Illegittimità costituzionale dell’art. 224 del codice della strada

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     Indice

  1. Il fatto
  2. Le questioni prospettate nell’ordinanza di rimessione
  3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Consulta
  4. Conclusioni

1. Il fatto

Il Giudice di pace di Forlì era chiamato a decidere un giudizio di opposizione avverso un provvedimento del prefetto irrogativo della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida per ulteriori sei mesi, detratti i sei mesi già scontati in via cautelare, in relazione al minimo edittale di un anno stabilito per la violazione di cui all’art. 186, comma 2, lettera c), cod. strada.

In particolare, il processo penale (in questione) per guida in stato di ebbrezza, ai sensi dell’art. 186, commi 2, lettera c), 2-sexies e 2-septies cod. strada, era stato definito con declaratoria di estinzione per esito positivo della messa alla prova, ai sensi dell’art. 168-bis del codice penale.

Orbene, in relazione a tale giudizio, questo giudice rilevava come l’art. 224, comma 3, cod. strada, del quale era chiamato a fare applicazione nel giudizio di opposizione all’ordinanza del prefetto con cui era stata irrogata la sanzione della sospensione della patente di guida nella misura complessiva di un anno, determinasse una irragionevole disparità di trattamento tra l’imputato per il reato di guida in stato di ebbrezza, il quale abbia ottenuto la sospensione del procedimento con messa alla prova, che abbia poi avuto esito positivo, e l’imputato per il medesimo reato la cui pena sia stata sostituita con quella del lavoro di pubblica utilità, agli effetti dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, comportando lo svolgimento positivo di questo, tra l’altro, oltre che l’estinzione del reato, altresì la riduzione alla metà, disposta dal giudice, della sanzione della sospensione della patente.

2. Le questioni prospettate nell’ordinanza di rimessione

In relazione alla criticità appena evidenziata, il Giudice di pace di Forlì sollevava una questione di legittimità costituzionale dell’art. 224, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in relazione all’art. 186, comma 9-bis, del medesimo decreto legislativo, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede(va) che, in caso di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza a seguito di esito positivo della messa alla prova, il prefetto, previo accertamento della sussistenza delle condizioni di legge, disponga la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente di guida.

In particolare, il giudice a quo riteneva come l’art. 224, comma 3, cod. strada contrastasse con l’art. 3 Cost. per la disparità di trattamento tra l’imputato del reato di guida in stato di ebbrezza il quale abbia ottenuto la sospensione del procedimento con messa alla prova, che abbia poi avuto esito positivo, e l’imputato del medesimo reato, la cui pena sia stata sostituita con quella del lavoro di pubblica utilità, agli effetti dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, comportando lo svolgimento positivo di questo, tra l’altro, oltre che l’estinzione del reato, altresì la riduzione alla metà, disposta dal giudice, della sanzione della sospensione della patente.

L’esito positivo della messa alla prova, osservava sempre l’autorità rimettente, non produce, dunque, alcun effetto premiale con riguardo alla sanzione accessoria della sospensione della patente di guida, a differenza di quanto previsto per il lavoro di pubblica utilità, rivelandosi tale differenza irragionevole alla luce delle ravvisate affinità dei due istituti, fermo restando che l’ordinanza di rimessione argomentava sul punto richiamando quanto affermato da questa Corte nella sentenza n. 75 del 2020.


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3. Le valutazioni giuridiche formulate dalla Consulta

Ad avviso del giudice delle leggi, per una più chiara individuazione della questione sottoposta al suo esame, era necessario premettere una ricognizione del quadro normativo all’interno del quale si inserisce la disposizione censurata, e ciò era compiuto nei seguenti termini: “L’art. 186 cod. strada, nel testo attualmente vigente, stabilisce in via generale il divieto di guidare in stato di ebbrezza (comma 1). A seconda del valore del tasso alcolemico accertato, prevede, al comma 2, tre distinti illeciti: uno di carattere amministrativo e, gli altri due, di carattere penale. Stabilisce, infatti, che la condotta in questione, ove non costituisca più grave reato, è punita: a) con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 543 ad euro 2.170, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi per litro; all’accertamento della violazione consegue la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da tre a sei mesi; b) con l’ammenda da euro 800 ad euro 3.200 e l’arresto fino a sei mesi, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 0,8 e non superiore a 1,5 grammi per litro; all’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da sei mesi ad un anno; c) con l’ammenda da euro 1.500 ad euro 6.000 e l’arresto da sei mesi ad un anno, qualora sia stato accertato un valore corrispondente ad un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro; all’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni, nonché la confisca del veicolo, salvo che questo appartenga a terzi. Lo stesso art. 186 cod. strada, al comma 2-bis – aggiunto nel 2007, nel testo oggi vigente a seguito delle modificazioni introdotte dall’art. 33, comma 1, lettera b), della legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale) – prevede che se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, le sanzioni indicate sono raddoppiate. Il comma 9-bis del medesimo articolo – disposizione introdotta dall’art. 33, comma 1, lettera d), della stessa legge n. 120 del 2010 – stabilisce, inoltre, che, al di fuori dei casi previsti dal comma 2-bis, la pena detentiva e pecuniaria può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468) secondo le modalità ivi previste e consistenti nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività, da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale. Il lavoro di pubblica utilità, tuttavia, può sostituire la pena per non più di una volta. Gli artt. 224 e 224-ter cod. strada – quest’ultimo introdotto dall’art. 44, comma 1, della citata legge n. 120 del 2010 – disciplinano, rispettivamente, il procedimento di applicazione delle sanzioni amministrative accessorie della sospensione e della revoca della patente e quello di applicazione delle sanzioni amministrative accessorie della confisca amministrativa e del fermo amministrativo in conseguenza di ipotesi di reato. In particolare, l’art. 224, comma 3, e l’art. 224-ter, comma 6, prevedono che la declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato importa l’estinzione della sanzione amministrativa accessoria. Nel caso di estinzione del reato per altra causa, il prefetto procede all’accertamento della sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede, ai sensi degli artt. 218 e 219 cod. strada nelle parti compatibili, all’applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida e, ai sensi degli artt. 213 e 214 cod. strada, in quanto compatibili, all’applicazione della sanzione accessoria della confisca, stabilendo, altresì, che l’estinzione della pena successiva alla sentenza irrevocabile di condanna non ha effetto sull’applicazione della sanzione amministrativa accessoria. (…) A sua volta, l’art. 168-bis del codice penale, inserito dall’art. 3, comma 1, della legge 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili), ha introdotto nel sistema penale l’istituto della messa alla prova, stabilendo che, «[n]ei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell’articolo 550 del codice di procedura penale, l’imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova». Questa comporta, oltre alla prestazione di condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, e, ove possibile, al risarcimento del danno, l’affidamento dell’imputato al servizio sociale e la prestazione di lavoro di pubblica utilità. Ai sensi dell’art. 168-ter, secondo comma, cod. pen. – inserito dal medesimo art. 3, comma 1, della legge n. 67 del 2014 –, «[l]’esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede. L’estinzione del reato non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge»”.

Ciò posto, terminato questo excursus normativo, i giudici di legittimità costituzionale evidenziavano come la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal Giudice di pace di Forlì, si collocasse all’interno del richiamato quadro normativo nel senso che essa, tenuto conto del reato contestato nel giudizio principale e delle argomentazioni svolte nell’ordinanza di rimessione, doveva ritenersi promossa limitatamente al caso in cui l’esito della messa alla prova comporti l’estinzione del reato di cui all’art. 186, comma 2, lettera c), cod. strada posto che la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, di cui al comma 9-bis, può essere applicata dal giudice, se l’imputato non si oppone, al di fuori dei casi di cui al comma 2-bis, e cioè a condizione che dalla guida in stato di ebbrezza non sia derivato un incidente, tenuto conto altresì del fatto che la pronuncia additiva richiesta dal rimettente aveva ad oggetto una disciplina che opera alle medesime condizioni per i reati di cui alle lettere b) e c), del comma 2 dell’art. 186 cod. strada e, quindi, la pronuncia qui in commento, ad avviso della Consulta, non avrebbe potuto non riguardare anche le conseguenze della estinzione per esito positivo della messa alla prova del reato di cui al comma 2, lettera b), sempre ove non ricorresse la menzionata ipotesi di cui al comma 2-bis del medesimo art. 186 cod. strada.

Premesso ciò, la questione era stimata fondata alla luce delle argomentazioni svolte dalla medesima Corte costituzionale nella sentenza n. 75 del 2020.

Orbene, si evidenziava a tal riguardo che, con tale decisione, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, cod. strada nella parte in cui prevedeva che il prefetto dovesse verificare la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool per esito positivo della messa alla prova, rilevandosi al contempo che la citata pronuncia ha dapprima evidenziato che l’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova, introdotto, per gli imputati adulti, dalla legge n. 67 del 2014, con l’inserimento degli artt. 168-bis e 168-ter cod. pen., secondo l’elaborazione della giurisprudenza costituzionale, non è una sanzione penale in senso proprio (sentenza n. 91 del 2018), pur manifestando una «innegabile connotazione sanzionatoria» (sentenza n. 68 del 2019), per poi rimarcare che il lavoro di pubblica utilità disciplinato dal comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada è, invece, una pena sostitutiva (così già l’ordinanza n. 43 del 2013), seppur svolga anche una funzione “premiale”, in quanto il suo positivo svolgimento determina per il condannato le favorevoli conseguenze della declaratoria di estinzione del reato, della riduzione a metà della durata della sospensione della patente e della revoca della confisca del veicolo (sentenza n. 198 del 2015).

Quindi, comparando il lavoro di pubblica utilità ex art. 186, comma 9-bis, cod. strada e la messa alla prova ex art. 168-bis cod. pen., la citata sentenza n. 75 del 2020 ha sottolineato che entrambi gli istituti si connotano per il fatto di prevedere, in una medesima ottica premiale, una prestazione di attività non retribuita in favore della collettività, la quale rappresenta l’essenza del primo ed è comunque componente imprescindibile del secondo istituto (art. 168-bis, terzo comma, cod. pen.) fermo restando che, pur considerata la discrezionalità del legislatore nella determinazione del trattamento sanzionatorio dei fatti di reato, il richiamato precedente ha così ritenuto manifestamente irragionevole che, al cospetto di una prestazione analoga, qual è il lavoro di pubblica utilità, e a fronte della medesima conseguenza dell’estinzione del reato, la sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo venisse meno per revoca del giudice nel caso di svolgimento con esito positivo del lavoro sostitutivo, e potesse, invece, essere disposta per ordine del prefetto nel caso di esito positivo della messa alla prova, tanto più che quest’ultima costituisce una misura più articolata ed impegnativa dell’altra, figurandovi il lavoro di pubblica utilità come componente insieme al compimento di atti riparatori da parte dell’imputato e all’affidamento dello stesso al servizio sociale.

Del resto, il diverso trattamento sanzionatorio in ordine all’applicabilità della confisca del veicolo non è apparso alla Corte costituzionale giustificato, né dalla circostanza che, a differenza della messa alla prova dell’adulto, per la quale è necessaria la richiesta dell’imputato, il lavoro di pubblica utilità previsto dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada può essere applicato dal giudice anche d’ufficio, alla sola condizione che l’imputato non vi si opponga, né dal fatto che, a norma dello stesso art. 186, comma 9-bis, cod. strada, il lavoro sostitutivo deve svolgersi «in via prioritaria» nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale.

Pertanto, alla stregua di ciò, il giudice delle leggi rilevava che la coerenza del “microsistema” delle sanzioni accessorie applicabili in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool, delineato dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, è risultata alterata dalla più recente disciplina della messa alla prova, ove applicata al medesimo reato, non potendo costituire ostacolo alla reductio ad legitimitatem della disciplina della confisca, nel caso in cui la messa alla prova avesse dato esito positivo, la disposizione di contenuto generale dettata dall’art. 168-ter cod. pen., secondo la quale l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, in quanto, mancando elementi indicativi di una contraria volontà del legislatore, doveva ritenersi operante il criterio lex generalis posterior non derogat priori speciali (tra le tante, sentenze n. 2 del 2008 e n. 41 del 1992).

Oltre a ciò, era altresì fatto presente come gli stessi argomenti contenuti nella sentenza n. 75 del 2020 deponessero, ora, per la illegittimità costituzionale del censurato art. 224, comma 3, cod. strada, nella parte in cui non prevede che, nel caso di estinzione per esito positivo della messa alla prova del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool, al di fuori delle ipotesi previste dal comma 2-bis dell’art. 186 cod. strada, il prefetto, applicando la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, ne riduca la durata della metà, dal momento che, a sostegno di tale conclusione, militavano i

seguenti elementi: a) la connotazione sanzionatoria dell’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova per gli imputati adulti; b) la funzione premiale del lavoro di pubblica utilità disciplinato dal comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada, pena sostitutiva il cui positivo svolgimento determina per il condannato le favorevoli conseguenze della declaratoria di estinzione del reato, della riduzione a metà della durata della sospensione della patente e della revoca della confisca del veicolo; c) la «piena omogeneità delle situazioni poste a raffronto» (ex plurimis, sentenze n. 76 del 2019, n. 134 del 2017, nello stesso senso, sentenza n. 236 del 2016), ove la messa alla prova sia stata concessa in un procedimento per il reato di guida sotto l’influenza dell’alcool, al di fuori dei casi previsti dal comma 2-bis dell’art. 186 cod. strada, in quanto sia il lavoro di pubblica utilità ex art. 186, comma 9-bis, cod. strada, sia la messa alla prova ex art. 168-bis cod. pen., consistono nella prestazione di attività non retribuita in favore della collettività.

Tal che se ne faceva discendere la manifesta irragionevolezza della conseguenza applicativa per cui, al cospetto di una prestazione analoga, qual è il lavoro di pubblica utilità, e a fronte del medesimo effetto dell’estinzione del reato, la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente viene ridotta alla metà dal giudice in caso di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, mentre è escluso il beneficio dell’identica riduzione ove sia applicata dal prefetto nel caso di esito positivo della messa alla prova, pur costituendo quest’ultima, rispetto alla prima, misura più articolata ed impegnativa, giacché subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità e comportante, come visto, condotte riparatrici da parte dell’imputato, nonché l’affidamento dello stesso al servizio sociale, fermo restando che, da un lato, tale irragionevolezza si manifesta nei limiti dei casi regolati dalla fattispecie dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, utilizzata come norma di raffronto, la quale ammette il lavoro di pubblica utilità, cui si correla la funzione premiale del suo positivo svolgimento, nelle sole ipotesi di reato di guida in stato di ebbrezza diverse da quelle contemplate dal comma 2-bis dell’art. 186 cod. strada, dall’altro, la rilevata manifesta irragionevolezza della scelta contenuta nell’art. 224, comma 3, cod. strada non è scalfita dalla base volontaria della messa alla prova dell’adulto, applicabile solo a richiesta dell’imputato, né dalla considerazione che il lavoro sostitutivo deve svolgersi «in via prioritaria» nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale, né dal rilievo che l’estinzione del reato in tal caso prescinde da un accertamento della responsabilità penale, rimanendo innegabile la connotazione sanzionatoria dell’istituto e comune il dato comparativo qualificante della prestazione lavorativa positivamente resa in favore della collettività.

Lo speciale “microsistema” degli istituti incentivanti di natura “premiale” operante nel trattamento sanzionatorio del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool, ove non ricorrano le ipotesi di cui all’art. 186, comma 2-bis, cod. strada, deve, dunque, per la Corte, includere anche il regime, connotato da una medesima ratio, della messa alla prova per gli imputati adulti atteso che questo istituto, configurando una autonoma causa di estinzione del reato, non era ancora previsto dall’ordinamento al momento della introduzione sia del censurato art. 224, comma 3, cod. strada, sia del comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada, aggiunto dall’art. 33, comma 1, lettera d), della legge n. 120 del 2010, restando fermo, d’altra parte, il disposto dell’art. 168-ter cod. pen., secondo il quale l’estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova non pregiudica l’applicazione delle sanzioni amministrative accessorie poichè la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida può continuare ad essere applicata, sia pure nei più favorevoli termini previsti dall’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, nel caso in cui il reato di guida sotto l’influenza dell’alcool di cui all’art. 186, comma 2, lettere b) e c), del medesimo codice, sia estinto per esito positivo della messa alla prova.

In conclusione, l’art. 224, comma 3, cod. strada era dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che, nel caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool di cui all’art. 186, comma 2, lettere b) e c), del medesimo codice, per esito positivo della messa alla prova, il prefetto, applicando la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, ne riduca la durata della metà.

4. Conclusioni

Fermo restando che l’art. 224, co. 3, codice strada stabilisce che la “declaratoria di estinzione del reato per morte dell’imputato importa l’estinzione della sanzione amministrativa accessoria” (primo capoverso) e nel “caso di estinzione del reato per altra causa, il prefetto procede all’accertamento della sussistenza o meno delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria e procede ai sensi degli articoli 218 e 219 nelle parti compatibili” (secondo capoverso) ma l’“estinzione della pena successiva alla sentenza irrevocabile di condanna non ha effetto sulla applicazione della sanzione amministrativa accessoria” (terzo capoverso), con tale pronuncia, la Consulta, con argomentazioni del tutto condivisibili, ha dichiarato costituzionalmente illegittima tale disposizione legislativa nella parte in cui non prevede che, nel caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool di cui all’art. 186, comma 2, lettere b) e c), del medesimo codice, per esito positivo della messa alla prova, il prefetto, applicando la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, ne riduca la durata della metà.

Alla luce di tale modifica della norma in questione avvenuta per effetto di quanto statuito in tale sentenza, dunque, spetta al prefetto, ove il reato di guida sotto l’influenza dell’alcool, di cui all’art. 186, comma 2, lettere b) e c), del codice della strada, sia estinto per esito positivo della messa alla prova, nell’applicare la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, ridurne la durata della metà.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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