L’installazione di impianti da fonti rinnovabili costituisce un’iniziativa indiscutibilmente sempre valida sotto il profilo etico-sociale ed educativo.
Sotto il profilo strettamente giuridico, bisogna, tuttavia, considerare vari elementi che, di fatto, si contrappongono alla realizzazione di impianti di energia alternativa “pulita”: eccessiva e continua emanazione di leggi e norme, settorializzazione ed eterogeneità normativa, centralismo e/o decentramento delle competenze legislative ed amministrative, illegalità comune, multiforme e relativa pressione nell’ambito relazionale, volontà e ricerca di un “modo” per sottrarsi alla regola.
Ad ogni regola/norma è, cioè, ipotizzabile la corrispondenza di una contro-regola/norma: pertanto, la realtà normativa derivante è facilmente adombrabile da un perenne alone di incertezza.
L’uso del condizionale, quindi, risulta necessario ed obbligatorio e la valutazione tecnico-legale va effettuata caso per caso, a seconda delle fattispecie configurabili.
A prescindere dalle reali motivazioni per cui si intende installare un impianto fotovoltaico (motivazioni di natura ecologica, meramente economica o, addirittura, speculativa), bisogna valutare, principalmente, quali sono i principi e le norme dettate in materia, ai fini della tutela della legalità: è, infatti, la legge a qualificare giusta, o meno, una determinata condotta ovvero a configurare, quale diritto o dovere, una situazione ed a determinarne le caratteristiche.
In primis, va ricordato che, ai sensi dell’art. 117 Cost., la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato mentre la ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi, la tutela della salute, il governo del territorio, produzione-trasporto e distribuzione nazionale dell’energia e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali sono materie di legislazione concorrente Stato-Regione.
La principale fonte legislativa ordinaria in materia è il d.lgs 29 dicembre 2003 n. 387, attuativo della dir. 2001/77/CE, e, tra l’altro, recante l’istituzione di un Osservatorio nazionale.
Sono seguite ulteriori leggi, tra cui la legge Comunitaria 2009 (n. 96 del 4 giugno 2010) in recepimento della Dir. 2009/28/CE e recante il vincolo, per il Governo, di estendere la DIA a impianti rinnovabili fino a 1 MW ed il D.M. 26 giugno 2009 recante linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici (art. 6 co. 9 ed art. 5 co. 1 d.lgs n. 192/2005).
La concreta attuazione degli impianti solari nei casi di comunione e condominio implica l’analisi giuridica delle relative discipline previste.
La comunione indica una situazione giuridica di contitolarità di diritti ovvero un medesimo diritto appartiene, nella sua interezza, a due o più persone: pertanto, si configura quando il diritto di proprietà o altro diritto reale su un medesimo bene appartiene (titolo legale) a più persone. E’ detta legale o forzosa se il titolo della comunione è nella legge.
I singoli “comunisti” hanno diritto di usare, godere (e chiedere la divisione) della cosa comune e disporre della propria quota.
L’amministrazione della comunione è affidata all’insieme dei comunisti e, precisamente, al principio maggioritario delle decisioni: è, invece, necessaria l’unanimità per gli atti di alienazione e costituzione di diritti reali sul fondo comune.
Il condominio indica una situazione di comunione forzosa (inevitabile) e tendenzialmente perpetua: in capo al medesimo soggetto sussiste, cioè, un diritto di proprietà (superficiaria) piena ed esclusiva con contestuale comproprietà dei beni comuni.
Il condomino ha diritto di usare le parti comuni, salvo vi sia diversa previsione nel regolamento, quest’ultimo obbligatorio se vi sono più di dieci condomini: l’uso è libero, con il limite del rispetto della destinazione funzionale delle cose e del pari godimento da parte degli altri condomini.
I principi fondamentali della comunione sono: presunzione di uguaglianza delle quote; concorso nei vantaggi e nei pesi, in proporzione delle rispettive quote; non alterare la destinazione; non impedire, agli altri, di farne parimenti uso secondo il loro diritto; facoltà di apportare, a proprie spese, modifiche necessarie per il migliore godimento della cosa; non estendere proprio diritto in danno degli altri (se il comunista non compie atti idonei a mutare il titolo del possesso); cedibilità, ad altri, del godimento della cosa; contribuzione nelle spese necessarie alla conservazione e godimento della cosa, salvo facoltà di rinunciarvi; rimborso, per il singolo comunista, delle spese necessarie alla conservazione della cosa comune; impossibilità dello scioglimento della comunione per cose che, se divise, cesserebbero di servire all’uso cui sono destinate; divisione in natura se la cosa è comodamente divisibile in parti corrispondenti alle rispettive quote; consentite le innovazioni se dirette al miglioramento della cosa comune o rendono più comodo o redditizio il godimento, purchè non in pregiudizio del godimento e dell’interesse di alcun partecipante e non comporti spesa eccessivamente gravosa.
In ambito condominiale, sono annoverati, tra i beni di proprietà comune, anche gli impianti per energia elettrica che servono all’uso e godimento comune.
I principi fondamentali del condominio degli edifici sono: contribuzione alle spese per la conservazione delle cose comuni; ripartizione delle spese in misura proporzionale al valore della proprietà o dell’uso che ciascuno può farne (se cose destinate a servire i condomini in misura diversa) o dell’utilità (in caso di edificio con più lastrici o impianti destinati a servire una parte dell’intero edificio); rimborso delle spese sostenute dal singolo condomino soltanto se vi è apposita autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea, salvo sia spesa urgente; validità dell’assemblea con 2/3 del valore dell’edificio e 2/3 dei condomini; validità delle delibere con maggioranza degli intervenuti che rappresentino la metà del valore dell’edificio mentre in seconda convocazione il quorum si riduce ad 1/3 + 1/3 ed, invece, per le innovazioni è sempre richiesta la maggioranza dei condomini che rappresentino 2/3 del valore dell’edificio.
Segnatamente, le innovazioni sono opere nuove, dirette a modificare notevolmente una cosa, alterandone l’entità sostanziale o la destinazione originaria. Trattasi di addizioni/migliorie: sono, infatti, consentite quelle dirette al miglioramento o rendere un uso più comodo o ottenere un maggiore rendimento delle cose comuni. Non sono, invece, consentite se recano pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o ne alterino il decoro architettonico o rendano talune parti comuni inservibili all’uso e godimento anche di un solo condomino.
L’innovazione è definita gravosa rispetto alla spesa o a carattere voluttuario rispetto a particolari condizioni ed importanza dell’edificio: se consiste in impianti suscettibili di utilizzazione separata, sono esonerati dalle spese i condomini che non intendano trarne vantaggio ed i medesimi possono, peraltro, partecipare (in qualsiasi momento) ai vantaggi, contribuendo.
Se, invece,è impossibile l’utilizzazione separata, l’innovazione è consentita soltanto se la maggioranza intende sopportarne integralmente la spesa.
Con particolare riferimento al tetto di un edificio, va detto che, salvo diversa disposizione del titolo, esso è parte di proprietà comune: l’ineliminabile funzione di copertura, oltre che l’espressa menzione dello stesso nell’art. 1117 c.c., tolgono adito ad eventuali dubbi.
Tuttavia, se il condominio, per la sua conformazione, ha più tetti, ognuno di questi sarà di proprietà di condomini che ne traggono utilità (il così detto condominio parziale). Stesso discorso per il lastrico solare, che non sia di proprietà esclusiva.
In altri termini, il lastrico solare, che funga da copertura di uno o più locali, di proprietà di un solo condomino, all’interno di un condominio c.d. “orizzontale”, non può essere considerato bene condominiale (1).
I beni comuni sono, infatti, tutte le parti dell’edificio necessarie all’uso comune: la sola tipologia del bene non può implicare una presunzione di condominialità (2).
L’art. 1117 c.c. non sancisce, cioè, una presunzione legale di comunione delle cose: deve tenersi sempre conto della destinazione particolare della cosa, con la conseguenza della non condominialità ove, per le sua caratteristiche strutturali, tale bene serva soltanto all’uso ed al godimento di una o più parti determinate dell’immobile oggetto di proprietà esclusiva.
E’ il caso, ad es., di un edificio con villette a schiera: un lastrico solare che assolva alla funzione di copertura di una sola delle stesse, e non anche di altri elementi né sia caratterizzato da unitarietà, strutturale o da altri connotati costruttivi e funzionali, tali da denotare la destinazione complessiva delle aree sovrastanti i vari immobili costituenti nel loro insieme un unicum a servizio e godimento comune ed indistinto degli stessi, non è sussumibile nel novero delle parti comuni ex art. 1117 n. 1 c.c.
Pertanto, soltanto il lastrico di proprietà ed uso comune a tutti i condomini può essere utilizzato dal singolo o dal condominio per ulteriori funzioni rispetto a quella di copertura.
A richiedere l’installazione dell’impianto fotovoltaico, può essere l’amministratore di condominio, in nome e per conto del condominio stesso, o il singolo condomino.
L’uso che ogni singolo comproprietario può fare del tetto (e più in genere di ogni cosa comune) non deve, però, alterare la destinazione ed impedire agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto: il pari uso della cosa comune non postula necessariamente il contemporaneo ed identico uso della cosa da parte di tutti i partecipanti alla comunione.
Deve, quindi, restare la possibilità anche ai dissenzienti di potere installare un impianto di medesima potenzialità e con le stesse caratteristiche di esposizione.
In sostanza, i pannelli fotovoltaici possono essere installati se la loro apposizione sul lastrico o sul tetto non impedisce questo o diversi usi agli altri condomini o anche alla stessa collettività condominiale, non reca pregiudizio alla sicurezza e stabilità dell’edificio e non ne lede il decoro architettonico.
Le decisioni condominiali aventi ad oggetto gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico ed all’utilizzazione delle fonti di energia, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato da cui sia possibile desumere con certezza che l’installazione di un impianto fotovoltaico porterebbe ad un effettivo risparmio nel consumo di energia elettrica, sono valide se adottate con la maggioranza semplice (in deroga al codice civile) delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea.
In sostanza, laddove ne sia dimostrata la convenienza, il legislatore, in un iter normativo avviato nel 1991 (l. n. 10), prevede, per quella che deve essere considerata una vera e propria innovazione, un quorum deliberativo molto basso ovvero maggioranze speciali.
Peraltro, anche una decisione adottata senza le necessarie maggioranze è annullabile soltanto se impugnata in giudizio entro trenta giorni da quando se ne ha avuta conoscenza: trascorso questo periodo, la delibera diventa valida.
Nel caso in cui solo un condomino voglia installare un impianto fotovoltaico, egli dovrà fare richiesta in assemblea condominiale per richiedere l’autorizzazione degli altri inquilini. Ottenuto il consenso generale, potrà installare l’impianto a sue spese sulla falda comune del tetto: ne consegue che saranno soltanto suoi i benefici, risparmio sulla bolletta e ricavo dagli incentivi. L’assemblea condominiale dovrà stabilire che i dissenzienti non potranno beneficiare degli effetti del contratto.
I dissenzienti parteciperanno, quindi, esclusivamente alle spese necessarie al mantenimento del tetto e non alle spese relative all’impianto di proprietà individuale.
I dissenzienti, cioè, possono rifiutarsi di partecipare alle spese relative all’installazione dell’impianto ma non possono impedire l’istallazione: possono rifiutarsi di sopportare gli oneri, soltanto se l’installazione dell’impianto comporti una spesa molto gravosa, rispetto alle particolari condizioni dell’edificio.
Se alla fine dei lavori, la spesa preventivata ed approvata è aumentata a causa dell’esecuzione d’interventi non preventivati, l’assemblea può effettuare:
la contestazione della difformità con conseguente apertura di un contenzioso (anche solo stragiudiziale), con l’impresa e l’amministratore, volto ad accertare l’effettiva necessità di quanto eseguito e quindi le conseguenze in relazione ai costi ulteriori;
la ratifica dei lavori e, di conseguenza, accettare la nuova contabilità in difformità rispetto a quanto preventivato.
Infatti, l’assemblea del condominio in un edificio, in sede di approvazione del consuntivo di lavori eseguiti su parti comuni del fabbricato e di ripartizione della relativa spesa, ben può riconoscere a posteriori opportunamente e vantaggiosamente realizzati detti lavori, ancorché non previamente deliberati ovvero, a suo tempo, non deliberati validamente, ed approvarne la relativa spesa, restando, in tal caso, la preventiva formale deliberazione dell’opera utilmente surrogata dall’approvazione del consuntivo della spesa e della conseguente ripartizione del relativo importo fra i condomini.
Sotto il profilo amministrativo, negli edifici l’attività di installazione degli impianti solari è libera (comunicazione di inizio-lavori al Comune, legge n. 73/2010 e 122/2010 in modifica del D.P.R. n. 380/01) ed avvio dei lavori lo stesso giorno della s.c.i.a., senza attendere i trenta giorni della d.i.a.
Si ritiene, infine, che le Regioni possano prevedere esclusioni motivate per esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio culturale.
E’ in itinere una riforma in materia condominiale (ddl Senato 26 gennaio 2011 n. 71).
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Cass., sez. seconda, 4 novembre 2010 n. 22466 in www.altalex.it.
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Per approfondimenti, BARASSI, Proprietà e comproprietà, Milano, 1951; A.M. BASSO, L’uomo, la società, il diritto, Reggio Calabria, 2004; A.M. BASSO, Diritto, economia e ambiente, Foggia, 2008; M. C. BIANCA, Diritto civile, Milano, 1999; M. C. BIANCA, La comunione legale, Milano, 1989.
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