precedenti giurisprudenziali: Tar Liguria, Sez. II, Sentenza n. 18 del 11/01/2016
La vicenda
Un Comune ordinava ad un condominio di fare eseguire alcuni lavori di messa in sicurezza dell’immobile, la cui staticità era messa in pericolo da infiltrazioni di acqua al piano terra e le cui fondazioni erano costantemente immerse in acqua; i condomini impugnavano questo provvedimento che ritenevano ingiusto perché la collettività non aveva fatto nulla per determinare l’innalzamento del livello dell’acqua; in ogni caso pretendevano il risarcimento dei danni, ritenendo invece responsabile dell’evento il Comune.
Il Comune si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.
Il T.a.r. annullava l’atto impugnato; in particolare, i giudici di primo grado ritenevano che l’ordinanza dell’amministrazione comunale fosse affetta da eccesso di potere poiché le infiltrazioni di acqua erano dovute all’innalzamento della falda sotterranea, cioè a una causa non riconducibile a responsabilità dei condomini a cui non si poteva chiedere di eliminare il problema.
Il T.a.r. però non accoglieva la domanda di risarcimento, in quanto, era impossibile l’individuazione di responsabilità certe a carico dell’amministrazione comunale.
La decisione del Tar è stata contestata dai condomini che si sono rivolti al Consiglio di Stato; in particolare secondo il condominio il Comune era responsabile per un’omessa colposa vigilanza e per non aver vagliato, prima di concedere le relative autorizzazioni, i pericoli derivanti da alcune opere pubbliche che probabilmente avevano causato il danno.
Per completezza bisogna precisare che sulla stessa questione si era pronunciato sia il giudice civile sia quello penale.
Il procedimento penale si era concluso con un’ordinanza di archiviazione del g.i.p. del Tribunale che, però, sulla base di una c.t.u. disposta dal P.M., aveva sottolineato come spettasse all’amministrazione comunale di riparare il danno tramite idonei lavori.
In sede civile, il condominio aveva proposto un’azione risarcitoria nei confronti del Comune ma il Tribunale aveva sostenuto la competenza del giudice amministrativo.
La questione
In caso di innalzamento di una falda acquifera e conseguente allagamento delle fondazioni di un caseggiato la cui staticità viene messa in pericolo il comune non può chiedere la rimozione del pericolo ai condomini?
La soluzione
Il Consiglio di Stato ha ritenuto condivisibile la decisione del Tar.
Secondo i giudici di secondo grado infatti il provvedimento del Comune non è da considerare legittimo in quanto il condominio non è responsabile dell’evento. Del resto – ad avviso degli stessi giudici – se è vero che non vi è una responsabilità del condominio è pur vero che non si può automaticamente affermare la responsabilità del Comune in mancanza di una prova certa in tal senso; del resto non sussiste una posizione di garanzia dell’amministrazione comunale per danni cagionati probabilmente da un’attività materiale di soggetti privati oppure da eventi naturali, che non sono descritti, né tanto meno provati, con precisione e certezza.
Le riflessioni conclusive
In primo luogo merita di essere precisato che, nella vicenda esaminata il Comune, ha contestato la legittimazione dell’amministratore del condominio a proporre ricorso in assenza di un’apposita delibera dell’assemblea condominiale che lo autorizzasse. Tale contestazione però non è stata presa in considerazione; del resto l’ordinanza impugnata dai condomini è stata emessa nei confronti dell’amministratore del Condominio, e non nei confronti dei singoli proprietari, sicché l’amministratore è da considerarsi, in ogni caso, legittimato a proporre ricorso.
Ciò premesso bisogna ritenere che la decisione del Tar e del Consiglio di stato sia condivisibile.
La causa degli allagamenti e dei problemi al caseggiato non era imputabile alla collettività condominiale; di conseguenza il Comune poteva (e doveva) solo ordinare al condominio di adottare accorgimenti urgenti volti a neutralizzare, almeno temporaneamente, il pericolo, in quanto un tale ordine prescinde dalla responsabilità di chi ha posto in essere le condotte da cui deriva la situazione pericolosa e si deve considerare atto urgente e necessario, volto a garantire la sicurezza (non solo dei residenti del condominio ma, anche della collettività).
A i condomini però non si può chiedere di risolvere la questione tramite idonei lavori.
A tale proposito si ricorda che, ad esempio, secondo il Tar Liguria, in mancanza di una preventiva istruttoria tecnica circa l’origine delle infiltrazioni e sulla conseguente responsabilità, è illegittima l’ordinanza che impone ai condomini il ripristino della funzionalità della condotta fognaria, addossando loro i relativi costi.
Nel caso di specie la rottura della condotta fognaria, che collegava diversi caseggiati, provocava copiose infiltrazioni di acque nere nei locali interrati di uno degli edifici condominiali collegati.
A seguito di quanto sopra, interveniva la competente azienda sanitaria locale, che accertava una potenziale emergenza sanitaria.
In ogni caso il Sindaco, anche senza indagini, riteneva certa l’appartenenza della tubatura danneggiata al gruppo di caseggiati allacciati e, conseguentemente, ordinava agli stessi di provvedere, entro un mese, al ripristino della funzionalità della condotta fognaria.
Successivamente, il comune, data l’inerzia delle diverse collettività condominiali nelle esecuzioni dei lavori di ripristino, provvedeva direttamente alle opere necessarie e con nota dirigenziale richiedeva il rimborso dei costi per l’esecuzione d’ufficio dell’ordinanza sindacale predetta.
Il Tar Liguria, però, a cui si sono rivolti i diversi condomini, ha ritenuto i predetti provvedimenti illegittimi (Tar Liguria, Sez. II, Sentenza n. 18 del 11/01/2016).
Infatti, il Comune prima di adottare i provvedimenti o interventi necessari, deve accertare, con apposito sopralluogo da parte di personale qualificato comunale, se le tubazioni danneggiate ricadono nell’ambito delle condutture private, cioè sono quelle che partono dalla proprietà privata fino all’innesto al collettore fognario che corre sotto il suolo pubblico.
Solo qualora risulti accertato quanto sopra si può pretendere che le condutture deteriorate vengano riparate sostituite (o disintasate) a spese dei privati.
In mancanza di una preventiva istruttoria tecnica circa l’origine dei fenomeni infiltrativi e sulla conseguente responsabilità non è legittima l’ordinanza (contingibile ed urgente) che impone a privati di provvedere – in solido – al ripristino della funzionalità della condotta fognaria, addossando loro i relativi costi.
Questa conclusione è poi incontestabile se il sindaco esercita il proprio potere di ordinanza a tutela dei cittadini, non solo in mancanza di istruttoria circa la responsabilità delle infiltrazioni dalla fognatura, ma anche senza accertare con ragionevole precisione e determinatezza, l’incombente pericolo di un danno grave alla pubblica incolumità (che non sia possibile prevenire o impedire con il ricorso ai normali mezzi apprestati dall’ordinamento) o infine senza fissare un termine finale di efficacia del provvedimento adottato.
Del resto gli impianti fognari, da chiunque realizzati, una volta inseriti nel sistema delle fognature comunali, rientrano nella sfera di controllo dell’ente pubblico, che, come custode, risponde ai sensi dell’articolo 2051 c.c., dei danni causalmente collegati alla cosa, salva la prova del caso fortuito.
In ogni caso la responsabilità del Comune non può essere diminuita rispetto al danneggiato, neanche a voler ipotizzare un concorso di colpa con il condominio, per non aver dotato il sistema fognario di un adeguato sistema antirigurgito, in quanto tale circostanza potrà essere eventualmente oggetto di una azione dell’ente locale nei confronti del condominio.
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