Con sentenza del 19 dicembre 2013 N. 28415 la Corte di Cassazione ha statuito che acclarata la “comunione legale” tra moglie e marito, ciò non può bastare per accettare la tesi che “l’acquisto di un immobile” effettuato dalla donna debba essere valutato dal Fisco solo per la quota del 50 per cento.
Il caso di specie, prende vita dal ricorso proposto alla CTP da una contribuente il quale sosteneva di aver acquistato un immobile in comunione legale con il coniuge a cui veniva notificato un avviso di accertamento il cui maggior reddito veniva rideterminato con il metodo sintetico. L’Amministrazione accreditava alla contribuente l’acquisto dell’immobile. La contribuente sosteneva che l’acquisto era avvenuto in regime di comunione tra coniugi per cui al contribuente, soggetto di accertamento fiscale, dovevano essere addebitate solamente il 50 per cento delle spese sostenute per il suo acquisto.
. L’Agenzia delle Entrate, a seguito dell’accoglimento del ricorso da parte della CTP impugnava la pronuncia del giudice di prime cure innanzi alla Commissione Tributaria Regionale.. L’appello dell’Ufficio era parzialmente accolto, con la sentenza che annullava l’accertamento limitatamente alla quota del 50% dell’immobile posseduto.
L’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza proponeva ricorso, basato su un unico motivo di censura, alla Corte Suprema. Il ricorrente lamentava il vizio motivazionale della sentenza.La contribuente proponeva ricorso incidentale.
Gli Ermellini accolgono il ricorso del Fisco cassano la sentenza impugnata e rinviano ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale. I giudici di legittimità hanno evidenziato che la motivazione della sentenza della CTR “si esaurisce nella non sufficientemente spiegata affermazione che l’Ufficio è incorso nell’errore di non considerare che la quota di proprietà dell’appartamento da attribuirsi alla ricorrente era quello del 50% e non dell’intero, in virtù dell’acquisto stesso, avvenuto in regime di comunione di beni della ricorrente. Manca con tutta evidenza un’indagine sulla capacità contributiva della contribuente ed una argomentata valutazione del rapporto tra detta capacità e reddito accertato”.
Viene cosi smentita, invece, la visione dei giudici tributari, che avevano annullato “l’accertamento limitatamente alla quota del 50 per cento dell’immobile posseduto”, quella cioè attribuita al marito della contribuente. Per i giudici della Cassazione, difatti, è necessaria, piuttosto, una “indagine” approfondita sulla “capacità contributiva della contribuente” e una “valutazione del rapporto tra detta capacità e reddito accertato”.
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