Il vigente riparto di giurisdizione nelle controversie in materia di rapporto di lavoro “privatizzato” alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni

Redazione 17/10/01
inserito in Diritto&Diritti nell’ aprile 2001

1. La recente riforma della giustizia amministrativa – articolata nei due interventi legislativi del D.Lgs. 31.03.1998 n. 80 e della l. 21.07.2001 n. 205 – affonda le proprie radici nella enunciazione dei principi della nuova amministrazione, operata dall’art. 1 della l. 7.08.1990 n. 241 (L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità …), ed appare geneticamente collegata con la c.d. privatizzazione del pubblico impiego, disposta dalla legge delega 23.10.1992 n. 421 e realizzata dal D.Lgs. 3.02.1993 n. 29, ispirandosi ai medesimi principi (art. 1).
Sebbene l’attuale assetto della giurisdizione amministrativa, quale è entrato in vigore con il 1° luglio 1998, abbia trovato compiuta regolamentazione solo con la legge di delega 15.03.1997 n. 59 e con il D.Lgs 31.03.1998 n. 80, i quali hanno individuato ex novo i due ambiti di giurisdizione esclusiva in materia di servizi pubblici e di urbanistica ed edilizia, esso appare il frutto della felice intuizione di sfruttare l’occasione determinata dalla sottrazione al giudice amministrativo della gran parte delle controversie in materia di pubblico impiego, sottrazione già prevista (sia pure in termini qualitativamente e quantitativamente inferiori) dall’originario testo dell’art. 68 del D.Lgs. n. 29/1993[1].
Non credo si debbano nutrire dubbi nel qualificare “felice” detta intuizione in quanto essa ha avuto il merito di rivitalizzare la giurisdizione amministrativa, altrimenti destinata ad una progressiva marginalizzazione della quale sono prova, per un verso, le iniziative legislative finalizzate alla individuazione di nuovi criteri ispiratori dell’attività amministrativa fondati su principi e modalità tipicamente privatistiche (linea di tendenza della quale sono significativi l’art. 106 del testo approvato dalla Commissione Bicamerale per le riforme costituzionali e l’art. 2 dell’A.C. n. 6844 recante Norme generali sull’attività amministrativa) e, per altro verso, la tendenza alla eliminazione della pregiudizialità del giudizio amministrativo nei giudizi avanti l’A.G.O. (sentenza della Corte di cassazione, SS.UU. n. 500/1999 e art. 68 D.Lgs n. 29/1993 vigente); il giudice amministrativo è stato così trasformato nel giudice della new economy, dei diritti collettivi e della organizzazione sociale [2].
L’utilità di un approfondimento relativo all’assetto della giurisdizione con riferimento alla tutela giurisdizionale dei dipendenti pubblici appare, per altro, discendere non solo da esigenze storico-ricostruttive – giacché si tratta del “risvolto della medaglia” della nuova giurisdizione amministrativa e per il tradizionale rilievo che la materia ha sempre avuto nell’ambito della giustizia amministrativa – ma anche per gli aspetti problematici che tali controversie continuano a presentare, proprio ai fini dell’esatta individuazione dei nuovi criteri di riparto della giurisdizione in materia.

2. È, infatti, noto che uno dei principali vantaggi offerti dalla precedente attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie in materia di pubblico impiego era proprio quello di concentrare presso un unico giudice tutte le controversie comunque riferibili ai rapporti di lavoro dipendente prestato in favore di una pubblica amministrazione, di volta in volta rientranti nella giurisdizione generale di legittimità – con riferimento sia agli aspetti auto-organizzatori dell’Amministrazione (di conformazione della struttura e degli uffici e di determinazione delle piante organiche) che alle fasi prodromiche alla vera e propria costituzione del rapporto (di svolgimento delle procedure concorsuali o di adozione dei provvedimenti di assunzione) – o nella giurisdizione esclusiva – con riferimento alle fasi di svolgimento dello stesso – e ciò sia pure con un regime differenziato per termini di proposizione del ricorso e per mezzi probatori esperibili, a seconda che si trattasse della impugnazione di un atto autoritativo o paritetico e, quindi, della tutela di una posizione giuridica qualificata quale interesse legittimo o diritto soggettivo, anche non patrimoniale.
Al contrario, la devoluzione all’A.G.O. delle controversie relative al rapporto di lavoro privatizzato alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni ha indotto – quanto meno in questa fase di iniziale – problemi non irrilevanti in ordine alla individuazione della giurisdizione competente, e ciò – probabilmente – al di là delle legittime previsioni.
Superate le articolate, e complesse, previsioni dell’originario testo dell’art. 68 D.Lgs. n. 29/1993 – in realtà mai applicato[3] – il vigente testo normativo, quale discende dalle modifiche introdotte con i DD.Lgs. n. 80 del 31.03.1998 e n. 387 del 29.10.1998, appare, in realtà, improntato all’encomiabile intento di operare – con l’eccezione delle controversie relative ai rapporti di lavoro non privatizzati ex art. 2, co. 4 e 5, del D.Lgs. n. 29/1993 – una attribuzione all’A.G.O. il più possibile unitaria e completa; il risultato, però, non sembra – allo stato – corrispondere all’intento.
Egualmente, la norma destinata a disciplinare temporalmente tale attribuzione – il co. 17 dell’art. 45 del D.Lgs. n. 80/1998 – ha determinato considerevoli difficoltà interpretative con riferimento alla tipica proiezione lungo un prolungato arco di tempo della sequenza fatti materiali – atti – effetti degli stessi sul rapporto di lavoro.

3. In ragione del carattere ampio e generale della clausola di devoluzione al giudice del lavoro di tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni, incluse quelle concernenti l’assunzione al lavoro ed il conferimento degli incarichi dirigenziali, (art. 68 D.Lgs. n. 29/1993, co. 1) appare spontaneo chiedersi se il legislatore non avesse voluto istituire una ipotesi di vera e propria giurisdizione esclusiva in capo al giudice ordinario, attribuendogli giurisdizione in materia anche con riferimento agli interessi legittimi[4].
Indipendentemente dalla risoluzione della problematica sulla astratta possibilità di configurare ipotesi di “giurisdizione esclusiva” in capo all’A.G.O. in presenza dell’attuale criterio costituzionale di riparto della giurisdizione per posizioni giuridiche soggettive[5], la fondatezza di tale ipotesi è, per altro, esclusa dalla espressa previsione normativa, nella seconda parte del medesimo comma, dell’utilizzabilità da parte del giudice ordinario dell’istituto della disapplicazione degli atti illegittimi e della possibilità di impugnazione dell’atto amministrativo avanti il giudice amministrativo, pur escludendosi che ciò dia luogo ad una ipotesi di pregiudizialità amministrativa. Dette previsioni confermano, infatti, la esistenza in materia di residui interessi legittimi tutelabili avanti al giudice amministrativo, secondo l’ordinario riparto di giurisdizione ex art. 103 Costituzione, e la permanenza in capo al giudice ordinario del generale divieto di annullamento degli atti amministrativi, ancorché illegittimi, ex art. 4 della legge abolitiva del contenzioso amministrativo[6].
La creazione in capo al giudice ordinario di un ambito tendenzialmente generale di giurisdizione sulle controversie dei dipendenti pubblici privatizzati risulta, invece, ottenuta attraverso la quasi totale eliminazione in materia di posizioni soggettive di interesse legittimo, conseguente alla riconduzione al diritto privato anche di parte dei poteri organizzatori – attinenti alla c.d. micro organizzazione – dell’Amministrazione, ai sensi degli artt. 2, co. 2, e 4, co. 2, del D.Leg. n. 29/1993, come novellato dal D.Leg. n. 80/1998[7].
Ciò ha, comunque, consentito di realizzare – grazie, anche, alle citate possibilità di disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi, alla rilevata esclusione di qualsiasi pregiudizialità amministrativa ed alla possibilità di adottare “tutti i provvedimenti di accertamento, costitutivi e di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati” (art. 68, co. 2, D.Leg. n. 29/1993, come novellato) – una giurisdizione quasi esclusiva in capo all’A.G.O., intendendo tale termine nel “significato chiovendiano (che) l’attore può ottenere dal giudice ordinario, anche quando una delle parti del rapporto di lavoro è la pubblica amministrazione, tutto quello e proprio quello che è necessario per soddisfare la domanda di tutela”[8].
Costituisce corollario di tale ricostruzione l’esigenza di individuare nella materia un criterio di riparto tra la nuova giurisdizione del giudice del lavoro e la giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo e di interrogarsi sull’eventuale insorgenza di una situazione di doppia tutela.
Per quanto attiene alla individuazione di un concreto criterio di riparto – in attuazione della clausola generale di attribuzione della giurisdizione per posizione giuridica soggettiva – dovrà, probabilmente, farsi riferimento alla distinzione tra atti di macro organizzazione, ex artt. 2, co. 1, 3, co. 1, e 4, co. 1, del D.Leg. n. 29/1993, come novellato dal D.Leg. n. 80/1998, ed atti di micro organizzazione ex artt. 2, co. 2, 3, co. 2, e 4, co. 2, del D.Leg. n. 29/1993, come novellato dal D.Leg. n. 80/1998[9].
I primi[10]– implicanti l’esercizio di una potestà sicuramente amministrativa ed inerenti alla scelta del modello organizzatorio, con riguardo in particolare alle linee fondamentali di organizzazione degli uffici di maggiore rilevanza, ai modi di conferimento della titolarità degli stessi ed alla determinazione della consistenza delle piante organiche – saranno impugnabili avanti alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo mentre i secondi – implicanti l’esercizio dei poteri del datore di lavoro privato ed inerenti alla più concreta e minuta organizzazione degli uffici, oltre che alla vera e propria gestione dei rapporti di lavoro – saranno censurabili dinanzi al giudice del lavoro[11].
Per quanto attiene all’interrogativo sull’eventuale insorgenza di una situazione di doppia tutela, credo che la risposta non possa che essere positiva, potendosi ben configurare la contemporanea instaurazione di due giudizi – l’uno per l’impugnazione avanti al giudice amministrativo dell’atto di macro organizzazione implicante posizioni di interesse legittimo, e l’altro avanti al giudice del lavoro per la tutela (previa disapplicazione dell’atto impugnato) del diritto vantato nell’ambito del rapporto di lavoro – che avranno vita e corso autonomo, stante l’esclusione della pregiudizialità amministrativa, e che potranno concludersi con esiti autonomi[12].
Ed infatti, l’assenza di una previsione esplicita in tal senso e la prevalenza da attribuire al principio costituzionale della pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale (artt. 24 e 113 Costituzione) impediscono[13] di accedere alla soluzione, pure proposta[14], che vorrebbe escludere la possibilità di accesso del dipendente al giudice amministrativo, distinguendo la posizione di questi – avente accesso solo alla tutela del giudice del lavoro – da quella dei terzi – estranei al rapporto di lavoro – aventi accesso alla tutela del giudice amministrativo.
In applicazione di siffatti principi il TAR Sicilia, Palermo, sez. I, ha avuto occasione – in sede cautelare (ord. 23.11.2000 n. 1925) – di distinguere nell’ambito della contestuale impugnazione di atti a carattere generale ed atti incidenti sul singolo rapporto di lavoro, ritenendo la propria giurisdizione, e pronunziandosi nel merito, per quanto atteneva ai primi e declinandola, invece, per quanto atteneva ai secondi.

4. Come ho già anticipato, il primo periodo di applicazione della nuova disciplina ha evidenziato l’insorgenza di alcuni dubbi nella individuazione della giurisdizione competente; e ciò in particolare con riferimento al conferimento degli incarichi dirigenziali, alle procedure concorsuali e, infine, alla applicazione del criterio di riparto temporale tra le giurisdizioni.
4.1. Per quanto attiene alle controversie relative al conferimento degli incarichi dirigenziali[15]- sebbene l’art. 68, co. 1, D.Lgs. n. 29/1993 le ricomprenda espressamente tra quelle devolute all’A.G.O. – si è determinato un contrasto tra la giurisdizione ordinaria, che ha generalmente affermato la propria giurisdizione in materia sul presupposto che si tratti di un atto negoziale inerente al rapporto di lavoro, ed alcuni TT.AA.RR. (TAR Lombardia, Milano, sez. II, 21.01.1999 n. 160 e TAR Puglia, Lecce, sez. I, 6.02.1999 n. 271[16]), che hanno invece rivendicato la propria giurisdizione a conoscere dette controversie in forza della qualificazione dell’atto di nomina quale atto di esercizio di una potestà pubblica.
Al contrario, altri TT.AA.RR. (TAR Campania, Napoli, sez. IV, 7.02.2000 n. 352 e TAR Lombardia, Milano, sez. III, ord. n. 2747 del 22.08.2000[17]) si sono pronunziati nel senso della spettanza all’A.G.O. delle controversie relative al conferimento di incarichi dirigenziali, mentre proprio recentemente il TAR Lazio, sez. II bis, ha sollevato – con ordinanza del 28.02.2001 – la questione di costituzionalità della normativa che attribuisce all’A.G.O. dette controversie.
Con specifico riferimento alle controversie relative alla nomina e revoca dei segretari comunali, alla recente sentenza 3 marzo 2001 della Corte d’appello di Firenze, sez. lavoro, si contrappone la sentenza 27.10.2000 n. 1457 del TAR Marche[18]!
4.2. Assolutamente incerto appare tutt’ora – all’interno della stessa giurisdizione amministrativa – l’orientamento in materia di conferimento di incarichi di dirigente sanitario di secondo livello, principalmente in considerazione delle incertezze in ordine alla qualificazione “concorsuale”, o meno, della particolare procedura selettiva che precede la determinazione del Direttore Generale dell’Azienda sanitaria.
Ed invero alle pronunzie che hanno riconosciuto la giurisdizione del giudice ordinario in materia (TAR Campania, Napoli, sez. V, 12.10.1999 n. 2642; TAR Liguria, sez. II, 30.11.1999 n. 680 e 3.07.2000 n. 748; TAR Molise 25.11.1999 n. 496; TAR Lombardia, sez. di Brescia, ordd. 25.02.2000 n. 115 e 7.04.2000 n. 209 e sent. 8.07.2000 n. 618, TAR Sicilia, Palermo, sez. I, 3.10.2000 n. 1778 e 5.03.2001 n. 351[19]) si sono contrapposte altre pronunzie che hanno, invece, affermato la giurisdizione amministrativa (TAR Calabria, Catanzaro, 26.10.1999 n. 1150; TAR Puglia, Bari, sez. I, 17.02.2000 n. 606; TAR Valle d’Aosta 23.06.2000 n. 113; TRGA, Bolzano, 28.07.2000 n. 205; TAR Abruzzo, Pescara 26.02.2000 n. 132 e L’Aquila 3.08.2000 n. 605[20]).
Il TAR Friuli Venezia Giulia ha sul punto addirittura adottato tre diverse soluzioni ritenendo, in un primo tempo, la propria giurisdizione (n. 601 del 10.05.1999) sotto il profilo della qualificazione quale interesse legittimo della posizione giuridica soggettiva dell’aspirante all’incarico, declinandola, in un secondo tempo, a seguito della valorizzazione della previsione del co. 1 dell’art. 68 del D.Leg.vo n. 29/1993 (18.12.1999 n. 1282) e riaffermandola, più recentemente, sulla base dell’assimilazione della procedura selettiva alla nozione di procedura concorsuale ex co. 4 del citato art. 68 (31.07.2000 n. 578)[21].
4.3. Sempre in tema di controversie riguardanti procedure concorsuali[22], altri contrasti interni alla stessa magistratura amministrativa si sono verificati in materia di concorsi interni e riservati; ed infatti alle pronunzie che hanno declinato la giurisdizione – considerando il concorso quale vicenda interna al rapporto di lavoro già istaurato – (TAR Basilicata 21.06.2000 n. 373, TAR Abruzzo, Pescara, 7.04.2000 n. 238 e TAR Sicilia, Palermo, sez. I ord. 23.11.2000 n. 1925[23]) si sono contrapposte altre pronunzie (TAR Puglia, Lecce, sez. II, 6.11.1999 n. 750 e 17.01.2000 n. 26 e TAR Campania, Napoli, sez. V, 31.08.2000 n. 3336[24]) che hanno ritenuto la propria giurisdizione qualificando quale interesse legittimo la posizione giuridica soggettiva dei partecipanti alla selezione interna.
E ciò mentre il TAR Sicilia, Catania, sez. III (ordd. 29.10.1999 e 30.11.1999, dichiarate inammissibili dalla Corte Costituzionale con ordinanza n. 2 del 4.01.2001[25]) ha dubitato della legittimità costituzionale della scelta legislativa di distinguere tra concorsi interni e concorsi per l’accesso all’impiego e la Corte di cassazione (SS.UU. 23.11.2000 n. 1203) – già seguita da TAR Abruzzo, Pescara, 23.02.2001 n. 199 – ha attribuito all’A.G.O. la controversia relativa all’inserimento in una graduatoria formata in base a criteri fissi e prestabiliti da una pubblica amministrazione dotata di potere di accertamento e valutazione tecnica, in considerazione del fatto che il soggetto che chiede l’inserzione nella graduatoria stessa farebbe valere il suo diritto al lavoro.
4.4. Anche la tematica relativa al riparto temporale delle controversie, disciplinata dal co. 17 dell’art. 45 del D.Lgs. n. 80/1998, è stata contraddistinta da numerose incertezze interpretative, e ciò sebbene il fenomeno del trasferimento di controversie in materia di impiego pubblico dal giudice amministrativo all’A.G.O. non fosse una novità[26].
Il comma 17 del citato prevede, infatti, che siano attribuite al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998 e che le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data rimangano, invece, attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.
Il Legislatore ha, così, utilizzato un criterio analogo a quello introdotto dall’art. 1 d.l. 6 maggio 1994 n. 269, nel testo introdotto dalla legge di conversione 4 luglio 1994 n. 432, secondo il quale “nel caso di trasformazione di enti pubblici in enti pubblici economici o in società di diritto privato, continuano ad essere attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro svoltosi anteriormente alla trasformazione.”, ed ha, così, dimostrato di avere fatto tesoro dell’esperienza formatasi in occasione delle privatizzazioni dei rapporti di lavoro dei dipendenti dell’Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato – conseguente alla istituzione dell’Ente pubblico economico Ferrovie dello Stato, disposta con l. 17 maggio 1985 n. 210 – e dell’Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni – conseguente alla istituzione dell’Ente pubblico economico Poste Italiane, disposta con d.l. 1 dicembre 1993 n. 487, convertito in legge con l. 29 gennaio 1994 n. 71 -.
In occasione della prima privatizzazione, per effetto anche del testo all’epoca vigente dell’art. 5 del codice di procedura civile, si è addirittura assistito alla migrazione verso il pretore del lavoro di un ingentissimo numero di giudizi già pendenti avanti il giudice amministrativo[27]; in occasione della seconda, in ragione della ritenuta inapplicabilità retroattiva dell’art. 1 d.l. 6 maggio 1994 n. 269[28], controversie analoghe possono essere devolute a giudici diversi in conseguenza della diversa epoca di instaurazione.
Per effetto della scelta oggi operata, tutte le controversie relative al medesimo periodo del rapporto di lavoro dovrebbero, invece, essere attribuite al medesimo giudice.
Purtroppo, però, l’espressione “questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro” antecedente o successivo al 30 giugno 1998 non è risultata di agevole interpretazione; ed infatti l’espressione appare astrattamente riferibile ad una molteplicità di “momenti”, a partire dal dato storico costituito dall’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze in relazione ai quali sia insorta la controversia alla data del compimento dell’atto di gestione, all’arco temporale di riferimento degli effetti di tale atto, al momento di insorgenza del diritto in contestazione.
Neppure l’intervento delle SS.UU. della Corte di cassazione è riuscito a fare definitiva chiarezza in argomento; ed invero dopo una prima pronunzia che pone l’accento sul dato storico dell’avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze, così come poste a base della pretesa avanzata, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia (20 novembre 1999 n. 808) sono seguite altre (24.02.2000 n. 41, 19.07.2000 n. 505, 9.08.2000 n. 553 e 27.11.2000 n. 1214) che – pur movendo dalla medesima premessa – pongono l’accento sulla data di adozione dell’atto (provvedimentale o negoziale) dell’amministrazione, ove esistente.
Recentemente (sez. IV, 2.03.2001 n. 1167) il Consiglio di Stato ha recepito detta soluzione, ritenendo che, se la lesione del diritto del lavoratore è prodotta da un atto provvedimentale o negoziale, debba farsi riferimento all’epoca della sua emanazione, mentre la Corte di cassazione (SS.UU., 21.12.2000 n. 1323, in materia di inquadramento) ammette che la competenza giurisdizionale vada ripartita tra giudice amministrativo e giudice ordinario, in relazione alla diverse fasi temporali, in tutte le ipotesi nelle quali il lavoratore riferisca le proprie pretese ad un periodo in parte anteriore ed in parte successivo alla data del 30.06.1998.

5. A conclusione di questa breve, ma preoccupante, panoramica di problematiche ancora aperte in tema di giurisdizione appare spontaneo interrogarsi sugli effetti e sui risultati della riforma.
Personalmente, credo che non possa non ammettersi – al di là degli inconvenienti dovuti alla novità dell’approccio ed al fatto che mancano ancora gli indirizzi che potranno scaturire dalle pronunzie del Consiglio di Stato e della Corte di cassazione – che il nuovo assetto della giurisdizione in materia di rapporto di lavoro “privatizzato” alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni sia conforme alla natura privatistica della disciplina sostanziale da applicare al rapporto di lavoro stesso[29] e risponda, quindi, a criteri di logica giuridica inattaccabili.
Per altro, con riferimento al più ampio dibattito in ordine al nuovo assetto del riparto di giurisdizione – a seguito dell’introduzione delle nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva con il D.Lgs. n. 80/1998 e la l. n. 205/2000 – e della sua compatibilità con il criterio costituzionale del riparto di giurisdizione per posizione giuridica soggettiva[30], non può non rilevarsi come gli articoli 33 e 34 del D.Lgs. n. 80/1998 costituiscano l’epilogo, e la sintesi, di un articolato itinerario legislativo che aveva già visto l’attribuzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di non poche tipologie di controversie (art. 5 l. 6.12.1971 n. 1034, in materia di rapporti di concessione di beni e servizi pubblici; artt. 16 della l. 28.01.1977 n. 10 e 35 della l. 28.02.1985 n. 47, in materia edilizia; art. 1 l. 23.08.1988 n. 391, in materia di vendita dei beni di proprietà delle imprese sottoposte ad amministrazione straordinaria; art. 11 l. 7.08.1990 n. 241, in materia di accordi tra privati ed amministrazione; artt. 10 l. 10.10.1990 n. 287, 7 D.Lgs. 26.01.1992 n. 74, 2 l. 14.10.1994 n. 481, 1 l. 31.07.19997 n. 249, in materia di autorità indipendenti), per altro bilanciato dalla attribuzione al giudice ordinario di altre tipologie di controversie “naturalmente” rientranti, invece, nella giurisdizione amministrativa (art. 22 l. 24.11.1981 n. 689, in materia di sanzioni amministrative; art. 29 l. 31.12.1996 n. 675, in materia di trattamento dei dati personali; art. 11, co. 8, l. 6.03.1998 n. 40 in materia di immigrazione), oltre che di quelle in materia di rapporto di lavoro “privatizzato” alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni[31].
Si tratta, in sostanza, di un itinerario legislativo attraverso il quale l’ordinamento mostra di avere valorizzato le potenzialità espansive, rispetto al sistema previgente, della disciplina costituzionale del riparto di giurisdizione, potenzialità consistenti proprio nella costituzionalizzazione della “giurisdizione esclusiva” nelle materie indicate dalla legge (art. 103, co. 1, Cost.) e della regola della individuazione per legge degli organi di giurisdizione chiamati ad annullare gli atti amministrativi con gli effetti previsti dalla stessa legge (art. 113, co. 3, Cost.)[32].
Il Legislatore ha, infatti, dimostrato di voler progressivamente abbandonare il tradizionale criterio di riparto per posizione giuridica soggettiva tutelata in favore di quello per blocchi omogenei di materie, individuate per legge, e caratterizzate – per quanto attiene al giudice amministrativo – dall’esercizio di attività oggettivamente amministrativa, intesa quale funzionalizzazione dell’interesse pubblico.
L’aspetto maggiormente innovativo del complessivo intervento legislativo sembra, per altro, essere quello della estensione dell’ambito della giurisdizione amministrativa alle controversie risarcitorie, e ciò non solo nell’ambito delle materie di giurisdizione esclusiva (nuovo comma 3 dell’art. 7 della l. n. 1034/1971, come modificato dall’art. 35 del D. Lgs. n. 80/1998, nel testo introdotto dall’art. 7 della l. n. 205/2000); detta estensione provocherà una profonda “mutazione genetica” della giurisdizione amministrativa, ampliando i modelli e gli ambiti di tutela offerti e trasformandola in una “giurisdizione concentrata”[33].
Salvatore Veneziano
Consigliere del T.A.R. Sicilia – Palermo

· Testo dell’intervento programmato svolto nella prima giornata del Convegno “La riforma della giustizia amministrativa in Italia e Spagna”, organizzato dal Dipartimento di Diritto Pubblico dell’Università degli studi di Palermo e tenutosi a Palermo nei giorni 16 e 17 marzo 2001 presso il Palazzo dei Normanni.
[1] Per una ricostruzione critica dell’assetto del riparto di giurisdizione quale emergeva dal D.Leg.vo n. 29/1993, G. Albenzio, La tutela giurisdizionale. La nuova disciplina sulla giurisdizione nelle controversie di pubblico impiego, in Foro It., 1995, V, coll. 50 e segg..
[2] In particolare per la rilevanza delle tematiche relative alla tutela giurisdizionale degli utenti dei servizi pubblici, anche ai fini della realizzazione di un nuovo modello di amministrazione pubblica, S. Pajno, Servizi pubblici e tutela giurisdizionale, in Diritto Amministrativo, 1995, pagg. 551 e segg..
[3] Per una sintetica ricostruzione delle fasi del passaggio di giurisdizione, S. Cassarino, Nuova giurisdizione in materia di pubblico impiego, in Cons. Stato, 1998, II, pagg. 1947 e segg.; per un primissimo commento delle novità introdotte dal D.Leg.vo n. 80/1998 e delle problematiche discendenti dal trasferimento di giurisdizione, S. Baccarini, La giurisdizione ordinaria sui rapporti di pubblico impiego, in Diritto Processuale Amministrativo, 1999, pagg. 587 e segg..
[4] Così sembra ipotizzare Baccarini, cit., pag. 588.
[5] Con riferimento alla recente tendenza legislativa ad assegnare blocchi omogenei di controversie, di volta in volta, al giudice amministrativo o a quello ordinario, M. Mazzamuto, Verso la giurisdizione esclusiva del giudice ordinario?, in Giur. It., 1999, pagg. 1123 e segg., si interroga su tale eventuale possibilità, concludendo per la soluzione negativa.
[6] Così V. Tenore e E.A. Apicella, Corte di Cassazione e Consiglio di Stato in contrasto sulla natura attizia o contrattuale delle determinazioni datoriali nel rapporto d’impiego pubblico privatizzato, in Foro Amministrativo, 1999, pag. 2167, e A. Travi, La giurisdizione civile nelle controversie di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, in Diritto processuale Amministrativo, 2000, pagg. 311 e segg..
[7] M. D’Antona, Contratto collettivo, sindacati e processo del lavoro dopo la “seconda privatizzazione” del pubblico impiego (osservazioni sui d.leg. n. 396 del 1997, n. 80 del 1998 e n. 387 del 1998) in Foro It., 1999, I, coll. 628 e 629 e G. De Giorni Cezzi, Perseo e Medusa: il giudice ordinario al cospetto del potere amministrativo, in Diritto processuale Amministrativo, 1999, pagg. 1044 e segg., Mazzamuto, cit., pag. 1128 e Travi, cit., pagg. 305 e seg..
[8] Così D’Antona, cit. col. 628. In argomento, Travi, cit. pag. 316.
[9] Distinzione operata, anche, dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 309 del 16.10.1997, in Foro It., 1997, I, coll. 3484 e segg.. Per altro, l’Adunanza Generale del Consiglio di Stato – parere 10.06.1999 n. 9, in Foro Amministrativo, 1999, pagg. 2160 e segg., criticamente annotato da V. Tenore e E.A. Apicella, Corte di Cassazione e Consiglio di Stato in contrasto…, cit., i quali evidenziano tutta una serie di dubbi e di incongruenze conseguenti – ha riconosciuto natura “soggettivamente” amministrativa agli atti di gestione del rapporto di impiego facendone discendere la proponibilità del ricorso straordinario al Capo dello Stato in via concorrente, e non alternativa, con il ricorso alla giurisdizione ordinaria ex art. 68 D. Leg.vo n. 29/1993.
[10] Secondo Travi, cit., pagg. 308 e seg., essi si configurano quali “atti presupposti”, estranei al rapporto di lavoro vero e proprio.
[11] Tale criterio sembra adottare TAR Lazio, sez. III bis, 12.06.2000 n. 4852, in I TT.AA.RR., 2000, I, pagg. 3068 e seg..
[12] Così Mazzamuto, cit., pag. 1129 e Travi, cit., pagg. 314 e seg..
[13] In questo senso, De Giorgi Cezzi, cit., pag. 1074, Albenzio, L’esecuzione delle sentenze del giudice del lavoro nei confronti della pubblica amministrazione, in Foro It., 1999, I, col. 3475 e E.A. Apicella, Incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche e tutela giurisdizionale, in I TT.AA.RR., 2000, II, pag. 412.
[14] D’Antona, cit, col. 629 e Torchia, Giudice amministrativo e pubblico impiego dopo il D.Lgs. n. 80/1998, in Il Lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 1988, pagg. 1061.
[15] Per un complessivo esame delle problematiche in materia, e degli orientamenti emersi in giurisprudenza, E.A. Apicella, Incarichi dirigenziali …, cit..
[16] Rispettivamente in I TT.AA.RR., 1999, I pagg. 885 e 1539.
[17] Rispettivamente in I TT.AA.RR., 2000, I pagg. 1986 e 3570.
[18] In Giust. Amm., 2001, II, pagg. 82 e segg. con nota di commento di L.C. Meale.
[19] Rispettivamente in I TT.AA.RR., 1999, I pag. 4957 e 2000, I, pagg. 209, 3853, 273, 504, 1031, 3805.
[20] Rispettivamente in I TT.AA.RR., 1999, I pag.5111 e 2000, I, pagg. 2050, 2228, 4414, 1961 e 4479.
[21] Rispettivamente in I TT.AA.RR., 1999, I pag.2528 e 2000, I, pagg. 714 e 4428.
[22] In argomento, Travi, cit., pagg. 318 e segg..
[23] Rispettivamente in I TT.AA.RR., 2000, I pagg. 4097 e 2654.
[24] Rispettivamente in I TT.AA.RR., 2000, I pagg. 389, 1507 e 4530.
[25] In GURI, Serie speciale n. 2 del 10.01.2001, pag. 11.
[26] In tema, Travi, cit., pagg. 296 e segg. e S. Giacchetti, Contenzioso del pubblico impiego: l’incerto confine transitorio tra la giurisdizione amministrativa e quella ordinaria, in Cons. di Stato, 1999, II, pagg. 963 e segg..
[27] Da ultimo, Cass. SS.UU. 10 agosto 1996 n. 7406, in Cons. di Stato, 1997, II, pag. 32.
[28] Cass. SS.UU. 5 settembre 1997 n. 8587 e 24 settembre 1997 n. 9381, in Cons. di Stato, 1998, II, pagg. 21 e 52.
[29] Travi, cit, pag. 321.
[30] A. Travi, Giurisdizione esclusiva e legittimità costituzionale, in Foro It., 2000, I, coll. 2400 e segg..
[31] S. Pajno, Mutamento dei modelli amministrativi e cambiamento dei modelli di tutela giurisdizionale: “la giurisdizione concentrata”, in Il sistema della Giustizia amministrativa dopo il D.Lgs. n. 80/1998 e la sentenza delle SS.UU. della Corte di cassazione n. 500/1999, Milano, 2000, pagg. 110 e seg. e Mazzamuto, cit., pagg. 1123 e seg..
[32] Pajno, Mutamento dei modelli amministrativi … , cit., pagg. 108 e seg. e, in precedenza, Le norme costituzionali sulla giustizia amministrativa, in Diritto Amministrativo, 1994, pagg. da 470 a 475.
[33] L’espressione è di Pajno, Mutamento dei modelli amministrativi … , citata.

Redazione

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