La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza del 12 settembre 2014, n. 19270, ha contribuito ad ampliare la tutela del diritto alla prima casa stabilendone l’impignorabilità da parte di Equitalia, con estensione della validità della disposizione contenuta nel “Decreto del fare” anche per i procedimenti in corso.
L’articolo 52 del “Decreto del fare” ha modificato la formulazione dell’articolo 76 del d.P.R. 602/1973 (Espropriazione immobiliare), stabilendo che “l’agente della riscossione non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso, (…) è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente”.
Tale norma è entrata in vigore il 22 giugno 2013. Contrariamente alle conclusioni contenute nella nota del Ministero dell’economia e delle finanze – per il quale tale norma non ha effetto retroattivo e, pertanto, tutti i pignoramenti effettuati prima del 22 giugno 2013 dovevano considerarsi validi ed efficaci – la Suprema Corte ha esteso la non pignorabilità a tutti gli immobili soggetti ai procedimenti di Equitalia ancora in corso affermando che “dal momento che la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare, e non introduce un’ipotesi di impignorabilità sopravvenuta del suo oggetto, la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, ove il legislatore non abbia diversamente disposto, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 11 delle preleggi, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche i singoli atti ad essa successivamente compiuti, di processi iniziati prima della sua entrata in vigore, quand’anche la nuova disciplina sia più rigorosa per le parti rispetto a quella vigente all’epoca di introduzione del giudizio (così Cass. n. 3688/2011)”.
Pertanto, “in tema di espropriazione immobiliare esattoriale, qualora sia stato eseguito il pignoramento immobiliare mediante la trascrizione e la notificazione dell’avviso di vendita ai sensi dell’art. 76 del d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973, ed il processo sia ancora pendente alla data del 21 agosto 2013 (di entrata in vigore dell’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, ai sensi dell’art. 86 del decreto legge n. 69 del 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 194, s.o. del 20 agosto 2013), l’azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell’esecuzione o per iniziativa dell’agente della riscossione, se l’espropriazione ha ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore, che non sia bene di lusso e sia destinato ad abitazione del debitore, il quale vi abbia la propria residenza anagrafica”. Al riguardo, osservano i giudici della Suprema Corte, va richiamato il principio per il quale, “qualora siano state proposte opposizioni esecutive, l’estinzione del processo esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere per sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il processo, rispetto alle opposizioni agli atti esecutivi ed alle opposizioni all’esecuzione che riguardano la pignorabilità dei beni. Il principio, espresso in riferimento all’estinzione tipica, ben può essere esteso all’estinzione c.d. atipica che si viene a determinare ogniqualvolta il processo esecutivo non possa proseguire per difetto di condizioni dell’azione di presupposti processuali (Cass. n. 1353/2012)”.
Di conseguenza, “in caso di sopravvenuta improcedibilità dell’azione esecutiva avente ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore da parte dell’agente della riscossione ai sensi dell’art. 76 del d.P.R. n. 602 del 29 settembre 1973 come novellato dall’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. 21 giugno 2013 n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013 n. 98, l’improcedibilità del processo esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere sull’opposizione all’esecuzione concernente la pignorabilità del bene”.
Viene meno ogni dubbio in relazione al profilo di efficacia temporale dell’art. 76, comma 1, del d.P.R. n. 602 del 1973, novellato dall’art. 52, comma 1, lettera g), del d.l. 69/2013, meglio conosciuto come “Decreto del fare”, con il quale è stata disciplinata l’interruzione delle procedure esecutive sugli immobili adibiti a “prima casa”, intraprese da Equitalia.
Tali immobili devono rappresentare gli unici di proprietà del debitore e devono essere adibiti ad uso abitativo e il contribuente vi deve risiedere anagraficamente: in assenza di queste condizioni, imposte dalla novella, non vi sono possibilità per bloccare le esecuzioni esattoriali. La disposizione in questione risulta applicabile ad ogni procedimento di esecuzione in corso, pure se intrapreso prima dell’emanazione della novella, quando a procedere sia Equitalia. L’iter giudiziale, avente ad oggetto il pignoramento della prima casa, non può, quindi, giungere a conclusione, anche se il provvedimento è stato assunto prima dell’avvento della norma che ha introdotto il divieto.
La Cassazione chiarisce che la nuova disposizione non pone il divieto di pignorabilità della prima casa, bensì rappresenta una disposizione di natura processuale, finalizzata a regolamentare, e limitare, l’azione esecutiva di Equitalia. Infatti, “dal momento che la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare, e non introduce un’ipotesi di impignorabilità sopravvenuta del suo oggetto, la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale, nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore, ma anche i singoli atti di processi iniziati prima”.
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