Non è eccepibile l’improcedibilità della mediazione, se il difensore interviene con suo delegato.
Indice
- 1. Il fatto
- 2. Non è eccepibile l’improcedibilità della mediazione se il difensore interviene con suo delegato
- 3. Competenza del foro dell’ultima residenza del consumatore
- 4. Ai fini della nullità della fideiussione, non può essere prova privilegiata il provvedimento della Banca d’Italia
- 5. Ammortamento alla francese non comporta anatocismo né applicazione di interesse maggiore di quello pattuito
- 6. Nel mutuo il tasso effettivo maggiore del tasso nominale non è espressione di anatocismo nelle rate
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1. Il fatto
Il Tribunale di Milano il 22.07.2024 ha emesso la sentenza n.7261/2024 in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso nei confronti di un garante, sulla scorta di una fideiussione omnibus da egli rilasciata nel 2012.
La Banca, difesa dall’ Avv. Simona Dinetta dello STUDIO LEGALE ASSOCIATO VERTICALE DINETTA e dal consulente tecnico della Banca D.ssa Silvana MASCELLARO di SMF (STUDIO MASCELLARO FANELLI), ha ottenuto un importante riconoscimento per l’intero ceto bancario.
2. Non è eccepibile l’improcedibilità della mediazione se il difensore interviene con suo delegato
Il Tribunale milanese ha rigettato l’eccezione dell’opponente di improcedibilità della mediazione, in quanto era provato che il difensore della Banca avesse ricevuto procura sostanziale a parteciparvi, con espressa facoltà sia di conciliare che di farsi rappresentare. Chiosa seccamente il Magistrato, rilevando che la partecipazione alla mediazione del sostituto del difensore della Banca, intervenuto con delega di quest’ultimo, ha consentito la regolare rappresentazione della Banca nella procedura.
3. Competenza del foro dell’ultima residenza del consumatore
È competente il foro dell’ultima residenza del consumatore e non quella assunta all’epoca del rilascio della garanzia.
Se il fideiussore è un consumatore e viene previsto in contratto un differente foro, concorrente, ma non esclusivo, il giudizio va incardinato presso il foro ove è ubicata l’ultima residenza della persona fisica convenuta, ex art. 18 c.p.c., non rilevando la residenza da egli diversamente assunta all’epoca del rilascio della garanzia.
4. Ai fini della nullità della fideiussione, non può essere prova privilegiata il provvedimento della Banca d’Italia
La prova di una presunta intesa anticoncorrenziale nell’ottobre 2012, non può essere offerta producendo il provvedimento della Banca d’Italia che venne strutturato su un campione statistico dell’anno 2004, né in forza della prassi indicata dalla circolare ABI.
Logica e chiara la posizione del Magistrato: gli elementi base assunti per la rilevazione del 2004 non possono essere rimasti immutati ed inoltre lo schema della fideiussione proposto dall’ABI escludeva le clausole di cui agli artt. 2,6 e 8 del precedente schema.
Fa di più l’attenta penna del Magistrato milanese, allorquando precisa che neanche la produzione in giudizio di uno schema di fideiussione omnibus in uso nel 2012, avrebbe costituito idonea prova dell’esistenza di un accordo anticoncorrenziale, in quanto esso attesterebbe solo possibili condotte negoziali parallele che inserivano negli schemi delle fideiussioni le tre clausole de quibus. Ricorda puntualmente il Magistrato che la Corte di giustizia europea ritiene che “il parallelismo di comportamenti può essere considerato prova di una concertazione soltanto qualora la concertazione ne costituisca l’unica spiegazione plausibile. È infatti importante tener presente che l’art.85 del Trattato, mentre vieta qualsiasi forma di collusione atta a falsare il gioco della concorrenza, non esclude il diritto degli operatori economici di reagire intelligentemente al comportamento noto o presunto dei concorrenti” (v. sentenza 31/3/1993, cause riunite C89-85, punto 71) .
5. Ammortamento alla francese non comporta anatocismo né applicazione di interesse maggiore di quello pattuito
La sentenza affronta un’interessante trattazione sia del profilo giuridico che matematico dell’anatocismo nell’ammortamento alla francese. L’accorto Magistrato puntualizza innanzitutto che nel contratto di mutuo il mutuatario sin dalla stipula conosce la quantità di interessi che dovrà corrispondere alla banca mutuante. Tanto, per la natura ontologica del contratto di mutuo che prevede per il mutuatario l’obbligo di restituire l’importo dato a mutuo. maggiorato degli interessi pattuiti.
Il Magistrato evidenzia quindi che nell’ammortamento a rate costanti, la somma complessivamente a carico del mutuatario, dunque, la somma di capitale ed interessi -esplicitamente indicata in sentenza “(M = C + I)” -, è ottenibile moltiplicando il valore unitario della rata per il numero delle rate. Sillogismo logico è che è irrilevante il modus con cui si determinano gli interessi.
Il Magistrato precisa che resta irrilevante l’eventuale anatocismo applicato per il calcolo degli interessi, nel mutuo con ammortamento alla francese, accendendo un faro sulla ratio del divieto di anatocismo che è quella di non consentire che il debitore si trovi obbligato a pagare interessi non prevedibili. Tale possibilità è inesistente nel contratto di mutuo nel quale il mutuatario è a conoscenza con esattezza ab initio dell’importo complessivo degli interessi che si è impegnato a corrispondere.
Il Magistrato prosegue trattando la questione secondo un profilo contabile e con chiarezza precisa che “il regime di capitalizzazione composta è caratterizzato dal fatto che gli interessi maturati in un periodo, attraverso il regime di capitalizzazione semplice, diventano capitale e a loro volta producono interessi a partire dal periodo successivo. Pertanto, il montante dopo t periodi sarà pari a:M = C (1+ i)t.“. Tutt’altro accade nel mutuo “alla francese” dove la quota interessi debenda per ogni rata viene calcolata applicando il tasso pattuito sul solo capitale residuo, il che, richiamando la Cass. SU n. 15130/2024, porta ad escludere ogni anatocismo che consiste in un’operazione diversa e cioè della applicazione degli interessi, su interessi già scaduti ex art.1283 c.c.
Il Magistrato offre poi prezioso chiarimento in merito all’anatocismo apparente chiarendo che va respinta la tesi secondo cui il presunto anatocismo deriverebbe dalla circostanza che la quota interessi calcolata sul debito residuo in conto capitale, includerebbe anche la quota interessi già pagata con la rata precedente, eccezione che configurerebbe, giustappunto, un anatocismo solo apparente.
Chiarisce egregiamente la sentenza che l’anatocismo apparente “sussiste solo a condizione di detrarre in un primo tempo arbitrariamente dal debito capitale residuo l’intera rata di ammortamento pagata e non solo la quota capitale: per questo è necessario successivamente aggiungere la quota interessi. Tale operazione è però artificiosa e priva di base contrattuale, perché nel contratto di mutuo le parti hanno pattuito, come loro consentito, il rimborso mediante rate da imputare in parte a capitale e in parte a interessi, di modo che non ha fondamento la pretesa di detrarre dal debito residuo l’intero ammontare della rata.”
Specifica da ultimo il Magistrato che la precisazione offerta resta valida anche per piano di ammortamento non a rate costanti, ma con quote capitali costanti come accade nel piano di ammortamento cd. all’italiana.
La sentenza non condivide la tesi secondo cui se si imputasse a capitale l’intera rata di ammortamento, potrebbe essere eliminato l’anatocismo, perché resterebbe disatteso sia l’art.1194 c.c. che l’accordo pattizio in cui si conveniva il pagamento di una rata costituita da interessi e capitale ed inoltre anche perché matematicamente non resterebbero avverate le condizioni per la chiusura del mutuo.
6. Nel mutuo il tasso effettivo maggiore del tasso nominale non è espressione di anatocismo nelle rate
Rievocando quanto erroneamente stabilito dalla ben nota sentenza del 29.10.2008 del Tribunale di Rutigliano che ha affermato la presenza di anatocismo nel mutuo a rate costanti, molto nitidamente il Magistrato ribadisce che quando in un piano di ammortamento il pagamento degli interessi non avviene con frequenza annuale, il TAE (tasso annuale effettivo) risulterà maggiore del TAN (tasso annuale nominale). Tanto proprio per limpida ratio, perché il TAN è un tasso annuale, pertanto si avrà un TAE uguale al TAN per pagamenti con cadenza annuale, un TAE minore del TAN per pagamenti con cadenza ultrannuale ed un TAE maggiore del TAN per pagamenti con cadenza infrannuale e ciò a prescindere dal tipo di piano di ammortamento.
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