Sicuramente, un punto fermo della nostra legislazione in materia, è quello che prescrive il consenso di entrambi i genitori e la loro autorizzazione alla pubblicazione delle immagini rilasciata attraverso la c.d. liberatoria, che deve contenere il suddetto consenso e che è revocabile in qualsiasi momento.
In primo luogo, occorre specificare che per “pubblicazione” si intende la divulgazione dell’immagine attraverso qualsivoglia mezzo che la renda pubblica: mostre, siti internet, riviste, cartelloni pubblicitari, ecc…
In secondo luogo, è opportuno tenere presente che vi è una netta differenza tra il caso di pubblicazione della foto del minore per scopi privati e per scopi pubblicitari; in questo secondo caso, infatti, oltre alla liberatoria firmata dai genitori, si dovrà sottoporre agli stessi l’informativa sulla privacy. Inoltre, laddove, grazie a tale utilizzo dell’immagine, si dovessero percepire dei guadagni, gli stessi potranno essere riscossi dai genitori solo previa autorizzazione del giudice tutelare a seguito di apposita istanza, e non autonomamente.
Venendo ora alle tutele di tipo risarcitorio previste nel caso di inosservanza della suddetta disciplina, la legge prevede un risarcimento per illecito di natura esclusivamente civile: ciò comporta che il tribunale, su richiesta dell’interessato, possa ordinare la rimozione immediata delle immagini in questione, nonché la liquidazione di una somma a titolo di risarcimento dei danni morali provocati dalla loro pubblicazione.
Si rientra, invece, nell’ambito penalistico, nel caso in cui l’immagine, pubblicata senza i dovuti consensi, sia stata utilizzata per trarre profitto per sé o per altri, o per recare ad altri un danno: si configura in tal caso, infatti, il reato ex art. 167 del Codice della Privacy rubricato “Trattamento illecito di dati”, il quale recita che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per se’ o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130, ovvero in applicazione dell’articolo 129, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a diciotto mesi o, se il fatto consiste nella comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a ventiquattro mesi. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarne per sé o per altri profitto o di recare ad altri un danno, procede al trattamento di dati personali in violazione di quanto disposto dagli articoli 17, 20, 21, 22, commi 8 e 11, 25, 26, 27 e 45, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da uno a tre anni”.
Ma vi è di più, dal momento che, se la pubblicazione dell’immagine perpetrata illecitamente offende la reputazione del soggetto ritratto, si configurano oltre agli estremi per poter richiedere il suddetto risarcimento, anche quelli integranti il reato di diffamazione aggravata.
Riassumendo, dall’illecita pubblicazione di immagini ritraenti minori si possono configurare due tipi di danno: patrimoniale (dovuto al pregiudizio economico che la vittima ha subito a seguito della pubblicazione e di cui è in grado di fornire prova), e non patrimoniale (in tutti i casi previsti dalla legge ordinaria ed in tutte le altre ipotesi di violazione dei diritti dell’individuo garantiti dalla Costituzione).
Passando, ora, alla casistica maggiormente emblematica ed innovativa in materia, si possono riportare come esempi, due fattispecie di particolare interesse: una italiana ed una austriaca.
Partendo dal recente decreto emesso dal Tribunale di Mantova in data 20 settembre 2017, si nota come viene ribadito il concetto secondo il quale la mera pubblicazione delle foto dei minori sui social è un atto di per sé pregiudizievole.
Nella fattispecie in questione, i genitori dei minori (ex conviventi), avevano sottoscritto un accordo secondo il quale ‘la madre e il padre si impegnano a non pubblicare alcuna fotografia sui social dei minori e ad eliminare tutte quelle a tutt’oggi da loro stessi postate’.
L’accordo, però, non è stato rispettato dalla madre dei bambini, la quale ha continuato a postare le loro foto su Facebook.
Alla donna, dunque, è stato intimato di non postare più alcuna immagine dei bambini ed, in aggiunta, le è stato richiesto un risarcimento danni per le foto già postate con un provvedimento d’urgenza inaudita altera parte.
Il collegio ha immediatamente accolto l’istanza, stabilendo che non solo la signora aveva violato l’accordo ma, anche e soprattutto, che la mera pubblicazione dei bambini sui social network è di per sé stesso un atto pregiudizievole per gli stessi.
Da ora in poi, quindi, i genitori, senza il reciproco consenso, non potranno più postare sui social network le immagini della prole, neppure con lodevoli intenti di ogni sorta.
La pronuncia in esame risulta di illuminante importanza per tutto ciò che ruota attorno alla sfera di tutela della privacy di soggetti che, in quanto minori, non avrebbero, altrimenti, alcun genere di strumenti giuridici a disposizione per preservarsi da azioni talvolta deplorevoli (si pensi ad es. ai non infrequenti casi in cui, attraverso dei fotomontaggi, i volti dei piccoli vengono manipolati per diffondere materiale pedo-pornografico in Rete).
Il decreto mantovano, inoltre, rispetta lodevolmente il Gdpr: il nuovo Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali, il quale prevede un canale di tutela preferenziale del minore rispetto all’adulto.
L’altra fattispecie cui si è fatto cenno, invece, riguarda un caso austriaco che vede protagonista una giovane ragazza diciottenne la quale ha deciso di denunciare i genitori a seguito della pubblicazione su Facebook centinaia di foto che la ritraevano bambina in momenti intimi e privati, senza chiedere il suo permesso. Dopo aver chiesto ai genitori di cancellare le immagini e non aver ottenuto sostegno, la giovane ha deciso di rivolgersi a un avvocato.
La ragazza, allora bambina, era stata fotografata in tante pose intime e private e le immagini postate dai genitori sui rispettivi profili Facebook sono state messe a disposizione di circa 700 amici della coppia.
I genitori sostengono di essere i titolari dei diritti delle suddette foto, mentre ovviamente la figlia sostiene l’esatto contrario, reclamando con forza il suo diritto alla privacy e all’immagine.
Tali problematiche, dunque, sembrano essere diventate di sempre maggiore interesse ed attenzione non solo in Italia, ma anche all’estero, tanto che di recente, si sta avviando una prassi per cui tra le condizioni per separazioni e divorzi, si riscontra anche la clausola di non pubblicizzazione delle immagini dei figli minori sui social network.
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