La disposizione della confisca in appello
La Corte di appello aveva accolto il gravame col quale il P.G. aveva impugnato la sentenza del Tribunale, dichiarativa della penale responsabilità di un uomo in ordine al reato tributario di cui al D.P.R. n. 74/2000, articolo 10-ter, per avere omesso il versamento della somma dovuta, in veste di legale rappresentante di una S.p.A., a titolo di Iva, per oltre 870.000,00 Euro e, pur avendolo condannato alla pena di giustizia, non aveva irrogato a carico del predetto le sanzioni accessorie stabilite dalla normativa di settore in caso di sentenza di condanna.
La mancata prova della fittizietà delle donazioni
L’uomo ha interposto ricorso per cassazione dove, tra gli altri motivi, ha lamentato l’avvenuta conferma della confisca per equivalente di taluni cespiti immobiliari, già a lui facenti capo, ma donati ai propri figli circa 8 mesi prima che vi fosse ricaduto il sequestro preventivo, e senza che i giudici di merito avessero dimostrato la natura meramente fittizia e apparente delle donazioni e, pertanto, la non veridicità dell’intestazione dei beni in questione in favore di terzi estranei al reato.
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L’accoglimento del motivo afferente alla confisca per equivalente
Il collegio della III Sezione Penale, nell’accogliere la doglianza, ha osservato che all’imputato è stata contestata solo la violazione dell’art. 10 ter del D.Lgs. n. 74/2000 e non anche dell’articolo 11, al contempo rilevando che l’articolo 12-bis dispone che, in caso di condanna per uno dei reati preveduti dal medesimo D.Lgs., è sempre ordinata la confisca diretta dei beni che ne costituiscono il prezzo o il profitto, ovvero, quando ciò sia impossibile, quella per equivalente di beni aventi identico valore. Il collegio ha rilevato che il rigore di tale previsione risulta mitigato dalla circostanza che non deve trattarsi di beni dei quali l’appartenenza sia di spettanza di un terzo estraneo al reato, o dei quali il condannato non abbia la disponibilità, sebbene questa vada intesa in termini non di formale titolarità ma di semplice libera relazione materiale con il bene. Nel caso di specie, infatti, il ricorrente non è il proprietario dei beni attinti dal provvedimento di confisca, essendo stati questi donati ai figli, terzi apparentemente estranei rispetto al reato commesso, in data anteriore al provvedimento di sequestro preventivo che li ha colpiti.
La permanenza dell’effettiva disponibilità dei beni in capo all’imputato
La Corte territoriale, pur investita del relativo motivo di impugnazione, si è limitata ad osservare che la donazione “fu effettuata con una finalità indubbiamente strumentale, in quanto diretta a sottrarre i beni alla garanzia patrimoniale dell’ingente obbligazione tributaria già sussistente in capo alla S.p.A.”, presupponendo il cd. “consilium fraudis”, e ritenendo insussistente lo stato di buona fede sia del donante che dei suoi figli donatari. Tuttavia, il collegio di legittimità ha osservato che i colleghi di merito, oltre ad avere introdotto, in termini di non provata presupposizione, degli elementi, come la non estraneità, tramite un indimostrato consilium fraudis, dei figli (attuali titolari dei beni) all’ipotesi di reato, che avrebbe dovuto giustificare una contestazione dell’art. 11 del D.Lgs. n. 74/2000, mai intervenuta, ha inoltre dato per sufficiente, ai fini della dimostrazione della mera fittizietà della cessione e, quindi, della permanenza della disponibilità dei beni in capo al cedente, il mero fatto che la cessione fosse stata eseguita in danno del creditore erariale.
La donazione dei beni ai figli mantenendone o meno la disponibilità
L’ipostasi, per il collegio di legittimità, è “meramente assertiva e priva di ampia affidabilità”, posto che il cedente potrebbe avere realmente ceduto il bene, senza averne mantenuto alcuna effettiva disponibilità, solo al fine di preferire a quella dell’Erario la posizione economica di altro soggetto. Condotta questa, sempre secondo i giudici romani, in esito alla quale non sussisterebbero gli elementi per ritenere sussistere le condizioni per procedere, secondo i termini delineati all’art. 12 bis del D.Lgs. n. 74/2000, alla confisca per equivalente di un valore pari all’importo del profitto o del prezzo, conseguiti tramite la commissione del reato.
Annullamento in punto di confisca
L’argomento, speso dalla Corte territoriale in termini di pretesa adeguatezza motivazionale, al contrario, è stato giudicato meramente assertivo dai giudici di legittimità. Pertanto, il collegio romano, pur dichiarando l’irrevocabilità della sentenza in ordine all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, l’ha al contempo annullata limitatamente alla confisca, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte di appello, alla quale è stato devoluto un nuovo esame in punto di conservazione, o meno, da parte dell’imputato, della materiale disponibilità dei beni, da lui donati ai figli.
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