterranea, rientrano, per la loro funzione, fra le cose comuni, le cui spese di conservazione sono assoggettate alla ripartizione tra i condomini, in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive, ex art. 1123 c.c..
In altre parole le spese di rifacimento del tetto (o del lastrico) devono suddividersi tra tutti i condomini (compresi negozi, box, locali commerciali) secondo i rispettivi millesimi: ciò deriva dal principio di diritto secondo cui le spese per la conservazione delle parti comuni dell’edificio, destinate a preservarlo dagli agenti atmosferici, sono assoggettate alla ripartizione in misura proporzionale al valore delle singole proprietà esclusive (art. 1123, comma 1, c.c.) e non rientrano, invece, tra le spese di cui ai commi 2 e 3 dell’art. 1123 c.c., le quali riguardano le cose comuni suscettibili di destinazione al servizio dei condomini in misura diversa, ovvero al godimento di alcuni condomini e non di altri (Cass. civ., Sez. II, 04/05/1999, n. 4403).
Non è ammissibile quindi una ripartizione della spesa per zone: cioè, non è possibile porre la detta spesa solo a carico dei proprietari delle unità immobiliari (appartamenti, cantine ecc.) poste nella verticale sottostante alla zona del tetto da riparare (Cass. civ., Sez. II, 06/07/1973, n. 1923).
E’ vero infatti che l’art. 1123 c.c. non impone di procedere a improbabili proiezioni ortogonali per individuare i condomini tra i quali va ripartita la spesa di riparazione del tetto.
Il problema sorge però nel caso in cui l’organismo edilizio condominiale sia coperto da una pluralità di tetti che servono a gruppi di condomini distinti.
A tale proposito si ricorda che secondo l’art. 1123 c.c., 3 comma, qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari o opere destinate a servire una parte dell’edificio, le spese di manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne traggono utilità.
Non può riconoscersi però un rilievo determinate al profilo meramente strutturale della copertura: un tetto per ogni falda o un tetto per ogni parte dell’edificio non sovrastata da altri piani.
Del resto è stato affermato che la copertura di una parte individuata dell’edificio condominiale che ha la funzione, oltre che di copertura di tale parte, anche di raccolta delle acque di scolo di altre parti dell’edificio deve ritenersi destinato a servire anche queste ultime, con la conseguenza che le spese di manutenzione devono essere ripartite tra tutti i condomini che ne traggono utilità, tenendo conto della diversa utilità che ciascuna parte può trarre (Cass. civ., Sez. II, 16/04/1999, n. 3803)
Pertanto, se i diversi tetti sono funzionalmente collegati per assicurare lo scolo delle acque meteoriche l’ art. 1123 c.c., comma 3 non si applica e le spese di riparazione sono divise per millesimi tra tutti i condomini.
La Corte di cassazione ha cassato però la sentenza di un giudice di merito che aveva posto le spese di rifacimento del tetto e della facciata di un edificio dotato di un cortile condominiale nel quale sorgeva una costruzione separata dal caseggiato anche a carico dei proprietari di questa costruzione ed in proporzione del valore delle loro proprietà, esclusivamente valorizzando la circostanza che per accedere alla costruzione separata era necessario servirsi dell’androne dell’edificio e del cortile comune (Cass. civ., Sez. II, 13/07/1996, n. 6359).
Ne consegue che le spese di manutenzione e conservazione delle cose e degli impianti che servono solo una parte del fabbricato, formando oggetto di condominio separato, debbono essere sostenute solo dai proprietari delle unità immobiliari di questa parte, e non dagli altri, secondo il principio generale del comma 3 dell’art. 1123 c.c.
Così è stato negato che i proprietari dei box contenuti in un immobile che, benchè posto all’interno del perimetro condominiale delimitato da un muro di cinta, era separato dall’edificio con le unità abitative, dovessero concorrere alle spese di manutenzione della facciata (ma il discorso vale anche per il tetto) di questo edificio (Cass. civ., Sez. II, 02/02/1995, n. 1255).
Infine, si deve osservare che, ai fini della partecipazione alle spese di manutenzione, nel caso in cui alcune unità immobiliari – generalmente al piano terra o ai piani interrati – si sviluppino a cavallo tra due distinti corpi di fabbrica, occorre tener conto della parte che risulta coperta da ciascuno dei due diversi tetti.
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